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Nick: hightecno
Oggetto: eros & pathos (cap VI)
Data: 9/3/2004 11.11.32
Visite: 152

Ogni relazione umana, nella sua complessità, si struttura sulla base di elementi psicologici che rimangono spesso sommersi nelle profondità del terreno emotivo, dove si collocano i significati autentici, non visibili agli occhi del mondo esterno, che guidano le azioni e i comportamenti di noi esseri umani, sempre catapultati e immersi in un intricato contesto affettivo e relazionale. Il coinvolgimento emotivo opera una funzione conoscitiva elevata nella personalità del singolo individuo.

Perché gli consente di entrare in contatto con la sua dimensione psicologica interiore, favorendo in tal modo il processo dell’autoconsapevolezza. La conoscenza di se stessi, infatti, non può mai prescindere dalla accurata esplorazione del proprio mondo emozionale, delle dinamiche affettive che lo sorreggono, e tali dinamiche non potrebbero articolarsi al di fuori di un autentico rapporto di coppia.
I sentimenti sono le radici portanti del nostro modo d’essere, linee indelebili tracciate sul terreno della nostra psiche che ci indicano, di volta in volta, durante il percorso della vita, i sentieri da perseguire, i traguardi da raggiungere. L’amore, in particolare, è luce che spazia nella tenebrosità del nostro animo, strumento superiore di conoscenza, sonda interiore per il disvelamento della nostra verità profonda. E queste affermazioni, naturalmente, riguardano anche la dimensione del desiderio.

Il desiderio è la forza motrice nella dimensione psichica dell’individuo, impalpabile e oscuro detiene le redini del nostro agire, orientandoci verso determinati traguardi di vita. La realtà seducente e inafferabile del desiderio si muove sui propri passi, sulle proprie aspirazioni, oltrepassando ogni forma di divieto avanzato dall’esterno che mira, dal canto suo, a risucchiare nel vortice della «comunanza dei beni» ogni intuizione personale, unica e innovativa.
Possiamo addirittura asserire che il vissuto profondo del desiderio libera l’uomo dalla prigionia dell’esteriorità, dai significati omologanti che la realtà gli impone, perché si basa unicamente sulle inclinazioni psicologiche dell’individuo.
Nella dinamica del desiderio sono assenti le coordinate esterne a cui appigliarsi per dare un’interpretazione della vita, dal momento che i punti di riferimento devono essere cercati all’interno di se stessi, nel personale universo psicologico la cui prospettiva risulta dotata di valori unici e irripetibili.

Un nuovo linguaggio sgorga dalla nostra anima, una rinnovata luce schiarisce i nostri orizzonti, una prospettiva del tutto personale permette di osservare la realtà senza l’ausilio di lenti artificiali e costruite.
Il desiderare si sostanzia, quindi, dell’infinità dell’essere, della mancanza di coordinate esterne, della capacità di vedere oltre la soglia del visibile, proprio per evitare che l’individuo stesso rimanga prigioniero tra le spire della superficialità apparente.

Il desiderio si muove sul terreno psicologico dove gli unici protagonisti sono l’essere umano e il mistero dell’Altro, per cui occorre impiegare la personale energia creativa per dare voce ed espressione alle dinamiche interiori che ci appartengono totalmente. La prospettiva psicologica del desiderio segna l’inizio di una estenuante e infinita scoperta che conduce l’essere umano verso la dimensione dell’alterità. Dimensione che indica la strada per attingere al proprio tesoro interiore. È il regno dei sentimenti che provvede alla trascendenza dei confini individuali per dare spazio alla conoscenza intuitiva dell’Altro e di tutto ciò che si colloca al di fuori della propria soggettività.

La premessa a ogni relazione interpersonale significativa è rappresentata dalla capacità dell’individuo di cogliere le dinamiche emozionali che prendono vita nel suo intimo, di carpire i movimenti affettivi che si agitano nel profondo di se stesso, per poi cercare di intravedere le scene emozionali nascenti nell’Altro. Del resto, saper interpretare le intenzioni delle altre persone è una conquista psicologica basilare per l’individuo, giacché gli consente di comprendere ciò che ancora non si manifesta in modo diretto nella dinamica interattiva che egli stabilisce con la realtà esterna.

Possiamo così affermare che il mondo degli affetti e delle emozioni racchiude in sé una carica energetica sorprendente capace di risvegliare gli strati più primitivi della nostra vita psichica, quelle fondamentali «molecole psicologiche» che compongono l’essenza della personalità di ogni individuo. E la vita emozionale si pone proprio come premessa basilare di ogni rapporto interpersonale, laddove il continuo flusso e scambio di componenti affettive diventa l’artefice di ogni possibile trasformazione interiore. Solo la presenza di una reciprocità di esperienze emozionali e di partecipazione affettiva, garantisce a chi ama e a chi è amato la costruzione di una modalità di vita.




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eros & pathos (cap VI)   9/3/2004 11.11.32 (151 visite)   hightecno

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