Nick: Mr_LiVi0 Oggetto: I signori della PACE Data: 27/7/2006 8.52.7 Visite: 137
Libero sarà un giornale di destra, ma è ancora propopenso a invcentare le proprie professionalità su un unico tema. Cosa che i giornali di oggi non fanno più. Ieri a roma si è disputato il summit della pace... ehm diciamo che si è disputato il meeting degli ircpolitichesi: fancazzisti e mangia fondi statali. Magdi allam ha messo in dubbio l'importanta di questo incontro che, vi ricordo, non ha visto partecipare attivamente hezbollah libanesi e israeliani. E' estate, lo so, e la testa fa male... io sono masochista: mi piace ledermi la cervella a suon di letture di prima mattina. IL BAR DELLA PACE di MATTIAS MAINIERO Chiacchiere, risate, promesse e le solite ipocrisie anti-Israele al vertice sul Libano. La guerra continua e nessuno dice la verità sui terroristi C'è una foto bellissima scattata ieri mattina a Roma. Ritrae il nostro presidente del Consiglio Romano Prodi, l'Alto rappresentante per la Politica estera dell'Ue Javier Solana e il ministro degli Esteri italiano Massimo D'Alema. Li hanno ripresi durante i lavori del summit sul Medio Oriente. Prodi sorride, D'Alema pure. Solana è alle loro spalle. In un'altra foto, di nuovo D'Alema, questa volta con Condoleezza Rice. Ancora sorrisi, enfatico quello del ministro, solo lievemente accennato quello della Rice. Sono contenti Prodi e D'Alema. E di cosa poi? Di essersi seduti attorno ad un tavolo (Sala delle Conferenze, primo piano della Farnesina)? Di aver posato per i fotografi? Sorrisi inutili. Senza offesa, anche un po' ipocriti. Se li potevano risparmiare, avrebbero fatto una figura migliore. Quello di ieri a Roma non è stato un vertice per il Medio Oriente, un'occasione storica per la pace, come ha detto, con la solita pomposità, Romano Prodi. Per gli ottimisti, forse è stato il summit delle buone intenzioni destinate ad infrangersi dinanzi a problemi antichi e ben più potenti di una riunione internazionale. Per i realisti, è stata la fiera dell'ovvietà e della falsità, delle bugie che sanno di bugia lontano un miglio, della vanità. Chiamiamolo col nome vero: un imbroglio internazionale organizzato e portato a termine sotto gli occhi del mondo e sulle spalle di chi rischia in prima persona, di chi deve difendere la propria terra, deve avere a che fare con i kamikaze e i razzi, di chi non ha mai visto un giorno di pace e, andando avanti così, non lo vedrà mai. C'erano i Grandi e pure i piccoli della Terra al summit di Roma, ospiti di Prodi e D'Alema. C'erano il segretario di Stato statunitense Condoleezza Rice, il Primo ministro libanese Fuad Siniora, i ministri degli Esteri e i delegati di Canada, Giordania, Egitto, Russia, Francia, Cipro, Arabia Saudita, Gran Bretagna, Spagna, Turchia, Germania e Grecia. Non mancava, ovviamente, l'Unione Europea. Anche Paul Wolfowitz, presidente della Banca Mondiale, ha avuto la sua poltrona. Assente la Siria. Assente l'Iran. E Iran e Siria sono i due Paesi che riforniscono di armi Hezbollah. E Hezbollah, con i suoi attacchi, con il lancio dei razzi, con i rapimenti, con la sua ostinata volontà di violare qualsiasi accordo, è il primo e unico motivo della guerra oggi in corso in Libano. Hezbollah e l'incapacità di Beirut di mettere sotto controllo il Partito di Dio. Ma questo al vertice non lo ha detto nessuno. Hanno sorriso e nelle dichiarazioni ufficiali, nei comunicati che faranno testo, non hanno usato una sola espressione di condanna contro l'azione dei guerriglieri sciiti che sistematicamente attaccano i villaggi israeliani di frontiera. In tutto il mondo, tutto il mondo civile, i miliziani hezbollah hanno un nome noto e universalmente conosciuto: terroristi. La parola terrorismo, al vertice di Roma, non è mai risuonata. Assente, come l'Iran, come la Siria, come quella sorta di armata dell'integralismo islamico che Teheran sta raggruppando attorno alle sue mire espansionistiche, sostenendo gli hezbollah, minacciando Israele e il mondo