Nick: Mr_LiVi0 Oggetto: Dossier Medioriente Data: 19/7/2006 11.22.37 Visite: 65
Si sa, c'è un clima rovente in medioriente. Non è il calore solito dei pozzi petroliferi, del sole cocente, bensì le armi che stanno dando vita all'ennesimo conflitto. Vi riporto gli articoli che riguardan la giornata di oggi. Ovviamente non sarà un post interessante perchè la fonte esprime dei concetti al di fuori dei vostri canoni etici e morali. Pazienza, di certo non ho bisogno di sentirmi dire bello e bravo. Chi ha voglia, legga !!! adesso vi lascio, buona lettura e acculturatevi un pò. D'ALEMA RIMPIANGE SADDAM di VITTORIO FELTRI Il ministro degli Esteri alla Camera ricorda i bei tempi quando il rais manteneva la pace e gli equilibri in Iraq. E poi si scaglia contro Israele: militarista e guerrafondaio Ho sul tavolo il resoconto del discorso in Parlamento del ministro degli Esteri Massimo D'Alema, e mentre lo leggo combatto per non svenire. Evito di appiopparvi il testo integrale; ho rispetto per il vostro apparato digerente. Però devo riassumerlo nei punti focali. In pratica il vicepremier diessino rimpiange Saddam, il quale forse non era un galantuomo in senso stretto, però era capace di mantenere l'ordine in Iraq dove anche le mosche stavano in riga. Egli fungeva da contrappeso al fondamentalismo sciita, per cui la situazione al tempo della satrapia era meno rischiosa di ora. Estremizzando il concetto, Hussein sarà magari stato un assassino, però meno stupido di Bush che lo ha catturato privando il Paese di una guida sicura. Sicché oggi, se Bagdad è un casino a cielo aperto dipende dal fatto che alla quiete dittatoriale è subentrato un quarantotto democratico. Sapete cari lettori, non ci avevo pensato. Ero convinto che tutto fosse cominciato a causa dell'attentato alle Torri gemelle, oltre duemila morti in dieci minuti. Scoperta sensazionale: la strage nel centro di New York in fondo è stato un incidente; non era il caso che il presidente americano la mettesse giù tanto dura; la guerra in Afghanistan per rovesciare il regime talebano ce la si poteva risparmiare, e quella in Iraq è stata una follia perché in fin della fiera Saddam era preferibile ai marines e a quel micco cui essi hanno stoltamente ubbidito. In altre parole, in Iraq si stava meglio quando si stava peggio. Esattamente come in Unione Sovietica all'epoca di Stalin; il quale era un po' burbero, in effetti, tuttavia sotto di lui la gente filava e non rompeva le balle con elezioni, liste, partiti e cafonate borghesi varie che attualmente complicano la vita a ceceni, ucraini e russi, con schiere di puttane a zonzo nelle metropoli a diseducare i bravi ragazzi ex comunisti. Volendo guardare, anche con Hitler, mica soltanto con Stalin e Saddam, il popolo non stava male, ebrei a parte, ma questi, si sa, non si accontentano mai. Prendiamo Israele. Per D'Alema, le grane se le va a cercare. Hamas e Hezbollah gli lanciano dei missili per spezzare un po' la noia, uso fuochi d'artificio, e loro, gli israeliani, perdono la testa e si esibiscono in bombardamenti su Beirut, puro stile nazista. Esagerati che non siete altro, datevi una calmata, ingerite un Tavor e fateci su due risate. Che saranno mai alcuni missili della mutua, poco più di cammelli alati? Nossignori, il governo di Gerusalemme non ci sta. D'altronde non c'è mai stato. Gli difetta il senso della misura oltre che dell'umorismo. Se un kamikaze palestinese del vivaio Arafat entrava in un supermercato o saliva su un autobus e si faceva esplodere, robetta da quindici o venti vittime, quelli della stella di David, anziché incassare con filosofia, bim bum bam, organizzavano rappresaglie da far tremare la terra. Si può? Torniamo a fatti recenti. Hamas e Hezbollah, notoriamente giocherelloni, hanno rapito due militari israeliani. Mamma mai è venuto giù il mondo. Una reazione incomprensibile a D'Alema. Come, Hitler ve ne ha ammazzatti sei milioni e non avete fiatato; adesso per due giovanotti in divisa piantate in piedi un inferno che metà basta. Non è un bel modo di agire. Ovvio poi che i Paesi arabo-islamici si offendano e cerchino di adottare la