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Nick: Mr_LiVi0
Oggetto: Il giornale del giorno
Data: 25/7/2006 9.11.30
Visite: 117

IMPAZZA SILVIO IL MAROCCHINO di OSCAR GIANNINO
Porta Veronica a Marrakech, balla, si traveste da beduino e le regala un collier di diamanti. I soliti sinistri lo deridono, ma è un grande, perché...
Caro direttore, Berlusconi è pazzesco. Non finirà mai di stupire. E non parlo dell'imprenditore, né del politico. Come uomo, intendo. Ci strascommetto, che oggi i giornaloni italiani faranno a gara per metterlo alla berlina, e c'inzupperanno il biscotto della satira e del paradosso nel raccontare la sua trovata per i cinquant'anni di donna Veronica, due giornate travolgenti d'inventiva e pochade a Marrakech svelati da quell'improbabile testata che è Aujourd'hui Le Maroc. Due giorni di festa, tra balli in maschera, regali principeschi e pranzi di lusso. Quarantotto ore di follie d'amore. E sono strasicuro che pure nel centrodestra e nel mondo moderato, ci sarà chi leverà il ditino ammonitore dicendo «ma come, in Italia Prodi sta nell'angolo e il suo governo è costretto a mettere fiducie su fiducie per reggere in Parlamento contro la stessa opinione dell'ex comunista Napolitano, e Berlusconi che cosa fa, il pagliaccio in costume Marocco?». Lo so, lo so, caro direttore. So pure che Pierferdinando Casini inorridirà, all'idea di trasferire in un harem Azzurra Caltagirone e sette amiche a sorpresa in costume berbero, per poi esibirsi mascherato da ballerino guerriero e oplà, di fronte alle sfacciate avance respinte dalla signora, gettare la maschera e tirar fuori una collanona di diamanti. Proprio per questo, bisogna riconoscere a Berlusconi-uomo una sua efferata grandezza, nell'impiparsene assolutamente di tutto ciò che i compunti di professione penseranno di lui. Ed è per questo che lo difendo, anche se mi guarderei bene dal fare ciò che fa lui come non lo faresti mai tu, caro direttore. Non ti ci vedo proprio, al Dar Marjiana di Marrakesh a ballare in un gruppo che sembra uscito dalle barzellette sui marocchini, visto che si chiama Gnaoua. Ma Berlusoconi è impagabile proprio per questo. Come concentrato di tutto quello spettacolare mix di difetti travestiti da eccessi e qualità sommerse dai successi che avrebbero fatto inorridire il Giacomo Leopardi del Discorso sullo stato presente degli italiani, e che non a caso fanno alzare sdegnosamente il sopracciglio a tutti gli epigoni di un'idea tutta letteraria di un'Italia che non c'è perché non ci può essere: visto che per essere severi e compunti bisogna avere le accademie prussiane di guerra alle spalle, per fare gli sdegnosi e i trattenuti bisogna aver avuto Eton e l'Impero britannico, e per fuggire come rozza e villana l'idea che un premier suoni chitarra e canti in napoletano bisogna esser francesi di quelli che hanno tagliato la testa a un'intera classe dirigente per assumerne gli stessi tratti, ma sulla punta delle baionette e non per nascita. Noi non abbiamo avuto niente di tutto questo, se non in minoranze sdegnose che appunto per questo non hanno mai avuto il consenso di massa degli italiani, come gli Einaudi e i La Malfa. Ed è alla fine per questo, che Berlusconi ha avuto il successo che ha avuto. E lo avrà anche questa volta. Non sulle prime pagine delle Barbare Spinelli e delle Natalie Aspesi, ma sotto gli ombrelloni: dove le mogli italiane taciteranno a migliaia i mariti pronti a deridere, perché loro sono costrette a sorbirsi maree di balle poco credibili e di scuse malmostose per i tradimenti che subiscono, mica due giorni di follie in Marocco e una cascata di diamanti che almeno è un bel modo di chiedere scusa e di rinnovare la promessa. E c'è di più, mi voglio pro prio rovinare. Nessuno sarà disposto a dirlo, caro direttore, ma voglio rivelare ai lettori di Libero un segreto prezioso. Non è affatto vero, che quella del Cavaliere ballerino berbero sia una mattanata all'impronta, una bischerata da arricchito stanco dei soliti villoni sardi e di panfili smisurati. C'è una sottile e intellettualisssima verve culturale, nell'alzata d'ingegno berlusconica. C'è la somma inverata di due opere buffe che non a caso proprio a Milano fecero sdegnare i perbenisti e gri dare di tripudio il pubblico popolare, i due capolavori turcheschi di quel gran genio di Gioachino Rossini, L'Italiana in Algeri e il Turco in Italia. Nella prima, si metteva alla gogna la genialità mestatrice delle donne nostrane - l'aria del secondo atto "Le femmine d'Italia" è il vero inno nazionale italiano, per conto mio - che con la protagonista donna Isabella riescono a raggirare persino il bey di Algeri Mustafa, dopo che una nobildonna milanese, Antonietta Frapolli, era veramente e storicamente finita nelle grinfie del bey algerino, ma quello vero del tempo. Nella seconda, sempre di un principe musulmano sbarcato a Napoli si serve il libretto, per mettere alla frusta le smanie di Fiorilla, classica moglie italiana, tanto scontenta del suo maritino che questi finge di ripudiarla e venderla al turco. In entrambi i casi, la genialità del Rossini si serve della grande tradizione letteraria delle turcherie che da Gluck a Mozart arrivava fino al serissimo Beethoven, per dare una lezione da par suo alla mania incontinente femminile di non esser mai contente e di sognare sempre altro. E Berlusconi, per una volta ammettiamolo, riesce ad essere all'altezza di quella grande tradizione, non a caso di spettacolo e d'artenella-vita. Diciamolo, alcune delle interviste negli ultimi anni di donna Veronica erano belle critiche puntute al maritino, quasi pari alla meravigliosa aria con cui donna Isabella italiana in Algeri prende per i fondelli il bey Mustafà nominandolo Gran Pappataci, carica presentata beffardamente come superiore a quella di primo ministro. Ma il bey esausto, alla fine della pochade rossiniana, morde la sabbia esasperato riconoscendo che la donna se vuole riesce a gabbare chiunque. Lui, Berlusconi, con la sorpesa indiamantata invece ha strappato il sorriso, e ancora una volta, la promessa di donna Veronica. Gli sarà costata cara, la collana, ma soprattutto cara gli costa l'intera messinscena davanti al mondo che giudica. La lezione è che persino Berlusconi, avendo molto da farsi perdonare, molto e artificiosamente si deve ingegnare, per meritare il perdono della compagna nella vita. Una commedia umana più italiana di così, nessun politico né imprenditore del nostro Paese saprebbe recitarla. E se la nobile platea della Scala, il 14 agosto 1814, reagì freddissima al Turco in Italia, il loggione e gli ordini più alti dei palchi popolari si spellarono le mani dagli applausi. Cosa che, non dimentichiamolo, a Berlusconi piace così tanto che c'è da scommetttere si faccia gran risate, a come milioni di italiani commenteranno oggi la sua personalissima regia del Gran Turco ballerino. Quando smetterà con la politica, diamogli un grande teatro in mano, al Cavaliere. Facciamolo ballare e suonare. Sarà sempre tutto esaurito. Più che alle feste di nozze di Mastella, o alle vacanze a Positano prodiane

