Il Calcio senza Lui?

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Nick: rumEpera^
Oggetto: Il Calcio senza Lui?
Data: 3/3/2004 22.46.50
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La cosa più grande che Maradona ha fatto nella sua vita,secondo me trascende le magie sul campo.
La sua vita,viziata da errori di ogni sorta,malgrado tutto,durerà in eterno.Egli si è guadagnato l'immortalità!
Quell'immortalità,oggetto dei desideri di molti e conquistata da pochissimi nella storia.Dai tempi di Platone,ma forse prima ancora,essa è stata al centro di discussioni di vario spessore.Il modo di intenderla,i mezzi per raggiungerla,tutti argomenti che hanno impegnato le menti più sublimi.
Nel Simposio,Platone arriva a tracciare le sembianze dell'immortalità attraverso le parole di Socrate.Secondo il filosofo,l'unico modo per ottenerla,data la finitezza fisica dell'uomo,risiede negli atti che egli compie lungo il breve periodo che è concesso al suo corpo.Essa conta sulla forza del ricordo che un uomo è in grado di lasciare ai posteri,attraverso l'arte.A dire il vero ci sarebbe da precisare cosa sia l'arte per l'uomo,secondo i dettami dell'estetica,branca della filosofia spesso tenuta in poco conto,ma essendomi già dilungato parecchio non ritengo simpatico trasformare un'opinione in una specie di libro.
Nel momento in cui un'opera d'arte viene concepita e trasformata in realtà esperibile,essa non appartiene più solamente al suo autore ma diventa patrimonio dell'umanità tutta,un valore aggiunto alla vita di ogni singolo essere.Ed ecco che in quel momento la vita dell'artista,atttraverso la sua opera,acquista i canoni dell'immortalità,che in fondo,altro non è se non il protrarsi nel tempo del suo operato quando ancora sorretto dal corpo.
Tornando a Maradona,tutto gli si potrà attribuire,ma in quel tutto è incluso il grande pregio di aver saputo trasformare in arte quello che fino al suo esordio era solo uno sport.Arte che ognuno di noi conserverà gelosamente tra i propri ricordi.Arte che sarà custodita,con le attenzioni che le sono dovute,nei nastri,nei dvd e in qualsiasi altro tipo di bobina simbolica e futuristica che potremmo,noi comuni mortali,non avere il piacere di apprezzare.Egli però,questo piacere se lo è già guadagnato.Egli avrà il piacere più grande che si possa auspicare nel suo rapporto con quella bobina:la apprezzerà da protagonista,da immortale,e la discussione sulla sua vita non avrà mai fine.

Ho pensato che da buon Napoletano è strano che non abbia mai scritto nulla su Diego Armando Maradona.

Non che io sia obbligato da questa condizione o che voglia forzatamente rendere onore a un Campione che seppure ancora vivo, oggi non c’è più.

Sarà che la storia tra te e me, Diego, ha un gusto strano, particolare. Un gusto che coinvolge i miei anni più immaturi e che diventa oggi esile rimpianto al pensiero che a suo tempo ero troppo piccolino per apprezzarti appieno. Sarà che per quanto mi riguarda tu sei il personaggio che più di tutti in assoluto incarna in sé i caratteri del calcio, limiti e magie.

Sarà che quando ti vedo giocare, Diego, e ormai succede solo nei filmati e nei ritagli di giornali, il cuore si divide, perché io lo so che tu sei immenso, ma oddio, non t’ho mai assaggiato veramente. Eppure ero allo stadio mentre incantavi e portavi il Napoli più in alto del suo cielo. Ero allo stadio quando correvi per il campo e nessuno si permetteva di dire che quello era solamente calcio.

Sarà che a sei anni del pallone non ti importa niente. A sei anni neanche ti vuoi chiedere perché tanta gente salti e balli, urli e sbraiti, pianga e rida contemporaneamente. A sei anni io scorgevo l’arte delle tue giocate, riflessa nelle espressioni dei tifosi. In quegli occhi sgranati, in quei "maronn'", esclamati all’improvviso prima di un applauso che non si capiva se sarebbe mai finito.

T’ho conosciuto così, Diego. Sarà che non sono mai riuscito a definirti un drogato. Un pervertito o un pazzo scatenato. Forse perché quelli come te danno talmente tanto all’arte e alla gioia della gente che prima o poi un dazio lo devono pagare. Sarà che il genio finisce sempre nell’involucro sbagliato, nell’uomo mai perfetto, quello debole, il solitario, quello che non sa dire di no a chi gli offre di provare.

Sarà questo. Sarà che sembra una storia già scritta e tante volte letta. Forse è cosi anche per Te, Diego. E per tutti quelli che hanno fatto storia e sono morti troppo presto o semplicemente hanno dovuto rinunciare. C’è qualcosa che non va in quel Dio che ci sovrasta. C’è qualcosa che chissà se ci sarà mai dato di capire. Una sorta di orrenda perversione nel distruggere le cose più belle che gli riesce di creare. Sembra che sia invidioso dei suoi angeli e che per ognuno di loro preveda un cammino di sofferenza da scontare per averli fatti così unici e belli.

Ma Diego, "tu sì nato per essere guaglione". Non per invecchiare. Forse superata quell’età, quella fase in cui le gambe non rispondono e non si corre più veloce come un tempo; arrivato quel momento in cui tutti gli altri diventano giornalisti e ambasciatori dello sport, tu invece hai semplicemente esaurito il tuo compito col mondo. Così era scritto.

Perché tu "sì calcio palla al piede". Non quello in cravatta, esaurito in conferenze, circondato da taccuini e da microfoni.

Tu si mille piezz’ e core che ancora battono all’unisono. E allora corri. Vai. Che ti fermi a fare? Corri ancora. Corri dietro quel pallone. Scugnizzo napoletano fino in fondo.

E chissà che anche il Padreterno non c’entri nulla con le tue disavventure. Tu in fondo non sei una sua creatura.

Tu si nu verso, Diego, ‘na poesia. A te t’ha scritto Dante, mica Dio...