Nick: Mr_LiVi0 Oggetto: Da glande farò il politico Data: 7/11/2006 12.4.5 Visite: 111
Ragazzi, non avete arte e nè parte? fate i politici, fatevi raccomandare da qualcuno in politica. Avrete un suffisso mensile a vita. Ed è proprio questa l'aspirazione di chi non ha altro che la sua poltrona politica. l'esecutivo di Governo regione provincia e comune: sono dei veri posti di lavoro, che danno da mangiare a chiunque si trovi senza un posto di lavoro. Dopo quello che ho letto oggi sul corriere e che vi sintetizzerò xchè non c'è su internet è veramente lo spirito ideale dei politici di oggi. Vi ricordate il comma 54 dell'articolo 1 della finanziaria tremontiana che prevedeva tagli del 10% sulle indennità dei nostri politici? bene in toscana veneto e sicilia stanno presentando delle leggi che "tagliano questo taglio" voluto dal parsimonioso tremonti. N.d.r. onore al presidente della regione toscana che, insieme ai suoi compagni ds, ha votato contro la proposta fatta dal figliol prodigo di un candidato di FI che evidentemente riesce a vivere solo di politica e intanto le spese dei nostri rappresentanti crescono... Il caso Il «miracolo» di Palazzo Chigi: sono quindici Nell’ultima legislatura le «dépendance» sono costate 156 milioni di euro STRUMENTIVERSIONE STAMPABILEI PIU' LETTIINVIA QUESTO ARTICOLO Dice Flavia Prodi che l’appartamento presidenziale a Palazzo Chigi è un posto «che toglie il fiato» e tra marmi, arazzi e stucchi «sembra una prefettura». Al punto che lei, donna pratica, preferiva quello di Bruxelles «arredato con mobili Ikea». Si rassegni: se anche volesse dar una sistematina, non c’è più un centesimo: le gestioni di questi ultimi cinque anni, dai fiori al catering, dalla tappezzeria alle tende, sono già costate ai cittadini italiani una tombola: 1.143.877 euro. E nel bilancio 2006, al capitolo 185 («Spese di varia natura relative alla conduzione degli alloggi e alle esigenze istituzionali del presidente del consiglio dei ministri e delle autorità politiche aventi sede a palazzo Chigi») c’è scritto: 0,0. Detta alla romana: zero carbonella. Se si crepa un battiscopa, prego pazientare. Ma è meglio partire allargando la prospettiva: «Palazzo Chigi», cornice di tutti i ministeri senza portafoglio, dalla Funzione Pubblica ai Rapporti col Parlamento, è in realtà un arcipelago di palazzi. Ce ne sono 15 nel centro di Roma più un deposito a Ciampino più l’autoparco al quartiere Portuense dove stanno le 115 autoblu di cui scrivevamo giorni fa. Certo, dall’alto dei suoi sette governi Giulio Andreotti ha buoni motivi per abbozzare una risatina. Quando cominciò a bazzicare la presidenza del Consiglio come sottosegretario, nel 1947, il governo non aveva neppure una casa tutta sua: «A Palazzo Chigi stavano gli Esteri e noi dividevamo il Viminale con gli Interni. Quali edifici avevamo? Fatemi pensare... Forse non ne avevamo manco uno». Per carità, era un’altra Italia. Ma è mai possibile che la popolazione da allora sia aumentata di circa il venti per cento e il cuore operativo dello Stato si sia dilatato così smisuratamente? È normale che le due Camere più la presidenza del Consiglio occupino insieme (il calcolo esatto è impossibile: i palazzi talora sono stati uniti e talora sdoppiati) almeno 46 edifici? E meno male che il «complesso» Palazzo Chigi, per numero di immobili se non di metri quadrati, si è ridotto: nel 2001 erano 24. Dei quali 17 erano in affitto. Spesso a cifre da capogiro. Come palazzo Sciarra, che apparteneva alla Banca di Roma ed era un tale affare per l’istituto che quando la presidenza decise di dare la disdetta finì quasi in un contenzioso. Totale delle spese di affitto: 27.343.564 euro. Oltre cinquanta miliardi di lire. Uno spreco tale da obbligare il governo: o riduceva gli uffici o comprava nuovi palazzi. Scelse di comprare nuovi palazzi. A partire da un pezzo della Galleria Colonna (ora Galleria Sordi), a pochi passi da palazzo Chigi. Un investimento massiccio: 9 milioni di lire, cioè 4.500 euro al metro quadro. Ma fortunato, dicono: oggi vale il doppio. Fatto sta che la presidenza spese 67 miliardi di lire. Ai