occidentale, agitando lo spettro della bomba atomica. Hanno discusso di pace, ieri. E non hanno avuto il coraggio o la volontà politica o l'intelligenza o la semplice decenza di dire chi è che quotidianamente infrange la pace. Parole mancanti e parole vuote al vertice di Roma. Massimo D'Alema, sorridente padrone di casa un po' impacciato quando ha dovuto parlare in inglese, ha detto che l'Italia è impegnata concretamente per la pace e che Israele ha il diritto di difendersi ma con moderazione. E che significa difendersi con moderazione? Schierare solo una parte del proprio esercito, magari quella armata non nel migliore dei modi? Usare esclusivamente pallottole di gomma e forse missili di carta? Difendersi ma non tanto? Esiste una scala, una gerarchia, una classifica degli atti difensivi? Cosa è lecito fare (e cosa non lo è) quando in gioco c'è la sopravvivenza stessa di un popolo intero, quando il nemico ha deciso che gli israeliani devono essere spazzati via dalla faccia della Terra? Parole vaghe, ambigue, come quelle che riempiono il comunicato finale della Conferenza. Le delegazioni chiedono un «cessate il fuoco urgente ». Siamo quasi alla farsa. Si riuniscono per la pace e si salutano chiedendo una pace urgente, non immediata. Vogliono un cessate il fuoco differito nel tempo, posticipato. Lunedì prossimo sarà il giorno giusto oppure bisognerà attendere la fine di agosto? D'accordo: c'erano posizioni divergenti, c'era da mediare. C'erano (ci sono) le fondate preoccupazioni israeliane e statunitensi. In breve: un immediato cessate il fuoco svuoterebbe di qualsiasi significato (e risultato) l'offensiva in corso contro il terrorismo. Ma in quel documento non si poteva scrivere semplicemente "pace", senza aggettivi, senza mettere, nero su bianco, la conferma della pericolosa spaccatura della comunità internazionale, pericolosa perché gli interlocutori si chiamano hezbollah e di mestiere fanno i guerriglieri? E quella richiesta all'Onu di un mandato per una forza di pace internazionale? Fanno ancora finta di credere che l'Onu abbia voce in capitolo, l'Onu che emette risoluzione apparentemente al solo scopo di permetterne la violazione. Ascoltate quel buonuomo di Kofi Annan, segretario generale delle Nazioni Unite la cui bandiera è da tutti rispettata e da tutti puntualmente calpestata. Al termine della Conferenza, il segretario ha dichiarato: «Si è sottolineata la necessità di azioni urgenti per la cessazione delle ostilità ». E ci mancava pure che venisse sottolineata la necessità di azioni urgenti per la guerra. Possiamo usare un termine grosso: ridicoli. Ridono, al Bar della Pace di Roma, ridono di cuore i partecipanti al summit forse pensando a se stessi e al loro vertice, alle bugie spacciate per verità, alle solite ipocrisie anti-Israele. Per favore, che qualcuno strappi quei sorrisi di circostanza dai loro volti. In Medio Oriente c'è una guerra. In Medio Oriente i terroristi hanno scatenato il conflitto. In Medio Oriente, ieri, Sheikh Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, ha detto di essere pronto ad intensificare l'offensiva militare sulle città israeliane. Israele ha risposto alle minacce e agli attacchi con bombardamenti. Bisognerebbe avvertire della cosa anche i partecipanti al vertice di Roma. Condi, l'uomo più potente di RENATO FARINA Sono quasi le tre del pomeriggio, e le cerimonie dei colloqui sono finite. Chi ha vinto? Tre uomini e una donna si espongono nella fiera delle tivù. Massimo D'Alema, Kofi Annan (segretario dell'Onu), Fouad Siniora (presidente del Libano). E poi c'è lei. Il suo tailleur grigio è inondato dal bianco abbagliante delle perle e dei denti, tiene le mani dietro la schiena. Non alza la guardia delle braccia nei gesti inconsci dei timidi, basta la forza della bocca e degli occhi, persino delle ginocchia. Condoleezza Rice in quei minuti ha avuto l'aria della leonessa vincente, immensamente superiore agli ometti lì intorno, e perciò persino