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Nick: Mr_LiVi0
Oggetto: Il giornale del giorno
Data: 7/7/2006 8.44.19
Visite: 98

SCARICATO BERLUSCONI di VITTORIO FELTRI
L'Udc minaccia di fare da stampella a Prodi sulle liberalizzazioni. E sul partito unico Casini attacca il Cavaliere: non sei tu il solo leader
Era nell'aria. Adesso è planata. L'idea di prendere le distanze da Silvio Berlusconi non è più astratta, sta diventando realtà. Purtroppo è così. La Casa delle libertà scricchiola e pare sia scattato l'allarme: si salvi chi può. I primi a cercare via di scampo sono loro, sì proprio loro: i democristiani dell'Udc che, seguendo un'indole naturale, si spostano ogni giorno di più verso l'opposizione. Hanno cominciato a cedere a sinistra sull'Afghanistan ossia il decreto che rifinanzia la missione italiana. In Parlamento vorrebbero votarlo per questioni sacrosante di principio. Laggiù i militari li abbiamo inviati noi per convinzione e ora non possiamo tirarci indietro solo perché la decisione spetta alla nuova maggioranza. Il ragionamento non fa una grinza. Però... Però è un fatto che l'Unione sul punto è divisa. Alcuni senatori massimalisti non ci sentono da questo orecchio e sono intenzionati a dire no. Sicché, senza il contributo della opposizione il provvedimento non passerebbe. L'Udc è pronta ad andare in soccorso di Prodi, e in cambio non chiede niente, almeno ufficialmente. E ciò è sbagliato. Perché un esecutivo serio o ha la maggioranza anche sulla politica internazionale o non ce l'ha; se non ce l'ha è obbligato a trarne le conseguenze. Quali? Dimettersi. L'aiutino di una parte del centrodestra non sia una foglia di fico, bensì un modo per dire a chi comanda: non avete i numeri per menare il torrone. Invece Casini è orientato a dare senza ricevere; il che non è produttivo, e fa incavolare i suoi alleati. Ora, anche sull'avvio delle liberalizzazioni, pur con tutte le riserve, l'Unione democratica cristiana pensa di regalare a Prodi il proprio sostegno. Un segnale di simpatia per il Centrosinistra. Perché Casini e Cesa si comportano così? Perché rivelano una voglia matta di sfasciare il Polo e di andare alla ricerca di cose strane, tipo un mezzo accordo con Palazzo Chigi? I democristiani sono impazienti. Da un paio d'anni mostrano il desiderio di rimescolare le carte; non sopportano la leadership del Cavaliere. Questa è la verità. Non gli riconoscono più il diritto di dirigere l'orchestra; cercano spazio, smaniano dal desiderio di crescere in autonomia, aspirano a trasformare il centrino in centrone nel quale aggregare altre componenti moderate, sia della destra (Forza Italia) sia della sinistra (Margherita). C'è sotto un calcolo politico, ma non solo: l'Udc vede in Berlusconi un limite, un tappo che impedisce l'esplosione di un movimento cristiano; per ora esiste sulla carta, esclusivamente sulla carta. Abbiamo usato parole gentili per descrivere il "fenomeno", il quale tuttavia, se da una parte ha un futuro interessante, dall'altra è una minaccia alla stabilità del bipolarismo. In parole più crude. Se Casini e la sua gang si mettono in proprio, il Polo va a ramengo. Gianfranco Fini a sua volta medita avventure solitarie. Forza Italia non è compatta come un tempo. La Lega è attraversata da malumori. Insomma. Se dalla Casa delle libertà cominciano a sfilarsi i mattoni democristiani, il rischio è che crolli tutto. E che Berlusconi venga scaricato di fatto. Nel qual caso lo schieramento anti-Prodi si disperderebbe siccome esercito sconfitto. Sarebbe un guaio, e una idiozia strategica. Perché la maggioranza è debole e facilmente attaccabile, si regge in piedi per miracolo. Se la destra anziché aggredirla si sfalda, svanisce il sogno della metà degli italiani di tornare alle urne con qualche probabilità di riscossa. Lanciamo un appello a Casini e a Fini: calma e gesso, rinunciate a rivendicazioni personali e rimanete dove siete, vicini, alleati, coesi. Solamente in questo modo avete un futuro. Compiacere a Prodi in cambio di un sorriso e qualche poltroncina non è utile né intelligente. La legislatura è lunga e si è sempre a tempo per tentare esperimenti, oggi prematuri. Tutti insieme attorno a Silvio e contro Romano; il resto è velleitarismo.


Il lupo perde il pelo ma non il taxi... di FRANCESCO FORTE
Non è vero che il provvedimento del ministro Bersani riguardante i taxi sia una misura liberale. È una misura di proletarizzazione dei taxi che attenta al diritto di proprietà della piccola impresa personale. E, per farlo, il lupo illiberale si traveste da agnello liberista onde carpire la buona fede di liberisti e liberali veri e ottenere il consenso di liberisti illiberali e falsi liberali che vogliono cercare di distruggere, ovunque sia possibile, il modello del piccolo proprietario gestore della propria impresa, onde sostituirvi la massificazione. Alla faccia dei vecchi liberali come Einaudi o Ropke, che trovavano il massimo dell'economia di concorrenza proprio in un sistema atomistico con tanti singoli operatori economici. Lo schema Bersani sostituisce ai piccoli proprietari e alla cooperativa di soci proprietari la società per azioni (falsamente cooperativa o capitalista) con dipendenti che potranno essere sindacalizzati, che non sono responsabili del taxi che guidano e che non sono vagliati dal comune e quindi potrebbero anche essere persone di scarsa affidabilità. Infatti, nei paesi in cui vige tale sistema, vi è un vetro che divide il tassista dal cliente, per separarli. È forse liberale dover stare in un taxi in cui il cliente è separato da conducente da un vetro spesso, perché "non si sa mai"?
Se l'attuale governo voleva indurre i comuni, arbitri della regolamentazione, ad aumentare l'offerta di taxi bastava che stabilisse che l'antitrust può intervenire quando ci siano situazioni di eccessiva restrizione. Se questo era il vero problema, il governo avrebbe dovuto chiedere, preventivamente, ai comuni, tramite l'Anci, una informazione circa il numero di taxi per abitante nei vari comuni, il volume di utilizzo taxi nei vari comuni, per numero di utenze, chilometri, spesa, oltre a una informazione sulle tariffe per accertare i casi bisognosi di correzione. Le attuali situazioni di carenza di taxi, che non sono egualmente importanti nelle varie città, non derivano necessariamente dal fatto che ci siano pochi taxi rispetto alla domanda, perché in certe ore e giorni i taxi sono sovrabbondanti e fermi, in attesa di clienti. La attuale offerta, in molti casi, è adeguata, ma mal distribuita nei giorni e nelle ore. Spesso basterebbe cambiare i turni di uscita dei taxi e garantire certe fasce di ore e servizi, senza bisogno di aumentare il numero di tassisti. Prima di legiferare sarebbe stato utile disporre di queste informazioni e discuterle coi comuni interessati e con i rappresentanti dei proprietari di taxi, che, stando sul campo, hanno le maggiori informazioni. Nulla di ciò è stato fatto. Il provvedimento governativo non reca come preambolo illustrativo, dati di questa natura. Invece, con un colpo di mano, il governo Prodi, colla scusa della liberalizzazione, modifica il regime del diritto di proprietà nel settore delle imprese di taxi, con effetti retroattivi, per tutti i titolari di licenze, stabilendo che d'ora in poi l'esercizio dei taxi potrà essere svolto non da proprietari di taxi, ma da società che li posseggono e fanno guidare i veicoli da lavoratori dipendenti.
Ciò non aumenta necessariamente l'offerta, ne modifica la natura. Genera una nuova categoria di operatori, pesci grossi che possono mangiare i piccoli e diventare monopolio, con veicoli scadenti e guidatori di basso livello, peggiorando il servizio, mentre i prezzi rimangono invariati. Mi si dovrebbe spiegare perché mai dovrebbe aumentare la concorrenza, se si riduce il numero di imprese di taxi, sostituendo le piccole imprese con grandi imprese. Invece, se, fermo restando il regime di piccole imprese, i sindaci, nei loro programmi di concessione di licenze, aumentano il numero di licenze, ci sarà una maggiore offerta e , potenzialmente, una maggiore concorrenza fra imprese. Il sistema escogitato da Bersani non mi pare miglioramento per l'utente, ma uno scadimento del servizio, rispetto a quello che si potrebbe ottenere, rispettando le regole attuali. Nel mutamento di regime ci vedo un vizio ideologico: quello della massificazione, della proletarizzazione, della lotta alla piccola proprietà. Di cui Romano Prodi è l'alfiere. E lo dimostra coi progetti di tassazione dei piccoli risparmi, la tassazione dei privati proprietari di immobili storici e artistici, la lotta ai notai togliendo loro gli atti di trasferimento di auto per darli a un anonimo sportello comunale. Il dna è sempre lo stesso, l'anti individualismo.


