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Nick: Mr_LiVi0
Oggetto: Dossier Telecom
Data: 14/9/2006 15.32.55
Visite: 151

Si parla tanto di Telecom italia... qui ci sono degli articoli interessanti che potranno schiarirvi le idee.

Cmq il mio pensiero è che telecom è una grande azienda e che tronchetti provera all'estero, a differenza di prodi, goda di una credibilità finanziara notevole. L'imprenditore se vende significa che non riesce a mantenere la propria azienda, ma quest'azienda è di tronchetti provera??? leggete e capirete qualcosa.

Fonti corriere e Libero.

L'informazione adesso è reappresentata da i pentiti di via solferino e i critici di feltri...

TELECOMunisti di VITTORIO FELTRI
Perché Prodi è furioso contro Tronchetti. Con i telefonini vuole arrivare al Corriere
Il nostro caro amico Oscar Giannino ne sa una più del diavolo, quindi due più di Tronchetti Provera e ha già provveduto a informare i lettori sul perché e sul percome delle ultime vicende Telecom e Tim. A me non resta che aggiungere alcune considerazioni. Il capitalismo italiano fa pena e rabbia. C'è gente che non ha un euro in tasca eppure si lancia in operazioni stramiliardarie con il soccorso delle banche. Le banche sganciano montagne di denaro e le attività acquisite in pratica di chi sono? Del capitalista squattrinato o delle banche? Anche un ebete sa rispondere. A un dato momento chi ha imprestato vuole rientrare (almeno in parte) e stringe il nodo della cravatta al collo dell'indebitato. Questi dove va a prendere le palanche? Poveraccio, non sa a che santo votarsi e si vota alle stesse banche: ditemi, come posso liquidarvi? I cervelloni del credito (conosciamo i nostri polli) sorridono: ecco il piano studiato su misura per te. Hai due società, accorpale. Fai un'opa, sommi e moltiplichi, e infili le mani nel cassetto dei contanti. Li afferri e li dai a noi così continueremo a essere amici. Ok, ubbidisco. Trascorrono sei mesi e i cervelloni del credito si rifanno vivi. Toc toc. Chi è? Siamo noi, i cervelloni. Ancora. Che volete? Vogliamo i nostri dobloni. Li hai o no? No che non li ho. Ti aiutiamo a trovarli. Scorpora. Come scorpora, ho appena accorpato? Appunto. Scorpora e vendi. Incameri una montagna di contante, ce la giri e sistemiamo i conti. Solo un po', ma per ora è sufficiente. Capito l'antifona? Un capitalismo straccione. Ce ne fosse uno di questi ricconi, veri o finti, capace di inventare qualcosa, un prodotto, un oggetto che sfondi sui mercati mondiali. Nulla. Neanche un pentolino. Un aspirapolvere. Tutti che si buttano sui servizi, sulla finanza nella speranza di accumulare in fretta grandi patrimoni col minimo rischio. L'ingegneria finanziaria è materia complessa in cui molti smarriscono la sinderesi e il portafogli; pochi fortunati e bravi volano in paradiso. Ignoro se il saldo sia positivo o negativo. Di sicuro è negativo per il cittadino, il risparmiatore. Il quale, mi domando, quanto ci smenerà, con la (ri)separazione Telecom- Tim? Se ci rimetterà, è evidente che qualcun altro ci avrà guadagnato. Non è mai capitato il contrario. Mentre si cerca di indovinare quale sarà la soluzione del caso Telecom-Tim la mente corre lontano ma col passo del gambero, all'indietro. È lecito chiedere come si è sviluppata la storia Parmalat, bilanci falsi, documenti falsi, dichiarazioni false, conti falsi, buchi mondiali? Sono stati rimborsati i bidonati? Non mi