comprensiva, accondiscendente, sorridente. Chiaro come il sole che ha avuto ragione lei. Ma come si faceva a non immaginarselo? Israele avrà ancora quindici giorni per sistemare la partita con gli Hezbollah. Poi arriverà una forza multinazionale nel Sud del Libano, ma a quel punto le milizie terroriste dovrebbero essere sistemate. Tremenda nelle trattative, non ha ceduto di un millimetro. Gli altri volevano che la vasta conferenza rifiutasse l'espressione «tregua urgente », perché l'urgenza è sacrosanta, ma ha i suoi tempi utili a Israele. Esigevano la «tregua immediata» o «imminente». La parolina da lei voluta ha trionfato. Diciamo che il suo sorriso ha sancito quella che è una (ancora parziale) vittoria di Israele. Il Libano, nella mente della Rice e tra le righe dell'accordo firmato obtorto collo dagli altri, non potrà più essere come prima ostaggio della Siria (e quindi dell'Iran), dove agiscono da padrone le milizie Hezbollah, ma qualcosa di più sicuro: per Israele e quindi anche per noi. E questo grazie a Condi. Che donna. Ma da dove viene? Se ne stava piazzata sul palcoscenico come sapesse tutto a memoria, come un brano di Brahms. Ha lasciato parlare gli altri, poi lei ha lanciato moniti a Iran e Siria. Ha spiegato che una «tregua qualsiasi non serve a nulla, occorre una tregua sostenibile». Tradotto: una situazione che non costringa Israele a uscire dai suoi confini per andarsi a riprendere dei soldati rapiti o a smantellare basi da cui partono missili che cadono nelle piazze dei suoi villaggi. Giusto no? E in questo quadro di sicurezza, anche i palestinesi potranno avere lo Stato e il Libano la sua prosperità. È un passo. Non il cammino definitivo. Poi bisognerà passare con le buone (meglio) o con le cattive (se necessario) a limitare la pericolosità degli ayatollah. Intanto, passo passo, Condi guadagna spazi ad una pace meno cimiteriale (per gli ebrei e per noi) di quella che vorrebbe l'Onu. D'Alema aveva le braccia conserte chiuse sui fogli, compassato nel suo ruolo di diplomatico del tipo antico. Non male come immagine. Ma la sostanza è a due passi da lui, ed è la Rice. Lei quando i tre "ometti" (lo scriviamo con il dovuto rispetto) dicevano qualcosa che le aggradava, muoveva la testa in segno di approvazione. Ma sì, ti promuovo, Massimino, magari stasera ti invito anche a ballare. Intanto qui comando io. Oggi Condi non è la donna più potente del mondo, è l'uomo più potente del mondo. Intendendo per uomo non gli ormoni mascolini ma la razza umana. Non c'è bisogno di essere del tipo muscolare per emergere da donna. Occorre accettare la sfida della meritocrazia, questa è l'America, e lei la esporta proprio come stile di vita. George W. Bush? Certo, formalmente il presidente è suo superiore. Ma persino la moglie di Bush lo sa chi comanda davvero: George W. abituato a pregare con Condi i salmi ogni mattina - lei li ha imparati a memoria al volo -, ha delegato a lei qualsiasi idea e pratica di potenza fuori dai confini d'America. Così la Rice è il Segretario di Stato (ministro degli Esteri) più forte dai tempi di Kissinger. In più ha il fascino della sua bella faccia, delle sue gambe. Ma la testa è anche meglio della faccia. La sua storia è quella di un'afroamericana del profondo Sud. Nata il 14 novembre del 1954 a Birmingham in Alabama, deve il suo nome all'amore per la musica dei genitori. La mamma insegnava pianoforte. E Condoleezza è la spremitura di una formula tratta da qualche partitura: dovrebbe essere "Con dolcezza". Negli Usa se uno ha un primo nome strano, la vita si fa dura: tutti capiscono che sei una ragazza di colore, e non c'è niente da fare, la statistica dice che nasce un pregiudizio. Lei ha capovolto la fregatura trasformandola in un trampolino per battere se stessa. La sua famiglia era del ceto medio. Il padre guidava gli allievi di un liceo e la domenica era pastore presbiteriano. Nella sua città la segregazione razziale era dura. La sua famiglia non partecipò alle lotte, custodiva il virgulto (Condi