quali, stando ai bilanci che però non sono chiarissimi, fu necessario aggiungerne 15 per opere di ristrutturazione e manutenzione straordinaria. Era solo l’inizio. L’anno dopo, palazzo Chigi si allargava ancora comprando (25,3 milioni di euro) un altro immobile in via della Mercede. Dove avrebbe speso, per risanarlo, sistemarlo e adattarlo alle nuove esigenze, altri 16 milioni. Con grandi brindisi, c’è da supporre, di imprese edili, falegnami, elettricisti, idraulici. Impegnati anche l’anno successivo, un po’ qua e un po’ là, in lavori di ristrutturazione e manutenzione straordinaria per altri 26,5 milioni di euro, saliti nel 2004 a 30 milioni con una coda nel 2005 di ulteriori 16,1 milioni. Facciamo le somme? Il salasso degli affitti si è drasticamente ridotto da 27 e passa milioni di euro a poco più di dieci. Il conto finale, però, è salato: dal 2001 al 2005 la presidenza del Consiglio ha speso 60 milioni di euro per acquistare immobili e 96 per restauri, aggiustamenti e manutenzioni varie. Totale: 156 milioni di euro. Ai quali vanno aggiunte le spese per la manutenzione ordinaria (in burocratese «manutenzione, conduzione e riparazione degli immobili») e la cura dei giardini: 5.403.571 euro nel 2001, 11.750.600 (quasi 23 miliardi di lire) nel 2005, con un aumento del 99,8% oltre l’inflazione. O le altre «spese di casa»: 5.414.475 euro (quasi un milione in più rispetto al 2001) per l’acqua, la luce, il gas, il telefono e la spazzatura. Ben 3.819.455 (il 30,1% reale in più rispetto a cinque anni fa) per le pulizie e lo «smaltimento dei rifiuti speciali». Addirittura 1.663.000 euro (con un ricarico del 35,2% sul 2001) per facchinaggio e trasporto beni mobili. Fatevi due conti: se il trasloco di un appartamento medio costa 1.500 euro, è come se a palazzo Chigi facessero tre traslochi al giorno. Le cose più curiose però, come dicevamo, sono quelle intorno all’appartamento presidenziale. Berlusconi, racconta il suo arredatore di fiducia Giorgio Pes, che dall’augusto committente si è visto delegare nell’ultima legislatura la sistemazione non solo di palazzo Grazioli (proprietà sua: del Cavaliere) ma anche del palazzo del Viminale, della palazzina dell’Algardi e di villa Madama (proprietà pubblica) restò inorridito, la prima volta che ci mise piede: «Là dentro c’era il peggio del peggio». Mobili «di cattiva qualità, ottoni da fiera paesana, stupendi affreschi abbinati con parquet a spina di pesce, lampade di plexigas... E poi lo sporco, il sudiciume, la moquette color topo...». Insopportabile. E Berlusconi disse, ricorda un titolo: «Architetto, mi rifaccia palazzo Chigi». Che Pes sia architetto in senso stretto, stando agli elenchi dell’Ordine, non sarebbe del tutto vero. Che gli abbia rifatto palazzo Chigi, invece, è verissimo. Compreso il famoso appartamento del presidente, di cui raccontò a Sette ogni dettaglio: qui il Cavaliere aveva «chiesto una grande specchiera», lì aveva fatto togliere «un brutto parquet a spina di pesce sostituendolo con un pavimento di marmo», qui aveva portato «una sua grande scrivania dell’Ottocento da due metri e 40», lì aveva fatto stravolgere il bagno («La maiolica in stile campagnolo marinaro è stata sostituita con marmi giallo di Siena») e abolire la vasca: «Lui non sosta nella vasca, fa la doccia e parte in quarta». Quanto alla camera, volle «un letto antico, grande ». Quante notti ci abbia dormito poi Sua Emittenza, visto che preferiva lavorare a palazzo Grazioli, dove Giorgio Pes gli aveva costruito anche un parlamentino, non si sa. C’è chi dice mai. Si sa invece cosa ne pensi Flavia Prodi, nel libro Insieme ha scritto di una casa «sostanzialmente assurda », con un salotto «così grande da scoraggiarne un uso normale» e una sola camera sterminata che la costringeva a far dormire i figli sulle brande. Chi abbia ragione, in fatto di buon gusto, non è poi così importante. Ciò che è certo è che a i contribuenti quel pied-à-terre di 300 metri quadri, è costato una buona parte dei tre milioni e mezzo di euro pagati per quella sistemazione di palazzo Chigi. Una sistemazione che evidentemente non è bastata sui tempi lunghi: non si finisce mai di fare e rifare, signora mia... Negli ultimi anni il capitolo 185 su citato («Spese di varia natura relative alla conduzione degli alloggi...») ha inghiottito infatti 155 mila euro nel 2001, 167 mila nel 2002, 314 nel 2003, 294 mila nel 2004 e 214 mila nel 2005. Per un totale in cinque anni, come dicevamo, di 1.143.877 euro. Pari a due miliardi e passa di lire. Basta, deve aver detto Berlusconi. E prima di andarsene ha deciso per il 2006 un taglio drastico. Era in arrivo Prodi? Zero euro a bilancio. Ci pensasse lui, adesso, al pied-à-terre... Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella 03 novembre 2006 «Collaboratori» e «cancelleria»: Palazzo Chigi costa il 69% in più Spese per lo staff del premier cresciute del 186% STRUMENTIVERSIONE STAMPABILEI PIU' LETTIINVIA QUESTO ARTICOLO «Dobbiamo tagliare», diceva Berlusconi. E le spese di funzionamento di Palazzo Chigi sono passate in pochi anni, nei «suoi» bilanci, da 214 a 302 milioni di euro. Fino a toccare nel 2006, secondo i conti ulivisti (ma la responsabilità va divisa: metà alla destra, metà alla sinistra) i 373 milioni. «Dobbiamo tagliare», dice Romano Prodi. Ma per le stesse spese prevede di tirar fuori nel 2007, nella «sua» Finanziaria, 17 milioni in più. Fino ad arrivare a 391. Pari a 757 miliardi di lire. Per carità: è più cara la bolletta del riscaldamento, sono più cari i pieni di benzina, è più cara l'elettricità. Ma capire come le spese vive del «cuore» dello Stato si siano impennate del 69% oltre l'inflazione (13% complessivo) è arduo. Tanto più che i bilanci, come capita nelle società di quei faccendieri che non vogliono curiosi nei dintorni, sono tutt'altro che cristallini. Una struttura pubblica trasparente deve avere bilanci trasparenti? Qui no. Prendiamo un capitolo: «Spese per acquisto di cancelleria, stampati speciali e ogni altro bene di consumo e/o strumentale necessario al funzionamento degli uffici, per il noleggio e la manutenzione di apparecchiature, attrezzature e restauro di mobili». Cosa vuol dire? Che ci fa il «restauro di mobili» con le matite e le gomme? E di quali «apparecchiature» si tratta? Computer? No, c'è una voce a parte. Anzi, nel bilancio 2005 addirittura tre. Capitolo 213: «Spese per l'installazione, la gestione e la manutenzione degli apparati tecnologici delle reti informatiche e di telecomunicazione»: 4.913.737 euro. Capitolo 913: «Spese per l'acquisto di beni e servizi informatici e telecomunicazioni durevoli»: 1.770.000. Capitolo 909: «Spese per lo sviluppo del sistema informatico e delle infrastrutture di rete»:10.693.383. Qual è la differenza? Boh... L'unica cosa certa è il totale: 17.377.120 euro. Quanto alle «spese di cancelleria», nel 2001 ammontavano a 1.043.242 euro, nel 2005 erano a 2.598.721. Sono aumentati i dipendenti, quindi la necessità di penne e calamai? Nel faccia a faccia prima del voto, in polemica col Cavaliere, il Professore disse di sì: «Aveva detto che c'erano troppi dipendenti a palazzo Chigi. Erano 4.000 persone, oggi sono 4.200». In realtà, i numeri a bilancio sembrano dare torto a tutti e due. Non erano quattromila ma 3.548 (sulla carta) nel 2001, non sono 4.200 ma 2.974 (sulla carta) alla fine del 2005. Sulla carta, però. Perché esiste da sempre una tale girandola di «comandati», consulenti, provvisori vari da perdere la testa. La riprova? La spesa per il personale, che in base ai numeri appena dati avrebbe dovuto calare di circa un sesto (anche se i dirigenti con le destre al governo sono passati da 310 a 368) è in realtà aumentata, salendo da 76.653.739 euro del 2001 a 134.438.560 del 2005. Il fatto è che tutto è molto complicato da decifrare. E che a Palazzo Chigi i consulenti (61 nel 2001, 136 nel 2005) e i collaboratori presi in prestito possono essere un esercito. Come quello a guardia di Berlusconi: vi sembrano tanti i 31 agenti che lui stesso si assegnò per quando non sarebbe più stato capo del governo? Allora ne aveva 81. Dei quali 11 (sei dipendenti del gruppo Mediaset, stando alle denunce della sinistra) erano stati assunti dal Cesis per