pare. Sono stati processati i furboni dei capannoni? Forse. Sono stati condannati? Figuriamoci. Che vogliamo dire di Cirio? Non se ne sa nulla. Se provi a informarti, chi dovrebbe darti qualche dritta ti guarda dall'alto in basso come fossi un alieno. Chissà che fine ha fatto la legge a tutela del risparmio e dei risparmiatori. È in vigore o no? Solita solfa. Scoppia uno scandalo, monta l'indignazione, chiacchiere e dibattiti, poi si smoscia tutto. Nessuno paga, nessuno risponde, non si chiarisce mai. Ricordate i Bot argentini e la legnata che ne conseguì per il parco buoi? È calato il silenzio sulla responsabilità, quantomeno sulla leggerezza delle banche che avevano scatenato i loro dipendenti (sportellisti compresi) nella vendita di prodotti finanziari scaduti e marcescenti, ed evitarono di scusarsi con la clientela fregata. Su alcuni giornali nella cui proprietà non sono estranei istituti di credito, comparvero dotti articoli nei quali si criticava l'avidità di certi risparmiatori che, pur di arraffare, affrontavano speculazioni finanziarie con lo stesso spirito del giocatore d'azzardo, salvo piangere sul latte versato. Con i progressisti al governo la situazione è peggiorata. Oggi c'è la grana Telecom e c'è la grana Autostrade. Da notare che le due società furono privatizzate proprio dalla sinistra, che non mancò di arrogarsi meriti francamente inesistenti, dati i risultati. Le contraddizioni della politica prodiana sono sotto gli occhi di tutti. Il premier sostiene di non essere stato informato da Tronchetti Provera circa le ultime mosse aziendali, ed è fortemente irritato perché l'impresa è a partecipazione statale. Dubitiamo che il Professore non si sia incontrato con l'imprenditore. In ogni caso Telecom ha un padrone, è quotata in Borsa e in un sistema di libero mercato non si comprende per quale motivo il governo dovrebbe mettere il becco nella gestione. D'altronde la stessa Ue ha fatto intendere di non gradire intrecci fra pubblico e privato. E allora? Occorre dire: non si possono liberalizzare i tassi, le farmacie e robetta simile e mantenere il tallone statale sui telefoni fissi e su quelli mobili a suo tempo privatizzati. Ma che modi sono questi, presidente Prodi? L'Italia ha un capitalismo genuflesso, come abbiamo dimostrato, che dipende troppo dalle banche le quali peraltro sono spesso controllate dai clienti delle medesime. Se l'esecutivo si intromette a complicare le cose, addio. La politica faccia le norme e le faccia rispettare, soprattutto. I capitalisti pensino ai loro affari possibilmente nei limiti della decenza. Che invece viene di continuo calpestata. L'anomalia è evidente. Tronchetti Provera è azionista del Corriere della Sera. Banca Intesa è azionista del Corriere. Capitalia, idem. Mediobanca, idem. Gemina, idem. Fiat, idem. Ligresti, idem. Della Valle, idem. Che pasticcio è? Secondo voi, tutti questi soggetti (banche e sbancati) stanno nel giornalone perché credono nel business dell'editoria o non piuttosto perché, possedendo la fabbrica del consenso più potente del Paese, godono di una particolare attenzione? Non ditemi che Prodi è l'unico a non conoscere il giochino. Semmai si agita perché ha un timore, e cioè che il Corrierone si sposi con la telefonia e fondi una macchina da guerra nel campo della comunicazione difficile da manovrare dall'esterno. Ecco perché Romano desidera ficcarci uno zampino o uno zampone.