era figlia unica) come potesse diventare una Messia. E lei ha doti eccezionali, si laurea a 19 anni. Pensa di intraprendere la carriera di musicista, ma poi si infiamma sentendo un corso di politica sull'Urss. In quattro e quattro otto diventa giovanissima la massima esperta di quella "politica bizantina e della sua idea di potere". Insegna in università, a Washington si accorgono di lei quelli dello staff di Bush padre. La assumono, è un genio, è fatta. Le sue idee? Non è una credente alla maniera di Bush, però ha rincontrato la fede dopo l'attentato alle Torri Gemelle. La fiducia totale nella virtù della democrazia la avvicina ai neocon, ma è più duttile sui modi. Forza e realpolitik. Libertà e compassione. In sintesi: usa l'intelligenza e il pugno di ferro con (quasi) dolcezza. Dicono che la sua fortuna sia anche quella di non avere un uomo. Non è sposata. Per questo i repubblicani vorrebbero contrapporla alle prossime elezioni a Hillary Clinton, la quale il marito ce l'ha, anche troppo. Fallisce la linea italiana: niente cessate il fuoco immediato ROMA Nessuna tregua. Il vertice di Roma sul Libano non riesce a far tacere le armi. L'unico dato positivo è il proseguimento di un dialogo tra gli Stati Uniti e il governo di Beirut. Per il resto, solo buone intenzioni. Alla Farnesina ieri i rappresentanti di 14 Paesi, compresi Usa e Libano (assenti Israele, Siria e Iran), il segretario generale dell'Onu Kofi Annan e i rappresentanti dell'Unione europea hanno tentato di trovare una via d'uscita alla difficile situazione mediorientale. Ma l'obbiettivo che Romano Prodi e Massimo D'Alema si erano prefissati, un immediato cessate il fuoco, non è stato raggiunto. Nel comunicato congiunto letto dal ministro degli Esteri italiano al termine del vertice, infatti, viene «espressa la determinazione a lavorare fin da subito per ottenere con la massima urgenza una tregua che ponga fine all'ondata di violenze», aggiungendo che «il cessate il fuoco dovrà essere duraturo, permanente e sostenibile». Nel comunicato, dunque, viene usato il termine «urgente» e non «immediato», come voluto durante la riunione dal segretario di Stato americano Condoleezza Rice, che si è scontrata con la posizione francese rappresentata dal ministro degli Esteri, Philippe Douste-Blazy, ma anche con Russia e paesi arabi moderati. Secondo gli osservatori, questa strategia permetterà di dare tempo a Israele per continuare le operazioni militari in Libano. Operazioni che serviranno a mettere le basi per un piano per un «nuovo Medio Oriente», che, secondo gli Usa, passa obbligatoriamente per lo smantellamento militare di Hezbollah. «Non possiamo tornare allo status quo, alla situazione precedente gli attacchi», ha detto il segretario di Stato Usa. Ma poi Rice ha teso la mano al premier libanese Fouad Si niora: «Aiuteremo il governo di Beirut ad avere il totale controllo militare su tutto il territorio nazionale». Smantellare Hezbollah, dunque, e consegnare le chiavi del Libano al suo legittimo proprietario, ovvero pretendere la realizzazione della risoluzione 1559 dell'Onu. Questa la linea su cui si muove la strategia Usa. Il premier Siniora, però, non ne condivide le modalità. Non nascondendo la delusione per il mancato cessate il fuoco. «Dobbiamo tornare a essere in grado di controllare il nostro territorio. Il Libano deve parlare con una sola arma: quella del governo e non quella di Hezbollah», ha dichiarato il premier libanese. Che poi ha lanciato un appello di aiuto: «Siamo sotto le bombe da due settimane. Il Paese è in ginocchio. La reazione di Israele è stata spropositata, come se Gerusalemme avesse in serbo da tempo un piano di attacco per il Libano. Il cessate il fuoco non può essere rimandato». Qualche esiguo risultato a Roma è stato raggiunto. Innanzitutto, un impegno per i cosiddetti "corridoi umanitari", accettati anche da Israele, «grazie ai quali sarà possibile portare soccorso alla popolazione». Inoltre, il proseguimento del lavoro per