Coraggio azzurri quei francesi sono già "neri" di NANTAS SALVALAGGIO
Diranno che è solo una partita di calcio, ma non è vero: quando la Francia incontra l'Italia entrano in gioco altri fattori, come la storia, l'arte, la moda e infine le donne. Perché proprio le donne? Il discorso potrebbe essere lungo,mamilimiterò a citare un episodio studiato alle medie: quando il conte di Cavour volle far breccia nel cuore tenerello di Napoleone III, gli mise alle costole quel fiore della contessa Castiglione, mica una mezza calza rimpannucciata in una boutique di Faubourg St. Honoré. Naturalmente, quando scenderanno sul campo di Berlino, Cannavaro e Totti non si metteranno a discutere di Cesare o Vercingetorige, mentre indossano maglia e scarpette nello spogliatoio: quello che hanno in testa è giocare un bel calcio allegro, veloce, e insaccare qualche pallone nella porta dei "Bleus" prima che lo facciano loro. E tuttavia dovrebbero pure mettere nel conto che non si batteranno contro giocatori normali di una squadra normale, come potevanoessere gli australiani o i tedeschi: avranno di fronte i francesi della nazionale di Francia. Ossia qualcosa di assolutamente speciale, come dire l'ombelico del mondo. Non a caso un loro filosofo, il Voltaire del "Trattato sulla tolleranza", disse una frase che non sarebbe scappata di bocca neppure al vanaglorioso De Gaulle: «Senza la Francia l'Europa sarebbe una enorme Bulgaria». Non dovremo dunque innervosirci se i Bleus ci tratterannoun po' dall'alto in basso e ci guarderanno storto se faremo un'azione degna di applausi; è il loro modo di essere, non possono farci nulla. Non solo, ma con noi saranno particolarmente duri e spietati, proprio perché li abbiamo considerati da sempre i "cugini latini". Il nostro torto è che li abbiamo sempre amati; amiamoi loro vini, i loro formaggi, la loro pittura, musica, letteratura; e se di questo non gliene importa un granché, noi perseveriamo nei nostri slanci di affetto, proprio perché siamo ingenui, a volte anche un po' fregnoni, e non sappiamo legarcela al dito. Proprio il contrario dei nostri malmostosi cugini, noti agli epatologi per una certa ipertrofia del fegato. Insomma, a dirla piatta, quando ti trovi faccia a faccia con un fegatoso, è bene proteggere gli stinchi. Non molto tempo fa un giornale inglese fece una inchiesta sulla idiosincrasia dei Paesi europei: inglesi, tedeschi, spagnoli e italiani se la cavavano con una lista di quindici-venti voci; ma quando toccò alla Francia, non bastò mezza pagina. Perché i Francesi, siano calciatori o calzaturieri, cavadenti o canterini, «hanno il mondo in gran dispitto». Non gli va bene quasi niente. È lì che è nato il neologismo "chauvinisme". La Francia è anche l'unico Paese dove i turisti non ricevono sorrisi di cortesia o gratitudine da albergatori o ristoratori, ma devono sorridere con riconoscenza al Grande Paese che tollera di essere calpestato dai loro piediimpolverati. Proprio per il nostro antico amore per la Francia di Molière e di Maupassant, di Fregonard e di Flaubert, noi andremo al duello finale di Berlino con animo sgombro e lieto; così come farebbero gli eccellenti giocatori della nazionale francese nei nostri confronti se non li avesse condizionati fin dalle scuole piccole quel complesso di superiorità che forse gli deriva dal Camembert e dal Beaujolais. Zinedine Zidane, per esempio, è un pezzo di pane, i tifosi della Juventus lo ricordano ancora con una certa nostalgia. Ma appena si accosta alla zona magnetica di Vieira, detto familiarmente il Giaguaro, cambia di colpo espressione, diventa scuro in volto e intrattabile. È il fluido sciovinista in salsa Vieira. Perché nessuno sa essere altrettanto sciovinista quanto un atleta di colore quando ha passaporto parigino e canta «Allons enfants». Per chi ne volesse conferma, c'è una prova televisiva sulla ruggente alterigia di Vieira: dopo un fallo plateale compiuto su un portoghese peso piuma, l'arbitro gli si accostò con la palese intenzione di appioppargli un cartellino giallo; il che lo avrebbe messo fuori dalla finale di domenica prossima. Ma Vieira si voltò minaccioso verso il direttore di gara, aprì le fauci come un felino che sta per sbranare, al punto che l'incauto rimise in saccoccia il cartellino e corricchiò verso il centro del campo. Il cronista italiano non ha il cattivo gusto di certa stampa popolare tedesca, che sperava di umiliare gli Azzurri chiamandoli mammoni, pizzaioli, parassiti e gigolò. Al che Cannavaro rispose con una risata napoletana, aggiungendo: «Se lo sapevo che ci tenevano tanto, venivo qua e gli offrivo due pizze ». Niente colpi bassi, dunque, siamo gente di mondo, conosciamo le lingue e siamo fedeli al motto noblesse oblige. Epperò i tedeschi non sono andati tanto leggeri quando hanno scritto che i Francesi, per rispetto della realtà, dovrebbero chiamare la loro nazionale non Francia, ma Africancia, tanto robusta è l'immissione del generoso sangue nero nella formazione dei Bleus. Ma questa è una frase tabù, nessuno in Francia oserebbe scriverla, dai Pirenei a Dunquerque c'è questa intesa sotterranea: che le pelli scure si sbiancano in casa, non in piazza. E soprattutto non sui maledetti giornali. Chi non è né razzista né sciovinista deve riconoscere in ogni caso che i francofoni Bleus sono una gran bella squadra e che se è in vena produrrà un gioco spumeggiante. I colorati "enfants de la patrie" sono anche belli da vedere, agili, e hanno nomi musicali come Makelele, Malouda, Thuram, Abidal. L'unico che non ha una figura plastica,né unincedere possente, è il più francese di tutti, Ribéry: accanto alla falcata elegante di un Thuram, pare il brutto anatroccolo di Andersen. E siccome lo sa bene, e lo sente sulla pelle, quando lo richiamano in panchina se ne va mogio mogio con gli occhi a terra. Hannochiesto amonsieurDomenech, il commissario tecnico che le Figaro ha definito "il saccente", come mai avesse quel tono di superiorità che fa tanto grandeur gaullista. Lui ha risposto senza ombra di sorriso (non tutti i mister hanno esprit) : «Ma noi siamo veramente superiori». Noi invece questo non lo sappiamo, e semmai lo dovranno dire gli altri a fine partita. Ciò di cui il signor Domenech deve invece mettersi in testa, è che non siamo "la Terre desmorts", comescrisse Lamartine. Forse se ne accorgerà domenicasera, quandoandremo comunque a stringergli la mano, accada quel che deve accadere. Perché l'abbiamo già detto, la Francia è un nostro antico amore. E siccome l'amore è cieco, dribbla e perdona i difetti più grevi.