soluzione finale ovvero di sterminarvi; non per cattiveria; è che le seccature sono seccature. Mi domando: D'Alema c'è o ce fa? Mi sembra impossibile sia diventato scemo all'improvviso, lui da anni il più intelligente del mucchio rosso. Che non stia bene di salute? Insolazione? Avvisaglie di imminente andropausa? Queste ipotesi non convincono. Penso piuttosto a una strategia esteticamente riprovevole e indegna dell'uomo. Vuoi vedere che il signor ministro, poiché oggi in Parlamento si vota per il rinnovo della missione italiana in Afghanistan, ha recitato la parte del fesso onde far fessi i compagni estremisti orientati al no? Il suo piano mi sembra quasi lucido. Parla come uno di loro, addosso agli Usa e a Israele, osanna per i matti di Hamas e gli Hezbollah, elogio a Saddam, strappa applausi a Diliberto e affini, i quali lo ripagheranno con un sì alla permanenza dei nostri in Afghanistan, rendendo così superflui i suffragi del centrodestra. E tutti insieme governeranno felici per il resto della legislatura. Però che progettino. Rimane la figura di palta. Chissenefrega. Non è la prima né sarà l'ultima di questa oscena maggioranza. Ma mezza Quercia non ci sta «Non difenda i terroristi» ROMA C'è chi dice no - a sinistra - al teorema D'Alema della "sproporzione" nella reazione di Israele e nei suoi attacchi in Libano. E così, la sinistra che vuole più apertamente e concretamente sostenere gli israeliani si riunirà martedì prossimo per studiare «nuove iniziative» su questo fronte. Lo spiega Giuseppe Caldarola dei Ds, che lunedì, insieme a Piero Fassino e a Walter Veltroni, e a un drappello di parlamentari della Margherita, ha partecipato alla veglia di solidarietà per Israele organizzata a Roma dalla comunità ebraica. «Sarà un incontro aperto ai parlamentari del centrosinistra, organizzata dall'associazione " Sinistra per Israele", presieduta da Furio Colombo e di cui anch'io faccio parte». Ma il ministro degli Esteri D'Alema insiste nel definire "senza proporzioni" il modo israeliano di reagire agli attacchi degli Hezbollah. «La differenza di posizioni tra me e il ministro», spiega Caldarola, «sta proprio nell'insistere, da parte sua, su questo tema. Io invece ritengo che la reazione di Israele si spiega con il drammatico diritto di un popolo all'autodifesa, soprattutto in un momento di estremo pericolo». Anche Emanuele Fiano, deputato dell'Ulivo e membro della Comunità ebraica di Milano, spiega che «la questione della "sproporzione" mi lascia perplesso. Ma è l'unico punto che non condivido». «La reazione di Israele», continua Fiano, «è commisurata al potenziale di Hamas, che sono i soldi e gli armamenti che provengono dall'Iran e dalla Siria. Se capiamo questo, allora è chiaro che il nemico di Israele è Ahmadinejad, che è un nemico che lo vuole annientare. Questa non è una guerra preventiva». Ancora critico il giudizio di Daniele Capezzone, deputato della Rosa nel Pugno: «Non posso non vedere che, anche dopo l'intervento di D'Alema, resta una qualche (e non lieve) ambiguità. Per vincere la lotta al terrorismo, occorre prima sconfiggere un riflesso anti-israeliano che lambisce settori della politica italiana ed europea». E rimarca che «ora Israele è a rischio di cancellazione, ad opera del quadrilatero Iran-Siria-Hamas-Hezbollah». Manda anche a dire a Prodi: «L'Iran non è parte della soluzione, ma parte del problema, ed è assurdo pensare a "mediazioni" di Teheran». CATERINA MANIACI MANIFESTAZIONE ANTI-LIBANO A MILANO Un centinaio di sostenitori e simpatizzanti di Israele, tra cui Vittorio Sgarbi, si è raccolto ieri sera di fronte al Consolato libanese di Milano. L'associazione Amici di Israele che ha organizzato il presidio, ha affidato una lettera rivolta al console Hazzan Najem nella quale invita il governo libanese a emanciparsi dalla presenza di Hezbollah. Ap D'Alema dà i numeri su Israele e Iraq Attacca Gerusalemme: con hezbollah reazione spropositata. E rimpiange quando Saddam arginava l'Islam ROMA Massimo D'Alema continua a ritenere «sproporzionata» la reazione di Israele nei confronti di Hezbollah. Scagiona Iran e Siria da eventuali