Nick: Mach Oggetto: Bassolino a Gava: Data: 5/11/2006 15.17.8 Visite: 246
dalla repubblica di oggi, Bassolino "I miei errori i miei nemici" di Giuseppe D'Avanzo Che cosa accade tra Giorgio Napolitano e Antonio Bassolino, per più di sei anni sindaco di Napoli e da più di sei anni presidente della Regione Campania? Tra i pettegolezzi e la verità c´è soltanto un brevissimo passo. Tutto è vero e niente lo è. E´ verità o soltanto una chiacchiera maligna che il capo dello Stato con la sortita sugli «anni peggiori di Napoli» - questi anni, gli anni di Bassolino - abbia voluto incendiare a freddo la leadership del vecchio compagno di partito - mai amato - che lo ha sconfitto nel partito e, secondo lingue lunghe e sciolte, anche umiliato facendolo penare per trovargli un posticino europeo a Bruxelles? E´ autentica o fasulla la storia che ci abbia messo del suo anche Romano Prodi rifiutandosi di apparire nella conferenza stampa napoletana dell´altro giorno accanto a Bassolino e alla Jervolino? E´ una maldicenza che anche nei democratici di sinistra soffi una brutta aria per il "mostro sacro"? Dov´era Piero Fassino quando, come in questi giorni, non si lesinavano a Bassolino colpi da kappao? Perché il solo Massimo D´Alema ha speso qualche parola? Tutti gli altri, solitamente molto linguacciuti, dov´erano? I pettegolezzi dicono sempre la verità sulle cose che accadono, diceva Cesare Garboli, ma le cose non accadono mai come i pettegolezzi ce le raccontano. Antonio Bassolino, nel suo ufficio del Palazzo di Santa Lucia, ha alla destra del suo scrittoio una grande e, visibilissima, foto di Giorgio Napoletano. Si può dire che è il volto in effige del presidente che accoglie il visitatore più del grande dipinto in pallido rosso di Mimmo Paladino che il governatore ha alle sue spalle. Si sa che, ascoltate le parole di Napolitano, Bassolino gli ha telefonato per far sapere che considera «un errore» quella dichiarazione sugli «anni peggiori». Si sa che la decisione di Prodi di muoversi "in solitario" davanti ai media ha irritato il governatore come uno schiaffo in pieno volto. Ce n´è quanto basta per parlare di accerchiamento, anche se altri si spingono ad almanaccare di un complotto. Antonio Bassolino stacca lo sguardo dalla fotografia di Napolitano. «Non c´è dubbio che si è creato un curioso corto circuito. In quale altra regione o città italiana una materia di esclusiva competenza dello Stato centrale - come è la sicurezza e l´ordine pubblico - sarebbe diventata la lancia di una polemica contro gli amministratori locali? Non so se è chiaro. Si può immaginare che possa accadere a Milano? Qualcuno può dire che una crisi sicuritaria della città di Milano possa finire sul groppo di Formigoni? E tuttavia io lo capisco. Capisco al punto che solo qui da noi le istituzioni locali trasferiscono le poche risorse disponibili per sostenere a Roma lo sforzo dello Stato, delle forze dell´ordine. Accade anche questo, ma va bene così. Anche se da qualche tempo faccio altro, capisco che la mia stessa identità politica - e addirittura personale - è una sola cosa con Napoli. Lo capisco e non mi tiro indietro. Sono l´unico governatore che è stato a lungo sindaco di una grande città e sono consapevole che la mia passione per Napoli debba essere vissuta nel bene e nel male, nei giorni della gioia e nei giorni del dolore. E dunque. Mettiamola così… Penso che non ci sia alcun complotto. Ci sono attacchi, è vero, e credo che ci sia anche qualche desiderio di rivincita. I nomi? Stia tranquillo che glieli farò. Ora voglio distinguere bene le cose. Un conto è quando Pierferdinando Casini, con modi civili, mi chiede: ci sono da parte delle istituzioni locali, e di Bassolino in particolare, autocritiche da fare, errori da riconoscere? Altro conto è quando si vuole cancellare tutt´intera un´esperienza. Un altro conto ancora è quando Antonio Gava e Paolo Cirino Pomicino pensano addirittura di poter restituire valore e onore ai loro anni e alle loro azioni. Mi sembra un´Italia sottosopra, dio mio. Gava, capisce? I giorni più amari per la città, gli anni peggiori per Napoli - quelli, sì, i peggiori - sono stati gli anni di Gava e Pomicino. Quei due ci hanno lasciato in eredità macerie materiali e umane. Da lì siamo partiti e lì vogliamo che Napoli non torni più. Gava, capisce! È uno spettacolo disgustoso vedere farsi avanti ora i responsabili di quelle macerie. E Pomicino tanto quanto, ma Gava! A Gava posso dire soltanto di andare a fare in culo! Ecco l´ho detto e se lo annoti sul suo taccuino». Gava sembra servito, e tuttavia nelle difficoltà che assediano oggi Bassolino un ruolo non secondario ha l´indifferenza del suo partito. È l´altro aspetto da grattare. C´è chi dice che il governatore paga oggi, e per risentita invidia, la sua straordinaria popolarità, il larghissimo consenso che sempre lo ha gratificato al momento del voto. Non tutti condividono. Perché, al contrario, c´è chi sostiene che oggi al governatore venga servito il conto non della sua popolarità, ma dell´autonomia - a tratti, arrogante, dispotica, egocentrica - che quella popolarità gli ha