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Nick: mir
Oggetto: fedeltànta
Data: 1/9/2006 23.28.57
Visite: 117

Il bar è brutto.
Ha il bancone nero lucido di un materiale freddo che potrebbe essere metallo o marmo. O un metallo che si atteggia a marmo.
Le luci sono neon viola e rossi che sfigurano i volti in espressioni losche e tristi.
Nelle intenzioni di qualcuno il tutto doveva dare un tono cool e di tendenza. A me sembra solo un bar brutto.
Sono su uno sgabello alto, appoggiato al bancone nero e vedo la mia faccia che si riflette.
Gli occhi semichiusi e la bocca ha gli angoli irrimediabilmente puntati verso il basso.
Il mojito verdeggia nel bicchiere intorno alla doppia cannuccia.
Un tizio su un divanetto mette la mano sotto la gonna di una che mi sembra avere sedici anni. Al massimo.
Un altro, al bancone ma più in là, bestemmia come se pregasse. Ha le mani giunte e guarda verso l'alto ma nei suoi monologhi santi e madonne non fanno proprio una bella fine.
Il barista è un ragazzo fashion.
I capelli sono tutti dritti sulla testa e luccicano di gel. La maglietta rosa parla di baci e abbracci e si apre su petto depilato di recente. I pantaloni rotti nei punti giusti.
Sulla faccia ha una screpolatura da lampada frettolosa.
Sorride come se la vita lo stesse aspettando a fine turno. Forse è così.
La porta del bar si apre ed entra lei.
Occhiali, camicia bianca stretta sul seno e gonna al ginocchio.
Sembra uscita da una brutta pubblicità che parla di segretarie e capi concupiscenti.
Si siede allo sgabello vicino al mio. Si toglie gli occhiali e li poggia sul bancone.
Ordina una doppia vodka liscia che manda giù come e meglio di un muratore ucraino.
Tira un profondo respiro e la camicia si tende sul grande seno.
Indica il mio bicchiere e ordina lo stesso al barista.
Il barista fashion è contento perchè può dare saggio della sua bravura.
Mi guarda e mi valuta per qualche secondo.
Se fossi un venditore direi che sono un saldo di fine stagione e che potrei darmi via per molto poco.
Mi dice solo: "Ti va?"
Solo quattro lettere che ci mettono un tempo infinito a percorrere il tragitto dalle sue labbra alle mie orecchie e a essere elaborate dal mio cervello intorpidito.
Sono stanco e gnucco, la vita va così così e domani non sarà meglio.
Lei ha le curve giuste, delle belle labbra, degli occhi stanchi ma fiammeggianti ed è disponibile.
Le dico: "Non posso".
Lei: "Non sai quello che ti perdi"
Io: "Lo so, invece"
Pago, mi alzo ed esco.
Lì fuori l'aria è fresca e da qualche parte c'è qualcuno che spesso pronuncia il mio nome con tenerezza.
Concorso Letterario "Le parole del desiderio"
http://www.librando.net/dblog /



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fedeltànta   1/9/2006 23.28.57 (116 visite)   mir

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