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Nick: Mr_LiVi0
Oggetto: Qualche notizia simpatica...
Data: 3/10/2006 8.37.56
Visite: 159

Buongiorno !!!

La sinistra vieta alla Rai di ridere sul Professore di MATTIAS MAINIERO
Applausi, applausi per Prodi Romano: sei stato rappato e ti sei incavolato, ora vuoi il Tg addormentato, Mauro Mazza non ti ha bastonato, ma tu ti comporti come un vecchio blasonato. Applausi, applausi per Prodi Romano sempre più frastornato. Chiediamo scusa: il rap è nostro, non di un esperto del ramo. Roba elementare, proprio come quella del Professore a Montecitorio. Lo ricordate? «Per me in particolare, per me in particolare sarebbe, per me in particolare sarebbe come...». Fosse stato per lui, con quella litania sarebbe andato avanti all'infinito: l'opposizione rumoreggiava, il Professore sorrideva nervoso e insisteva. Per nove volte il Prodi Intronato ha ripetuto la frase durante il dibattito alla Camera sul caso Telecom. Per nove volte l'opposizione ha impedito che il Prodi Incagliato andasse avanti. Poi Fausto Bertinotti ha sospeso il match. Alla ripresa abbiamo saputo che Prodi non aveva nulla di memorabile da dire. Finita qui? Neanche per sogno. Passa qualche ora e la performance del Professore approda su Internet in un brano musicale rap. Una goliardata, più che altro. Passa qualche altra ora e il video rap del Professore arriva, venerdì scorso, sul Tg2. Passa qualche giorno e il centrosinistra è pronto per il manicomio. Cose da non credere ieri a viale Mazzini e dintorni. Quattro risentitissimi parlamentari hanno preso carta e penna e scritto una lettera ai consiglieri Rai. I quattro sono Giorgio Merlo (Margherita), vicepresidente della commissione di Vigilanza Rai, Esterino Montino (Ds), Gennaro Migliore (Rifondazione comunista) e Loredana De Petris (Verdi). Sono proprio arrabbiati. «E' gravissimo - spiegano - che un telegiornale del servizio pubblico, in una delle edizioni di punta della sua programmazione, abbia dato spazio a un video del genere. Sarebbe stato piacevole e gradevole vederlo in una trasmissione di satira, ma certamente non nell'ufficialità e autorevolezza che è propria di un Tg Rai». Conclusione: «Non è accettabile che di alcune delle maggiori cariche della Repubblica, dal premier al vicepremier al presidente della Camera, come anche dell'Aula parlamentare, sia stata data un'immagine comica che nulla aveva a che vedere con un momento come quello del dibattito parlamentare su Telecom, dall'alto valore politico e istituzionale». Di qui la richiesta ai consiglieri Rai di «verificare se ci sono gli estremi per il reato di vilipendio alle istituzioni» (il comitato di redazione ha invece chiesto un incontro al direttore generale). Prodi Romano, presidente intoppato, ma che maggioranza è mai questa che cerca il reato in un semplice filmato? Chiediamo di nuovo scusa per rap e rime. Ci arrangiamo come possiamo e la mettiamo sullo scherzo, perché altrimenti qui ci sarebbe da chiamare sul serio gli infermieri. Per anni il centrosinistra ha dato lezioni di satira, ha invocato Benigni, ha glorificato Celentano. Per anni si è strappato i capelli accusando Berlusconi di uccidere la libertà di stampa. E appena può vorrebbe mettere il bavaglio al Tg2 con la scusa di un video tutto sommato innocuo, un divertimento, un momento di pura satira. Prodi Romano, presidente attapirato, Unionisti arrabbiati, ci è lecito porgere una domanda senza essere ghigliottinati? Quel video circola su Internet, milioni di italiani lo hanno visto. Quel video di per sé è una notizia: è la reazione dei frequentatori della Rete al discorso del presidente del Consiglio. Perché il Tg2 non doveva occuparsene? Per fare un piacere alla maggioranza? Perché nel centrosinistra c'è chi ha nostalgia dei soviet o forse solo i nervi a fior di pelle? E se Prodi è comico (rubiamo la battuta a Francesco Storace) e ottimo soggetto per rap satirici perché a pagare dovrebbe essere Mauro Mazza? Piuttosto, presidente sconsolato, non crede che Tg1 e Tg3 abbiano sbagliato a sorvolare su quel video ieri trasmesso anche da altre tv? «Qualcuno spieghi a Lorcompagni», ha detto Marco Taradash, portavoce dei Riformatori Liberali, «che in Italia esiste tuttora la libertà di stampa, che alle volte capitano abusi e storture (anche nella Rai sinistrata), ma che mai si era vista una reazione così bigotta, così triviale ad uno scherzo come quello trasmesso dal Tg2. Tranne che in Iran o in Corea del Nord, ovviamente». Con il suo permesso, presidente, proviamo a spiegarglielo noi: Prodi Romano, premier mortadellato, sopporta beato, non è la fine del mandato, lascia stare il filmato e guarda l'Irpef, quella sì un vero reato al portafoglio oltraggiato. A proposito: ma se Mauro Mazza rischia il vilipendio per un singolo filmato, noi che abbiamo scritto tanti rap, sia pure modesti, cosa dovremmo temere? Prodi Romano e Unionisti incastrati, scusa chiediamo: al capo tagliato non siamo preparati.