Di Pietro si sospende: devo fermare l'indulto
Il ministro delle Infrastrutture blocca le sue attività per protesta contro la clemenza: è immorale, serve a cancellare gli scandali degli ultimi anni
L'Italia dei Valori pronta a tutto per fermare il provvedimento che ritiene il prezzo pagato dall'Unione per il sostegno del Polo. Mastella: mai pensato di graziare corruzione e concussione. Anche An si dichiara contraria LA LEGGE IL PROVVEDIMENTO Il testo uscito dalla Commissione giustizia prevede uno sconto di pena di tre anni. Sono esclusi i reati più gravi, tra cui associazione mafiosa, terrorismo, pedofilia, violenza sessuale, traffico di stupefacenti e riciclaggio. Ma, secondo gli oppositori, riguarda i reati finanziari, i reati di corruzione, truffa e concussione. I BENEFICIARI ROMA Antonio Di Pietro non molla. Sospende tutte le sue attività da ministro per seguire l'indulto in dirittura d'arrivo alla Camera. Organizza, per oggi, un sitin davanti a Montecitorio. Torna a chiedere (invano) un vertice con i leader dell'Unione. Definisce «immorale» quello che la sua maggioranza sta facendo. Poco importa se Fausto Bertinotti, presidente della Camera, ribadisce come l'indulto sia «una priorità assoluta» e invita a «fare presto». Se l'Udeur (Mauro Fabris) lo invita a concentrarsi sui pasticci creati dai suoi senatori. L'ex pm va per la sua strada. Si presenta nell'Aula di Montecitorio nel giorno in cui inizia la discussione sul disegno di legge che contiene l'atto di clemenza (oggi il voto). I suoi alleati gli dicono di rileggersi il programma? Lui invita a rileggere la parte in cui si dice che «i provvedimenti di clemenza» devono essere concomitanti ad altri che intervengano «su sistema giudiziario e carcerario». Poi, in una nota, fa sapere di «sospendere gli incontri e le attività» da ministro per seguire le sorti dell'indulto. A sera, dopo che il centrodestra aveva parlato di «mini-crisi di governo», Di Pietro precisa di non essersi «autosospeso» da ministro. Resta nel governo. Ma, «non avendo il dono dell'ubiquità», per ora si dedicherà all'«attività da parlamentare». È l'ultimo capitolo di una storia cominciata nel 2002. Giovanni Paolo II, in visita al Parlamento, aveva chiesto un atto di clemenza. Destra e sinistra si erano impegnati a farlo. Nella scorsa legislatura non si era andati oltre l'"indultino". Questa volta sembrava fosse stato raggiunto un accordo dagli effetti più sostanziosi. Si prevede uno sconto di pena di tre anni. Sono esclusi i reati più gravi (tra cui mafia, terrorismo, pedofilia, violenza). Il problema, però, sono quelli che rientrano: reati finanziari, corruzione, truffa. Non solo il solito Cesare Previti. «È un cavallo di Troia utilizzato anche dai furbetti del quartierino, Cooperative e non», accusa Leoluca Orlando dell'Idv. I nomi che potranno godere dell'indulto, si sostiene, sono quelli legati agli ultimi scandali: Luciano Moggi, Stefano Ricucci, Sergio Billé, Giovanni Consorte, Antonio Fazio, Giampiero Fiorani, Calisto Tanzi, ma anche Wanna Marchi, Vittorio Emanuele, gli indagati per Laziogate. Ieri il Guardasigilli Clemente Mastella ha ricordato che i reati di corruzione e concussione sono sempre stati esclusi da atti di clemenza. Ma Di Pietro non si arrende: la sua tesi è che sia il prezzo pagato per avere i voti di Forza Italia e non solo. Come spiega Massimo Donadi, capogruppo dell'Idv: «Abbiamo fatto venire fuori l'indecente patto fatto alla chetichella per far passare questo provvedimento». Finora tutta l'Unione si era schierata contro l'ex pm. Da ieri, però, il fronte degli scettici si sta allargando. Il diessino Luciano Violante ha osservato che sarebbe «opportuna una riflessione approfondita». Se lo scopo «è ridurre il numero dei detenuti non si comprende l'estensione del beneficio a una categoria di reati per i quali sono detenute pochissime persone». E il diessino Mar co Minniti, vice dell'Interno, ha chiesto di escludere estorsione e usura. Con Di Pietro è Luciana Sbarbati (Mre). In compenso, si dissocia dalla linea del partito Pino Pisicchio, eletto con l'Idv ma anche presidente della Commissione Giustizia: non voterà contro, ma si asterrà. Dal centrodestra si fa sentire Pier Ferdinando Casini che definisce «non tollerabile un rinvio sulla pelle dei detenuti». Mentre Roberto Maroni ribadisce il "no" della Lega e avverte che se la Cdl si comportasse in modo diverso «si aprirebbe una questione politica». An è divisa: se Maurizio Gasparri è fortemente contrario, Gianni Alemanno si dice «disponibile» a votarlo, a patto non sia un «colpo di spugna». Romano Prodi resiste. Irritato dalla guerra lanciata dal suo ministro, non è però disposto a cedere. Se in Parlamento si trovano i voti, si farà. Con buona pace di Di Pietro. ELISA CALESSI FERMI TUTTI Il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro, 56 anni, è stato il protagonista principale del pool di Mani Pulite, che condusse le indagini di Tangentopoli. Il filone si aprì con l'arresto di Mario Chiesa il 12 febbraio 1992. Nel giro di due anni sarebbero crollati i maggiori partiti italiani