Pensioni e sanità, adesso si taglia
E la chiamano "manovrina". Più si legge il decreto ideato dal viceministro Vincenzo Visco e più spuntano provvedimenti anti-Privacy. Operazioni che lasciano presagire l'arrivo di una patrimoniale: il Grande Fratello fiscale vuole conoscere tutti i movimenti bancari superiori a 1.500 euro a partire dal 2001. Non solo, il ministero dell'Economia Padoa Schioppa ha poi messo nero su bianco, togliendo l'Iva, un giro di vite sugli immobili che costerà circa 3 miliardi agli operatori del settore. In discoteca invece l'Iva salirà al 20%. Intanto è finito tra le contestazioni l'incontro governo-sindacati. Criticato Padoa Schioppa per i troppi tagli annunciati in Finanziaria su pensioni e sanità.


Così Bersani dà il colpo di grazia all'attività forense
L'avvocatura italiana ha la storica responsabilità di aver ucciso l'autonomia e l'indipendenza della più antica e liberale delle professioni, quando ha permesso la proletarizzazione dell'attività con la estensione a dismisura degli avvocati d'ufficio e del gratuito patrocinio. I quali sono pagati dallo Stato e chi paga vuole la contropartita: gli avvocati hanno dato quella del servilismo e del patteggiamento svendendo il ruolo di garanti dei diritti dei cittadini. E siccome le parcelle degli avvocati d'ufficio e dei patrocinatori gratuiti le liquida ilmagistrato, la relativa entità si è venuta legando al tasso di servilismo di volta in volta elargito. Non che le persone non abbienti non abbiano diritto ad essere efficacemente difese, ma l'avvocatura, per impedire l'ingerenza dello Stato, avrebbe dovuto assumersi l'onere di questa difesa, ad esempio tassando tutti i professionisti per retribuire gli l'avvocati d'ufficio e i patrocinatori gratuiti. Questo imbastardimento della professione forense, mai contestato anche dalle associazioni di avvocati, trova nel decreto Bersani il momento conclusivo di un iter che porterà all'abolizione degli ordini professionali, e alla trasformazione degli studi legali in botteghe di oggettistica varia. Il decreto, infatti, ha il suo epicentro nella eliminazione delle tariffe minime e massime. Nulla da dire sulle massime perchè la libera contrattazione è sempre esistita, e se è vero che i ricchi vincevano le cause e i non abbienti no, si sarebbe dovuto agire per una buona difesa per tutti. Invece, il decreto secondo una logica connaturale alla sinistra, continua nella proletarizzazione della professione forense scatenando una concorrenza tra professionisti che litigheranno per una differenza di cento euro. Lascio immaginare quanto, in una simile gara, possa valere la qualità della prestazione e le conseguenze le pagheranno solo i non abbienti. Sarà una concorrenza selvaggia, che farà aumentare la zona melmosa dell'avvocatura e sarà la rovina dei giovani avvocati i quali, piuttosto che curare preparazione, stile e moralità, punteranno solo a fare soldi. ::: C'è poi, un altro aspetto del decreto che è la tomba della professione forense: la trasformazione dell'attività dell'avvocato da prestazione di mezzi in prestazione di risultati. Fino ad oggi l'onorario dell'avvocato è stato commisurato alla entità ed alla difficoltà del lavoro da svolgere e, proprio per evitare strumentalizzazioni, ricatti e collusioni si è sempre vietato di commisurare la parcella al risultato. Ora questa regola bimillenaria è abolita. Se ti faccio scarcerare mi dai 10mila euro, altrimenti me ne dai 100. Se ti faccio vincere la causa mi dai 100mila euro, se la perdimene dai mille. Chinon capisce quante truffe saranno perpetrate all'insegna di questa assurda e immorale regola? L'avvocato potrà persino farsi anticipare parte di un onorario pattuito per il caso di vincita, per ricevere, il saldo alla fine: non solo la truffa ma l'estorsione saranno dietro l'angolo. Oltre alla spirale corruttiva e del millantato credito in nome dei quali percepire 1000 invece che 10. Di giudici corrotti ce ne sono. L'occasione, poi, fa l'uomo ladroe quandosi istituisce un sistema favoreggiatore del mercimonio giudiziario, il numero di quei giudici aumenterà, sia tra quelli togati che da quelli di pace. Il decreto Bersani non è solo la fonte di una deprofessionalizzazione dell'attività forense e di una concorrenzialità da mercato rionale, ma è l'anticamera dell'abolizione degli Ordini professionali, talvolta scandalosi, ma con i quali non si deve commettere l'errore di buttare l'acqua con tutto il bambino. Si immaginicomesaràuna giunglacome quellaora in vigore, senza controlli. E' vero che Berlusconi questa liberalizzazione non l'ha fatta, ma ha fatto bene, perché questa è solo demagogia per accalappiare il consenso di quel crescente proletariato forense che la tradizione italiana si rifiuta di considerare degno della toga.