Così funziona l'esproprio del ceto medio di FRANCESCO FORTE
Raccontare bugie, per imbrogliare gli "stupidi borghesi" era una vecchia abitudine stalinista, che questo governo, folto di comunisti, di catto-comunisti e di post-comunisti e simpatizzanti ha raccolto in pieno, con la manovra di finanza pubblica. Così è una grossa bugia che nell'Irpef sono aumentate le aliquote solo per i ricchi, intesi come quelli con più di 70 mila euro, che poi, netti non sono affatto un reddito da ricchi. Infatti la nuova tosatura non inizia da 70 mila euro, ma da 32 mila euro lordi, per gli autonomi e da 40 per i lavoratori dipendenti e i pensionati. Rispettivamente milleseicento euro mensili in tredici mensilità e circa duemila mensili. Questi sarebbero i "ricchi"! È troppo comodo scaricare su Visco la responsabilità di questa scelta fiscale, che è di Prodi e del suo governo intero. Il meccanismo con cui il gravame sui presunti ricchi viene attuato è una modifica delle aliquote, basata sull'ampliamento del raggio di azione della aliquota iniziale del 23 per cento, che non parte più da 26 mila euro, come all'epoca di Tremonti, ma da 15 mila. Le aliquote passano da quattro a cinque e vengono modificate, con un gioco complicato. Stabilita questa nuova scala di aliquote, però poi il disegno viene modificato, con un dosaggio intricato di detrazioni, che sono maggiori per i redditi bassi e minori per quelli medio bassi e spariscono per i redditi medi. E sono maggiori per i lavoratori dipendenti e i pensionati e minori per gli autonomi, sopra i 32 mila euro, mentre vale il contrario al di sotto.. La nuova dottrina fiscale, in sostanza, è discriminatoria e discrezionale, in quanto parte da una aliquota del 23 per cento, quindi molto alta, già per 15 mila euro, per dare al governo la possibilità di giocarsi le detrazioni, un po' come al tempo dei Borboni, in cui il re stabiliva tasse severe, ma poi le riduceva, in modo discrezionale e non trasparente, alle categorie simpatiche. L'andamento delle riduzioni Per i redditi al di sotto dei 32 mila euro lordi degli autonomi e dei 40 mila dei lavoratori dipendenti e pensionati, ci sono, in effetti, delle riduzioni che hanno un andamento strano. Infatti mentre per i lavoratori dipendenti e i pensionati gli sconti di imposta diminuiscono man mano che ci si avvicina alla soglia della presunta ricchezza, quella dei 40 mila euro, accade il contrario per i lavoratori autonomi. Lo sconto per quelli di 8 mila euro è di 138 euro, mentre per quelli di 16 mila euro è di 240. Poi il trend si inverte e per il contribuente autonomo con 22 mila euro lo sconto di Irpef è di 107 euro. L'autonomo con 26 mila euro ha uno sconto che è quasi nullo: solo di 19 euro, due caffè al mese. Ma poi una nuova inversione: l'autonomo con 28 mila euro ha uno sconto di 131 euro, sino ad arrivare al disgraziato autonomo con 32 mila euro, il "ricco", che non ha più sconti, ma un onere aggiuntivo di 14 euro. L'onere sale a 140 per l'autonomo con 35 mila euro lordi. In molti casi gli sconti per gli autonomi, per i redditi sotto i 32 mila euro sono maggiori che per i lavoratori dipendenti, a pari reddito. I lavoratori di serie B Il fatto è che il sistema delle detrazioni diversificate, a mitigazione di aliquote artificiosamente elevate dà luogo a risultati, per forza, erratici. C'è però un chiaro disegno generale, con riguardo ai redditi dei cosiddetti ricchi. Cioè gli autonomi con almeno 32 mila euro lordi e i lavoratori dipendenti e pensionati con 40 mila. Un disegno a cui dà il suo, non casuale, plauso il leader della Cgil Guglielmo Epifani. Emerge l'idea che i lavoratori autonomi, appena appena rimpannucciati, non