Nick: Mach Oggetto: Perché sempre in Campania? Data: 12/10/2006 10.53.23 Visite: 120
Perché in tutta Europa, in (quasi) tutta Italia sì e in Campania no? Perché a Napoli e dintorni il problema dei rifiuti cerca da ben tredici anni - un record continentale - di uscire dall´emergenza, mentre ovunque sta trovando tranquilla (o quasi) soluzione? È la cronaca di questi giorni, con i cumuli di immondizia saliti in alcune zone al primo piano degli edifici. Un´immagine inquietante, come quella dei rifiuti pronti a tracimare persino nei parchi archeologici più famosi del mondo e che ci ripropone con rinnovata drammaticità la domanda: perché ovunque (o quasi) sì e in Campania no? Il quesito è semplice, persino banale. Ma difficilmente Guido Bertolaso, Capo del Dipartimento della Protezione Civile e nuovo commissario chiamato a risolvere l´eterna emergenza rifiuti di Napoli e della sua regione, potrà portare a termine il suo compito se non troverà una risposta soddisfacente. Il fatto è che non è semplice rispondere. Certo, le cause prossime dell´emergenza ormai cronica sono facili da individuare. In Campania, chiuse all´inizio degli anni 90 le discariche, invece di seguire le indicazioni modulari proposte dall´Unione europea, applicate, dove più dove meno, in tutto il continente e fondate sulle cosiddette "4 R" (riduzione, riuso, recupero da materia e infine recupero di energia) si è seguito il modello a una sola strada, quella del recupero di energia. Sono nati così i sette impianti di produzione del «combustibile derivato dai rifiuti» (Cdr) e l´idea di costruire alcuni inceneritori, da molti definiti termovalorizzatori, dove bruciare i rifiuti trattati per ottenere energia. Senza pensare a null´altro. In tredici anni in Campania non si è riusciti a varare un serio programma di riduzione alla fonte dei rifiuti, né una sola struttura per il riuso e il recupero dei rifiuti. In altre parole, anche i comuni che oggi realizzano la raccolta differenziata - e ce ne sono, alcuni, come Montecorvino Rovella o Nola davvero bravi - non hanno un solo luogo in Campania dove conferire la "materia seconda" selezionata. Inoltre neppure la strada del recupero di energia, in tredici lunghi anni, è stata portata a termine: i termovalorizzatori, o inceneritori che dir si voglia, non sono stati ancora costruiti. In pratica, la sola strada percorsa è diventata un vicolo cieco. È anche per questo che ben presto l´unica realizzazione, i sette impianti di produzione del «combustibile derivato dai rifiuti», si sono ridotti a mere discariche. Luoghi dove stivare le "ecoballe", peraltro mal confezionate e inutilizzabili anche per il «recupero di energia». Un disastro. Essendo l´unica valvola di sfogo, dove i rifiuti entrano e non escono perché vengono conferiti e mai termovalorizzati, i sette impianti di produzione del «combustibile derivato dai rifiuti» divenuti discariche si sono presto riempite. Diventando talvolta fonte di inquinamento. E, quindi, chiuse dalla magistratura. Per di più i siti dei sette impianti divenuti discariche e dei termovalorizzatori ancora da costruire sono stati scelti - con criteri discutibili e comunque senza consultare gli enti locali e l´intera popolazione - da una società privata: la stessa che ha gestito (male) gli impianti di Cdr. Un conflitto d´interesse che ha provocato un ulteriore disastro. E che ha esasperato fino al parossismo la «sindrome Nimby» (Not in my backyeard), non nel mio giardino: una sindrome sempre latente nella nostra "società del rischio", ma che in Campania, talvolta abilmente alimentata, assume spesso i caratteri delle antiche jacqueries, delle rivolte di popolo. Un altro disastro. Ma gli errori tecnici sono solo le cause prossime dell´eterna emergenza rifiuti. Raccontano la crisi. Non la spiegano. Resta la domanda: perché tutto questo si è verificato e si verifica in Campania e non altrove? Per rispondere occorre mettersi alla ricerca di cause più strutturali della crisi campana. Che, in ordine di importanza, possono essere individuate - senza presunzione alcuna di completezza - in almeno tre. La causa demografica. L´alta densità di popolazione della regione e, in particolare, della provincia di Napoli. Non è facile, in una realtà altamente urbanizzata, trovare i siti adatti - lontano da centri residenziali - per risolvere il problema delle "4 R": i siti per la produzione di combustibile derivato da rifiuti e i siti dei termovalorizzatori, certo, ma anche siti di raccolta e differenziazione, di compostaggio, di recupero a secco. Si dirà: ma in Olanda la densità di popolazione è persino maggiore, ma nessuno ha mai sentito parlare di emergenza rifiuti. E, infatti, nel contesto campano c´è qualcosa che in Olanda non c´è: la criminalità organizzata. La seconda causa dell´eterna emergenza è la camorra, che sui rifiuti ha costruito una parte importante del suo potere illegale e che costituisce la punta avanzata in Italia di quella che è stata chiamata, proprio per questo, ecomafia. L´odore della camorra ha accompagnato per intero questi tredici anni di crisi dei rifiuti in Campania e ne spiega, per la gran parte, l´esistenza. Ma la causa principale è politica. Una causa complessa, dai mille volti (anche nel senso dei personaggi coinvolti) che si dipana a ogni livello: nazionale, ma soprattutto regionale e locale. Gli errori della politica sono stati quelli di essersi, sistematicamente, tirata indietro. Sottratta alle proprie responsabilità. Sin da quando, nel 1994, ha fatto passare l´idea che esistesse un´emergenza rifiuti specifica della Campania e del Mezzogiorno d´Italia da affrontare con poteri straordinari (il commissario di governo) e non un problema ordinario, da risolvere - in Campania e nel Mezzogiorno, come nel resto d´Italia e d´Europa - con gli ordinari strumenti della politica. Un secondo errore è stato quello di non battere tutte le strade aperte delle "4 R", ma di puntare di fatto, come abbiamo detto, su una sola strada: quella del "recupero di energia". Un terzo errore - commesso dal presidente regionale Antonio Rastrelli ma, bisogna dirlo, non risolto da Antonio Bassolino - è quello di aver lasciato che le soluzioni tecniche venissero cercate e trovate da una società privata, in conflitto di interesse, piuttosto che dalla politica. Un ultimo errore, commesso un po´ da tutti, è di non aver capito fino in fondo che la "società del rischio" non può essere governata senza o addirittura contro la popolazione. Anche e soprattutto in un territorio inquinato moralmente dalla camorra e fisicamente dai rifiuti tossici e nocivi con cui la camorra si è arricchita, facendo della Campania la discarica occulta dell´industria italiana. Ed è proprio dalla popolazione campana che bisogna ripartire per risolvere, in via ordinaria, l´emergenza eterna. Essa ha più volte dimostrato che, se viene davvero coinvolta, non è diversa dalla popolazione del Trentino, della Bavaria o della Scandinavia: sa guardare ai rifiuti come a una risorsa e non solo come a un problema.
da www.unita.it "Quando c'è l'amore c'è tutto". "No ti sbagli, chella è 'a salute". www.sgteverola.tk |