responsabilità nel sostegno al "partito di dio" libanese e ad Hamas. E accusa gli Stati Uniti di aver contribuito a destabilizzare l'intera zona. Di più: per il ministro degli Esteri, che ieri ha riferito alla Camera dei Deputati sull'escalation del conflitto in Medio Oriente, si stava meglio quando in Iraq c'era Saddam Hussein. «La reazione di Israele, seppur legittima in base al principio di autodifesa secondo la carta dell'Onu, è andata al di là di ogni ragionevole proporzione rispetto a quello che il diritto internazionale richiede, come dimostra l'alto numero di vittime civili e l'attacco alla centrale elettrica di Gaza», afferma in Aula D'Alema. Che in un passaggio successivo accusa gli Stati Uniti di aver fomentato il terrorismo e l'instabilità: «Ora terrorismo e fondamentalismo sono più forti che in passato e si alimentano di un odio anti-occidentale che certamente la guerra in Iraq ha alimentato. L'integralismo religioso si è rafforzato anche perché, paradossalmente, il regime di Saddam Hussein era un contrappeso rispetto alla forza del fondamentalismo sciita e ai conflitti nella regione. Chi pensava di riscrivere la mappa del Medio Oriente da Baghdad si sbagliava. Il conflitto in corso segna il fallimento della politica degli ultimi anni». Secondo D'Alema, inoltre, la reazione di Israele mette in pericolo proprio la sicurezza di Gerusalemme. «Una visione prevalentemente militare della sicurezza di Israele non solo produce insostenibili costi umani, ma accresce il livello dell'odio e dell'insicurezza». Poi il ministro degli Esteri ha ribadito l'intenzione del governo italiano di impegnarsi in una mediazione che porti alla li berazione degli ostaggi in mano ad Hamas ed Hezbollah e alla fine delle incursioni israeliane in territorio libanese. Grazie anche all'aiuto diplomatico di Siria e Iran, scagionati da ogni responsabilità. «L'ipotesi di un coinvolgimento dell'Iran e della Siria nella crisi che sta incendiando il Medio Oriente per noi è difficile da verificare», osserva D'Alema. Infine, il ministro ha sottolineato la disponibilità italiana a partecipare a una missione Onu nel Sud del Libano e nella striscia di Gaza. Le parole di D'Alema sono piaciute all'ala massimalista dell'Unione, un po' meno alla Margherita, che è costretta a far buon viso a cattivo gioco. «Discorso eccellente che segnano il ritorno ad una politica estera italiana autonoma. Dopo cinque anni di oscurantismo, finalmente si respira aria nuova», commenta Oliviero Diliberto. Secondo il segretario di Rifondazione Franco Giordano, invece, «l'offensiva militare israeliana che non solo è sproporzionata , ma si configura come una violazione del diritto internazionale». Critico con D'Alema, naturalmente, tutto il centrodestra. Inizia Gianfranco Fini. «Non si può negare a Israele il diritto all'autodifesa, ma è fuori luogo misurare con una sorta di metro politico se quella reazione è commisurata o meno all'offesa», sostiene il leader di An. Che poi invita il governo a far tesoro della credibilità acquisita dall'Italia grazie a Berlusconi perché «la discontinuità rischia di allontanare la pace». Continua Pier Ferdinando Casini: «Se c'è un punto d'inizio della crisi questo non è la guerra in Iraq, ma l'11 settembre». Conclude Fabrizio Cicchitto: «Intervento deludente». E oggi a Montecitorio si vota il decreto sul rifinanziamento alle missioni militari italiane all'estero, tra cui Iraq e Afghanistan. GIANLUCA ROSELLI Gli amici dei terroristi esultano in piazza: «Forza Prodi, sei dei nostri» MILANO «Forza Prodi!» e «Che Allah aiuti Hezbollah a vincere!». E il premier italiano viene iscritto d'ufficio al partito sciita. Mancano soltanto le bandiere gialle con il logo verde dei terroristi, davanti alla rappresentanza diplomatica libanese in piazza Velasca. Ma gli ordini del console Hassan Najem erano chiari: saranno tollerate solo le bandiere nazionali, bianche e rosse con il simbolo del cedro, preparate nei suoi uffici. Suo malgrado, alla manifestazione antisraeliana, si alza uno striscione che associa la svastica alla stella di David e spiega: «stesso terrorismo». Roba da