Soccorso bianco L'Udc è pronta ad aiutare Prodi
Il segretario centrista Cesa: « Valuteremo insieme il testo del decreto, ma è un'iniziativa valida » . Il partito è orientato a votare il decreto su taxisti e farmacisti ROMA Pronto soccorso al governo? L'Udc « sta valutando » se votare a favore del decreto Bersani sulle liberalizzazioni, ma tra chi chiaramente si espone con un giudizio positivo, chi sfuma i toni, chi parla di " opposizione responsabile", chi temporeggia, la sensazione è che un voto positivo, da parte dei centristi della Cdl, non sia un'ipotesi così remota. Rivendicando una autonomia di posizionerispetto alle " pastoie" degli alleati e, in primis, del Cavaliere. Bruno Tabacci e Marco Follini dichiarano il loro sostegno al provvedimento, se fatto seriamente, con l'intenzione di procedere fino in fondo sulla strada delle liberalizzazioni. Follini sostiene che « noi siamo favorevoli alle liberalizzazioni ma diciamo al governo che bisogna fare di più » , ma « allargare il campodei servizi e delle attività che vengono liberalizzate » . Tabacci, ex presidente della commissione attività produttive della Camera, afferma: « Non basta occuparsi di taxi e farmacisti: se è segno di una svolta, di un primo passo, va bene. Ma bisogna allora andare in profondità » . Insomma, mettono in tavola la contropartita richiesta per il voto favorevole al decreto Bersani: sì alle liberalizzazioni, ma solo se si includono anche i " pezzi grossi", appunto come Enel e Eni. Indirettamente risponde Tiziano Treu ( Margherita), presidente dellaCommissione Lavoro al Senato, convinto senza ombra di dubbio che, per far passare il decreto in Parlamento, « avremo il sostegno anche di una parte della Casa delle libertà, qualche settore di An, l'Udc » . Emandaa dire: « Sulla spinta di questo primo provvedimento dobbiamo mettere mano alle altre liberalizzazioni previste dal programma dell'Unione » , comeper esempio « l'energia » e « i servizipubblici locali, le aziende municipalizzate » . Del resto, Tabacci, insieme a Treu e al suo compagno di partito Marco Follini, Daniele Capezzone della Rosa nel Pugno, il diessino Nicola Rossi stanno dando vita a un fronte bipartisan a sostegno del " pacchetto" sulle liberalizzazioni. Insieme a Tabacci e Follini, per un sì al decreto, si dovrebbero schierare i folliniani di sempre: Lorenzo Nedo Poli, Giuseppe Naro, Graziano Maffioli. La linea ufficiale la detta il segretario del partito, Lorenzo Cesa, che spiega di aver appena ricevuto il testo del decreto Bersani, che è stato " distribuito" ai capigruppo perché lo analizzino con attenzione, e poi si deciderà tutti insieme « sul nostro comportamento » . Ma Cesa si sbilancia e si lascia andare a un commento significativo: complessivamente, il pacchetto Bersani è « un'iniziativa che ha una sua validità, anche se con un metodo errato » perché « andavano sicuramente ascoltate le categorie » . La linea ufficiosa, invece, la proclama Pier Ferdinando. « Direi che una classe politica seria nonsi spaventa delle proteste, se èconvinta delle sue ragioni le sostiene » , dice chiaro e tondo il leader dell'Udc. « Si deve andare verso la liberalizzazione con più decisione. Questo significa affrontare i veri nodi » spiega l'ex presidente della Camera e, come Follini e Tabacci, ricorda « le questioni di fondo, penso al tema dell'energia, al tema dei servizi pubblici locali. Suqueste grandi liberalizzazioni noi aspettiamo il governo all'appuntamento perché non vi é dubbio che questi primi passi sono passi nei quali emerge la tendenza a prendersela con i deboli più che con i forti » . Frena Gian Luca Galletti, che fa parte della Commissione Finanze alla Camera, spiegando che « bisogna considerare il provvedimento nel suo complesso » , che i primi articoli sulle liberalizzazioni sembrano « specchietti per le allodole » , mentre la seconda parte del decreto sarebbe disseminato di trappole per i cittadini e le aziende, con un considerevole « aumento della pressione fiscale » . Ma invoca, da parte dell'Udc, un atteggiamento di « opposizione responsabile » . Prima si analizza il documento, poi si voterà. CATERINA MANIACI


Ma quali liberali! Distruggono il ceto medio
di RENATO BESANA Erano stati in molti, nel centro- destra, a meritarsi il premio speciale Cretino d'oro 2006. Al solo sentire la parola liberalizzazioni, avevano perso la trebisonda: le dovevamo fare noi, hanno cominciato a biascicare, era tutto nel nostro programma. Per fortuna, a ridestare gli intronati hanno provveduto prima Alemanno, poi Tremonti e, finalmente, Berlusconi alla Confcommercio. Proprio non avevano capito, le anime candide: qui si tratta, ancora una volta, della vecchia cara lotta di classe, rivisitata in chiave postmoderna. La sinistra intende liquidare i ceti medi. Essi costituiscono infatti il blocco sociale che più di ogni altro siopponealla sua egemonia. I tassisti, insieme alle categorie professionali, sono i kulaki del soviet prodiano: un ostacolo da rimuovere. Il disegno non è nuovo. Ricalca infatti la scalfariana " alleanza dei produttori" che funestò gli anni Settanta. Essa intendeva operare la saldatura, come si sproloquiava allora, tra il grande capitale e le avanguardie sindacalizzate del proletariato. Per qualche tempo funzionò; a uscirne in braghe di tela, fu chi davvero tirava la carretta, laborghesia minuta, oltre ai piccolie mediimprenditori. Smaltita la sbornia barricadiera, anche i lavoratori finirono per accorgersi che stavano meglio quando stavano peggio: dalla stagione dei fischietti, cortei e bandiere rosse, non ci avevano guadagnato né in termini retributivi né in tutele non formali. I sindacati erano in compenso riusciti a consolidare un potere enorme. Lo usarono, il più delle volte, per svendere i propri iscritti: il singolo, in virtù dell'articolo 18, non lo si poteva licenziare, ma le centinaia sì. Detto e fatto. La maggioranza silenziosa prima e il craxismo poi sventarono il disegno, mal'impianto sul quale si reggeva rimase in piedi, e anzi si rafforzò, tanto che lo si ritrova, quasi immutato, in Tangentopoli, quando le oligarchie tentarono di sostituirsi alla politica. La minestra, già rancida neiprimianniNovanta, ce lastannoscodellando di nuovo. Gli ingredienti non cambiano: sinistra, più banche, più Confindustria, più sindacato, più sistema dell'informazione e burocrazie organizzate, vedi scuola e magistratura. Si toglie dalla busta, qualche minuto nel microonde e voila, il pranzo è servito. I cuochi sono i poteri forti, mentre la compagine di governo fornisce i camerieri ( i lacché della borghesia, diceva Marx). Quanto eterodiretti siano Prodi e compagnia lo dimostra il fatto che, a chiedere di rompere le ossa ai tassisti entro i primi cento giorni, fu l'esimio Giavazzi prof. Francesco sulle colonne del Corriere. Lui ci aveva messo la penna; gli ordini erano arrivati dai piani alti. La sinistra, pronta all'ubbidienza, si illude così di costruire una società egualitaria; gli oligarchi, invece, hanno in mente la " low cost", una società dove non si paga più nessuno e più niente, se non il denaro e chi lo maneggia: un mondo squallido, fondato sull'usura e sullo sfruttamento. La Cina è vicina, ma non come pensava Marco Bellocchio. Se l'obiettivo è proletarizzare i ceti medi, la premessa indispensabile è la disgregazione di professioni e categorie. Esse, per secolare consuetudine, hanno fornito a chi ne facesse parte il quadro di riferimento che uno Stato come il nostro, avido e cialtrone, non ha garantito; hanno prodotto, e producono, benessere e decoro, al pari dei piccoli imprenditori. La grande industria, invece, che cosa ha fatto nell'ultimo decennio? Ha licenziato, delocalizzato e piagnucolato aiuti governativi. Tranquilli, arrivano, ci pensa lo zio Mortadella, tanto i denari sono i nostri. Chiamate il decreto Bersani come vi pare, anche Rosamunda, manon prendiamoci in giro blaterando di liberalizzazioni e di consumatori che ci guadagnano. La sinistra conosce un solo metodo: il rullo compressore. Lo sta usando. Maè brava, bravissima con le parole. Unalobby i tassisti, gente che quando va bene si porta a casa 1.500 euro al mese? E le banche allora? Cominciate da lì, se ci riuscite. Senza contare che la prima e vera liberalizzazione è il taglio delle tasse. " Low tax", non " low cost". Poi cominciamo a ragionare.