sono veri lavoratori, perché sono "autonomi". Vanno trattati come serie B non facendo parte dell'armata sindacalizzata e non corrispondendo al modello marxista del lavoratore proletario, in quanto posseggono un modesto (e precario) capitale con cui mandano avanti i loro affari e sono imprenditori di sé medesimi. Quindi, vanno tassati di più dei lavoratori dipendenti di pari reddito e vanno considerati ricchi, quando arrivano alla soglia di 1600 euro netti, guadagnati con il rischio di non poterli avere l'anno dopo, perché hanno gli incerti professionali. Dimenticavo di aggiungere che contro gli autonomi c'è oltre al pregiudizio classista anche la presunzione che siano evasori. Ma anche per i lavoratori dipendenti con reddito mediocre, l'Irpef prodiana comporta nuovi oneri. Qui c'è l'altro pregiudizio ideologico, coltivato dalla Cgil e dai prodiani, che pure frequentano il capitalismo delle grandi banche, quello dell'appiattimento salariale e dell'antipatia per la meritocrazia. Il fisco prodiano lima le differenze di reddito che i lavoratori riescono a ottenere con la loro fatica. Lima gli incentivi che le imprese danno ai lavoratori, che si distinguono dagli altri. E nel pubblico impiego, lo stesso: il funzionario qualificato va appiattito a quello non qualificato. Questo tipo di Fisco non si basa su princìpi di equità, ma di anticapitalismo viscerale.

Altro che equità Crescono per tutti pure le tasse locali di RENATO BRUNETTA
Al di là delle contrapposte cannonate sulle misure specifiche che il governo Prodi ha introdotto nella Legge finanziaria per il 2007, misure che metteranno maggioranza e opposizione l'una contro l'altra, da qui fino al voto finale del Parlamento, su una cosa il giudizio di politici, economisti e dei commentatori più autorevoli non può che collimare: con la manovra varata dal governo Prodi aumenterà la pressione fiscale. Una considerazione generale, e due conti sul retro di una busta. Il primo esercizio da fare per valutare la bontà di una manovra di finanza pubblica è, infatti, quello di giudicare nel suo complesso i grandi capitoli dal lato delle entrate e delle uscite, rispetto all'andamento del ciclo economico. Cruciale è la qualità dell'aggiustamento, il mix cioè tra maggiori entrate e minori spese. Tante imposte nessun taglio Il policy maker deve, dunque, porsi il problema sull'opportunità di agire o tagliando la cattiva spesa corrente, piuttosto che aumentando la tassazione, sia essa diretta che indiretta. Questa scelta sulla composizione dell'aggiustamento è lo strumento in mano ai governi per influenzare, assecondare, sostenere oppure deprimere il ciclo economico (con la moneta unica - l'euro - il controllo e la definizione dello strumento della politica monetaria è passato alla Banca Centrale Europea). La pressione fiscale è, così, la misura finale dell'incidenza tra il totale dei tributi (tasse, imposte, accise, ecc.) pagati dal cittadino di uno Stato e il Prodotto interno lordo (il totale della ricchezza prodotta). Questo rapporto più è alto e più drena risorse alla libertà economica. Più è alto, più estende l'intermediazione dello Stato nell'economia, con prevedibili effetti diretti sulle famiglie e sulla crescita. Più è basso e più consente all'economia di "respirare"(entro certi livelli, naturalmente). Tetto record del 43 per cento Nonostante sia riconosciuto da tutti gli istituti internazionali di ricerca, e da tutte le organizzazioni internazionali, che l'Italia soffra per un'eccessiva spesa pubblica, con la Finanziaria di Prodi e Visco la spesa non sarà, dunque, tagliata, in compenso la pressione fiscale aumenterà di circa 2 punti e sfiorerà il livello