chiamata diretta, scavalcando le regole che permetterebbero l'accesso ai «servizi» solo a chi è già poliziotto o carabiniere. Quanto allo staff, ricordate cosa scrisse un cronista entusiasta dell'attivismo del Cavaliere? «Segreterie e collaboratori si alternano, con diversi turni, mentre il Cavaliere sembra l'omino delle pile Duracell. Chi scrive riesce a stento a girare lo zucchero nella tazzina del caffè, nello stesso tempo in cui il presidente fa almeno tre cose». Pareva una lisciatina: era un programma. Lo dicono i bilanci: nel 2001 le spese per pagare «gli addetti alle segreterie particolari del presidente, del vicepresidente e dei sottosegretari di Stato estranei alla pubblica amministrazione» (le persone portate da fuori) ammontarono a 1.882.248 euro. Ai quali andavano aggiunti altri 1.846.333 euro per il «trattamento economico accessorio per gli addetti agli uffici di diretta collaborazione del presidente, dei vicepresidenti e dei sottosegretari». Totale: 3.728.581. Cosa significhino esattamente queste voci (cos'è il trattamento «accessorio»?) non è chiarissimo. È però chiaro che le stesse voci si sono impennate nel 2005 fino a 11.154.000 euro: 21 miliardi e mezzo di lire. Un aumento reale, al di là dell'inflazione, del 186%. Né è andata peggio al segretario generale e ai suoi vice: nel 2001 i loro stipendi pesavano per 320 mila euro, nel 2005 per 584 mila. Per le altre curiosità, c'è da cogliere fior da fiore. Tutto legittimo, per carità. Ma colpisce, in questi anni di ristrettezze, che la Protezione Civile abbia speso nel 2005 solo 6 milioni per lo Tsunami (280 mila morti) e 15, quasi tre volte tanto, per «oneri connessi alle esequie del Papa e alla nomina del nuovo Pontefice». O che la stessa protezione civile abbia tirato fuori un milione di euro per «il grande evento relativo alla Conferenza episcopale di Bari». Per non dire della magica stagione della società televisiva «Euroscena». Fondata venti anni fa «su imprescindibili valori cristiani» (così è scritto nel sito, dove si vanta insieme il quiz «Distraction» dove chi rispondeva bene aveva diritto a smutandarsi), fino al 2000 fatturava 2 milioni e mezzo di euro. Dal 2001 ad oggi è passata a 16.164.414. Wow! Merito del «genio» dell'amministratore unico, Davide Medici, un ignoto ragazzo di 22 anni? No, della Provvidenza, spiega in un'intervista il socio di maggioranza Luigi Sciò: «Ho tanta fede nella Provvidenza». Che nel suo caso, dicono i maligni, è bassina, ha i capelli trapiantati e la pelle liftata. Berlusconi, per Sciò, è «una persona amica», uno «che ha dato moltissimo alla televisione», un «grandissimo imprenditore», un «uomo veramente straordinario con una famiglia straordinaria». Una stima agiografica ma ricambiata. Convinto che «Euroscena» sia il top, il Cavaliere le ha infatti delegato non solo la confezione dei filmati propri (dal vertice di Pratica di Mare al decennale di Forza Italia, poi girati alla Rai con relative polemiche) ma anche quelli di Prodi. Dopo una gara «informale» («motivi di segretezza»: sic) fatta poco prima di sgomberare da Palazzo Chigi ma con un contratto che sarebbe scattato il 19 maggio e cioè 40 giorni dopo le elezioni, ha affidato infatti alla società una serie di appalti a partire dal confezionamento tivù dei grandi eventi di palazzo Chigi anche per tre anni a venire. Cosa che al nuovo governo non è piaciuta tanto. Tanto più che, appena insediato, il Professore bolognese si è visto arrivare le fatture per tre avvenimenti «extra-canone» che avevano celebrato il predecessore. 1) La cerimonia per l'anniversario del volontariato civile. 2) L'udienza agli atleti paraolimpici a Villa Madama. 3) La cena a Villa Miani con gli esponenti del Partito Popolare Europeo venuti alla vigilia delle elezioni a spalleggiare il centrodestra. «Perché dobbiamo pagare noi, coi soldi dei cittadini, uno spot promozionale privato e partitico?», si sono chiesti gli attuali inquilini di palazzo Chigi. Tanto più che la fattura, per i tre servizi, era di 334.316 euro. Più di duecento milioni a botta. Ora si spiegano tante cose My Speed Limit ??? 400 Km/h |