Nick: Casual Oggetto: IlfreddoIlcaldoLaRelativita' Data: 2/11/2006 13.39.54 Visite: 230
delle cose. Fino a due giorni fa con la temperatura del climatizzatore a 20 gradi e quella esterna a 25, avvertivo un gradevole soffio di freddo. Oggi con gli stessi 20 gradi, ma con 13 all'esterno, la sensazione era di un piacevole alito caldo. Le cose sono relative, lo pensavo stamattina in ufficio guardando il ragazzo del bar, che anagraficamente tanto ragazzo non è, andare su e giù su una ripida salita che percorre almeno trenta, quarante volte al giorno....per 600 euro al mese. Forse le radici dell'illegalità partono da lontano, lo penso sempre quando lo vedo arrancare sul crinale di una vita che non sarà mai in discesa. Quante facce incontro ogni giorno, di napoletani onesti e rassegnati allo sfruttamento del lavoro nero, e non me ne accorgo? Quanti napoletani che mi cedono il passo, mi regalano un sorriso, mi dicono grazie se gli faccio un favore, che si svegliano la mattina e vanno a lavorare, anche quando questo lavoro gli viene pagato una miseria, attraversano quotidianamente la mia strada? Sono tanti ma non me ne accorgo, non vado quasi mai oltre i loro contorni sbiaditi, le figure grigie, che sfilano veloci sulla superfice della mia memoria. Mi ricordo invece delle facce che sembrano uscire dagli incubi di Lombroso, degli sguardi minacciosi e carichi di rancore. Non è amore, quello che quegli sguardi palesano, è odio, non c'è posto per l'amore quando vivi la privazione, di un padre, di un lavoro, di un reddito sicuro, di un futuro sufficentemente appetibile da desiderare d'essere vissuto, di modelli sociali e culturali che t'insegnino a essere donna, uomo e non bestia. L'amore non c'entra un cazzo quando tutto intorno a te ti butta in faccia che i furbi vivono e i ragazzi del bar sopravvivono su salite sempre più ripide, percorse cento volte al giorno, col capo chino e gli occhi a terra, col caldo, col freddo, col sole rovente che squaglia l'asfalto sotto le scarpette, sotto la pioggia battente di un ennesimo inverno uguale a quello che l'ha preceduto. L'amore, credetemi, non c'entra un cazzo quando per allevare vacche transgeniche che finiscono sui nostri tavoli imbanditi, da qualche altra parte lontana migliaia di km, le multinazionali mettono da parte il volto suadente dei loro spot occidentali e rubano la terra ai contadini chiamandolo libero mercato. In fondo la camorra fa la stessa cosa, ci sono merci che hanno un mercato e la camorra le vende e fa niente se i morti poi li fa a Napoli e non in Argentina, in Iraq o in Burkina Fasu. Quello che si vende, si vende perchè qualcuno lo compra e anche questa si chiama economia di mercato, come qualsiasi cosa che investendo 10 da un profitto 1000. Se poi, mentre la camorra vende e compra, spara e taglieggia, lo Stato promette lavoro e non mantiene, dovrebbe educare e ci regala uomini e donne, dovrebbe imporre dei modelli culturali per i quali si è uomo per i propri valori e non per quello che si possiede, io comincio a non vederci più tanta differenza. Saremo forse cosi' ingenui da pensare che questa società vorace, spietata, assolutamente neo-liberista, quella legale e quella presunta illegale, possa produrre i Ninetto Davoli di Pasolini? I Salvatore Stallone di Peppe Lanzetta, boxeur di belle speranze del Rione Amicizia, saltato in aria in una fabbrica abusiva di fuochi d'artificio? Io non credo. Se mio nipote che ha quattro anni mi dice: "zio mi compri le Nike?" e non dice: "zio mi compri le scarpe?", ci deve essere qualcosa non solo di sbagliato, ma di tremendamente perverso nel meccanismo che regola il nostro presunto vivere civile. Quando ogni mattina vedo ragazzi diplomati e laureati fare la fila per un colloquio di lavoro, sentirsi rispondere "qui non c'è niente", oppure "c'è un tirocinio di cinque mesi al nord", quando li vedo accettare e partire, resistere, stringere la cinghia e restare, io penso sempre che la loro scelta dipende da una coscienza, dall'istruzione, da una possibilità pur misera che comunque hanno avuto e sulla quale le istituzioni ci pisciano allegramente sopra, mentre spariscono migliaia di milioni di euro che non alimentano nessuno sviluppo che non sia quello di un circo di nani e ballerine, perenne, implacabile, nel suo desiderio omnicomprensivo di trasformare il dolore e la rabbia in merletti e spettacolo. C'è che non si mette in fila, impara da bambino in quartieri rasi al suolo dall'odio che i furbi vincono e vivono gli altri sopravvivono e cosi' diventano bestie, di quelle che t'incontrano e ti danno una coltellata (e io grazie non gliel'ho mai detto, altri non so), che apri un'attività e vengono a taglieggiarti, che sei in strada a goderti un po' di meritato riposo e ti aprono la testa perchè il tuo sguardo non gli piace. Non è un desiderio d'amore, l'amore hanno imparato a disprezzarlo presto, nei vicoli bui del rancore, nelle sirene spiegate della Polizia che si portava via la madre e il padre, nelle raffiche di kalashnikov, nelle botte di 9 x 21 che gli hanno ammazzato un parente, ma anche nella sordità, nell'indifferenza di quello Stato che dovrebbe rappresentarli, formarli, educarli, metterli in tempo sulla retta vita per evitare che diventino le bestie che poi saranno o che già sono. Qui nessuno è innocente, o forse di innocenti ce ne sono tanti, quelli che arrancano sulle salite, quelli che si mettono in fila, quelli che partono e quelli che restano, avvinghiati come l'edera, disperatamente speranzosi di qualcosa che si possa chiamare vita. Gli innocenti ci sono, ma non contano, sono figure opache, perchè non sanno che Ninetto Davoli e Salvatore Stallone sono nati in un'altra epoca, un tempo nel quale c'era un moto che rivoltava la società dal basso, che imponeva la scuola aperta a tutti e il corso delle 150 ore agli operai. Gli innocenti ci sono e invocano l'esercito, come se non fossero gli eserciti legali e illegali, quelli che li hanno ridotti alla condizione di impotenza. La verità è una: i poteri criminali e quelli sedicenti legali, si somigliano molto, hanno le stesse logiche, sfruttano l'uomo e il suo lavoro, disprezzano la dignità umana. Fra questi vasi di ferro, all'uomo comune non resta che raccogliere i cocci della sua argilla, arrancare, mettersi in fila, sudare, sputare merda, lanciare richieste d'aiuto che non saranno soddisfatte, dall'una come dall'altra parte. |