mettere in imbarazzo perfino il centrosinistra. Soprat tutto perché subito partono gli slogan «Olmert assassino!», «Che Allah conservi Nasrallah! (cioè Hassan al-Sayyed, il leader di Hezbollah)», «Il nostro sangue e le nostre anime sono per il Libano», a giurare la guerra santa. Era inevitabile, visto che la notizia del presidio, organizzato ufficialmente dall'Associazione Solidarietà Rifugiati ed Immigrati, era girata praticamente soltanto tra musulmani. Si è ridotto così il "crocevia delle religioni", a consi derare i seguaci di Allah cittadini di serie A e gli "infedeli" nelle categorie inferiori. Guai se fossero intervenuti anche i simpatizzanti alle Forze Libanesi, numerosi anche nell'Italia del nord, nemici giurati di Hezbollah. Non avrebbero potuto stare lì in mezzo mentre, a due passi dal Duomo, risuonava il grido «Allah akhbar!». A Najem interessavano soprattutto gli sciiti, cioè i suoi correligionari. Li ha convocati soppesando accuratamente le quote, per assicurarsi una schiacciante maggioranza di islamici, anche sunniti. Senza riuscire a raccoglierne più di un centinaio, fra l'altro. «Siamo stati chiamati dal consolato», con ferma Naidi Nashar, musulmana originaria di Tripoli. L'unico cattolico maronita nei paraggi è Hadi Aziz, che gestisce un ristorante libanese a Pavia. Parlano tutti arabo, ma i nomi cristiani sono riconoscibili e basta depennarli dalla lista delle telefonate. Così, per contrabbandare agli italiani un Paese dei Cedri compatto contro i "sionisti". Logico che qui nessuno incolpi Hezbollah di aver provocato la guerra che sta distruggendo il Paese. Ma questo non è il Libano, è l'appendice politica di chi lancia razzi contro Israele e proclama: «Da Damasco a Teheran, un solo popolo!». ANDREA MORIGI SVASTICA E STELLA DI DAVID Lo striscione di simpatizzanti di Hezbollah «Grazie Bush». Il cinema iracheno celebra la liberazione dal raìs CAMBRIDGE Un mini-festival iracheno inserito nel festival del Cinema di Cambridge. Non che non lo avessi notato nel ricchissimo programma ma non volevo correre il rischio di sorbirmi altre tirate antiamericane alla Moore. Che piacevole sorpresa, invece. SCONFITTO IL REGIME Non solo i cortometraggi - alcuni di pochi minuti altri di mezz'ora - e il documentario di 70 minuti erano tutti di qualità e di estremo interesse, ma le persone convenute per parlare e dibattere hanno rivelato aspetti insoliti e un'altra faccia della medaglia, sia rispetto allo stereotipo impostoci dai media da cui altro che bombe e macelli non risultano, sia rispetto alla percezione delle truppe alleate presenti. Quelle che tendono a essere pre sentate come di "occupazione" e che invece (sì, proprio così) gran parte degli iracheni considerano di "liberazione". Il giornalista che faceva da interprete al solo regista che parlava male l'inglese, Saadi Abdul Latif, profugo dal 1979 - e ex compagno di università di Saddamchiamava lo sconfitto regime "fascista e baathista" un obbrobrio e si riferiva al 3 aprile (2003) come noi ci riferiamo al 25 aprile, il giorno della Liberazione. Tutti i presenti, poi, chi con enfasi in positivo, chi come a dire «è comunque il male minore», convenivano che oggi sia molto meglio di prima e che se anche le cose nell'immediato futuro andranno ancora peggio, cosa forse inevitabile, prima o poi miglioreranno e che comunque per loro conta solo il dopo Saddam. LA PROPAGANDA I 35 anni precedenti sono stati di non esistenza. Per tutti, figuriamoci per una libera espressione come il cinema. Saddam infatti, come tutti i dittatori, permetteva solo film di propaganda, ma di suo aggiungeva un tocco di demenziale ferocia. Ordinò ad esempio un film sulla sua vita, tutto un'apologia falsa e melensa, ne fu a quanto pare abbastanza contento, ma poi mise a morte tutti, dall'attore protagonista, al regista, fino alle semplici comparse. Le pellicole irachene sono un'antologia della produzione raccolta da Nizar Rawi, organizzatore del primo Festival di cortometraggi intitolato "Il meglio di Bagdad" che ha avuto luogo nella capitale irachena lo scorso settembre. Nonostante le difficoltà, la mancanza di mezzi