E ora tocca a municipalizzate, energia e altre professioni
ROMA Il decreto Bersani è solo un antipasto, « una punzecchiatura » , dasettembre partirà la grande campagna del governo per le liberalizzazioni, parola di Tiziano Treu. Nell'agenda del governo - secondo quanto riporta l'Espresso in edicola oggi - subito dopo le ferie estive, c'è anche la riforma delle professioni, dell'energia, delle aziende municipalizzate, senza fare marcia indietro. Treu, ex ministro del lavoro, si aspetta una dura battagliaparlamentareper far passare le riforme e spiega: « Non sarà facile. Dovremo passare sotto le forche caudine del dibattito parlamentare. Ma il decreto non si può stravolgere. Se facciamo un passo indietro abbiamo già perso la guerra, la madre ditutte le battaglie chesi combatterà dopo, a partire da settembre. Sulla spinta di questo primo provvedimento » , prosegue l'esponente della Margherita, « dobbiamo mettere mano alle altre liberalizzazioni previste nel programma dell'Unione. Intanto, il riordino delle professioni che marcisce da anni. Le nuove professioni sono già aperte a questaprospettiva, chiedono un riconoscimento, una normativa leggera, attualmente sono figlie di nessuno » . Ma la portata più sostanziosa sarà quella dell'energia. « Il fronte più importante » , risponde sempre Treu, « è l'energia, dove dovremo affrontare l'opposizione di qualche potere forte: approvvigionamento delle risorse, lotta alle reti monopolistiche, politiche energetiche da differenziare. E poi ci sono i servizi pubblici locali, le aziende municipalizzate » . È consapevole Treu che toccando le municipalizzate si rischia di pestare i piedi agli amministratori locali di sinistra. Ma ha le idee ben chiare. « Noi » , ribatte, « non costringiamo nessuno a mettersi sul mercato, ma se i servizi municipali vogliono restare protetti non possono poi andare a razzolare nel pollaio altrui, con spericolate operazioni di mercato. Secondo: sappiamo bene che non sipuò liberalizzare senza fare operazioni strutturali, si rischia di devastare il territorio » . Il governo è consapevole di avere numeri molto piccoli al Senato per far passare i provvedimenti di deregulation ma punta ad incassare il consenso anche di importanti aree di centrodestra: « L'opinione pubblica » , assicura Treu, « è molto favorevole. Credo che avremo il sostegno anche di una parte della Casa delle libertà: qualche settore di An, l'Udc, i più sinceramente liberali. Abbiamo sempre detto che il centrodestra italiano è una coalizione composta in gran parte di corporativisti o di colbertisti. Ma i veri liberali saranno dalla nostra parte: è una materia su cui le convergenze bipartisan non sono sospette, ma virtuose » . Dal futuro al presente. La protesta dei tassisti, la serrata delle farmacie e il blocco degli avvocati. « Gli ordini sono chiusi, resistono alla modernizzazione » . Ma esistono margini per cambiare il decreto? « I tassisti hanno dalla loro la forza delle macchine, ma inquesto caso decideranno i sindaci. Alcuni terranno duro, altri come nel caso di Letizia Moratti, molleranno. E sì che a Milano c'è uno dei servizi più scadenti del mondo. Discutiamo di tutto. Ma se facciamo marcia indietro » , ammonisce Treu, « è finita » . AN. VAL.


IL DECRETO
::: TAXI, FARMACI, PANE Il decreto prevede la liberalizzazione delle licenze dei taxi: più auto con una sola licenza. Inoltre i farmaci da banco potranno essere venduti anche nei supermercati e niente più limiti alla produzione del pane e al numero dei panifici. TARIFFE E RCAUTO Vengono abrogate le tariffe obbligatorie minime per le attività professionali o intellettuali ( es avvocati). Via l'obbligo per le agenzie di vendere polizze di una sola assicurazione e niente più tariffe minime. BANCHE E CONTROLLI Obbligo delle banche di avvertire per scritto i clienti di tutte le variazioni di costi e tassi, con la possibilità per i correntisti di chiudere il conto senza spese. Ma ogni banca o finanziaria dovrà comunicare all'Anagrafe tributaria ogni movimento di soldi, tranne i bollettini postali inferiori a 1.500 euro.


a sinistra taglia pensioni e sanità
Il ministro dell'Economia presenta il documento di programmazione economica ai confederali che non vogliono sentir parlare di sforbiciate. Così resta vago sui contenuti Inflazione programmata all' 1,9%. Foccillo ( Uil): troppo bassa. La Cisl mette le mani avanti: non chiedeteci nuovi sacrifici. Oggi il Dpef verrà portato al consiglio dei ministri    Giù le mani dalle tasche dei lavoratori e guai a tagliare il welfare. Antenne dritte dei sindacati per il nuovo documento di programmazione economico e finanziaria 2007- 2011 nelle mani del governo Prodi, che ha già promesso lacrime e sangue. Nel tardo pomeriggio di ieri il ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa ha presentato le linee guida al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ma la serata è stata dedicata tutta ai sindacati confederali. Il Dpef, che sarà esaminato oggi dal consiglio dei ministri, dovrà per il 2007 produrre una Finanziaria da due punti e mezzo di Pil, vale a dire una stangata da 35 miliardi circa. E arrivano le prime alzate di scudi da parte dei rappresentanti dei lavoratori, che non hanno intenzione di stringere di un buco la cinghia per conto di chi " le tasse non le ha mai pagate". « L'incontro è stato insoddisfacente, troppo generico » dice a Libero il segretario confederale Uil Antonio Foccillo. Ci saranno « troppi tagli al welfare e sacrifici da affrontare ma non sappiamo a carico di chi. L'inflazione programmata poi è stata fissata all' 1,9% per il 2007, troppo distante dalla realtà per poter essere accettata » . Insoddisfatto anche il leader Cgil Epifani: « Ci hanno confermato l'entità della manovra, pari a tre punti di Pil. Non ci sono stati forniti molti approfondimenti. Molte parti sono rimaste indeterminate. Sembra di cogliere un'accentuazione che non condividiamo nei confronti dei tagli alla spesa sociale in modo particolare nel settore della previdenza, sanità ed enti locali. Non sono soddisfatto né delle entità delle informazioni ne dello squilibrio dei confronti dei tagli sociali che non ci sono stati quantificati » . Anche la Cisl esprime il proprio « " no" a nuove forme di compartecipazione alla spesa, a carico dei cittadini, e sottolinea l'esigenza, nella valutazione e qualificazione della spesa, di riconsiderare il già elevato contributo alla spesa, a carico dei lavoratori e dei pensionati » , ha detto il segretario confederale della Cisl, Sergio Betti, con delega per la sanità, a conclusione dell'incontro preparatorio col ministro della Salute, Livia Turco. « Non ci sono state anticipazioni - prosegue Betti - sul contenuto del Dpef. Sono emerse, tuttavia, forti preoccupazioni sull'entità delle risorse disponibili per il servizio sanitario nazionale » . « Il Governo - conclude Betti - nel predisporre la finanziaria 2007 deve garantire la certezza di finanziamento dei livelli essenziali di assistenza e la loro effettiva erogazione, il superamento della sottostima del fondo sanitario e la verifica dell'utilizzo del sistema di accreditamento nelle strutture sanitarie pubbliche e private » . Insomma, una manovra per il 2007 pari a 35 miliardi di euro che si aggiunge alla manovrina per il 2006 già varata dal governo, per un totale di 3 punti di pil ( 2 per correggere l'andamento del deficit e 1 per lo sviluppo). Per il 2007 l'obiettivo del pil sarebbe il 2%. Queste, salvo sorprese dell'ultima ora, le cifre che dovrebbero essere contenute nel Dpef. Ma i sindacati sono preoccupati per i preannunciati tagli ai grandi capitoli di spesa: sanità, previdenza, pubblico impiego e enti locali. Questo il motivo del nuovo incontro al ministero dell'Economia, a cui hanno partecipato i segretari generali di Cgil e Cisl, Epifani e Bonanni e il segretario confederale Uil, Antonio Foccillo. Quest'anno, dopo la manovrina, il deficit dovrebbe collocarsi al 4% del pil, anche se dalle misure di lotta all'evasione e elusione dell'ultimo decreto è atteso un aumento di gettito che non viene quantificato. ANT. S.