costituire «una forza internazionale sotto mandato Onu per garantire la sicurezza». Le difficoltà su questo punto, però, rimangono: l'invio di soldati nella fascia di sicurezza nel sud del Libano è stata accettata da Israele ma, finora, non da Hezbollah. E poi i soldati dovrebbero partire solo dopo l'inizio di una tregua del conflitto. D'Alema ha comunque garantito che, se questa missione si farà, i soldati italiani ne faranno parte. Gli Stati Uniti, intanto, chiedono anche a Siria e Iran di assumersi le loro responsabilità. «E' venuto il momento per tutti di compiere delle scelte», ha avvertito Rice. Delusione per il vertice viene espressa da Hezbollah. «A noi interessano solo il cessate il fuoco e i negoziati diretti allo scambio di prigionieri. Ogni altra proposta è inaccettabile», afferma un portavoce del movimento sciita. Per gli americani e per Israele, però, qualsiasi trattativa passa per il disarmo delle milizie del "partito di dio". GIANLUCA ROSELLI GLI STATI UNITI OTTENGONO CHE IL DOCUMENTO FINALE PARLI DI «TREGUA URGENTE» MA NON «IMMEDIATA». COSÌ DA LASCIARE TEMPO A OLMERT PER DEBELLARE LA MINACCIA DEL TERRORISMO INTEGRALISTA ISLAMICO DEL «PARTITO DI DIO». E AVERE UNA PACE PIÙ DURATURA Sorrisi e ipocrisie Va in scena la sagra del banale Nessuna condanna del terrorismo e banalità sulla pace, la conferenza sulla crisi libanese voluta da Prodi è stata uno spreco di tempo ::: segue dalla prima MATTIAS MAINIERO (...) con i kamikaze e i razzi, di chi non ha mai visto un giorno di pace e, andando avanti così, non lo vedrà mai. C'erano i Grandi e pure i piccoli della Terra al summit di Roma, ospiti di Prodi e D'Alema. C'erano il segretario di Stato statunitense Condoleezza Rice, il Primo ministro libanese Fuad Siniora, i ministri degli Esteri e i delegati di Canada, Giordania, Egitto, Russia, Francia, Cipro, Arabia Saudita, Gran Bretagna, Spagna, Turchia, Germania e Grecia. Non mancava, ovviamente, l'Unione Europea. Anche Paul Wolfowitz, presidente della Banca Mondiale, ha avuto la sua poltrona. Assente la Siria. Assente l'Iran. E Iran e Siria sono i due Paesi che riforniscono di armi Hezbollah. E Hezbollah, con i suoi attacchi, con il lancio dei razzi, con i rapimenti, con la sua ostinata volontà di violare qualsiasi accordo, è il primo e unico motivo della guerra oggi in corso in Libano. Hezbollah e l'incapacità di Beirut di mettere sotto controllo il Partito di Dio. Ma questo al vertice non lo ha detto nessuno. Hanno sorriso e nelle dichiarazioni ufficiali, nei comunicati che faranno testo, non hanno usato una sola espressione di condanna contro l'azione dei guerriglieri sciiti che sistematicamente attaccano i villaggi israeliani di frontiera. In tutto il mondo, tutto il mondo civile, i miliziani hezbollah hanno un nome noto e universalmente conosciuto: terroristi. La parola terrorismo, al vertice di Roma, non è mai risuonata. Assente, come l'Iran, come la Siria, come quella sorta di armata dell'integralismo islamico che Teheran sta raggruppando attorno alle sue mire espansionistiche, sostenendo gli hezbollah, minacciando Israele e il mondo occidentale, agitando lo spettro della bomba atomica. Hanno discusso di pace, ieri. E non hanno avuto il coraggio o la volontà politica o l'intelligenza o la semplice decenza di dire chi è che quotidianamente infrange la pace. Parole mancanti e parole vuote al vertice di Roma. Massimo D'Alema, sorridente padrone di casa un po' impacciato quando ha dovuto parlare in inglese, ha detto che l'Italia è impegnata concretamente per la pace e che Israele ha il diritto di difendersi ma con moderazione. E che significa di fendersi con moderazione? Schierare solo una parte del proprio esercito, magari quella armata non nel migliore dei modi? Usare esclusivamente pallottole di gomma e forse missili di carta? Difendersi ma non tanto? Esiste una scala, una gerarchia, una classifica degli atti difensivi? Cosa è lecito fare (e cosa non lo è) quando in gioco c'è la sopravvivenza