record del 43%. In un colpo solo, infatti, il governo delle tasse di Prodi e Visco fa ritornare la pressione fiscale italiana ai livelli massimi del '97 (quando c'era la tassa per l'Europa). Allora si sfiorò il 44% (43,7%). Ci vollero 8 anni per far diminuire tale valore e portarlo al 40,6% (tre anni di centro-sinistra e 5 anni di centrodestra), nel 2005. C'è l'esigenza di riportare il deficit pubblico sotto il 3%, dicono ora Romano Prodi e Tommaso PadoaSchioppa. Bene, per fare ciò servivano 14,8 miliardi di euro (un punto di Pil), ma la manovra nel suo complesso è ben più corposa: 33,4 miliardi di euro; 18,6 dei quali giustificati genericamente con "politiche a sostegno dello sviluppo". Ecco che allora, per trovare le coperture, il fiscalista del governo, nonché vice-ministro dell'Economia, Vincenzo Visco, si è divertito con un abile gioco delle tre carte a mascherare la stangata fiscale che colpirà tutti gli italiani, siano essi appartenenti ai ceti bassi, ceti medi, che benestanti o ricchi (a proposito per Visco i ricchi sono tutti coloro che hanno un reddito superiore ai 40mila euro lordi). 16 miliardi di nuovi balzelliInfatti, se si somma all'incremento di 3-4 miliardi di euro, prodotto dalla cancellazione della riforma Tremonti sull'Irpef, al netto dei tagli del cuneo e di altre modeste agevolazioni, se si sommano a questi 3-4 miliardi di euro tutti gli altri incre menti stimati e inevitabili (dagli studi di settore per 3-5 miliardi di euro, all'operare nuovamente delle addizionali a livello locale per almeno 5-6 miliardi di euro, a nuove tasse, ticket, balzelli, contributi, accise, catasto, nuova tassazione del risparmio), si arriva ad un incremento netto di gettito (stima prudenziale) di 15-16 miliardi di euro. Oltre un punto di Pil.. Ma l'ipocrisia fiscale di Prodi non finisce qui. Proprio i signori del governo, che per anni hanno bollato gli interventi fiscali di Tremonti come finanza creativa, nulla dicono, poi, di fronte a discutibili trasferimenti del Tfr (che è bene ricordare sono soldi dei lavoratori), all'Inps (una operazione di maquillage dei conti pubblici che dovrà trovare l'ok della Commissione europea di Bruxelles), o dell'inserimento di 7 miliardi di euro dal lato delle entrate per effetto di misure anti-evasione e anti-elusione, che per loro natura sono difficili da quantificare ex-ante (e molto aleatorie). Ma ciò che più di tutto preoccupa è "la bomba addizionali". Il governo, non contento della stangata a livello centrale ha, infatti, posto le basi per una stangata locale. Non potendo agire sul controllo della spesa, per accontentare la sinistra radicale, Prodi e Visco hanno tagliato parte dei trasferimenti agli enti locali, concedendo loro, però, maggiori margini di autonomia impositiva. Insomma meno trasferimenti dal centro e mano libera di aumentare Irpef e Ici a livello decentrato. Così si uccide la crescita economica Insomma, inasprimento degli studi di settore, maggiori controlli fiscali, aumento dei contributi previdenziali, aumento delle aliquote Irpef (decise a livello centrale e periferico, più Ici), sono solo alcune delle misure che assieme a quelle ben celate da Visco, negli articoli della Finanziaria, finiranno per deprimere consumi, risparmi ed investimenti per famiglie e imprese, deprimendo la crescita prevista per il 2007. Governare in un periodo di stagnazione dell'economia come ha fatto il governo Berlusconi non è stato facile. Fare quello che sta facendo Prodi e il suo governo, cioè ammazzare la crescita economica a colpi di stangate fiscali, è semplicemente demenziale.

My Speed Limit ??? 400 Km/h






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