consentito e che egli non ha disprezzato. Chiede Bassolino: «Sa dov´era arrivato il consenso dell´ex-Pci quando sono ritornato a Napoli?». Si risponde da solo. «Era all´8 per cento e con i carabinieri di tangentopoli fuori della porta. In questi anni, non ho mai pensato al mio destino personale, alla mia personale fortuna. Dopo essere stato sindaco, volevo lasciare. Mi chiesero di candidarmi in Campania perché quel voto regionale sembrava dovesse essere decisivo per il governo D´Alema. Ho obbedito, il governo è caduto lo stesso, purtroppo. Non volevo accettare il secondo mandato di governatore. Ho chiesto di fare altro. Sapevo di poter essere ingombrante a Roma e ho ipotizzato di andare più lontano. Mi hanno chiesto di rimanere. Ho accettato per disciplina, quella disciplina che ci ha insegnato il vecchio partito comunista. Ho buttato il sangue e ancora, giorno dopo giorno, lo butto seduto su questa sedia in un rapporto diretto con la cittadinanza mentre a Roma c´è qualcuno che nemmeno conosce quali sono davvero i problemi del Paese. Questo non vuol dire che non abbia fatto errori, che non abbia sottovalutato molte questioni, che non abbia compreso l´impatto di alcune decisioni assunte forse con troppa leggerezza. Lo so anch´io e accetto l´invito di Casini. Ho fatto male, per esempio, a non occuparmi del proliferare delle commissioni o a non controllare l´attività della 37 società della Regione e delle 55 controllate indirettamente. Ora che il problema è stato posto, lo stiamo risolvendo». È forse l´accusa più robusta che, da più parti, si muove contro il Viceré. Dal "giacobinismo" che ha segnato il suo governo di Napoli, Bassolino - alle prese con una composita maggioranza - ha protetto in Regione il suo consenso con una rete di potere (quelle società miste, questo sono) che molto, troppo sfruculiava etica pubblica e trasparenza. Sempre gli stessi nomi sulla ruota. Sempre gli stessi impenetrabili canali di accesso. Nessuna considerazione per merito e risultati. Soprattutto, in molti casi, spreco di danaro pubblico per un consenso blindato. Bassolino accoglie l´obiezione con una smorfia. «Senta, qui la gente che ci vota sa che siamo l´esatto opposto di Gava. Altro che sistema di potere! Quando si parla di me, scatta sempre il raffronto con il periodo alto della mia esperienza cittadina. Da allora, molte cose sono cambiate. Oggi guido una coalizione e questo rende le cose più difficili per tutti. Vedo che anche altri hanno i miei stessi problemi. Anche Prodi ce li ha, no? Preferisco però ricordare da dove siamo partiti. Se non si guarda la stazione di partenza, è difficile capire. Non avevamo niente, più di un decennio fa. Nessuna risorsa economica. Nulla più veniva da Roma. Era appena finito l´intervento straordinario e la città stava subendo un intenso processo di deindustrializzazione, l´economia era pubblica e l´urbanistica privata. Avevamo soltanto il nostro orgoglio, potevamo soltanto credere nella nostra identità e nella ricostruzione di uno spirito civico, di un sistema di regole condivise e rispettate. Con poco più di niente in mano, soltanto beni immateriali come le nostre virtù civili, abbiamo creato un´immagine nuova della città. Chi ieri si lamentava che quella stagione fosse soltanto "immagine", oggi deplora la pessima immagine della città. Curioso, no? Fu soltanto grazie a quella crescita civile che migliorò l´immagine della città e ci rimettemmo in piedi. Però anche il più tenace spirito civico, a un certo punto, deve incontrare la crescita economica, deve poter contare su trasferimenti di risorse, su infrastrutture, su un nuovo modo di fare impresa e di progettare uno sviluppo sostenibile. Altrimenti si torna indietro. Allora, pensavamo di poter da soli. È stata un´illusione. Dovevamo partire da noi stessi, certo, ma non potevamo farcela da soli. È stato un altro errore. Caricarci il mondo sulle nostre sole spalle. Non mi piace gettare le responsabilità su altri, sarebbe sciocco lo scaricabarile. Ma l´esperienza ci dice che o le difficoltà di Napoli e del Mezzogiorno diventano una questione nazionale o sarà laborioso venirne a capo perché da soli non possiamo farcela. Napoli partecipò con entusiasmo e orgoglio allo sforzo collettivo di non mancare l´occasione europea dell´euro. Fu la missione della politica e del governo nazionale e noi facemmo la nostra parte. Raggiunto l´obiettivo, non c´è stata più un´altra missione. Il Mezzogiorno e Napoli sono scomparse dall´agenda politica nazionale. E, se vuole saperlo, tra gli errori che credo di aver fatto questo è il più grave: ho fatto poco per riportare nella vita del Paese, nel dibattito pubblico, nel discorso della politica nazionale le necessità economiche del Mezzogiorno, le urgenze sociali, i bisogni culturali. Il Mezzogiorno è stato cancellato. Questa è oggi la sfida ed è più difficile di ieri perché bisogna ricostruire quei valori civici che avevamo già conquistato. Può essere soltanto un mio impegno o, mi dica, anche il governo di Roma c´entra qualcosa?». "Quando c'è l'amore c'è tutto". "No ti sbagli, chella è 'a salute". www.sgteverola.tk |