stessa di un po Ariel Sharon si aggrava Spostato in terapia intensiva L'EX PREMIER IN COMA TEL AVIV L'ex primo ministro israeliano Ariel Sharon è stato traferito nel reparto di terapia intensiva dello Sheba Medical Center, alle porte di Tel Aviv. Lo hanno riferito fonti dell'ospedale, precisando che la terapia per Sharon è un drenaggio che durerà per i prossimi giorni. Sharon, ha detto il portavoce dello Sheba, sarà sottoposto a un filtraggio del sangue per eliminare l'eccesso di liquidi accumulati nel corpo; è inoltre sotto terapia antibiotica per combattere un'infezione batterica del sangue. Il portavoce dell'ospedale, Anat Golev, non ha voluto rispondere ad altre domande. Arik Sharon, le cui condizioni generali di salute sembravano in peggioramento tre giorni fa, è ricoverato all'ospedale Sheba dallo scorso maggio, dopo il trasferimento dalla clinica Hadassah di Gerusalemme in cui era stato curato da quando, il 4 gennaio scorso, è stato colpito da un'emorragia cerebrale ed è di conseguenza entrato in coma. C'è D'Alema, spariscono no global e black bloc Potenza della sinistra al governo: la Rice è a Roma ma i pacifisti non scendono in piazza a protestare di GIANLUIGI PARAGONE �?��?��?� Caro direttore, prova a immaginare cosa sarebbe successo se il tavolo della pace a Roma l'avesse organizzato il governo Berlusconi. Con Condoleeza Rice lì a un passo. Con il numero uno delle Nazioni Unite, Kofi Annan, a due metri di distanza. Con una questione spinosissima qual è quella dei rapporti tra Palestina e Israele in primissimo piano. Minimo minimo, avrebbero fatto il remake di Nerone e Roma sarebbe stata messa a ferro e fuoco. Poco male, potrebbe dirmi qualcuno. Il fatto è che non è successo un bel niente: non una scritta sul muro, non una parolaccia. Neanche l'urlo di un matto isolato. Chessò, uno striscione... Una fiaccolata... Una bandiera della pace... Niente di niente. A Genova cinque anni fa successe il finimondo: un morto, tafferugli, scontri, guerriglie urbana, processi su processi. A Roma zero. I no global non avevano niente da dire? Non avevano niente da protestare o lagnarsi contro le ingiustizie nel mondo? Stavolta, non avevano niente da rinfacciare alla signora Rice o, per interposta persona, al Signore del Male, George Bush? Evidentemente no, eppure oggi i focolai di guerra sono maggiori che nel 2001. DOPO LE ELEZIONI Allora, cosa è successo nel frattempo per acchetare ogni protesta? Semplice, che Berlusconi ha perso le elezioni, che il centrosinistra invece le ha vinte, che Bertinotti è presidente della Camera, che i pacifisti se la cantano e se la suonano e fanno i pesci in barile menandocela con una obiezione di coscienza ridicola per quanto ipocrita. «Se metteranno la fiducia allora saremo costretti a votare il rifinanziamento delle missioni militari». Miracolo: l'antiberlusconismo fa più del pacifismo. La pace nel mondo è sì un valore morale alto ma un po' meno che avere il centrodestra al governo. Com'è caduta in basso la sinistra... I no global (Caruso è il caposquadra) ormai siedono in parlamento, i pacifisti senza se e senza ma (Agnoletto) fanno gli eurodeputati, gli ex terroristi (D'Elia) ricoprono importanti incarichi e i capi dei centri sociali (Farina) fanno i vice presidenti della commissione Giustizia. Dalle barricate di Genova sono passati ai più comodi scranni di Camera e Senato. Dove tra un po' esordirà la signora Heidi Giuliani, mamma di quel Carlo, prossimo santo nel calendario del governo Prodi; sempre che al sindaco di Genova non salti in mente di titolargli quella che oggi è piazza Alimonda, luogo della tragedia. Per chi non se lo ricordasse Carlo Giuliani era (dio l'abbia in gloria) quel ragazzo con un passamontagna a coprire il volto e con un estintore in mano pronto a scaraventarlo sulla faccia dei carabinieri dentro la camionetta. Disgrazia (per lui) ha voluto che il militare più vicino a Giuliani, Mario Placanica, si sia difeso legittimamente sparando con la pistola