L'ex pm convoca i girotondi ma i radical chic lo snobbano
ROMA Il girotondo suda e, nella calura di fine luglio, si scioglie. O meglio, marca visita. Perciò, quando Antonio Di Pietro li richiama alle armi, oggi, per il suo sit-in di protesta contro quello che lui ha ribattezzato come «l'indulto salva-Previti», che sta per passare alla Camera, i girotondini fanno spallucce. Troppo caldo, troppi impegni, viaggi, tournée. E poi, ragazzi, le vacanze sono vacanze. «Con il cuore sono con lui», giura Silvia Bonucci, la "pasionaria" delle piazze romane, «ma a Montecitorio non ci posso proprio essere, mi spiace», manda a dire al ministro per le Infrastrutture, «sono in vacanza e non mi posso spostare». Duedipicche anche da Olivia Sleiter, altra storica girotondina: «Sono fuori da due mesi per lavoro, non ce la faccio proprio ad andare», si dispiace. Sì, perché lei è un pezzo grosso del cinema, direttore di produzione di film come la "Vita è bella" di Roberto Benigni o "I giorni dell'abbandono" e "Prendimi l'anima" di Roberto Faenza: «Sono in giro tutto il giorno per il cinema dalle cinque del mattino alle sette di sera», tiene a precisare. Quindi Di Pietro capirà se la Sleiter oggi non starà lì a girare in tondo mano nella mano con lui, Pancho Pardi, Marco Travaglio e Beppe Grillo. Sono loro gli unici vip disposti a dare una mano all'ex "stella" di Mani pulite contro l'indulto, nonostante l'afa che fa colare il trucco e fa scappare ai Caraibi il jet set di lotta e di ribalta. Già che c'è, durante il girotondo, Travaglio distribuirà copie di "Onorevoli wanted", il suo ultimo libro scritto a quattro mani con Peter Gomez per gli Editori Riuniti. Tra due giorni, però, perché oggi neanche lui c'è al sit-in di Di Pietro. «Vengo giovedì», promette Travaglio, che andrà a girare intorno al Parlamento per protestare contro «il colpo di spugna su tutti gli scandali degli ultimi anni: da calciopoli a bancopoli, ai furbetti del quartierino, ai casi Cirio e Parmalat. Non è un caso», chiosa, «che lo vogliano votare tutti l'indulto, se consideriamo che questa legislatura conta 82 parlamentari nei guai con la giustizia». Presenti in piazza stamattina anche i parlamentari dell'Italia dei Valori e tutti coloro che sono contrari a questo provvedimento «nato per liberare le carceri», si legge nell'appello dell'Idv, «che è stato esteso ai reati di falso in bilancio, corruzione, ai reati fiscali e finanziari anche nei confronti della pubblica amministrazione», aggiunge con chiaro riferimento al caso dell'ex avvocato di Silvio Berlusconi e deputato di Fi Cesare Previti. Che invece è chiamato direttamente in causa sul sito "igirotondi.it", che accusa «il centrosinistra» di «fare ciò che neanche il centrodestra è riuscito a fare: una legge ad personam per Cesare Previti». Al sit-in di protesta aderisce l'associazione "Libertà e giustizia", fondata dall'ingegner Carlo De Benedetti, che conta tra i suoi iscritti anche il politologo Giovanni Sartori. Tutti giù per terra con Di Pietro. BARBARA ROMANO

I poliziotti: scelta giusta, ma non basta
IL SAPPE ROMA L'indulto da solo non risolve il problema delle carceri. Il sindacato di Polizia Penitenziaria Sappe commenta così il dibattito in corso sul possibile atto di clemenza: «Il sovraffollamento delle carceri è diventato un'emergenza e può essere tamponato solo con un provvedimento di clemenza. Subito dopo, però, sono necessari interventi di carattere strutturale oppure l'amnistia o l'indulto fra qualche mese avranno già perso la loro efficacia». Per il Sappe bisogna ricorrere alle misure alternative alla detenzione, «che tengano in carcere chi veramente deve starci, e una legge sugli extracomunitari che permetta espulsioni più facili».

LA CARRIERA
GLI ESORDI E MANI PULITE Dopo gli esordi a Bergamo, nel 1984 Antonio Di Pietro (nato il 2 ottobre 1950 a Montenero di Bisaccia, in provincia di Campobasso)si trasferisce a Milano. E il 17 febbraio 1992 con l'arresto di Mario Chiesa inizia Mani pulite. L'inchiesta, condotta insieme a Gherardo Colombo e Piercamillo Davigo, coinvolgerà centinaia di politici e sconvolgerà il sistema politico italiano. MINISTRO DELL'ULIVO Il 6 dicembre del 1994 Di Pietro si dimette dalla magistratura e nel 1996, è chiamato da Prodi ad occupare la poltrona di ministro dei Lavori pubblici nel governo dell'Ulivo, appena insediatosi dopo la vittoria alle politiche di aprile. si dimette dopo sei mesi. SENATORE DEL MUGELLO Nel '97, alle elezioni suppletive, viene eletto senatore nel collegio del Mugello. Dopo alcuni mesi, nel marzo 1998, fonda l'Italia dei Valori e aderisce ai Democratici che però abbandona nel 2000 quando non vota la fiducia al nuovo governo Amato. DAL 2001 ALL'EUROPARLAMENTO Alle politiche del 2001 Di Pietro corre da solo, ma non viene eletto. Alle Europee del 2004 vara una lista insieme a Occhetto. L'alleanza andò malissimo e fu subito sciolta, ma Tonino fu eletto. MINISTRO DELL'UNIONE Nasce l'Unione. Di Pietro si presenta alle primarie per il 2006 e arriva quarto con il 3,3% dei voti. Ma alle politiche il centrosinistra vince (l'Italia dei Valori ottiene il 2%), Di Pietro lascia l'europarlamento e diventa ministro delle Infrastrutture nel nuovo governo.

