Tacchi a spillo, spalle nude, jeans stretti per esaltare le curve, sguardo languido e soprattutto scollature sempre più vistose. La «raunch culture» valica la porta dell'ufficio e fa salire la temperatura negli ambienti di lavoro. Soprattutto fra i colleghi maschi. A lanciare una sorta di allarme del buon gusto sulle pagine del
Financial Times è Lucy Kellaway. «Per anni in ufficio le donne si sono vestite come gli uomini - sostiene la giornalista del quotidiano finanziario -. Le cose però stanno cambiando. È davvero giusto ostentare la propria sensualità anche al lavoro?».
MANAGER - Lo spunto nasce dalla copertina del magazine
Management Today: cinque «star» del mondo economico britannico fotografate in posa ammiccante. Nulla che possa sconvolgere più di tanto, ma secondo la Kellaway si tratta della conferma di una tendenza: al lavoro le donne cercano di valorizzare sempre di più il loro lato sexy. Lo si può considerare un segno di emancipazione, certo. Ma secondo il
Financial Times c'è il rischio che lo stereotipo della donna in carriera vestita in modo classico sia sostituito da una donna che assomiglia tremendamente alle mogli di certi calciatori. Oppure a una delle Casalinghe Disperate (più Eva Longoria che Marcia Cross). In generale, a una delle tante icone della «raunch culture», la «cultura della volgarità» tratteggiata nel best seller di Ariel Levy "Sporche femmine scioviniste".
OGGETTI EROTICI - Il libro, vendutissimo, denuncia le contraddizioni e le ambiguità di quello che viene spacciato per il «nuovo potere femminile». Un potere conquistato da donne che si presentano volutamente al pubblico come oggetti erotici. Qualche nome: Paris Hilton, Pamela Anderson, la pornostar Jenna Jameson. Ma anche le ragazzine che si spogliano davanti alla telecamera in certe trasmissioni televisive (tipo
Girls Gone Wild). Secondo il
Financial Times, la «raunch culture» si sta diffondendo adesso anche negli ambienti di lavoro. L'ufficio come un set o una passerella, dunque?