Nick: AUGUSTO82 Oggetto: ABUSO DI DEMOCRAZIA...... Data: 26/7/2006 15.5.45 Visite: 124
Bell'articolo sul corriere della Sera: Caro direttore, ancora una volta il governo pone la fiducia. Come sempre accade, l’eccesso segna il superamento del confine tra fisiologia e patologia. Prodi ha sicuramente attraversato quel confine. L’avvio dell’attività di governo non è stato certo folgorante. Folgorante è stato invece il ricorso alla fiducia. Essa è stata votata già sul cosiddetto decreto «milleproroghe», solo al Senato, sul decreto di «spacchettamento » dei ministeri, sia al Senato che alla Camera, sul decreto Bersani e appare scontata sul disegno di legge di finanziamento delle missioni internazionali. In pratica, quasi tutti i passaggi legislativi di una certa importanza e delicatezza sono ormai contrassegnati dal ricorso alla fiducia. Non si comprende quindi come il presidente Prodi, nell’intervista al Corriere del 21 luglio, abbia potuto affermare che l’opposizione sta facendo filibustering, visto che finora si è andati avanti quasi esclusivamente a colpi di fiducia e che sulle missioni internazionali il centrodestra alla Camera ha dato il suo costruttivo contributo. È vero che anche il governo Berlusconi fece un uso non parco della fiducia, maciò si verificò nella parte finale della XIV legislatura. Nel primo anno, le fiducie richieste furono soltanto quattro (tre alla Camera e una al Senato). Continuando con questo ritmo, invece, quante saranno quelle dell’attuale governo? Il mix decreto-legge e fiducia è un’arma formidabile per il governo e letale per il Parlamento, e se la fiducia viene utilizzata normalmente si altera profondamente il rapporto governo-Parlamento a danno di quest’ultimo. Ma poiché il governo Prodi, a causa dei contrasti interni alla coalizione, appare nella condizione di non poterne fare a meno, come l’ammalato della medicina, il risultato finale che si profila è quello di svuotare la partecipazione delle Camere alla funzione legislativa attribuita loro dall’articolo 70 della Costituzione. È chiaro dunque che la tendenza, se non un vero e proprio disegno, è quella di unamarginalizzazione del Parlamento nell’area cruciale della legislazione e di fare del governo l’autentico protagonista della normazione. Ma non è stata proprio la marginalizzazione, la mortificazione del Parlamento uno dei motivi su cui si è basata l’opposizione alla legge costituzionale bocciata nel referendum del 25 giugno? Non vorrei che questo risultato fosse raggiunto a Costituzione invariata attraverso un uso distorto degli ordinari strumenti del rapporto governo- Parlamento. Il professor Elia, uno dei più decisi animatori del Comitato del Noal referendum, ha detto, in un’audizione alla Camera sul progetto di riforma costituzionale, che bisogna evitare che per cinque anni tutto diventi esecuzione di ciò che è stato deciso nell’election day e che il tempo scorra solo a vantaggio dei vincitori. Sono d’accordo. Oggi che quel progetto è stato bocciato, bisogna evitare che la funzione legislativa sia esercitata sotto la dettatura del governo con una catena di voti di fiducia. Il rimedio non è semplice. È inutile prendersela con il sistema elettorale che ha dato all’Unione un margine esiguo di maggioranza: nessun sistema elettorale può garantire la stessa ampia maggioranza in due assemblee che danno vita a un bicameralismo paritario. Semmai è questo a dover essere cambiato. Soluzioni soltanto tecniche, quali la previsione di più rapide corsie privilegiate per le iniziative governative unite alla garanzia di adeguati spazi per l’opposizione, sono in astratto auspicabili, ma non risolutive nell’immediato. La ragione è chiara. Il continuo ricorrere alla fiducia del governo Prodi non è determinato dalla lentezza dei lavori parlamentari; è determinato dalla sua debolezza politica. I governi diventano più aggressivi in Parlamento quanto più sono divisi al loro interno. Una volta trovato il punto di mediazione si presentano blindati al confronto con l’opposizione. Ma tutto questo è indice di un sistema malato ed è uno scacco per il buon funzionamento della democrazia. Il governo dovrebbe abbandonare la strada intrapresa che è, alla lunga, insostenibile e affrontare un più aperto dibattito sulla questione. Può anche, evidentemente, fare orecchie da mercante e crogiolarsi nel mito della propria autosufficienza, ma credo che alla lunga i più accorti esponenti della maggioranza guarderanno in faccia la realtà. Solo allora capiremo in che misura il presidente del Consiglio si troverà a determinare o a subire i nuovi eventi politici. |