e di fondi, le minacce dei gruppi nemici della libertà e quindi di quella più grande e sacra, la libertà di espressione, ben 500 persone hanno visto le opere che sono giunte belle e copiose nonostante che l'iniziativa paresse pura follia. «L'idea è iniziata come una folle sfida ed è diventata una cosa di cui possiamo a ragione andare fieri» ha detto Rawi e iniziative come l'invito al festival di Cambridge che è stata «la nostra prima finestra sul mondo sono ciò di cui abbiamo bisogno per continuare a credere nel nostro futuro e soprattutto a costruirlo. E il cinema, come tutte le cose belle, vere e importanti, è parte di esso». IL DOCUMENTARIO Il documentario "Dreams of sparrows", sogni di passeri, girato dalla liberazione di Bagdad alla fine del 2005, rivela uno spaccato della vita vera nella città, dove bambini e bambine vanno a scuola, ci sono mercati e negozi, la gente chiacchiera e sorride, gli intellettuali discutono fumando e bevendo e pochissimi rimpiangono Saddam. Anche questi hanno spazio nel film, ma sono pochi, come quelli che accusano gli americani. Mentre sono parecchi quelli che li considerano liberatori e protettori e - udite udite - non poche famiglie hanno al posto del ritratto, deposto e calpestato di Saddam, quello di George Bush «Bush è il mio eroe» dicono alcuni e un uomo bacia la sua foto. Belle le scene in cui il cameraman corre a dar notizia della cattura di Saddam e filma le reazioni di canti e balli di gioia. Alla faccia dei bacchettoni che hanno protestato perché accanto a queste cose serie il festival aveva una sezione dedicata al cinema erotico, gli iracheni presenti si sono detti contrari a impedire la proiezione di qualsiasi film. Bella lezione di liberalismo. ERICA SCROPPO La missione di pace dell'Onu filo-arabo Il Palazzo di Vetro condanna Gerusalemme e giustifica il Libano di MARCO GORRA E meno male che adesso ci pensa l'Onu. Da quando il segretario generale Kofi Annan ha annunciato l'invio in Medio Oriente di una missione pacificatrice sotto l'egida delle Nazioni Unite, si sono levate grida di giubilo dai quattro angoli del Pianeta: adesso sì che il destino del conflitto israelo-libanese è in buone mani. Talmente buone che persino i pacifisti duri e puri di casa nostra hanno fatto i salti di gioia quando hanno saputo che a detta missione avrebbero preso parte anche truppe italiane. Eppure, a controllare quale sia in realtà l'atteggiamento dell'Onu nei confronti dei due belligeranti, qualche vago sospetto sulla sua imparzialità è lecito farselo venire. A New York non sono nuovi ad uscite del genere: nel novembre 2005, tanto per dirne una, la sedicente "conferenza di solidarietà al popolo palestinese" fu ospitata in una sala dominata da una gigantesca mappa del Medio Oriente nella quale era stato cancellato lo Stato di Israele. Tornando al presente, basta leggere lo stenografico degli interventi del Consiglio di sicurezza di venerdì 14 luglio pubblicato dai mastini di eyeontheun.org - per capire quale sia il punto di vista dell'Onu in materia. Presieduti dal francese Jean Marc de La Sabliere, si confrontano sul tema i rappresentanti di Argentina, Congo, Danimarca, Grecia, Giappo ne, Perù, Qatar, Slovacchia e Tanzania. Oltre a loro, i cinque Stati membri permanenti, ossia Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Cina e Federazione Russa. Sono inoltre previsti i discorsi degli inviati di Beirut e Tel Aviv. BOLLETTINI NO GLOBAL Tolti gli interventi dell'americano John Bolton (quello che i giornali di sinistra si ostinano a dipingere come "falco neocon", e pazienza se non è vero) e del nipponico Shinichi Kitaoka, concordi nel sottolineare le gravi colpe degli Hezbollah - definiti dal delegato di Washington come «un irresponsabile e destabilizzante gruppo terrorista inaccettabilmente supportato da Iran e Siria» - gli altri sembrano un bollettino no global. Inizia il russo Konstantin Dolgov, che spiega come al Cremlino vedano «l'azione militare di Israele come uno sproporzionato e inappropriato uso della forza che minaccia la sovranità e l'integrità territoriale del Libano oltre che la pace e la