Prodi si fa il manuale del perfetto dittatore
ROMA Con l'esigua maggioranza parlamentare che si ritrova, Romano Prodi sta studiando tutte le possibili mosse per legiferare senza passare dal Parlamento. O per mettere l'assemblea con le spalle al muro. Un assaggio lo si è avuto con il decreto legge sulle liberalizzazioni, che tante proteste sta suscitando nelle categorie professionali. A questo proposito, tra alcuni esponenti di primo piano della maggioranza da qualche giorno circola uno studio riservato intitolato " The alternatives to legislation. Il quadro attuale, gli strumenti esistenti e le iniziative possibili": un vero e proprio manuale commissionato da Palazzo Chigi, 24 pagine datate 31 maggio 2006, che fa il punto su tutti gli strumenti messi a disposizione dalla legislazione vigente per legiferare senza passare dall'Aula. Per esempio, condecreto del presidente delConsiglio, regolamento, decreto ministeriale, leggi regionali. O semplicemente facendo funzionale meglio norme già approvate. Nel testo si legge: « Il nuovo assetto di competenze normative introdotto dalla riforma del Titolo V non ha fatto venir meno tutte le poten- zialità virtuose del ricorso alla sede regolamentare in alternativa a quella legislativa... Occorre operare una ricognizione dei settori di chiara competenza esclusiva dello Stato in cui sia possibile un intervento regolamentare per la disciplina non legificata, dando così priorità agli interventi che possano compiersi, in via diretta e con atti normativi del governo, in tali materie » . In particolare, secondo il testo, il mancato ricorso a strumenti « alternativi alla legislazione » provoca: « una disattenzione per la fase applicativa delle leggi » ; « una frammentazione delle funzioni strategiche e di coordinamento del presidente del Consiglio » ; « un'alterazione dei rapporti istituzionali tra Parlamento e governo » ; « un'alterazione dei rapporti istituzionali tra Stato e Regioni » . Poi si auspica il ricorso alla legislazione delegata: « Per il livello normativo primario l'alternativa principale all'intervento parlamentare è quello della legislazione delegata » . Con un accentramentodi poteri sul capo del governo: « Sembra necessario restituire al premier una piena titolarità dei poteri di indirizzo e coordinamento riconvertendo le deleghe attribuite in via automatica in deleghe attribuite, volta per volta, dal capo del governo » . Poi c'è un passaggio che sembra scritto apposta per ciò che si è visto nell'ultima settimana: « La portata generale dei criteri della delega " taglialeggi" sono estremamente ampi e possono consentire, in certi casi, una vera e propria riforma di settore ( ad esempio, nel senso della sua liberalizzazione: si pensi alle professioni, al commercio, ai mercati, alle " public utilities"), anche con rilevanti modifiche dell'assetto delle competenze e la possibilità di incidere su tutti gli aspetti organizzativi » . Ma lo studio prevede anche altre due meccanismi per ridurre il passaggio delle norme dal Parlamento. Da una parte l'incentivazione della sussidiarietà orizzontale nei confronti delle Regioni e autonomie locali: « Occorre valorizzare gli strumenti di cooperazione tra Stato e autonomie, da utilizzare anche per la definizione di interventi alternativi alla legislazione dello Stato » . Dall'altra incentivare « le iniziative volte a ottenere una migliore e più uniforme attuazione delle leggi vigenti, prevenendo cosìil ricorso a nuove norme » . Insomma, in attesa di una campagna acquisti neiconfronti di senatori dell'opposizione, che potrebbe partire dall'autunno, Prodi sta studiando tutti i meccanismi che la legge gli mette a disposizione per evitare trappole e cercare, comunque, di governare. Visto che, con i soli numeri parlamentari, anche l'approvazione di una singola legge potrebbe risultare complicato. GIANLUCA ROSELLI


Gli ultra- pacifisti sfidano il governo: « Via subito dall'Afghanistan »
ROMA Soppressione dell'operazione, a guida Usa, " Enduring Freedom" e introduzione di una strategia di uscita anche dalla missione Isaf. Questi i due emendamenti chiave che i dissidenti pacifisti dell'Unione presenteranno al disegno di legge sul finanziamento della missione italiana in Afghanistan, che approderà nei prossimi giorni in Parlamento. È quanto hanno deciso questa mattina una rappresentanza dei senatori " ribelli" dell'Unione ( tra cui Grassi e Malabarba - nella foto - del Prc e Bulgarelli dei Verdi) e alcuni deputati di Rifondazione. I parlamentari fanno sapere di avere anche raccolto molte adesioni per " un'assemblea pubblica autoconvocata" che si terrà sabato 15 luglio sotto lo slogan " contro la guerra, senza Se e senza Ma". E intanto il sottosegretario all'Economia Paolo Cento, intervenendo sul tema, propone le primarie: « Serve un grande dibattito dentro il centrosinistra - afferma Cento - per affrontare una volta per tutte questo nodo di politica estera. Le primarie non si fanno solo per i leader ma anche per fare delle scelte di programma » .


