Nell’islam classico e contemporaneo, l’hijab ha acquisito significati diversi, seguendo almeno quattro percorsi fra loro anche molto lontani:
Il velo, inizialmente imposto solo alle mogli di Muhammad, è stato esteso a tutte le donne musulmane libere. Indica il passaggio dall’infanzia alla pubertà e serve a coprire tutto il corpo femminile tranne il viso e le mani. Secondo molti interpreti, questa usanza segna la netta separazione, anzi segregazione, della donna dalla società civile, ma nella prospettiva islamica indica soprattutto il rispetto dovuto alla donna che così viene salvaguardata dagli sguardi impuri degli uomini. Secondo Alessandro Aruffo, “nel corso della storia, l’islam ha proposto molteplici varianti del velo in rapporto ai popoli e alle culture con cui è venuto in contatto e con l’acquisizione di molteplici significati simbolici” (Donne e islam, Datanews, Roma 2000, p. 49) ed infatti si è parlato di volta in volta di litham, khinâ‘ e burkhu‘ . Quest’ultimo, il famoso burqa, è forse l’espressione più rigida della presunta prescrizione coranica, giacché non lascia trapelare nulla del viso e copre persino le mani con dei guanti neri. È tuttavia attestato che, durante la vita del Profeta, non tutte le sue mogli obbedivano alla prescrizione coranica e certamente non sempre. Se ‘A’isha, la preferita, usava indossare il velo del matrimonio, altre non lo facevano affatto. Famoso è l’episodio di Umm Omara, che durante la battaglia di Uhd combatté vicino al marito e fu da questi elogiata per come usava la spada, la stessa donna che nel 634, sempre in combattimento, perse un braccio.
L’uso generalizzato del velo fu certamente un’influenza bizantina e romana, dove l’abitudine a coprirsi il capo era tipica delle donne aristocratiche. È infatti noto che anche presso i musulmani l’uso del velo non venne per lungo tempo adottato nelle campagne dove le donne, dovendo lavorare la terra, preferivano abbigliamenti che consentissero maggiore libertà di movimento. Solo lentamente il velo si è imposto come uso comune, divenendo anzi gradatamente segno di distinzione e di appartenenza delle donne alla fede rivelata da Allah. Alla fine del XIX secolo, in Egitto prima e poi in Medio Oriente, partì un movimento a favore della abolizione del velo che trovò nello scrittore egiziano Khâsim Amîn il vero teorico della “emancipazione” femminile. Nel 1873, dopo l’apertura dei primi collegi femminili, alcune iniziarono a chiedere l’abolizione del velo e nel 1926 sarà Huda Sha‘râwi Pasha la prima a presentarsi in pubblico a capo scoperto. Oggi, al contrario, sono proprio le studentesse a chiedere e a indossare ostinatamente il velo in segno della loro appartenenza alla comunità islamica, talora in aperta sfida alle leggi statali come è recentemente accaduto in Francia.
e cmq....

ALLAH è GRANDE !!!