L'ira di Prodi: caro Marco, mi avevi raccontato che ti univi a Sky
PALAZZO CHIGI ACCUSA IL NUMERO UNO DI PIRELLI: CI HAI MENTITO. IL VICEPREMIER D'ALEMA CHIEDE CHIAREZZA SUBITO. SVELATA LA TRATTATIVA SEGRETA PER FAR ENTRARE MURDOCH IN TELECOM
MILANO Rivelazioni e colpi sotto la cintura. L'operazione Telecom continua a tenere banco e il clima fra il premier, Romano Prodi e Marco Tronchetti Provera, presidente del gruppo telefonico, si fa incandescente. Mentre il presidente del Consiglio si trova in Cina, infatti, una nota di Palazzo Chigi rende noto il contenuto dei due colloqui intercorsi tra Prodi e Tronchetti in data 19 luglio e 2 settembre. Un gesto improvviso e inaspettato che a caldo è stato interpretato come uno schiaffo in piena regola. La domanda è: perché Palazzo Chigi ha ritenuto indispensabile rivelare fin nei dettagli il contenuto degli incontri fra Prodi e Tronchetti? GOVERNO FURIOSO La risposta potrebbe trovarsi tra le pagine del Sole24Ore di ieri dove, a partire da un editoriale in prima pagina, si alludeva al fatto che il premier era stato regolarmente tenuto al corrente dell'operazione di scorporo di Tim e della rete fissa. Una logica da botta e risposta: tu dici (e fai sapere) che mi avevi informato e allora io dimostro il contrario. Insomma accuse incrociate di essere un bel bugiardo. E a rendere ancora più incandescente il confronto contribuisce pure il vicepremier Massimo D'Alema che dalla festa dell'Unità di Pesaro ha tuonato contro «chi ha la responsabilità di dirigere l'azienda». Chiedendo «che si faccia chiarezza nelle prossime ore». Ma è da Roma che arriva l'affondo più pesante. Con una decisione senza precedenti Palazzo Chigi decide di rivelare il contenuto dei colloqui con Tronchetti. Quello del 19 luglio a Palazzo Chigi e quello del 2 settembre a Villa d'Este, durante l'annuale seminario organizzato da Alfredo Ambrosetti. Prodi spiega che, in entrambe le occasioni il presidente di Telecom gli aveva rappresentato uno scenario ben lontano da quello che poi si è verificato. Il capo di Telecom gli aveva parlato di una trattativa con Rupert Murdoch, proprietario di Sky. L'accordo puntava ad una fusione tra la tv satellitare e Telecom. Così Murdoch sarebbe diventato grande azionista del gruppo telefonico anche se il controllo sarebbe rimasto in mani italiane. È appena il caso di notare che questo piano è apparso per tutta l'estate sui giornali. Tronchetti lo ha sempre smentito. Ma soprattutto lo ha negato alla Consob provocando una asimmetria informativa che ha danneggiato il mercato. Per qualcosa di molto simile Fiorani e gli altri «furbetti» sono andati in galera e hanno perso la battaglia per le banche. Sarà ora interessante conoscere le decisioni della Consob. È evidente che il presidente del Consiglio e altri personaggi del mondo politico (per sua stessa ammissione, il segretario Ds Piero Fassino) erano a conoscenza di notizie ignote al mercato e smentite all'autorità di controllo. L'INCONTRO DI VILLA D'ESTE Il finale di partita il 2 settembre durante il seminario di Villa d'Este. Tronchetti e Prodi si appartano. L'industriale illustra gli ultimi dettagli. Dice che la cosa è ormai fatta e, comunque, ha in mano altre offerte da parte di gruppi americani: Time (cui fa capo la mitica Cnn) e General Electric (proprietaria del network Nbc) In queste condizioni, secondo il racconto di Prodi, Tronchetti si dice certo di poter costringere Murdoch all'accordo. In realtà le cose vanno diversamente. L'incontro che si svolge il 7 settembre al largo di Zante fra Tronchetti e Murdoch si risolve in un fallimento. Il vecchio magnate australiano non molla: non vuole investirà in un gruppo come Telecom appesantito da 41 miliardi di debiti. Che lo facciano gli americani se vogliono. Murdoch è assistito come consulente da Claudio Costamagna, il banchiere d'affari preferito da Prodi. Su questo dettaglio il racconto di Palazzo Chigi tace. Come mai Murdoch sceglie Costamagna come collaboratore? E soprattutto il banchiere tornando in Italia non telefona a Palazzo Chigi? Impossibile rispondere. Resta il fatto che, stando al racconto, il capo del governo ignorava le decisioni prese venerdì dal consiglio Telecom. LA UE E DI PIETRO Ora che cosa succede? Qualcuno parla della possibilità che il governo faccia funzionare la golden share. Vale a dire il diritto di veto che consente allo Stato di bloccare le operazioni giudicate contrarie all'interesse nazionale. Difficile, però, che si arrivi a tanto. Anche perchè da Bruxelles fanno sapere che impugneranno qualunque tentativo dell'Italia di far funzionare il diritto di veto. Così non resta che la posizione estrema espressa da Di Pietro: togliere la concessione a Telecom e mandare a casa Tronchetti. Peccato che la concessione non c'è più dal 1999. N.SUN.