Rifondazione insiste per la fiducia sull'Afghanistan: così recuperiamo i dissidenti. Prodi cede
ROMA «Mettere la fiducia creerebbe un precedente, d'ora in poi ci troveremmo di fronte alle minacce di qualcuno che minaccia di non votare il provvedimento». Enrico Boselli, leader della Rosa nel pugno, descrive così la situazione di stallo alla quale è giunto il centrosinistra sulla questione Afghanistan. Romano Prodi non vorrebbe ricorrere alla fiducia, Rifondazione comunista chiede che lo faccia perché quello è l'unico modo per fare "rientrare" nelle file i dissidenti che, al Senato, potrebbero far venire meno la maggio ranza. Lo dice chiaro e tondo, al termine di un incontro con i dissidenti Luigi Malabarba, Claudio Grassi, Fosco Gianni e Franco Turigliatto, il capogruppo Giovanni Russo Spena: «I senatori di Rifondazione hanno deciso di votare sì se il governo chiederà la fiducia sul disegno di legge che rifinanzia le missioni all'estero». Per capire la solidità della proposta, il ministro per i Rap porti con il Parlamento Vannino Chiti ha incontrato ieri pomeriggio i capigruppo di maggioranza per fare il punto. Se l'unica via d'uscita possibile è quella della fiducia, il governo non vuole fare tutto da solo. Anche perché ieri, giusto per fare un esempio, Marco Follini (Udc) si è detto disponibile a votare anche la fiducia. E l'opposizione è compatta sul sì al rifinanziamento. Quindi, per evitare strappi, la maggioranza sta studiando il modo di chiedere la fiducia soltanto su uno dei quattro articoli del disegno di legge. Tre, dunque, potrebbero passare alla quasi unanimità - coi voti del centrodestra e quelli del centrosinistra meno gli otto dei "ribelli" -, l'ultimo a maggioranza semplice. La manovra, comunque, resta rischiosa. Forse è anche per questo che l'esecutivo ha deciso di rimandare a oggi la decisione finale. Il voto, dunque, non potrà essere in calendario prima di giovedì. «Sarebbe auspicabile che la maggioranza condividesse un'unica scelta di politica internazionale, peraltro non indicata dal programma, senza bisogno di ricorrere alla fiducia», dice il ministro per gli Affari regionali, Linda Lanzillotta. «Concordo con Franco Marini», ha aggiunto, «ci sono trattative in questo senso e vedremo se questo sarà un obiettivo realizzabile». A. V. IL CAPOGRUPPO RUSSO SPENA INCONTRA I RIBELLI: «SE SI TRATTA DI SALVARE L'ESECUTIVO I NOSTRI SENATORI HANNO DECISO DI SCHIERARSI PER IL SÌ». MA BOSELLI NON CI STA. «COSÌ SI CREA UN PRECEDENTE, D'ORA IN POI CI TROVEREMMO SEMPRE DI FRONTE ALLE MINACCE DI QUALCUNO». OGGI LA DECISIONE FINALE

Più uranio per tutti
Nella confusione generale che attanaglia il governo sulla questione afgana, brilla per chiarezza la posizione del Sole dei verdi. Il raggio più potente è quello del ministro Alfonso Pecoraro Scanio. Il quale anzitutto spiega che, se alla Camera il suo partito ha disciplinatamente votato sì al rifinanziamento della missione, «non vuol dire che sono meno pacifisti di quelli che continuano ad esprimere il loro disagio». Chiarito ciò, ha aggiunto che «perché fili tutto liscio bisognerà accentuare il profilo pacifista di questo governo». Parole vaghe? Tutt'altro, perché già «abbiamo incassato il ritiro dall'Iraq, c'è un'exit strategy per l'Afghanistan». Inoltre, spiega Pecoraro, il pacifismo ha altre grandi occasioni: «per esempio l'iniziativa sull'uranio arricchito, che aiuterà i parlamentari pacifisti a sciogliere i loro dubbi». Rileggere lentamente.

