Nick: KAMIKAZE Oggetto: SCRIVERE IN FUGA Data: 5/3/2004 18.13.50 Visite: 142
fonte http://www.carmillaonline.com/carmillaold/scrivere_in_fuga.htm Cesare Battisti Quattro romanzi pubblicati in Francia, duri, avvincenti, affilati come rasoi. Uno solo tradotto in Italia da Granata Press, Les Habits d'Ombre (Travestito da uomo). Storie di rifugiati, di ricercati, di rivoluzionari sconfitti ma non domati. Cesare Battisti somiglia ai suoi personaggi. Militante di una formazione armata negli anni '70, catturato, evaso nel 1981, riparato prima in Messico e poi a Parigi, gode presso il pubblico francese degli amanti di noir di una meritata popolarità. In attesa che qualcuno trovi il coraggio di proporre anche da noi i suoi romanzi successivi (L'Ombre Rouge, Buena Vista, J'aurai ta Pau), gli abbiamo rivolto qualche domanda. Le sue risposte danno la misura della tempra di quest'uomo, straordinaria in tempi di codardia elevata a norma di vita. Scrivere in fuga Intervista a Cesare Battisti a cura di Valerio Evangelisti BenchŽ italiano, sei più conosciuto in Francia che in Italia. Come vivi questo paradosso? Uno che non si è mai chiesto qual è l'angolo d'inclinazione d'una scheggia degli anni '70 difficilmente potrà capire perchŽ, talvolta, notorietà non vuol dire successo, non vuol dire grana. Ma è del tutto comprensibile, mi venga concesso, poichŽ io stesso ho passato anni a riflettere sul caso d'uno scrittore tanto mediatizzato quanto poco remunerato. Ora credo di aver capito: è una dolorosa questione di norme, il rispetto delle regole del gioco, non sputare nel proprio piatto; in un romanzo ci sono due storie, una te la tieni per te e l'altra la lanci sul mercato e la difendi trattenendo il vomito. Premesso ciò, in Francia, è vero, ho una certa notorietà. Quella dei Miserabili. In Italia... All'Italia devo il ricordo delle gioie più che dei rancori. Dall'Italia ho ereditato quell'approssimazione creativa che ci/mi permette di tenere il colpo. Vista da lontano, Italia è un dolce paese di pazzi, uno dei quali ha osato pubblicare il mio primo romanzo. Uno e basta. Ci tenevo ad essere letto in Italia e ci ho riprovato inutilmente. Fino al giorno in cui il mio editore francese, di ritorno dalla fiera di Francoforte, credo 5 anni fa, mi disse di lasciar perdere: "Dimentica l'Italia per i prossimi anni, qui hai tutte le possibilità, che ti frega?" Non aggiunse altro, però nel suo sguardo lessi che là, alla fiera di Francoforte, li aveva incontrati tutti i capoccioni dell'editoria italiana. All'inizio mi arrabbiai e credo anche di aver odiato gli italiani su qualche pagina di L'Ombre rouge. Poi mi resi conto che vent'anni erano passati, ormai ero uno straniero che proponeva libri in fritagnol (italiano-francese-spagnolo). Quali pretese potevo accampare? I tuoi romanzi sono scritti in uno stile "visivo", rapido, colloquiale, estremamente efficace. Ti sei rifatto a qualche modello letterario? Lo stile, ecco qualcosa che non mi assilla. Scrivo quando ne ho voglia e, a parte gli orrori ortografici e grammaticali, non cancello mai un pensiero. Quello che dico ce l'ho nella pancia, l'ho registrato e lo sparo, pur sapendo che è superfluo, inutile, come un curioso soprammobile al quale si getta un occhio smarrito di tanto in tanto. C'è, è vero, in ciò che scrivo l'ossessione di comunicare qualcosa di complicato con delle espressioni semplici, a portata di mano. Dev'essere una mania che mi è venuta all'epoca dei documenti politici, dove si scrivevano cose importantissime ed incomprensibili. Però spesso cado nella trappola dell'iperbole, del triplo senso, del contenuto contestato. Ci lascio quel poco di cervello che mi resta. Qual è oggi il tuo rapporto con gli anni '70? Dopo gli anni '70 ogni giorno comincia sporco. Io lo pulisco con la scopa e lo straccio e il computer e mi ci rotolo dentro. Sento la presenza del fantasma nero, la prigione che, come le roman noir, si sa quando si entra ma non si sa mai quando si esce. Come i miei protagonisti, io stesso sono un fuggitivo. Fuggo il buco nero della società, con le sue norme, le obbligazioni rompipalle, l'arroganza, l'odio. Ma quello che soprattutto mi hanno insegnato a sfuggire gli anni '70 è il cosiddetto senso civico dietro il quale si nasconde l'ipocrisia dei guardiani. Perciò i miei eroi fuggono, e all'arrivo c'è sempre la prigione o la morte, che è la stessa cosa. Il romanzo nero è