I giochi di potere continuano di DAVIDE GIACALONE
Vedo che c'è un sacco di gente che abbocca, o finge di abboccare, all'amo lanciato da chi controlla Telecom Italia, agitando così le acque del laghetto politico, colmo di chiacchiere e d'ipocrisia. Spettacolo un filino patetico. Una premessa: quello che succede oggi è la logica e naturale conseguenza di quel che denunciamo già da anni, non sostenibilità finanziaria, camarille di poteri, dissennata e sospetta distruzione di ricchezza all'estero compresi (e compresi i contatti con Parmalat e Cirio). Chi è stato zitto ieri, chi ha fatto finta di non leggere quello che scrivevo, chi è annegato nei soldi della pubblicità, chi s'è riscaldato vicino a quello che credeva il potere, chi ha favorito attivamente le scalate condotte da cordate a dir poco opache, facciano tutti la cortesia di non vestire il lutto degli offesi interessi nazionali. Sono loro, che li hanno offesi. E veniamo all'oggi. Tronchetti Provera è ammirevole. La sua partita è persa, l'avventura in Telecom ha dimostrato l'incapacità di governare il rischio finanziario, sommatasi all'assenza di visione strategica. Ma non molla, anzi, rilancia. Dato che gli hanno consentito di tutto, a cominciare dal considerare sua un'azienda che difendeva grazie ai debiti e senza neanche la minima decenza di obbligarlo a consolidarli, oggi dice: quel che è mio posso anche venderlo. Prendo Tim e la cedo a chi mi da più soldi, anche all'estero. Prendo la rete fissa e la sventolo sotto il naso di una sinistra che ragiona solo d'aziende pubbliche, quindi che preparino i soldi dello Stato. Prendo le televisioni e le porto dall'editore che ancora mi copre. Intanto rintontonisco i polli cianciando di media company, che, semmai, la fa Murdoch. Adesso che vi ho detto cosa posso fare, cominciate tutti ad avere paura, a dire che non ne sapevate niente, a dirvi esterrefatti (quando vi siete esterovenduti), e dopo questo bel bau bau cercate di farvi venire qualche bella idea, perché non ho nessuna intenzione di essere l'unico ad affondare con i debiti. Spettacolare. E mentre i pascetti battono la coda, a nessuno che venga in mente il più elementare degli interessi nazionali: il rispetto del diritto, la trasparenza del mercato, autorità di controllo dove non siedano avanzi di politica. Non torna alla mente, perché non c'è mai stato. (www.davidegiacalone.it)

Telecom si è fumata 120 miliardi di GIULIANO ZULIN
In sei anni il titolo ha perso il 75%: un crollo che ha penalizzato soprattutto i risparmiatori
MILANO Centoventi miliardi di euro. Duecentotrenta mila miliardi di vecchie lire. Quattro Finanziarie. Sono i soldi bruciati da Telecom in sei anni. Quattordici marzo 2001: il titolo della società telefonica vale 9,3 euro. Ieri a Piazza Affari chiude a quota 2,27: -75 per cento. Che tonfo da quel picco toccato in piena bolla da new economy. All'epica i multipli delle società erano fuori controllo e la Borsa sembrava il paese dei balocchi. Bastava che un'azione avesse a che fare con il mondo delle telecomunicazioni ed era automatico il guadagno. Poi arrivò la bolla. E le Torri Gemelle. Le Borse entrarono in crisi. I prezzi dei titoli legati alle tlc crollarono. E migliaia di risparmiatori rimasero con il cerino in mano: con titoli ultra-svalutati. Come appunto Telecom. La società ha cambiato padroni, i manager hanno orchestrato fusioni su fusioni, ma il cosiddetto "parco buoi" è ancora lì che spera di rivedere certi prezzi. Tanti hanno invece venduto, portando a casa vagonate di plusvalenze. Di perdite. Ora Marco