Nick: belluccio Oggetto: re:sono tornato Data: 22/2/2004 16.41.8 Visite: 73
Antonio Bonocore è il portiere di un grande condominio romano perennemente alle prese con una serie di problemi e contrarietà: stipendio mediocre, futuro incerto, problemi con gli inquilini. Come se non bastasse viene anche tentato dall'amministratore (il perfido Casoria) a mettersi in società per peculare sul carbone. L'onesto Bonocore rifiuta, mettendosi in una situazione di prossimo licenziamento. Un vecchio inquilino del condominio, ex dipendente del "Policlinico dello Stato" (Poligrafico dello Stato), prima di morire chiama al capezzale il portiere e gli confessa un peccato di gioventù: il trafugamento di un clichè autentico della Zecca, con annesso rotolone di carta filigranata originale, ovvero tutto l'occorrente per fabbricare perfette banconote da diecimila lire. Il moribondo non ha mai avuto il coraggio di servirsene e desidera che Bonocore distrugga tutto. Questi, invece, dopo molti tremori e dubbi morali, non solo conserva la valigia ma tenta anche goffamente di stampare dei biglietti in proprio. Resosi conto di aver bisogno di un tipografo e di un esperto di colori, tira dalla sua parte due poveracci perennemente in bolletta come lui, il tipografo Lo Turzo (hem... Lo Turco) e il pittore (d'insegne) Cardoni. I tre si mettono all'opera e riescono a stampare un bel gruzzolo di banconote sostanzialmente buone: clichè originale, carta filigranata originale, tonalità dei colori identica, delle vere banconote da "Succursale della Zecca dello Stato". Dopo il tormentato spaccio della prima banconota si procede alla spartizione del bottino ed allo scioglimento della società. Lo Trucco (hem... Lo Turco) va in giro con le nuovissime e costosissime scarpe con lo "scrocchio", Cardoni indossa un lussuoso cappotto, solo Bonocore non riesce a spendere un solo deca; anche perchè è appena arrivato il figlio finanziere, trasferito in città proprio per dare la caccia ad un'abile banda di falsari. Dopo una serie di equivoci il nostro terzetto, convinto che il cerchio gli si stia stringendo intorno, decide di disfarsi dell'attrezzatura. Bonocore decide addirittura di sacrificarsi facendosi arrestare dal figlio per procurargli almeno un avanzamento di carriera, aiutando anche il ventilato matrimonio tra detto figlio e la figlia di Lo Tripoli (hemm... Lo Turco). Colpo di scena finale: i veri falsari erano altri e vengono arrestati (anche grazie all'elogiato aiuto del figlio del portiere), mentre i tre apprendisti falsari (che in realtà non avevano mai spacciato una banconota: per vera onestà o per timore di essere smascherati?), si avviano allegramente a distruggere clichè e banconote false. Beffa finale, nell'euforia Bonocore lancia nel falò anche lo stipendio appena ritirato. Questa, sommariamente, la trama del primo grande film della coppia Totò/Peppino. Dopo le prove generali di Totò e le donne e Una di quelle, la portentosa coppia è perfettamente affiatata, sembra aver recitato assieme da una vita. I due possono tranquillamente rivaleggiare con gli americani (in realtà il primo era inglese) Stan Laurel e Oliver Hardy o, se preferite, Stanlio e Ollio. Totò ricalca il ruolo, i lineamenti, la gestualità di Stanlio; Peppino, per gli stessi motivi è Ollio. La differenza tra le due coppie è che la coppia americana è più infantile, più naif, la coppia italiana è più sardonica e sottilmente crudele. Serve dirlo che preferisco quest'ultima? Il terzo elemento della banda è il bigotto Cardoni, interpretato in modo magistrale da un perfetto Giacomo Furia, anch'egli evidentemente ispiratosi ai comici americani del periodo d'oro, in particolar modo a Henry Langdon e Fatty Arbuckle. Come in Miseria e Nobiltà la trave portante del film è la fame, che in questo caso oltre che fisica diventa anche morale, ovvero desiderio di rivalersi sulla società, di uscire dalla miseria. Durante tutto il film si ha l'impressione di avvertire l'odore (o puzza) dei cavoletti e dei broccoletti, pasto obbligato della famiglia Lo Crucco (hemm... Lo Turco) e marchio di fabbrica nell'immaginario collettivo della miseria. Si pensi a tal proposito al già citato fumetto Alan Ford (v. Guardie e ladri), di specchiata discendenza totoesca, in cui i cavoli sono l'unico elemento edibile nella dieta dello scalcagnato "Gruppo TNT". Altra trave portante è la morale. Tutti i componenti della banda vorrebbero produrre soldi restando moralmente illibati, o almeno moralmente giustificati: - Cardoni: "Noi facciamo peccato... Peccato mortale!" - Lo Turco: "E facciamolo. Se si deve fare..." - Cardoni: "Io ci ho solo la mamma" - Bonocore: "E ricominciamo con la mamma! Cardoni mio, qui tutti abbiamo una mamma..." Ma ancora più illuminante è il seguente dialogo: - Bonocore: Allora ragazzi, siamo d'accordo? - Cardoni: E va bene, siamo d'accordo. - Lo Turco: Siamo d'accordo. - Bonocore: Aha! siete d'accordo! - Lo Turco: Siamo d'accordo! - Bonocore (rassegnato): Siamo d'accordo. Occorrerà mettere a tacere la morale in tante occasioni: Bonocore e Cardoni cercano di eliminare il cane possibile testimone scomodo; Turchetti (hemm... Lo Turco), per giustificare le sue uscite notturne, fa credere ai due figli (emeriti cretini) di lavorare per un un gruppo politico rivoluzionario: "La pattuglia dell'audacia" ecc. Ultimo elemento fondamentale del film è la morte. L'avventura comincia con la morte dell'impiegato della zecca; la moglie di Lo Crucco (sempre Lo Turco) è morta; il cane del portiere deve morire; la barba finta alla Landrù (grande portatore di morte) indossata dal tipografo è fatta (a detta di Bonocore) con i peli dei condannati a morte. In definitiva è lecito pensare che sia morto il sociale, "non si usano più i biglietti di visita" dice Lo Turco (visto? questa volta l'ho scritto bene) al portiere; così come è morta la fiducia, l'onestà, il senso della vita. La tazzina di caffè del ragionier Casoria sarà sempre più piena di zucchero; in quella dei protagonisti di questa storia ce ne sarà sempre meno (e si ritorna al punto 1: la fame).
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