sicurezza della regione». Nana Effah Apenteng, delegato ghanese, sottolinea poi che quanto sta facendo il governo di Tel Aviv è «inaccettabile», mentre il suo omologo argentino Cesar Mayoral informa l'assise che «il mio Paese è profondamente preoccupato dalle azioni militari israeliane». Dopo il citato intervento di Bolton, tocca al rappresentante del Qatar, Abdullah Saad al Qahtani, secondo cui i due soldati rapiti da Hezbollah sono «un pretesto» e quello di Israele è «un presunto diritto a difendersi». Il cinese Liu Zhengmin, dal canto suo, chiede a gran voce che «Israele interrompa immediatamente ogni azione». Scivola persino il britannico Emyr Jones Parry, il quale si lascia scappare che «le azioni sproporzionate aggraveranno una situazione già pericolosa». Si torna sul massimalismo spinto con l'intervento del congolese Basile Ikouebe: «Quelli di Israele», sostiene costui, «sono atti di guerra che indeboliscono le autorità libanesi, impegnate in un dialogo nazionale che noi abbiamo incoraggiato». Peggio ancora col delegato della Tanzania, Augustine Mahiga, che stigmatizza le «devastanti conseguenze» e «l'impatto destabilizzante» dell'azione di Tel Aviv. Il peruviano Hugo Pereyra Plasencia ingiunge ad Israele di «smetterla con l'uso eccessivo della forza», mentre la danese Ellen Margrethe Loj manda a dire a Olmert che «il mio governo incita Israele ad esercitare la massima cautela». Lo slovacco Vladimir Mlynar mette i puntini sulle i e spiega che «il diritto all'autodifesa non può sfociare nel contrattacco e nella provocazione militare». La chiusura è affidata ad Eleni Papadopoulou, delegata della Grecia: «Intimiamo ad Israele di arrestare immediatamente lo sproporzionato uso della forza contro il Libano». Scosso da tanta analisi collettiva, il presidente de La Sabliere (il cui capo di Stato - giova ricordarlo - si è schierato senza se e senza ma contro Israele) trae a nome dell'assemblea le proprie conclusioni: «La risposta israeliana», ha detto, «minaccia di cancellare gli sforzi compiuti dal governo libanese per risanare l'economia e mette in pericolo gli sforzi intrapresi negli anni passati per per consolidare la democrazia in Libano». La seduta è tolta. I MARTIRI PALESTINESI Chi, infine, nutrisse ulteriori perplessità farà bene a leggere altri due documenti provenienti dal Palazzo di vetro: sono i due rapporti - datati 10 e 12 luglio - trasmessi a Kofi Annan da Ryad Mansour, osservatore permanente in Palestina delle Nazioni Unite. In queste missive si parla diffusamente di «carneficine», di «insensate ed illegali azioni di guerra israeliane», «bagni di sangue causati dagli occupanti», «uso maniacale, eccessivo ed indiscriminato della forza». Segue lista delle vittime palestinesi, che il funzionario Onu chiama sobriamente «martiri». Tra loro, anche Mahmoud Shaheen Haymour, membro delle Brigate martiri di Al Aqsa e mente di numerosi attacchi contro Israele. Ecco in quali mani è la risoluzione del conflitto israelo-libanese: e non pare il caso di fare tutte queste feste. Israele accusa: l'Iran ha voluto la guerra . di DAVIDE GIACALONE GERUSALEMME Israele non ha per il momento nessuna intenzione di cedere alle pressioni internazionali. L'offensiva continua. Almeno fino a quando la minaccia degli Hezbollah non sia stata neutralizzata. Il vicecapo di stato maggiore dello Stato ebraico, il generale Mosche Kaplinsky, ha assicurato che «la fine dei raid» avverrà «tra qualche settimana» . Ma intanto i bombardamenti israeliani sulle postazioni terroristiche e le infrastrutture strategiche «andranno avanti fino al raggiungimento degli obiettivi». Non è esclusa nessuna ipotesi. «L'esercito ha molte possibilità di azione e non esclude la possibilità di una massiccia invasione di terra in Libano anche se una simile operazione al momento non è prevista», ha aggiunto il generale israeliano. Israele quindi proseguirà l'offensiva contro Hezbollah e «continuerà a colpire obiettivi finchè non saranno liberati i due soldati rapiti e non sarà ripristinata la sicurezza dei cittadini israeliani», ha ribadito il premier Ehud Olmert, ricevendo a Gerusalemme