Tronchetti Provera ha deciso l'ennesima rivoluzione societaria. Darà vita a tre società: una media company, una scatola con dentro la rete telefonica e Tim. Dall'operazione mister Pirelli spera di valorizzare gli asset, le proprietà: in sostanza è l'ultima spiaggia per pagare gli oltre 40 miliardi di debiti che gravano sull'ex monopolista pubblico. Una gigantesca somma nata con la madre di tutte le Opa, quella lanciata dalla cordata Colaninno-Gnutti. I guru della razza padana, attraverso Olivetti, misero sul piatto 100mila miliardi di lire per il 23% di Telecom. Tutti soldi presi a debito e scaricati in Tecnost, una scatola creata ad hoc: controllata dalla stessa Olivetti e controllante di Telecom. La quale aveva il 55% di Tim. Colaninno decise poi di fondere Tecnost con Olivetti, così il maxi-debito finì nella pancia dello storico gruppo di Ivrea. Nell'estate del 2001 arriva Tronchetti che, con Benetton e due banche, rileva il 23% di Telecom. Sembra la svolta. Ma il titolo non si muove. Anzi perde: scende da 3 euro, dopo il tonfo post-bolla, agli attuali 2,2. Cinque anni di lievi ribassi. Mai una ripartenza. E dire che mister Pirelli le ha provate tutte: ha venduto gran parte di Seat Pagine Gialle, tenendosi solo La7 e Mtv, ha fatto confluire Olivetti (debiti) in Telecom. Ha inglobato anche Tim, ricca di cassa. Niente. Piano piano gli investitori hanno levato le tende. AZIONISTI DELUSI «Purtroppo, nel '97, la società non è rimasta una public company come era nelle intenzioni del governo Prodi», commenta Patrizio Pazzaglia di Bank Insinger de Beaufort: «La politica ha lasciato il gruppo alla mercè delle scalate a debito: hanno puntato a fare cassa invece di lavorare a un assetto azionario stabile della compagnia». «Così non essendoci un socio forte con cassa - aggiunge Pazzaglia - l'unico obiettivo delle varie proprietà è stato rincorrere la riduzione del "rosso". Va anche detto che Tronchetti ha operato nel periodo più difficile delle tlc tra liberalizzazione, concorrenza sempre più agguerrita e tagli delle tariffe». Ma l'azionista, adesso cosa deve aspettarsi? «Credo che il periodo buio non sia ancora finito. Mi spiego meglio: senza i flussi di cassa garantiti dalla telefonia mobile - sottolinea il gestore - il titolo sarà molto più volatile». Ma che fine farà Tim? La riportano sul mercato? «Gli ex azionisti del gestore telefonico sono molto delusi: prima potevano contare su cospicui dividendi e un buon valore in Borsa. Ora invece devono fare i conti con il super-debito Telecom. Certamente prima di tornare a Piazza Affari Tronchetti dovrà riconquistare la fiducia degli investitori. Non c'è dubbio: il management ha perso credibilità. Non si può puntare sulla convergenza fisso-mobile e dopo soltanto un anno fare marcia indietro». Anche ieri Telecom ha lasciato sul terreno quasi un punto percentuale, ma «se dovesse risalire noi le vendiamo», fa sapere Giulio Baresani Varini di Novagest: «All'estero i commenti sull'operazione sono molto più negativi di quelli che ho letto in Italia». Che dire: «Se non avesse avuto una quota importante di Telecom - conclude Baresani Varini - avrebbero dovuto cacciarlo». APPESO ALLA CORNETTA Per gli azionisti resta solo una speranza: Tim. Se Tronchetti riuscirà a venderla a certi prezzi (circa 40 miliardi), il riassetto potrebbe non avere un impatto negativo in termini finanziari. Lo scenario in cui opera il gestore telefonico ricordano alcuni analisti - sta però progressivamente peggiorando. Sui cellulari mister Telecom si gioca tutto. E con lui il "parco buoi".