Farmacisti ancora in sciopero contro Bersani
La categoria protesta contro il decreto che autorizza la vendita dei medicinali nei supermercati
ROMA E due. Dopo 36 anni di pax sociale i farmacisti assestano un uno-due da stendere al tappeto il governo. Domani secondo sciopero delle oltre 16mila farmacie private. Quelle comunali invece resteranno aperte, insieme alla manciata di esercizi che sono di turno e quindi non possono abbassare la serranda. La questione della liberalizzazione della vendita dei farmaci nei supermercati sostenuta dalle associazioni dei consumatori che propongono una multa da 10mila euro per chi aderirà alla serrata - rischia di trasformarsi in un vero e proprio braccio di ferro. Da una parte il ministro dello Sviluppo Economico, Pierluigi Bersani - che incassa il sostegno del presidente di Confservizi, Raffaele Morese, e del presidente di Assofarm, Venanzio Gizzi - e dall'altra la categoria. Ma non basta. L'agitazione dei farmacisti, questa volta, incorre nella tirata d'orecchie della Commissione di garanzia sui servizi pubblici, che critica «il mancato rispetto del termine del preavviso». Oggi intanto il governo deciderà se porre il voto di fiducia sul decreto. Ieri si è tenuto l'ennesimo incontro tra i rappresentanti dei farmacisti e il sottosegretario Paolo Giaretta: «Con Federfarma», ha spiegato, «le posizioni restano divergenti; il nostro obiettivo resta avere più concorrenza per abbassare i prezzi». I farmacisti la pensano diversamente. E lo dicono chiaro: è stato un «incontro-farsa. È offensivo», sostiene una nota ufficiale, «dare un appuntamento ai rappresentanti sindacali di una categoria per dire che, contrariamente a quanto sostenuto pubblicamente dal ministro Bersani, non c'è il minimo spazio per una trattativa». L'appuntamento di via Veneto ha solo portato alla conferma della chiusura delle farmacie private e alla convocazione di un sit-in di protesta a Piazza Barberini a Roma, entrambi per domani. Alla protesta di piazza dei camici bianchi farà seguito un'Assemblea nazionale straordinaria per la programmazione di ulteriori iniziative di lotta. Da tempo la categoria minaccia, infatti, di rompere l'accordo per la vendita dei farmaci previsti dal prontuario del servizio sanitario nazionale. In sostanza i pazienti non potrebbero più acquistare i farmaci mostrando la ricetta del medico di base e pagando solo il ticket. Secondo Federfarma il vero obiettivo del decreto è quello di permettere la creazione di «farmacie all'interno di pochi ipermercati, modello IperCoop». E questi ipermercati - stando all'intepretazione dei farmacisti - non vogliono condividere «il nuovo business della vendita di farmaci con altri esercizi commerciali, quali supermercati di quartiere o autogrill autostradali. Questi esercizi se non fossero obbligati ad assumere uno staff di farmacisti, che non si possono permettere, potrebbero facilitare realmente l'accesso ai medicinali di automedicazione, anche colmando così l'u nica vera lacuna del servizio farmaceutico italiano, costituita dall'assenza di farmaci sulle autostrade. A questo punto», conclude maliziosamente la nota Federfarma, «se l'obiettivo del governo è solo quello di sostenere i gruppi della grande distribuzione organizzata, Federfarma non può che confermare la chiusura delle farmacie fissata per domani». Sui farmaci in autostrada interviene la società che gestisce gli Autogrill che si dice interessata alla possibilità di vendere sulla rete italiana i farmaci da banco così come prevede il decreto Bersani. Sulle barricate anche l'Ordine dei farmacisti: «Siamo perplessi di fronte all'atteggiamento tenuto dal ministro Bersani, che sembra intenzionato a non ricevere nessuno e a delegare ad altri anche il compito di respingere qualsiasi proposta. Tanta insistenza sul costo dei prodotti da banco, che pesano sì e no per 28 euro l'anno a cittadino», spiega il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei farmacisti (Fofi) Giacomo Leopardi, «si manifesta mentre si spiana la strada all'introduzione di ticket sulle prestazioni ospedaliere, e su quant'altro potrebbe servire a pareggiare il bilancio. Ed è ulteriore motivo di stupore», prosegue, «che sia una coalizione di centro-sinistra a tutelare consumi marginali e a rendere oneroso il cuore dell'assistenza sanitaria. I ricoveri», taglia corto Leopardi, «sono prestazioni ben più importanti da tutelare rispetto all'acquisto di un analgesico da banco». ANTONIO CASTRO


LA VICENDA
LE RICHIESTE La categoria dei farmacisti vuole modificare il decreto del ministro Bersani nella parte relativa alla liberalizzazione della vendita dei farmaci nei supermercati. LA PRIMA SERRATA Al no opposto dal governo i farmacisti privati hanno deciso per mercoledì scorso di chiudere i loro esercizi. Dopo la prima serrata i farmacisti si sono detti pronti al dialogo. LA ROTTURA Dopo l'incontro i rappresentanti dei farmacisti privati hanno dichiarato: «è offensivo dare un appuntamento ai rappresentanti sindacali di una categoria per dire che, contrariamente a quanto sostenuto pubblicamente dal ministro Bersani, non c'è il minimo spazio per una trattativa» BRACCIO DI FERRO Il ministro Bersani ha affermato di non essere disposto a trattare su due punti: la vendita dei medicinali di automedicazione in esercizi diversi dalle farmacie e la revisione del meccanismo del commercio all'ingrosso dei medicinali. IL PREAVVISO La Commissione di garanzia sui servizi pubblici critica la serrata decisa per domani per «il mancato rispetto del termine del preavviso». E se le farmacie di turno non dovessero rispettare l'apertura scatterebbero le sanzioni. MAXI-MULTA Le associazioni dei consumatori, favorevoli all'applicazione senza modifiche del decreto Bersani, propongono una multa da 10mila euro per chi aderirà alla serrata selvaggia.