Abu Omar chiede i danni a Berlusconi
MILANO Mentre in Italia infuria la bufera sui servizi segreti militari, in Egitto l'ex Imam di Milano chiede i danni al Cavaliere. « Farà causa a Silvio Berlusconi per 10 milioni di euro, per il suo ruolo di Primo ministro e per il suo coinvolgimento nel rapimento, avendo permesso alla Cia di sequestrarlo » , ha spiegato Montasser Al- Zayat. Hassam Mustafa Osama Nasr, meglio conosciuto come Abu Omar, era stato sequestrato a Milano da agenti della Cia il 17 febbraio 2003 e portato alla base aerea americana di Aviano per essere interrogato. Secondo l'inchiesta in corso sul rapimento, successivamente era stato portato a Il Cairo attraverso la base americana di Ramstein in Germania e consegnato alle autorità egiziane. Per la vicenda sono finiti in carcere ieri il numero uno del Sismi Marco Mancini e il generale Gustavo Pignero con l'accusa di sequestro di persona e abuso d'ufficio. Indagati due funzionari del Sismi, Pio Pompa e Luciano Seno. Per loro l'accusa è di favoreggiamento, reato commesso al fine di occultare le prove relative al sequestro di persona. A Roma, in via Nazionale, in un ufficio intestato a Pio Pompa è stato ritrovato un vero e proprio archivio di informazioni riservate captate in modo fraudolento. In merito sono stati sentiti ieri dal pm milanese Armando Spataro numerosi giornalisti di varie testate vicini al Sismi. ::: Dopo 24 ore di silenzio Mancini rilascia anche dichiarazioni e sottolineare la sua fiducia nei confronti della magistratura. Appare smagrito e persino più in forma rispetto alle fotografie che lo ritraggono mentre aiuta Giuliana Sgrena a scendere dall'aereo subito dopo la sua liberazione, l'anno scorso, Marco Mancini a chi lo vede in carcere a San Vittore dove si trova dall'altra sera. E soprattutto appare e dice di essere molto tranquillo. Ieri attraverso il suo avvocato, il numero due del Sismi ha detto di avere fiducia nella giustizia: « Non ho mai rapito nessuno » . « La mia estraneità ai fatti - ha spiegato - sarà chiarita » . E anche nel pomeriggio, dalla stanza dell'infermeria dove si trova, solo, guardato a vista e senza la possibilita' di leggere i giornali, ripete di stare bene. Lo stesso messaggio che ha chiesto all'avvocato Luigi Panella di portare a sua moglie e a sua figlia per tranquillizzarle. « Non ho bisogno di niente » ha affermato, anche se nella stanza- cella dove si trova ( l'ultima dell'infermeria, al terzo piano) non c'è praticamente nulla: solo il letto appoggiato alla parete sinistra. Mancini, che ha iniziato la sua carriera come brigadiere dei carabinieri ed è entrato nei servizi segreti nella prima metà degli anni Ottanta dopo essersi occupato delle Br, non ha in vista effetti personali. Solo un paio di ciabatte bianche infradito a terra, vicino al letto. Calza un paio di mocassini di camoscio, indossa i jeans e una polo bianca, candida. Ha fatto la barba e anche i capelli sono in ordine, piu' corti rispetto al 2005 e piu' bianchi, mossi ma sistemati con un accenno di scriminatura a sinistra. A San Vittore il numero 2 del Sismi ha anche avuto alcune parole gentili per la polizia penitenziaria e per gli operatori del carcere. « Li ringrazio per il livello di professionalità - ha detto - e per l'approccio psicologico che hanno, adatto alla situazione » . E quella che lo riguarda è certamente una situazione molto delicata, visto che quei pochi metri quadrati della vecchia casa circondariale nel cuore di Milano ospita una delle più alte cariche dei servizi segreti. ::: Oggi, l'ex capo della prima Divisione del Sismi avrà ben altri incontri. Nel pomeriggio sarà sentito per la prima volta dal giudice che ha firmato l'ordinanza di custodia cautelare in carcere. Ed è a lui, nell'ambito di quello che tecnicamente costituisce un interrogatorio di garanzia, dovrà rispondere a tutte le contestazioni riversate in 500 pagine di ordinanza. Poi, ma l'interrogatorio deve essere ancora fissato, Mancini dovrà rispondere ai pm. Martedi' prossimo, invece, tocchera' al generale Gustavo Pignero. Agli arresti domiciliari per motivi di salute, il militare che rivestiva il ruolo di responsabile dei centri Sismi del Nord Italia dopo una lunga esperienza nell'Arma dovra', come Mancini, rispondere di accuse pesantissime: concorso nel sequestro di persona. CLA. ANT.


Gli italiani sfiduciano D'Elia
ROMA Dopo Firenze e la Toscana, è tutta l'Italia a invocare le dimissioni di Sergio D'Elia, l'ex terrorista di Prima linea condannato per l'uccisione, nel ' 78, dell'agente Fausto Dionisi, che è stato eletto prima deputato con la Rosa nel pugno e poi segretario di presidenza della Camera. Il 96,4% dei cittadini si dichiara contro la sua nomina a segretario, il 92,1% vorrebbe che se ne andasse da Montecitorio e il 94,3% censura la candidatura di chi è stato condannato per gravi reati di terrorismo. È quanto emerge da un sondaggio commissionato dal Sindacato autonomo di polizia all'istituto Poggi & Partners presentato ieri alla Cameradal segretario del Sap, Filippo Saltamartini e dall'autore della ricerca effettuata su un campione di 1.530 intervistati, Bruno Poggi. Alla conferenza hanno preso parte anche Elio Vito, capogruppo di Fi alla Camera, e Carlo Giovanardi dell'Udc, in vista della discussione e del voto della mozione presentata dalla Cdl sui casi di D'Elia e Daniele Farina del Prc ( leader del Leoncavallo condannato per atti di violenza), previsti per lunedì e martedì. Dal sondaggio emerge una maggioranza bulgara che non ci sta a farsi rappresentare da chi si è macchiato di atti di terrorismo. L' 88,1% degli interpellati, infatti, approva la mobilitazione avviata dal Polo e dal Sap, anche attraverso il sito www. nessonovoticaino. org, titolato sulla falsa riga del nome dell'associazione" Nessuno tocchi Caino" fondata da D'Elia. « In nessun Paese occidentale i terroristi sono approdati in Parlamento - commenta Saltamartini - per chi rappresenta lo Stato il caso D'Elia è una grave lesione e se la mozione non fosse approvata, abbiamo ipotizzato di inviare una petizione al Parlamento europeo » . La Cdl ritiene invece che la mozione vada votata subito. Essa non chiede esplicitamente le dimissioni del deputato dell'Rnp: « Non può contenere questa richiesta - spiega Vito - ma auspichiamo che il Parlamento valuti l'opportunità e opti per questa soluzione » . A dire il vero, l'auspicio del capogruppo azzurro è che, « prima che la mozione vada in aula, D'Elia lasci la segreteria » , prendendo così atto, del « sentimento di indignazione diffuso » . Una posizione diversa, chiosa Vito, « suonerebbe come una provocazione » . Ma sia lui che Giovanardi sperano che il Parlamento si pronunci all'unanimità, « perché - rileva Vito - nelle file della maggioranza ci sonopersone colpite dal terrorismo, che non vogliamo vincere contro qualcunoma evitare che casianaloghi possano accadere in futuro » . Una mozione, precisa Giovanardi, che richiama « gli argomenti approvati dal Consigliocomunale di Firenze e dal Consiglio regionale della Toscana, dove la maggioranza di centrosinistra » , chiede al governo di « assumere, nel doveroso e assoluto rispetto delle prerogative del Parlamento, iniziative, anche normative, per evitare che possano accedere a cariche istituzionali di rilievo coloro che siano stati condannati per reati gravi e violenti contro la persona e contro le istituzioni democratiche » . BARBARA ROMANO