Il sindacato conferma lo sciopero Stop di 24 ore entro settembre
TIMORI PER LO "SPEZZATINO" «Ci sarà uno sciopero subito, entro fine mese. Useremo il primo giorno utile»: a far suonare i tamburi di guerra per la scissione Telecom-Tim è Emilio Miceli, segretario generale della Slc Cgil al termine dell'incontro tra i vertici Telecom e i rappresentanti sindacali. «Il management non ci ha detto quello che ci aspettavamo», ha aggiunto Miceli: «Dicono che si tratta di una banale operazione societaria. Siccome è troppo banale significa che vogliono vendere Tim». A decidere tempi e modi della protesta saranno i direttivi unitari dei sin dacati, convocati per il 19 settembre. In quell'occasione sarà decisa non solo la data dello sciopero di 24 ore, comunque da attuarsi entro fine mese, ma anche una manifestazione nazionale che si terrà con ogni probabilità a Milano. «Profondamente insoddisfatta e preoccupata» anche la UilCom-Uil. «Non sono state fornite certezze sulla futura integrità del gruppo, né garanzie sulla tenuta occupazionale e professionale dei lavoratori», dice Bruno Di Cola, se gretario generale della categoria.

Il governo non blocchi l'operazione per motivi ideologici di BRUNO VILLOIS
Il sistema delle telecomunicazioni è alla ricerca di nuovi asset ad alta redditività tali da poter compensare la montagna di debiti che si sono essenzialmente costituiti negli anni d'oro delle quotazioni borsistiche. Erano i tempi in cui tutti i players quotavano multipli stratosferici e vigeva la regola dell'acquisizione a qualunque costo e prezzo. Quella stagione è finita e adesso i conti si fanno con gli irrinunciabili investimenti tecnologici e con il costo del denaro che grava sulle montagne di indebitamenti e obbliga le imprese a pagare dividendi faraonici ma insostenibili con il business attuale. Alla luce di queste considerazioni bene ha fatto Tronchetti Provera a ridisegnare l'assetto giuridico e quindi industriale di Telecom Italia, gruppo peraltro meno indebitato dei concorrenti esteri che però vivono ancora tutti sotto il controllo dello Stato. Generare liquidità attraverso la cessione della telefonia mobile costituisce un condivisibile approccio per la salvezza del gruppo con la prospettiva di creare valore attraverso alleanze sui contenuti per poter rispondere a una domanda che da sola Telecom può soddisfare solo parzialmente. Vi è anche il dubbio che Tim finisca in mani non italiane, perplessità di cui bisogna tener conto senza fasciarsi la testa prima di essersela rotta. Il dossier Tim finirà sicuramente su molti tavoli e vista la redditività che produce dovrebbe trovare non pochi pretendenti, tra questi Fininvest, singolarmente o in cordata. Un'azienda italiana che ha solo il difetto di essere posseduta dall'ex premier e attuale capo dell'opposizione. Se un'offerta di mercato dovesse giungere dal gruppo del Biscione, sarà interessante vedere la reazione di governo, maggioranza e finanza loro amica. Il Paese ha bisogno di aggregazioni per diventare più forte nella competizione globale. Sono ancora pochi i grandi players a controllo nazionale e costituirne uno nello strategico e futurista mondo delle telecomunicazioni è cosa assai rilevante. Farlo tra imprese che integrano sinergie industriali utilizzando i propri asset vincenti non solo è auspicabile, ma può aprire a nuovi orizzonti e consentire alla nostra Telecom di passare da potenziale preda a predatore. Se altre imprese nostrane, altrettanto interessanti sotto il profilo industriale e finanziario, vogliono farsi avanti, ben vengano, purché questo succeda con le regole del mercato e non con il sostegno della politica e relative aperture di credito forzate. Il tempo di fare è ormai scaduto, pochi hanno colto l'esigenza di accelerare unendo forze per aumentare le dimensioni e creare redditività. Così stanno facendo Intesa e Sanpaolo, così è auspicabile facciano Tronchetti e Berlusconi, per creare valore e rafforzare il Paese. È tempo di andare oltre le ideologie. Grave sarebbe se il governo ostacolasse, ne andrebbe della credibilità del Paese e questa volta non sarebbe certamente Berlusconi ad apparire di parte. Ci pensi, presidente Prodi.