la delegazione Onu che sta tentando di mediare un cessate il fuoco. Il primo ministro ha detto inoltre che il rapimento di due soldati israeliani sul confine israelo-libanese da parte di un commando degli Hezbollah, che ha scatenato il conflitto in corso, «non è stato accidentale ma è stato concordato con l'Iran al fine di distogliere l'attenzione internazionale dalla questione dei piani nucleari di Teheran». Ma anche la Siria ha le sue responsabilità. Per George W. Bush il presidente siriano Bashar al-Assad «non smette di ospitare organizzazioni terroristiche e di fornire loro un rifugio sicuro». Ieri sono stati colpite le basi degli integralisti nella valle della Bekaa e nel sud del Libano. Secondo il "Jerusalem Post" è stato distrutto il 40-50% delle infrastrutture terroristiche. Nel corso di nuovi bombardamenti sul Libano, aerei israeliani hanno distrutto quattro camion provenienti dalla Siria e carichi di armamenti destinati ai guerriglieri sciiti libanesi di Hezbollah. Ancora bombe sull'arteria Beirut-Damasco, una delle vie principali di collegamento (e di passaggio di armi) fra il regime siriano e i miliziani sciiti. In tutto ieri sono stati 52 i raid dell'aviazione israeliana in territorio libanese, decine i morti. Per evitare stragi di civili l'esercito israeliano ha lanciato sui cieli del Libano meridionale volantini in cui si intima alla popolazione a ridosso del confine di fuggire verso il nord. Ma gli Hezbollah stanno ostacolando la fuga dei civili. Sarebbero almeno 700mila gli sfollati in Libano ed il loro numero è in costante aumento, secondo una stima della Croce rossa libanese resa nota a Ginevra. Gli Hezbollah hanno tentato di reagire lanciando razzi di fabbricazione iraniana di lunga gittata sui villaggi del nord di Israele. A Nahariya sono riusciti ad uccidere un cittadino israeliano, mentre ad Haifa hanno mancato i bersagli cadendo sul mare. Secondo i vertici militari israeliani, i lanci di razzi dal Libano meridionale contro lo Stato ebraico da parte dei guerriglieri di Hezbollah hanno cominciato a ridursi numericamente. Intanto, sul fronte diplomatico, il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, propone un cessate il fuoco immediato, una tregua che lasci il tempo alla forza di interposizione dei caschi blu di dislocarsi nella zona calda. Il presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso, ha assicurato che «se le forze dell'Onu si stabiliranno in Medioriente, l'Ue è pronta a contribuire». Non si arresta infine la fuga degli stranieri dal Libano in fiamme. Ieri sono stati rimpatriati altri 280 nostri connazionali. In Libano restano altri 700 italiani. Ieri il ministro della Difesa Arturo Parisi ha disposto l'invio di due navi della marina militare nelle acque internazionali antistanti Beirut, per consentire, qualora necessario, il proseguimento dell'attività di evacuazione dei nostri connazionali dalla zona di guerra. ANDREA COLOMBO I MISSILI DI HEZBOLLAH Le macerie di una casa di Haifa colpita da un razzo Kathyuscia sparato dai libanesi Ap L'attentato Iraq, kamikaze si fa esplodere 59 morti e 132 feriti tra i disoccupati BAGDAD Un kamikaze ha fatto saltare in aria un minibus imbottito di esplosivo in mezzo a una folla di lavoratori a cottimo nella città santa sciita di Kufa. La deflagrazione ha ucciso 59 persone, che si erano accalcate intorno al veicolo nella speranza di rimediare una giornata di lavoro. L'attentato, che ha fatto anche 132 feriti, è stato seguito da disordini tra un gruppo di manifestanti e la polizia, accolta a sassate da una folla infuriata a capo della quale si erano messi alcuni esponenti del movimento sciita di Moqtada al-Sadr. All'inizio di luglio, Kufa fu teatro di un'altra strage: 10 persone morirono in un attentato contro due bus pieni di pellegrini iraniani. Appena lunedì, a Mahmudiya, i guerriglieri hanno ucciso 50 persone colpendo con mortai e bombe a mano la folla di un mercato. La deflagrazione di ieri è avvenuta poco dopo che il mini-bus si era allontanato dal luogo del raduno, con a bordo un gruppo di lavoratori giornalieri appena ingaggiati. Il sito non