sicuramente il genere che più mi permette di riprodurre la mia personalità e cos" leggere le mie inquietudini, di presentare delle situazioni tali e quali senza troppi fronzoli letterari. Nello stesso tempo è uno sfogo, un modo per anestetizzare la voglia d'azione che non mi abbandona mai. Un'eredità degli anni '70 che mi rifiuto d'utilizzare come elemento di agitazione politica. Quanto c'è di autobiografico nel romanzo che stai scrivendo, di cui pubblichiamo i primi capitoli col titolo Delinquente comune? Delinquente comune, anche se a me piace, non può essere il titolo del prossimo libro. Si tratta di un romanzo che stiamo scrivendo a due, a capitoli alterni in prima e in terza persona al passato. ƒ la storia romanzata dei PAC (Proletari armati per il comunismo). ƒ la nostra storia, mia e del coautore Roberto Silvi, quella che non ho mai avuto il coraggio di prendere di petto e che da due anni scrivo un paragrafo al giorno. ƒ dura ridurre i nostri anni '70 a quattro pagine di carta riciclata. Tu hai vissuto a lungo a Puerto Escondido, in Messico. Hai letto il romanzo omonimo di Pino Cacucci? Come ti è sembrato? Puerto Escondido è stata la mia prima spiaggia sul Pacifico, il mio Messico. Ho ancora una casa laggiù, mi piacerebbe tornarci se gli italioti al governo si decidessero a voltare pagina una volta per tutte. Il libro? non è male, ma poteva essere meglio se l'autore non si fosse appropriato di un'identità che non gli appartiene. Il tuo ingresso nelle file della prestigiosa SŽrie Noire è stato agevolato dall'orientamento di estrema sinistra che, dopo Jean-Patrick Manchette, prevale nel noir francese? Il giorno in cui ricevetti la lettera in cui la SŽrie Noire mi proponeva un contratto per la pubblicazione di Travestito da uomo pensai che si trattasse di uno scherzo. Io, Battisti Cesare, balordo qualunque, tra gli autori della leggendaria SŽrie Noire! e non avevo neanche presentato il dattiloscritto. Lo aveva fatto un amico per me. Gigi, che dieci anni prima aveva attaccato un carcere per liberarmi, aveva deciso che quello che avevo scritto era un polar e insistette per darlo a Patrick Raynal, il direttore della collezione. Con Raynal ci incontrammo un anno dopo, in occasione di una trasmissione televisiva intitolata Du drapeau rouge au roman noir, dove tra gli altri era presente anche Manchette. Là appresi cos'era il romanzo nero alla francese e la tendenza gauchiste della SŽrie dopo che Patrick Raynal, ex militante della Gauche Proletarienne, ne aveva preso la direzione. Qual è oggi, in Francia, la situazione del romanzo noir? 50 anni fa, mentre In Italia il regime fascista proibiva il giallo, in Francia Marcel Duhamel creava la SŽrie Noire, spalancando cos" la porta al nuovo nero americano. Un impatto rivelatosi determinante sulle generazioni a venire, se consideriamo la rapida evoluzione e il successo del polar alla francese rispetto al generale ritardo europeo. Mi fa un certo effetto e taccio, quando parlando con un inglese o con un italiano o un greco di stazza intellettuale o lettore capacitato, li vedo storcere la bocca non appena si accenna al genere giallo. L'editoria francese oggi raccoglie i frutti di una lunga esperienza nel genere. Il polar ormai si chiama roman noir, è di moda, le nuove collezioni spuntano come i funghi per far fronte a un'armata di "giovani" autori. Patrick Manchette ha tracciato un cammino. Jean Bernard Pouy, HervŽ Prudon, Jean- Claude Izzo e molti altri ne stanno facendo un'autostrada. In Italia, anche se ancora timidamente, si comincia a parlare di te. Dopo la Granata Press, nessun altro editore italiano ha proposto di pubblicarti? Quando mi si dice "in Italia si comincia a parlare di te" mi vengono i brividi, perchŽ fino adesso il mio nome è sempre apparso seguito dall'aggettivo terrorista o, gentilmente, ex. S", ne ho avute di proposte editoriali in Italia, per esempio da Carlo Feltrinelli, che incontrai nel '92 al Festival di Saint M‰lo e che mi pregò di mandargli il prossimo romanzo. Pare che il comitato di lettura desse un parere favorevole, "uscirà a ottobre" mi dissero. Da allora non ho più notizie. Evidentemente, il signor Carlo (ex Feltrinelli) non sapeva ancora di avere a che fare con un ex. Come vedi il tuo futuro? Il futuro è troppo lontano. Oggi sopravvivo e cerco di divertirmi scrivendo un romanzo per Flammarion. Ah, per i delicati di stomaco: non è un giallo! Ê |