Authority: sì a audizione dei vertici Telecom Il presidente Calabrò: «Un'audizione formale dei vertici di Telecom Italia è prevista per la prossima settimana» STRUMENTIVERSIONE STAMPABILEI PIU' LETTIINVIA QUESTO ARTICOLO
ROMA - E ora, sul caso Telecom, interviene anche l'Authority. La situazione che si è venuta a creare con l'annunciato riassetto di Telecom Italia è «delicata e complessa». È quanto ha affermato il presidente delle Autorità per le Telecomunicazioni, Corrado Calabrò, al termine della riunione del consiglio aggiungendo che per acquisire elementi certi sull'operazione è stata disposta «un'audizione formale dei vertici di Telecom Italia per la prossima settimana».
LA SMENTITA DI MEDIASET - Intanto è giunta puntuale la smentita del gruppo Mediaset la holding televisiva controllata dalla famiglia Berlusconi su un possibile interessamento all'acquisizione di Tim (cosa peraltro di difficile attuazione alla luce delle attuali normative). «Non abbiamo nessun interesse per Tim. Vogliono giá dimagrirci come siamo, ci mancherebbe anche un interesse per Tim». Ad affermarlo è il vicepresidente di Mediaset Pier Silvio Berlusconi, che però non ha voluto ulteriormente commentare la vicenda Telecom. «È troppo presto per parlarne», ha proseguito Pier Silvio Berlusconi che si è detto per nulla preoccupato dalla possibile nascita di una nuova Media company targata Telecom. «È una strada che tutte le telefoniche vogliono prendere - ha sottolineato - e si vedrá quanto pagherá».

Rete Telecom sotto controllo pubblico Il consigliere del premier Rovati lo ha fatto avere a Tronchetti Provera lo scorso 6 settembre STRUMENTIVERSIONE STAMPABILEI PIU' LETTIINVIA QUESTO ARTICOLO
È mercoledì 6 settembre quando il piano « top secret » arriva sulla scrivania di Marco Tronchetti Provera. A farlo avere all'industriale è AngeloRovati, il consigliere del premierRomano Prodi, ed è il frutto del suo lavoro e di un imprenditore- ombra che l'avrebbe aiutato per amicizia. 28 pagine con lo stile scarno tipico delle slide finanziarie e senza concessioni alla grafica. Il contenuto è di non poco conto: scorporo della rete fissa da Telecom Italia e passaggio del suo controllo sotto l'ombrello dello Stato, attraverso la Cassa Depositi e Prestiti. Infine lo sbarco in Borsa. In poche parole, il modello già usato per Terna ( ex rete Enel). Dentro c'è tutto: tempi dell'operazione in quattro mosse, opzioni, vantaggi, svantaggi, plusvalenze per il gruppo di telecomunicazioni e costi ( nulli) per la Cdp grazie agli effetti fiscali per il Tesoro. Solo lo stesso premier ne sarebbe a conoscenza secondo la ricostruzione della Telecom. Il timing è perfetto. L'incontro a Villa d'Este tra il presidente del Consiglio e il manager è passato solo da quattro giorni. E lo stesso Provera si sta preparando per il rapido incontro in Grecia con Rupert Murdoch, in agenda per il giorno dopo. Inoltre, manca meno di una settimana al consiglio della « svolta » . Ma se lo stile è quello immediato della finanza, i messaggi all'interno dello studio datato 5 settembre, che siano casuali o meno, non mancano. L'azienda è ben gestita, ma ha tanti debiti. I ricavi sono in difficoltà. E ilmercato è sempre più cattivo. Anzi.
