Nick: falconero Oggetto: Gulag un orrore dimenticato Data: 12/3/2004 11.46.47 Visite: 114
Gulag un orrore dimenticato
Nel 1919, a due anni dall'inizio della rivoluzione d'ottobre, la situazione in Russia era ancora molto calda: dopo la cacciata dello zar (febbraio 1917) e il successivo rovesciamento del governo provvisorio di Kerenskij per mano bolscevica (ottobre 1917), nel paese si scatenava la guerra civile, che vedeva opporsi ai bolscevichi di Lenin i cosiddetti bianchi (fra le cui file si trovano liberali ma anche socialisti moderati) che avevano costituito una parte attiva nell'abbattimento del regime zarista. Il conflitto fratricida si concluse come si sa con la vittoria dei "rossi", la costituzione dell'URSS e la progressiva riforma verso l'instaurazione dello stato socialista; rimaneva da sistemare la questione dei dissidenti e dei controrivoluzionari: l'istituzione della polizia speciale, la CEKA, e il gulag furono la risposta. I primi campi di concentramento (di lavoro forzato e poi anche di sterminio) nacquero in questi anni, ma è durante gli anni del Terrore staliniano che essi conobbero il loro massimo sviluppo; non dobbiamo comunque dimenticare che essi continuarono ad esistere, sebbene a ranghi ridotti, fino all'epoca di Gorbaciov. Nel gulag confluivano oltre agli oppositori politici anche i criminali comuni e soprattutto le vittime delle deportazioni di Stalin (si calcola che solo durante e dopo la Seconda Guerra mondiale i deportati furono oltre un milione e mezzo); questi ultimi comprendevano i "forzati" della collettivizzazione (i kulaki, cioè i contadini ricchi e i medi proprietari che durante la NEP intrapresa da Lenin non avevano ancora perso la terra), gli appartenenti a minoranze etniche (ceceni, armeni, ucraini, bulgari, calmucchi ed altri, che sperarono con la rivoluzione in una maggiore autonomia ma che subirono la stessa repressione vista con gli zar), esponenti della gerarchia ecclesiastica russo-ortodossa, della Chiesa ucraina e di quella bielorussa, travolti tutti dalla persecuzione comunista contro ogni forma di religione e contro ogni simbolo di resistenza nazionale all'egemonia russa. Per accogliere un numero così elevato di persone fu necessaria la costituzione di una complessa macchina burocratica capace di organizzare e controllare il complesso sistema dei "lagerja"(nome russo dei lager). Esistevano infatti diversi tipi di gulag: colonie di rieducazione attraverso il lavoro, lager speciali per i "controrivoluzionari" (dal regime di detenzione più duro); il tipo di gran lunga più diffuso fu il cosiddetto "lager di rieducazione attraverso il lavoro": situato in regioni estreme e disabitate, esso fu utilizzato dal potere centrale per colonizzare quei luoghi, sfruttando la manodopera fornita dai detenuti (praticamente gratuita se non si considera lo scarso vitto e il fatiscente alloggio) per costruire strade, ponti, ferrovie e canali, per estrarre oro ed altre risorse dai giacimenti minerari, per trasformare queste sostanze negli stabilimenti che sorgevano man mano che il territorio veniva colonizzato; il tutto in condizioni ben più gravi di quelle in cui gli operai cittadini (che avrebbero costituito poi il movimento bolscevico) si trovavano prima della rivoluzione: questi furono i costi umani dell'industrializzazione sovietica. Per avere un'idea dell'importanza del gulag nell'economia sovietica si può citare il lager di Kolyma. Situato nel Nord-Est della Siberia e istituito nel 1932, negli anni '50 contava circa 200 mila persone ed un'estensione di 3 milioni di chilometri quadrati; si calcola che più di un milione di persone vi soggiornarono nei trent'anni della sua storia, costruendo 1000 Km di strade, la città e il porto di Magadan, villaggi, miniere e fabbriche. Inutile dire che le condizioni di vita in questi luoghi erano disumane: i prigionieri lavoravano dodici-quindici ore al giorno, vivevano in baracche dove o si soffriva il freddo glaciale (30-40 gradi sotto zero) oppure il caldo umido, in condizioni igieniche precarie e con poco cibo e per questo soggetti a malattie; subivano le vessazioni delle guardie, spesso reclutate fra i peggiori delinquenti… "La fame attenuava e svigoriva ogni sentimento.[…] Non avevamo la forza di provare sentimenti […], chiedere, pregare…", sostiene un ex detenuto; milioni di persone morirono, e forse era per loro l'unica via d'uscita al dolore. E la situazione era la stessa anche per le donne e per i bambini, che subivano la stessa sorte dei genitori; soltanto gli artisti, i giornalisti (vittime anch'essi della repressione bolscevica che portò già con Lenin alla chiusura di molti giornali), occupandosi della propaganda di regime, riuscivano ad ottenere condizioni di vita migliori all'interno del lager. Ma la repressione non ebbe come unico strumento il gulag. Accanto ai lager infatti vi erano altre forme di punizione come il confino, l'espulsione amministrativa, i lavori forzati senza reclusione, la privazione dei diritti civili (attuata già da Lenin verso gli aristocratici e i funzionari zaristi), pratiche che rientravano tutte nel progetto più ampio di controllo della popolazione e delle menti che il regime comunista attuava e che impediva il libero spostamento dei cittadini (gli operai non potevano cambiare fabbrica, gli studenti l'università ecc.). La repressione colpì quindi tutti, perfino gli stessi comunisti che cominciavano a contestare il regime che stava instaurandosi. Fra questi numerosi furono anche gli italiani, arrivati durante il fascismo e certi che nella patria del socialismo reale avrebbero trovato accoglienza e asilo; ma non fu così. Come altri comunisti stranieri presenti negli anni Trenta in territorio russo essi furono accusati di spionaggio, deportati, torturati o fucilati; tutto ciò con il colpevole silenzio del PCI e del suo massimo dirigente Togliatti, che in quegli anni si trovava a Mosca insieme al vertice del partito e che permise lo sterminio di quegli italiani, come avrebbe fatto successivamente per le foibe. E il silenzio è durato fino ai giorni nostri, complice l'egemonia culturale della sinistra presente in Italia, che spesso tende a dimenticare o a minimizzare gli orrori dei vari comunismi sparsi per il mondo (vedi Fidel Castro), anche sui libri di storia, dove al fenomeno gulag sono dedicate solo poche righe. Ricordare anche queste tragedie non è semplice compensazione storica né revisionismo: è giustizia e riabilitazione delle vittime e dovrebbe servire a far capire a coloro che si avvicinano con troppa leggerezza al comunismo quale tragedia esso sia stato e che le sue colpe non hanno riguardato solo Stalin ma anche persone che oggi sono considerate i Padri della nostra Repubblica. Vincenzo Barrese
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