Zitti tutti, la sinistra taglia la cultura
Bersani pronto a sforbiciare 11 milioni di euro. Ma stavolta artisti e intellettuali non aprono bocca INVESTIMENTO DA 27 MILIONI
ROMA C'era una volta un governo di centrodestra. Aveva qualche problemino economico e decise di tagliare i fondi allo spettacolo e alla cultura. Attori, registi, direttori di musei, colpiti dal provvedimento, cominciarono a impegnarsi in varie forme di protesta. Quel governo oggi non c'è più. Al suo posto un governo di centrosinistra che, per ridurre il deficit, decide di tagliare fondi alla cultura e, più precisamente, ai beni culturali. Questa volta delle vecchie proteste, delle raccolte di firme, nemmeno l'ombra. LA DENUNCIA DELLA UIL A gettar luce su ciò che sta bollendo in pentola ci ha pensato Gianfranco Cerasoli, segretario generale Uil Beni e Attività culturali. É lui a svelare che il decreto Bersani contiene la previsione di un taglio pari a 11.249.162 euro. Una cifra che si trasformerà a breve in un ammanco per Soprintendenze, musei, aree archeologiche, archivi e biblioteche. Nel dettaglio, il dipartimento Ricerca Innovazione e Organizzazione si vedrà privato di quasi un milione di euro; circa tre milioni e mezzo mancheranno nelle casse del dipartimento Beni culturali e paesaggistici; meno 200mila euro per il dipartimento per lo Spettacolo e lo Sport mentre quello per i Beni archivistici e librari subirà il taglio più drastico: più di sei milioni e mezzo di euro. «Questi tagli», spiega Cerasoli, «si vanno a sommare a quelli degli anni precedenti con percentuali che sono pari al 70% per archivi e biblioteche e del 62% per Soprintendenze, musei, ed aree archeologiche». E ancora, «con i nuovi tagli voluti dal ministro Bersani si fa purtroppo più concreta la possibilità che qualche complesso museale finisca per chiudere». Dopotutto, conclude, «vi sono altre voci che possono produrre risparmi, come le consulenze». PIANETA SOPRINTENDENZE Una verifica presso le Soprintendenze italiane dimostra che la situazione è, in effetti, drammatica. La Soprintendenza per i Beni archeologici dell'Umbria lamenta la scarsa liquidità da investire nelle missioni: «Ai funzionari mancano le auto per effettuare i sopralluoghi e, a chi decide di impiegare la propria, non c'è possibilità di garantire il rimborso per la benzina». In Toscana non fanno mistero di avere difficoltà nelle più elementari operazioni di ordinaria amministrazione, «Non ci sono più soldi per pagare le bollette, andiamo avanti con quanto risparmiato negli anni precedenti». In Emilia Romagna, sempre dalla Soprintendenza, fanno sapere che «un po' tutto è a rischio, forse stiamo un po' meglio ma francamente restiamo in una situazione disperata. Potenzialmente tutti i musei della regione potrebbero subire la chiusura o la limitazione degli orari di apertura». PIANETA LAVORATORI Anche il personale teme la situazione. In Lombardia, per esempio, i lavoratori degli Istituti milanesi del ministero per i Beni e Attività culturali, hanno indetto, attraverso le organizzazioni sindacali che li rappresentano, lo stato d'agitazione. Colpa proprio della «cronica mancanza di risorse economiche» che non consente di pagare il telefono, l'elettricità, l'acqua e le manutenzioni ordinarie e straordinarie. In più, provoca carenze nell'organico. Proprio in questa regione la mancanza delle risorse umane rappresenta un'emergenza: il personale, infatti, «è ormai ridotto alla metà di quanto previsto dalle piante organiche», per cui «è a rischio la stessa attività si salvaguardia, tutela e gestione dei beni culturali». Mentre i servizi al pubblico vengono garantiti a Brera, al Cenacolo, continua il comunicato «in biblioteca Braidense ed in Archivio utilizzando lavoratori "precari" da oltre un decennio». VALERIA MASSARELLI .

«La Corte europea può riportare la Juventus in A»
Gli esperti di diritto sportivo: gli aspetti economici competono alla giustizia ordinaria, le società ricorrano al Tar
MILANO Per prima cosa ricorrere al Tar, poi potrebbe esserci la Giustizia europea (Sebbene sia una strada molto più lenta dei nostri tribunali amministrativi). Sono questi i primi e più logici effetti che la recente sentenza della Corte Europea, sulla libertà di circolazione e di concorrenza in materia sportiva, potrebbe produrre anche sul maxi processo al calcio italiano. Come scritto domenica da "Libero". Oggi ci saranno le sentenze di secondo grado. Conferme di retrocessione per le squadre coinvolte o grandi sorprese, comunque sia il commissario straordinario Figc ha assicurato che il campionato inizierà il 27 agosto. Parola di Guido Rossi. Gli eventuali ricorsi saranno discussi il prossimo 10 agosto davanti alla terza sezione del Tribunale, quella competente su temi sportivi. E se fossero accolti sarà difficile per Rossi mantenere la parola. E le possibilità che il Tar poi dia una svolta decisiva alla vicenda di calciopoli sono sempre grandi. A illuminare i nostri giudici amministrativi sarà la corte di Giustizia europea, a cui i tribunali nazionali si devono adeguare. In sintesi la sentenza del 18 luglio scorso dice che tanto più in materia di carattere scientifico (l'accusa per i due sportivi era uso di doping), ma non solo, pene troppo severe violano norme del trattato di Roma, penalizzano la libertà di circolazione e di prestazione di servizi. In poche parole violano la libera concorrenza. La vera novità di questa sentenza è l'effetto sulla libertà di circolazione degli sportivi. Ma non finisce qui. La decisione della Corte di Giustizia delle comunità europee potrà andare a influire direttamente sui tentativi di punire la responsabilità oggettiva delle società. Ora quando qualcuno dei legali delle diverse parti in causa proverà a obiettare che in questo modo si genera una distorsione della libera concorrenza, il gioco è fatto. Il Tar non potrà che adeguarsi alle scelte superiori, cioè quelle dell'Europa. Abbiamo chiesto all'avvocato Enrico Crocetti esperto di diritto internazionale e sportivo come saranno le dinamiche di accoglimento dei ricorsi «La stessa giurisprudenza statuale italiana ha generalmente riconosciuto la sindacabilità del Giudice Amministrativo sulle sanzioni disciplinari non solo a carattere "espulsivo", ma anche a carattere "interdittivo" (ad esempio squalifica del tesserato). Ritengo, pertanto, che dalla lettura della recente sen tenza della Corte del 18/07/2006, si possa prendere degli spunti per poter ricorrere alla giustizia comunitaria o alla giustizia italiana, la quale dovrà prendere come riferimento quanto stabilito dalla giustizia comunitaria (sentenze Bosman e Deliége)». Non trova anche che in questo modo scompariranno alcune zone franche del sistema calcio italiano? «L'unica zona franca che dovrebbe esserci nel calcio è quella delle regole del gioco. Dimensioni del campo, forma del pallone e cose del genere. Con il business tutto diventa attività lavorativa e questa non può essere giudicata dalla giustizia sportiva». Allora bisogna applicare in toto la sentenza della corte europea? «Secondo il mio punto di vista, tra l'altro più volte affermato a commento delle decisioni della giustizia europea, non esiste una zona franca per l'ordinamento sportivo, neppure quando si parla di atleti dilettanti che ben sappiamo sono tutti retribuiti, ad esempio caso Ma ros Kolpak sentenza 08/05/2003 causa C.438/00 Corte di Giustizia delle Comunità Europee. Credo che la partita sia ancora nella fase di riscaldamento». Commentando la sentenza di primo grado della giustizia europea, quando sembrava tirasse tutt'altra aria lei aveva già sot tolineato l'importanza di separare gli aspetti economici da quelli sportivi. Sembra che la Corte alla fine abbia tirato le stesse conclusioni. «II Tribunale afferma che i divieti che stabiliscono gli articoli 39 CE e 49 CE si applicano alle norme adottate nel campo dello sport che riguardano l'aspet to "economico" che l'attività sportiva può rivestire, sicché essi non attingerebbero le regole "puramente sportive", cioè quelle regole che riguardano le questioni che interessano esclusivamente lo sport e che, come tali, sono estranee all'attività economica». CLAUDIO ANTONELLI CONDANNE JUVENTUS Retrocessione all'ultimo posto del campionato di serie A 2005-2006 e penalizzazione di 30 punti nella stagione 2006-2007, da disputare nel campionato di serie B. Revoca del titolo di Campione d'Italia della stagione 20042005 . Non assegnazione del titolo di Campione d'Italia della stagione 2005-2006. MILAN Penalizzazione di 44 punti nella classifica del campionato di Serie A 2005-2006. Penalizzazione di 15 punti da scontare nella stagione 2006-2997, da disputare in Serie A. FIORENTINA Retrocessione all'ultimo posto del campionato di serie A 2005-2006. Penalizzazione di 12 punti da scontare nella stagione 2006-2007 da disputare in serie B. LAZIO Retrocessione all'ultimo posto del campionato di Serie A 2005-2006. Penalizzazione di 7 punti nella stagione 2006-2007 da disputare nel campionato di Serie B. GLI UOMINI Antonio Giraudo: inibizione e preclusione per 5 anni e 20 mila euro di ammenda. Luciano Moggi: inibizione e preclusione per 5 anni e 50 mila euro di ammenda. Adriano Galliani: inibizione di 12 mesi. Diego Della Valle: inibizione di 4 anni.