sembra essere stato scelto a caso dal kamikaze, giacché la carica esplosiva è stata innescata a meno di un centinaio di metri dalla moschea della Cupola d'Oro di Kufa, uno dei luoghi santi maggiormente sacri per gli sciiti iracheni. Che strani pacifisti Fanno i non violenti solo con i tiranni Prodi non ha sollecitato gli iraniani a farsi mediatori fra Israele ed Hezbollah, e vabbé, meglio così. Però vuole che i soldati italiani vadano a mettersi nel mezzo, fra i fuochi della guerra, ed il ministro degli Esteri, l'equivicino D'Alema, li metterebbe anche a Gaza. Questi due hanno superato il limite, mentre il governo non ha più nulla di simile ad una politica estera. Vediamo nel merito. I soldati italiani si trovano già in Afghanistan, sotto le bandiere dell'Onu, ed è sempre con un mandato Onu che svolgono una funzione di pace in Iraq. Sappiamo tutti che la maggioranza sta facendo i salti mortali per votare il rifinanziamento senza spappolarsi. In queste condizioni Prodi può permettersi di parlare di caschi blu al confine libanese per la sola ragione che tale decisione non è all'ordine del giorno, giacché, se lo fosse, avrebbe i problemi afgani moltiplicati per dieci. Su quel confine, infatti, è in corso una guerra. Hezbollah, grazie agli appoggi, ai finanziamenti ed alle armi di Iran e Siria, non manda fanatici suicidi, ma lancia missili. Israele risponde, chiarendo di non accettare minacce per interposto ostaggio libanese. Se si schierasse una forza d'interposizione dovrebbe garantire la sicurezza di Israele, e dato che i missili non si lanciano con la fionda ciò significherebbe occupare parte del territorio libanese. A me sta bene, ma è l'esatto contrario di quel che Prodi e D'Alema dicono di volere, in ogni caso significa mandare i nostri militari in guerra. In una guerra giusta, ma pur sempre guerra. A meno che non si voglia usare la forza militare per impedire ad Israele di reagire, richiamando uno Stato al rispetto delle decisioni Onu, ma non potendo farle valere nei confronti di una fazione criminale. Se così ragionassero, i due, strizzerebbero l'occhio solo ad iraniani e siriani, sapendo per certo che una simile boiata non passerà mai a causa del sicuro veto del mondo democratico. Una misera furbata che c'espone al pubblico ludibrio. Avessero a cuore la causa del popolo palestinese coglierebbero, oggi, l'occasione per ricordare che non esiste pace senza sicurezza e libertà, aprirebbero un filo diretto con Abu Mazen, non con Ahmadinejad. Ma forse sbaglio, forse si limitano a vivere alla giornata. (www.davidegiacalone.it) La minaccia Gli Hezbollah di Teheran: «Duemila volontari pronti a colpire ovunque» TEHERAN L'Hezbollah iraniano, che dice di essere legato all'omonimo gruppo libanese sciita, ha affermato di essere pronto ad attaccare gli interessi di Israele e degli Stati Uniti nel mondo intero. «Abbiamo 2.000 volontari che si sono iscritti nell'ultimo anno», ha dichiarato il portavoce dell'organizzazione iraniana, Mojtaba Bigdeli. «Sono stati addestrati e sono diventati pienamente operativi con le armi. Siamo pronti ad inviarli in ogni angolo del mondo per minare gli interessi di Israele e dell'America». Resterà da vedere se gli Hez bollah iraniani ora passeranno all'azione. Sulla guerra in Libano è intervenuto ieri il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Il leader islamico ha dichiarato che «il giorno della gioia per la regione mediorientale è vicino. Il mondo è prossimo a grandi cambiamenti e i musulmani sconfiggeranno i loro aggressivi nemici». Il presidente iraniano si è poi rivolto ad Israele e ai «suoi alleati» dicendo: «così come avete creato questa situazione, ora farete meglio a trovarvi una soluzione da soli». I separatisti islamici: Colpiremo ancora [ I N D I A ] Il Lashkar- e- Qahar, il gruppo di matrice islamica che ha rivendicato gli attentati della settimana scorsa, ne ha promessi di nuovi in una e- mail inviata ad una tv. Secondo gli estremisti, 16 persone hanno preso parte al primo attacco, ma solo uno è stato ucciso: gli altri 15 « si stanno preparando per la prossima » . My Speed Limit ??? 400 Km/h |