d'ordinanza, uccidendolo. Inutile ricordare che, se Carlo Giuliani si fosse limitato a manifestare il proprio dissenso in un corteo senza tentare un'aggressione contro i carabinieri, oggi sarebbe vivo. Invece ci ha lasciato le penne ed è un martire della sinistra; una vittima delle barbarie fascista e dei soprusi della polizia. Una vittima, come tutti quei balordi che hanno sfasciato le vetrine dei negozi di Genova, che hanno incendiato macchine, che hanno caricato le forze dell'ordine, che hanno imprigionato una città intera. Ai romani, invece, è andata anche stavolta di lusso, perché la sinistra non ha sguinzagliato i suoi no global, i suoi dissidenti, i suoi black bloc. A Genova serviva far casino. L'imperativo era far fare una figura di merda internazionale al governo Berlusconi, metterlo alla berlina, sputtanare i capi della polizia. Noi contro loro. I buoni contro i cattivi, dove i comunisti (guarda un po'...) sono le anime belle e i cattivi sono la polizia fascista. E chissenefrega se poi loro, i buoni, telecomandavano fior fiore di teppisti con tanto di mazze da baseball in mano. Secondo voi con chi stavano nel luglio del 2001 il contestatore Francesco Caruso, oggi parlamentare, e il suo collega Daniele Farina? E dove mettete la comprensione dei Verdi, dei Comunisti italiani o dei rifondaroli, dei parlamentari massimalisti, trotzkisti, antiimperialisti? Non siamo lontani dal famoso "Compagni che sbagliano". Come cambiano le prospettive: prima erano tutti contro i potenti della terra e a favore dei piccoli senza voce; oggi al potere ci sono loro, sono loro che ora fanno da paggetti agli stessi governanti americani, che si inchinano a Condy, sono loro che fanno parte dell'odiatissimo G8. Tutti, anche i comunisti di ogni segreteria. Che per sciacquarsi la faccia e mettersi a posto la coscienza tirano fuori la storia di Genova e di Carlo Giuliani che così rischia di diventare la madonna del rosario da portare in processione. "Quale Verità per piazza Alimonda" è il titolo di un dvd che il quotidiano di Rifondazione Comunista, Liberazione, manda in edicola per non dimenticare. Verità è scritta con la maiuscola, perché i fatti finora consegnati alla storia sono bugiardi. Come sempre, la Verità ce l'hanno loro e la arricchiscono con filmati e fotografie inediti, con il racconto del papà Giuliano e con le canzoni (chissà perché a sinistra deve sempre finire a canzonetta...) di Piero Alloiso e Alessio Lega dedicate a Carlo. La verità ce l'hanno quelli di Blob, la trasmissione di Raitre che spesso utilizza il corpo di Giuliani a terra come tessera del collage televisivo. Ce l'hanno quelli del Manifesto nella cui collana saggistica c'è un libro con videocassetta dal titolo "Carlo Giuliani Ragazzo". E ce l'hanno i tanti che hanno voluto fare i cronisti a senso unico, perché le immagini non dicono la verità, perché dietro la morte di quel ragazzo con volto coperto e estintore in mano non può che esserci la mano dei soliti servizi segreti. IL SINDACATO STANCO Peccato che ormai controllano anche quelli. Come controllano il sindacato che dopo aver scioperato con prestazioni da record ora ha bisogno di riposo. Tanto, che problemi ci sono? Tutto va bene, madama la marchesa. I ragazzi hanno tutti un lavoro a tempo indeterminato, i contratti saranno tutti rinnovati con le massime garanzie e con più soldi in busta paga, il dpef è una manna calata dal cielo, le pensioni non si toccano. Le guerre sono meno guerre, l'economia tira, il debito del terzo mondo non è poi così un problema, la fame nel mondo poco alla volta si sistema anche quella e anche le disuguaglianze della globalizzazione non sono così drammatiche. Come diceva quel tipo: il possibile lo garantiamo, l'impossibile lo facciamo, per i miracoli ci stiamo attrezzando... SOTTO LA STELLA DI DAVID Tecnici dell'esercito israeliano caricano missili sotto le ali di un F-16 in partenza dalla base di RamatDavid per una missione nel sud del Libano AP My Speed Limit ??? 400 Km/h |