Il "no" dei Verdi ai termovalorizzatori che salverebbero l'ambiente
Uno dei più annosi e tutt'ora irrisolti problemi, è sicuramente quello dei rifiuti. Ogni anno ne produciamo sempre di più ingombranti, con maggiori difficoltà per lo smaltimento. A pensarci bene, la maggioranza di noi difficilmente si domanda che fine fanno i nostri avanzi giacenti nei containers. Fino a non molto tempo fa, fantomatiche discariche raccoglievano di tutto e di più, poi negli ultimi 15 anni ha cominciato a prendere spazio la raccolta differenziata, la quale proprio nella selezione dei rifiuti ha la sua efficacia. In molte zone, soprattutto al Sud, questo tipo di raccolta è ancora pressoché sconosciuto e anche nell'Italia settentrionale i risultati non sono certo comparabili con quelli delle Nazioni del Nord Europa. Un senso di pigrizia, molte volte il dubbio che, dopo la raccolta a monte, tutto venga mescolato, inducono parte rilevante della popolazione ad essere scettica.
Eppure la differenziata ha due grandi pregi: la produzione di energia pulita con la termovalorizzazione e il riciclo che consente di far tornare prodotto i rifiuti come vetro, plastica, stoffa, rame. Una grande opportunità per un Paese che ha rifiutato il nucleare, diffida del carbone e utilizza ormai quasi solo gas per riscaldarsi. Ciononostante una fiera avversione ai termovalorizzatori viene effettuata dalle popolazioni locali che insieme agli ambientalisti, crea il popolo dei NO. Il Ministro Pecoraro Scanio, ne è il paladino visto che, in alcuni passaggi, esprime netta avversione alla costruzione degli impianti di termodistruzione, con particolare riferimento alla Sicilia. Ne consegue una domanda che va oltre alle ben note posizioni oltranziste dell'attuale inquilino di Via Colombo, non ci sarà anche il fatto che la Sicilia è ancora governata dal Centro Destra? Ma al di là di posizioni politiche resta il fatto che Nazioni ben più ambientaliste della nostra, Germania docet, inseriscono in ogni dove, a cominciare dai centri cittadini, i termovalorizzatori per i vantaggi che producono a cominciare proprio dalle ridotte emissioni che sono di gran lunga inferiori ad altri tipi di impianti di produzione di energia. Prova ne è che, proprio in Sicilia, il noto Prof. Veronesi, alla guida di una commissione per la tutela della salute, ha sancito che non esistono rischi per la popolazione. A tutto questo va aggiunto, e non certo in misura secondaria, l'importanza dell'investimento e della ricaduta sull'occupazione in abbinamento alla modernizzazione del Paese soprattutto al Sud, dal quale si esportano, pagando, i rifiuti per smaltirli.
Tutte certezze che animano incertezze. Quale sia il programma rifiuti e smaltimento del Ministro dell'Ambiente è cosa difficilmente comprensibile, visto l'atteggiamento sui termovalorizzatori in Sicilia che, dopo oltre tre anni dalle gare, in caso di mancata attuazione, può innescare l'azzeramento del già non facile equilibrio finanziario dell'iniziativa, compromettendo definitivamente uno sviluppo sostenibile. A che pro? Dimostrare che la legge dei NO dei verdi è preminente sui reali bisogni ambientali del nostro Paese? Al presidente Prodi e ai suoi alleati, che hanno a cuore il futuro dell'Italia, le decisioni. È tempo di assumerle. (prossima puntata Acqua e depuratori)


