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Nick: POMPEO
Oggetto: cccp-annarella
Data: 2/10/2006 11.50.37
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video di Annarella dei cccp







UN MOVIMENTO CHE SI FONDA SULLE MACERIE DEL SOGNO HIPPY. NELL’OTTOBRE DEL 1976 IL PRIMO ALBUM: «ANARCHY IN THE UK» DEI SEX PISTOLS


La frattura del punk attraversa la storia musicale e culturale dell’ultimo cinquantennio, una crepa definitiva che corre fra le macerie del sogno hippy e gli scintillanti Anni 80. Eruppe come un urlo sotto forma di chitarre rugginose, che violentavano il rock’n’roll e tutto quel che era rimasto in piedi dal periodo precedente: «Anarchy in the UK», pubblicato dai Sex Pistols nell’ottobre del ’76 con una grande etichetta del circuito ufficiale, la Emi, squassò il mercato come un’onda sismica, ma sotto il marketing c’era una realtà vivacissima nata negli edifici occupati dagli squatter nei quartieri periferici di Londra. Veniva da qui parte dei «musicisti» che, senza saper suonare, imbracciava basso chitarra e batteria, facendosi sentire nei club. I Sex Pistols, bruciando in pochi mesi tutte le tappe del successo, dal primo disco alla prima apparizione tv alla Bbc, quando al gruppo fu incautamente chiesto di dire qualcosa di oltraggioso. L’indomani le prime pagine dei quotidiani riportavano una valanga di frasi irripetibili: i Sex Pistols avevano fatto centro.


Disgusto per la società
Con la morte per eroina di Sid Vicious il punk ebbe anche il suo martire icona, ma, se in Inghilterra le provocazioni del nuovo genere sceglievano i terreni di musica e moda, con esibizione di spilloni conficcati in bocca e svastiche al braccio in un trionfo di nichilismo anarco-estetico, in Italia lo stesso senso di sconfitta esplodeva nel movimento studentesco con una serie di scontri da guerra civile a bassa intensità. A Bologna, però, prima che l’uccisione dello studente di Lotta Continua Francesco Lorusso facesse degenerare tutto in guerriglia pura, la nuova stagione del movimento aveva prodotto fumetti e musica, come gli Skiantos e i Centro d’Urlo Metropolitano, che di lì a poco si sarebbero chiamati Gaz Nevada. Accomunati da atteggiamenti culturali come il situazionismo, proto-punk italiani e punk inglesi lanciavano al mondo un messaggio di disgusto per la società.


Sangue sul palco
In Italia nascevano formazioni come i Krisma, Maurizio e Cristina Arceri, ma anche autori insospettabili e dall’aria mite come Enrico Ruggeri. I Krisma si sono proprio sporcati le mani con quella materia «schifosa» (è questa la traduzione del termine punk), che formava l’immaginario dei nuovi ribelli. La loro storia somiglia al sogno di una fan che s’innamora del cantante e lo sposa, finendo a suonare al suo fianco, come ha fatto Cristina con Maurizio, formando una coppia che dal vivo non ha fatto mancare le emozioni (Maurizio, in concerto, si è armato di lametta, infierendo su un dito fino a spaventarsi quando il sangue è zampillato allegramente sul palco). Cose che succedevano, insieme con le salve di sputi che partivano dal palco sul pubblico e viceversa: a un concerto nel vecchio palasport di Modena nell’81, Siouxsie Sioux e i suoi Banshees si videro coprire da raffiche di sputi da parte di un pubblico che non ne aveva dimenticato i trascorsi estremi, come la svastica di fine Anni Settanta.


La morte del rock
La tradizione continuò, capitava di vedere certi «live show» dei Cccp Fedeli alla Linea, gruppo punk filo-sovietico reggiano che, insieme con l’Artista del Popolo Fatur, sputava sul pubblico debitamente ricambiata. Era come se la storia del rock venisse seppellita nel modo più infamante possibile da gente che non rispettava niente e nessuno rivendendo tutto a peso d’oro in forma di vinile.
Niente da allora è più stato come prima: in Italia la politica è morta ed è arrivato il riflusso, in Inghilterra e in Usa, dove erano stati i Ramones a impersonare il meglio del punk fino agli inarrivabili Dead Kennedys (traduzione: «Kennedy morti»!) il punk è mutato, con sottogeneri che si sono trascinati fino a oggi, passando per i Nirvana o per riciclature riaddolcite come le canzoni dei Green Day. Molto più profondo e sottovalutato è il segno inciso nella cultura contemporanea - oltre che in tutto l’armamentario fetish che ha invaso la moda, complice Vivienne Westwood -: dai cocci del punk ha ereditato quel senso di frammentazione che ancora ci portiamo dentro. Brutto, lercio e cattivissimo, il punk ha fatto giustizia di illusioni e ipocrisie, cantando «nessun futuro per me, nessun futuro per te, nessun futuro per l’Inghilterra» e dileggiando persino la regina Elisabetta II in «God save the queen»: «Un regime fascista ha fatto di te un’idiota».





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cccp-annarella   2/10/2006 11.50.37 (93 visite)   POMPEO

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