Media World costretta a tenere per la Francia
IN CASO DI VITTORIA DI LIPPI & C. LA CATENA DI ELETTRODOMESTICI HA PROMESSO DI RIMBORSARE LE TV AL PLASMA. RISCHIA 18 MILIONI MILANO Panico a Media World. Sarebbe meglio che l'Italia non vinca. Sarebbe meglio che Zinadine Zidane torni a essere le roi del Mondiale. Come nel 1998. Sarebbe meglio un trionfo francese: così la famosa catena di negozi dell'elettronica di consumo risparmierebbe ben 18 milioni di euro. Come è possibile? Tutta colpa di un concorso: " Tifa Italia & Vinci". Una promozione orchestrata dai guru del marketing che ora rischia di rivelarsi un boomerang. Al meno dal punto di vista economico. Il fatto è che Media World aveva promesso a chiunque comprasse un televisore Lcd o alplasma da32 pollici in su di rimborsare il costo, a patto che gli azzurri di Lippi sbanchino Berlino. Totti e compagni ci sono vicini. Così nella sede di Curno ( Bergamo) i grandi capi hanno cominciato a fare quattro conti. Si sono informati innanzitutto su quanti clienti hanno comprato la super- Tv. E i capelli sono diventati di colpo dritti: dal 18 maggio all' 8 giugno, cioè il periodo in cui valeva la promozione, Media World ha venduto oltre 10mila maxi- schermi. Di conseguenza, calcolatrice alla mano, hanno scoperto che la vittoria dell'Italia costerà 18 milioni circa, visto che ogni pezzo vale 1.500- 2mila euro. Però. Quindi domenica ci saranno 10mila italiani che tiferannola Nazionaleconuna motivazionepiù concreta, economica, rispetto al tradizionale valore di patria tricolore. Anche se bisogna vedere chi dei 10mila si è registrato sul sito o chiamato il call center, per certificare l'acquisto che vale un Mondiale. Un'operazione che non è filata del tutto liscia. Come a una giornalista di Sky Sport. In una lettera scritta a Libero ha denunciato il fatto che « quando vai a pagare non ti attivano la promozione, e si guardano bene dal dirti che per attivarla devi andare al loro centro servizi. A me è successo. Ho protestato - racconta - ho anche inviato un fax ad alcuni dirigenti, il quale non si è neanche degnato di rispondermi. Fortunatamente un vicedirettore del negozio dove ho acquistato il televisore si è attivato subito per risolvere il problema » . Da Media World comunque non sono « ancora in grado di dare dei numeri precisi » sui clienti registrati. Bisognerà aspettare settembre. Il rimborso comunque non sarà in denaro, ma in buoni acquisto da 100 euro, la cui somma sarà pari all'importo della Tv. Per questo « tiferemo lo stesso Italia » , fanno sapere dalla società: i 18 milioni resteranno sostanzialmente " in casa". Non solo: grazie a questo concorso Media World ha sottratto clienti alla rivale Euronics e poi, di fatto, è aumentata la fidelizzazione del consumatore. Una dubbio: ma se l'Italia non dovesse vincere? Ci sarà un'estrazione: in palio una Maserati Coupè Cambiocorsa e 20 Vespa Piaggio 250. GIULIANO ZULIN


Boom di suicidi: 13 morti al giorno a Teheran
TEHERAN Aumenta il numero di suicidi in Iran. Ogni giorno, 13 persone si tolgono la vita. La loro età media è di 29 anni e per ognuno che porta a termine il suo proposito, altri, tra 8 e 25, provano a compierlo. Il ministero della Sanità, citato dall'agenzia Asia- news, riferisce anche che gli uomini che portano a compimento il suicidio sono il triplo delle donne, mentre le donne che tentano di uccidersi sono tre volte più numerose degli uomini. Il fenomeno riguarda soprattutto le zone povere del Paese, le province di Ilam, Bushehr, Kahkilooieh eBoyeer- Ahmad, Khuzestan, Fars e Kerman. Sono i giovani il gruppo più numeroso; secondo un rapporto dell'Organizzazione nazionale della gioventù la metà dei giovani iraniani con meno di 29 anni è " disturbata", mentre il 40,2% soffre di problemi psichici. Il suicidio è diffuso anche tra gli studenti, specialmente tra quelli lontani da casa che vivono nei dormitori, e tra le donne. Secondo il governatore della provincia di Ilam su 580mila abitanti ogni anno ci sono circa 400 suicidi, 220 dei quali compiuti da donne. Molte di loro si gettano nel fuoco per sfuggire alla tortura di un matrimonio combinato o alla " censura" familiare. Due anni fa nella zona fu proiettato un film che mostrava universitarie che facevano festa a Tabriz; due delle giovani riprese si sono così preoccupate per il danno all'onore della loro famiglia e le possibili reazioni dei padri che si sono uccise. S. GU.


La Corea del Nord sfida l'America: presto altri missili
PYONGYANG Il regime nordcoreano ha annunciato nuovi test missilistici e minacciato azioni contro chiunque faccia pressioni per impedirlo. Un portavoce del ministero degli Esteri nordcoreano ha affermato che « i test missilistici, che hanno dato buon esito, rientrano nelle normali esercitazioni condotte dai nostri militari per rafforzare le nostre difese » e « se qualcuno tentasse di discutere se sia giusto o sbagliato ed esercitasse pressioni, saremmo costretti a prendere iniziative pratiche di diversa natura » . La Corea del Nord non si sente più impegnata alla moratoria sui test missilistici concordata nel 1999 con gli Stati Uniti. Resta, ha detto, " immutata" la disponibilità del governo di Pyongyang a perseguire attraverso il dialogo e le consultazioni l'obiettivo di liberare la penisola di Corea delle armi nucleari. Intanto alle Nazioni Unite si continua a lavorare a una bozza di risoluzione, con Russia e Cina contrarie a imporre sanzioni, cui sono invece determinati Giappone e Stati Uniti. La Cina ha annunciato che il vice premier Hui Liangyu, lunedì a Pyongyang per le cerimonie del quarantacinquesimo anniversario del trattato di amicizia sino- nordcoreano, sarà accompagnato dal capo della delegazione negoziale sul nucleare, il vice ministro degli Esteri, Wu Dawei. Nel giro di queste consultazioni diplomatiche si è inserito anche l'inviato statunitense Christopher Hill. Il presidente americano George W. Bush ha telefonato al collega cinese, Hu Jintao, e al russo, Vladimir Putin. Nonostante la generale preoccupazione per la sfida lanciata da Pyogyang, non sarebbe stata neppure sollevata l'ipotesi di ricorrere a una soluzione militare, ha assicurato il portavoce della Casa Bianca, Tony Snow. Putin ha invitato a non lasciarsi andare a una reazione emotiva che " farebbe affondare il buon senso". Hu ha ribadito di essere contrario « a qualsiasi cosa possa minacciare la pace e la stabilità » nella penisola coreana, ha raccontato Snow. « Ora dobbiamo concentrarci sulla diplomazia » , ha ribadito il leader di Pechino. I test missilistici nordcoreani hanno avuto un effetto concreto anche sui rapporti tra l'Italia e Pyongyang. E' stata congelata una missione italiana ad alto livello, che avrebbe dovuto preparare una riunione a Roma con i viceministri degli Esteri delle due Coree. Nella giornata di ieri, il presidente Bush hachiesto alla comunità internazionale di fare fronte comune per reagire alla provocazione dei test missilistici. « Il modo migliore per risolvere diplomaticamente è di lavorare insieme » , ha detto Bush in una conferenza stampa con il premier canadese Stephen Harper. Tutti, ha commentato il presidente americano, sono stati concordi sull' « importanza di parlare con una sola voce » . Tutti tranne il Venezuela del filocastrista Chavez che afferma pubblicamente di approvare i test missilistici nordcoreani. Il vice presidente, Josè Rangel Rangel, ha infatti difeso il « diritto della Corea del Nord così come di ogni altro Paese a sviluppare e sperimentare armamenti, secondo quanto viene ritenuto necessario » . Rangel ha sottolineato che non c'è ragione perché ad alcuni paesi viene concesso il diritto a sviluppare tecnologie e ad altri no. « Perché gli Stati Uniti e altri paesi occidentali possono farlo, e la Corea del Nord no? » , si è chiesto. S. GU.

My Speed Limit ??? 400 Km/h






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