Il sogno crollato della società multirazziale
di MARIELLA ALBERINI Cara Mariella Alberini, si parla di lavoro nero massacrante nelle campagne del sud come se la gente d'Africa, abituata a oltre 50 gradi di calore, soffrisse le nostre temperature estive. Però nessuno si preoccupa delle numerose "signorine" nigeriane disseminate sulle provinciali. È ormai noto che l'Italia è invasa dagli emigranti di mezzo mondo e lo sarà sempre di più considerata la propensione dell'attuale governo (350.000 persone regolarizzate in più) a favorire l'afflusso incontrastato di feccia multicolore in cerca di bottino. Abbiamo assistito alle razzie di bande pendolari provenienti dall'ex paradiso comunista, alle quali diamo vitto, alloggio e assistenza sanitaria a spese degli ingenui elettori italiani. I quali si dibattono in ristrettezze economiche e devono lottare per avere una casa e la tempestività dell'assistenza sanitaria. Luigi Bruzzese - Salerno Caro Luigi, di recente è stata pubblicata un'interessante statistica sulla densità di popolazione in Italia paragonandola a quella della Cina. Da questa risulterebbe che siamo ormai giunti a 190 abitanti per chilometro quadrato: un affollamento addirittura superiore a quello del Celeste Impero. E se al calcolo complessivo venissero sottratte anche le oasi di natura, la nostra concentrazione di popolazione diventerebbe quasi il doppio di quella cinese. Con tutto il can can dei Verdi e degli ecologisti, non si tiene conto di precisi studi già fatti nell'89 che sentenziavano la necessità di non superare i 30 milioni di abitanti circa per una qualità di vita ottimale. Alla luce di questi dati, bisogna ammettere di trovarci in una situazione allarmante. E non mi sembra il caso di pietire sui lavoratori extra comunitari al lavoro nei campi di pomodori del sud. Piuttosto ci si deve preoccupare di come stanno gli italiani in questa Babele multirazziale non regolamentata. La triste realtà è che la situazione è ormai sfuggita di mano e il governo sembra intenzionato ad aggravarla. Bisogna ricordare che la Francia, a parità di abitanti, ha un territorio doppio del nostro e la Spagna, con analoga estensione, ha "solo" 40 milioni di abitanti. Senza dimenticare la recente rivolta nelle banlieux francesi degli immigrati già dotati di residenza. Un terribile monito di quanto potrà succedere in qualunque paese europeo. In particolare in Italia che si trova già nelle peggiori condizioni. Da tempo siamo sfruttati da una folla di ingrati pronti a soppiantarci con qualunque mezzo. m.alberini@iol.it www.mariellaalberini.it

Sì con la segretaria Nozze segrete per Kim Jong-Il
PYONGYANG Per lei ha studiato pianoforte, per lei ha suonato pezzi romantici fino ad appannare i suoi leggendari occhiali a fondo di bottiglia stile Seventies. Per lei deroga anche alle inflessibili leggi dell'etichetta del "Partito dei lavoratori", chiamandola con l'antirivoluzionario nomignolo di Regina Min (l'ultima imperatrice della dinastia Chosun). Ma solo in privato; in pubblico la chiama ancora "compagna segretaria". Dai ieri, forse, "compagna moglie". Il tiranno folle ed eccentrico per antonomasia, il "Caro leader" nordcoreano (il suo compleanno è una festività pubblica.), Kim Jong-Il, si è sposato con la sua ex segretaria, Kim Ok dopo due anni di convivenza (vent'anni di convivenza, secondo altri). IL GIALLO DI MISS OK L'agenzia AsiaNews riporta le versioni dei fatti che circolano fuori e dentro dal paese più blindato del mondo: fonti anonime vicine al regime definiscono la Ok «nuova first lady comunista» al posto della defunta Ko Yonghi, morta proprio due anni fa di cancro. Un alto rappresentante del governo ha detto di "non aver mai sentito nulla di tutto ciò", mentre fonti dei servizi segreti a Cheong Wa Dae non hanno confermato, ma neanche smentito la notizia. Ma chi è la nuova regina consorte ? Di Kim Ok, 42 anni, si sa che ha studiato pianoforte al Conserva torio naziona le di Pyongyang. Kim l'avrebbe ingaggiata come segretaria personale nei primi anni '80: è stata lei ad accompagnare il dittatore nelle sue visite alle basi militari del Paese ed agli incontri con i dignitari stranieri, sempre usando lo pseudonimo di Kim Suk-on. Quando Cho Myongnok, primo vice presidente della Difesa nazionale, ha visitato Washington come "inviato speciale di Kim", nell'ottobre del 2000, Kim Suk-on era uno dei membri della delegazione. LE RIVELAZIONI DEL CUOCO Molte altre fonti confermano la vicinanza fra il leader e la sua segretaria: Kenji Fujimoto, cuoco personale del "caro leader" per tredici anni, è riuscito a tornare in Giappone due anni fa e, nelle sue memorie, ha scritto che una segretaria personale «era in intimità con il capo di Stato». Secondo gli esuli nordcoreani, la storia è leggermente diversa: Kim e la segretaria vivrebbero insieme sin dalla metà degli anni '80, nonostante la gelosia della moglie del dittatore. Da sempre le donne sono il debole del padre-padrone della Corea, insieme al cinema e ai film di Hollywood. La sua ossessione verso il mondo del cinema lo portò ad innamorarsi follemente di Choi En-hui, attrice della Corea del Sud, che fece addirittura rapire nel 1978, insieme al marito Shing Sang-ok. Kim Jong-il, resosi conto (per una volta)dell'assurdità del suo gesto, ordinò la liberazione della coppia qualche anno più tardi, nel 1986. SILVIA GUIDI La nuova first lady Kim Ok

Nel 2020 la tariffa dell'acqua salirà del 40% a 1,38 euro per mc
Nei prossimi 20 anni i consumi di acqua cresceranno del 17,4%, passando dai 4,9 miliardi di metri cubi a 5,8 miliardi del 2025. E anche le tariffe aumenteranno, passando da una media di 0,93 euro per metro cubo ad 1,38 euro fra 15 anni, con un incremento di oltre il 40%. Sono alcuni dei dati che emergono dal Blue Book 2006 sul servizio idrico in Italia. Le tariffe italiane sono comunque fra le più basse d'Europa: a Roma il costo medio è di 0,78 euro per mc a fronte dei 4,3 che si pagano a Berlino

My Speed Limit ??? 400 Km/h






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Il giornale del giorno   25/7/2006 9.11.30 (116 visite)   Mr_LiVi0
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