Si mette nero su bianco che « la situazione finanziaria e industriale relativa alla rete di Telecom rappresenta un rischio per il sistema Paese » e, inoltre, « non riduce il rischio di esposizione del sistema creditizio verso Telecom, soprattutto dopo la fusione Sanpaolo- Intesa » . Poi, da pagina nove, compare per la prima volta, ma non per l'ultima, la parola takeover: scalata. « Situazione propizia per takeover ostili » . In un quadro come questo, con un prezzo in Borsa in continua discesa, il « rischio di scalata da parte di investitori finanziari, anche esteri » non solo è concreto. Masarebbe anche, per così dire, a buonmercato. È la prima volta che si calcola il costo di un'operazione per scalzare Olimpia dal controllo: poco più di 10miliardi. Una cifra ben cinque volte inferiore a quella messa sul piatto da Roberto Colaninno per l'Opa del ' 99. Si tratta di una simulazione: « È possibile ipotizzare un'offerta ad opera di un operatore finanziario anche straniero sul 29% delle azioni ordinarie di Telecom con un premio per azione del 25% sul prezzo corrente di circa 2,2 euro » . La quota non è casuale: è ben superiore al 18% di Olimpia ( e alle eventuali quote aggiuntive degli altri soci italiani) ma è sotto il 30%, limite oltre il quale scatterebbe una costosa Opa obbligatoria. La parola takeover torna a pagina 10, dove ne vengono esaminate le conseguenze negative per lo Stato e per l'attuale proprietà. Poi a pagina 17. Soluzioni? « In risposta a tale scenario è opportuno valutare un'operazione straordinaria sulla rete fissa » . È qui che il documento introduce due opzioni: la prima è ilmodello British Telecom: una business unit separata per la rete che il colosso inglese ha varato meno di un anno fa.
Ma è lo stesso studio che dà un giudizio sulla scarsa rilevanza di questo passaggio. Per il gruppo e per lo Stato l'impatto sulla cassa sarebbe nullo e il « pericolo di raid finanziari » non verrebbe scongiurato. Mentre entrambi i « problemi » sarebbero risolti dall'opzione B: « Spin- off della rete e quotazione sul modello Terna » con una « partecipazione rilevante/ di controllo da parte della Cdp » . Tra i vantaggi citati anche la maggiore trasparenza per il mercato e la spinta alla competitività del sistema Paese. Da qui, siamo a pagina 17, il documento si concentra sui numeri dell'opzione B. Per Telecom Italia si produrrebbe una plusvalenza lorda tra i 16 e i 21 miliardi, con un effetto potenziale fiscale tra i 5 e i 7miliardi. Il flusso di cassa straordinario sarebbe di circa 10- 11 miliardi con una riduzione del debito a circa 17- 20 miliardi. Per la Cdp l'operazione sarebbe « teoricamente » a costo zero, poiché « un flusso di poste aggiuntivo per lo Stato, derivante dalla tassazione della plusvalenza generata in Telecom Italia, di circa 5- 7 miliardi, sarebbe tale da compensare l'investimento nell'equity della newco » . Inoltre, si verrebbe a creare sempre per la Cassa un « reddito dalla partecipazione di circa 120- 170 milioni di dividendi annui, pari al 2,7- 3,1% del capitale investito » . Lo studio prevede anche gli ostacoli, uno su tutti: la società ha già avviato lemisure sulla rete per essere più trasparente e garantire le politiche industriali del Paese.
Massimo Sideri
14 settembre 2006


My Speed Limit ??? 400 Km/h






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