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Nick: /guevara/
Oggetto: csm denuncia :95% processi
Data: 10/11/2006 16.14.6
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inutili

questo post è per espressa volontà di trucidi:

da La Stampa del 8 novembre 2006, pag. 1


di Carlo Federico Grosso

Il Csm ha denunciato che a causa della legge d’indulto nove processi su dieci finiranno nel nulla: un’accusa durissima nei confronti di chi prima dell’estate ha approvato il provvedimento di clemenza. Eppure era evidente che prevedendo l’indulto delle pene fino a tre anni di reclusione senza contemplare nello stesso tempo, con un parallelo provvedimento di amnistia, l’estinzione dei reati meno gravi, l’autorità giudiziaria sarebbe stata costretta a celebrare numerosi processi inutili perché destinati a chiudersi con la condanna a pene non eseguibili in quanto già estinte. Semplicemente, non si conosceva la dimensione del fenomeno. Oggi la si conosce: si tratta del novanta per cento dei processi, molto più di quanto si poteva immaginare. Il ministro Amato dice di aver accettato l’indulto con sofferenza.

I sostenitori dell’indulto hanno affermato che la clemenza era indispensabile a causa del sovraffollamento degli istituti di pena che rendeva la vita carceraria disumana. Sarà vero. Sarebbe stato comunque indispensabile calibrare i dettagli della legge, in modo da evitare inconvenienti che nulla avevano a che fare col problema del sovraffollamento. Evitare appunto che la giustizia, a causa dell’indulto, fosse costretta a lavorare a vuoto. Evitare che fossero comminate pene che poco avevano a che vedere con il problema delle carceri piene. Evitare che l’indulto permettesse di liberare delinquenti pericolosi per l’ordine pubblico.

Nessuno di questi inconvenienti è stato evitato. Non s’è considerato che in tutti i provvedimenti di clemenza emanati nel dopoguerra, non a caso, l’indulto non è mai stato scisso dall’amnistia, che estingue i reati e impedisce pertanto la celebrazione di processi inutili. Si è allargato l’indulto a reati che non erano mai stati oggetto di clemenza, quali la corruzione o i reati economici, ed i cui condannati, per quella venatura classista che pervade tuttora l’esecuzione penale, non affollano sicuramente gli istituti penitenziari. Si è curiosamente prevista l’estinzione anche delle pene pecuniarie, rinunciando così a riscuotere una somma complessivamente consistente di denaro che avrebbe fatto comodo in un momento di acuta crisi finanziaria dello Stato, senza che si sia spiegato perché tale estinzione avesse a che fare con il problema della dignità della vita carceraria. Non si è, infine, prestata adeguata attenzione all’esigenza d’impedire, attraverso la considerazione delle caratteristiche personali, la liberazione dei delinquenti che avrebbero verosimilmente costituito, dati i loro precedenti penali, un pericolo grave per la sicurezza della popolazione. A quest’ultimo riguardo, ad esempio, il ministero della Giustizia Mastella suole polemizzare quando qualcuno denuncia che un reato di strada è stato commesso da una persona che ha lasciato il carcere a causa del provvedimento di clemenza. L’ultima volta è addirittura accaduto con riferimento alle recenti vicende criminali di Napoli, sul presupposto che quanto si è verificato nell’ultimo mese non si discosterebbe dalla drammatica fisiologia criminale di tale città. Difesa sterile, in quanto è comunque certo che in taluni degli ultimi episodi criminali di sangue sono state protagoniste persone liberate anticipatamente a causa dell’indulto.

Ma, forse, recriminare oggi non serve più. Serve, piuttosto, pensare a come rimediare ai guasti maggiori. In particolare, a come rimediare alla sciagurata ventura che nove processi su dieci saranno celebrati inutilmente.

Il rimedio più lineare sarebbe approvare subito l’amnistia che il Parlamento non ha ritenuto di approvare a luglio contestualmente all’indulto. Ma, si dice, non sarebbe politicamente praticabile. Ne prendo atto, anche se non capisco per quale ragione una maggioranza trasversale che è riuscita, con un accordo infelice, a varare a luglio l’indulto, di fronte alle conseguenze aberranti di tale provvedimento non possa trovare, oggi, un accordo, questa volta felice, per limitare i danni. Si potrebbe, allora, cercare di programmare i processi, privilegiando quelli che si concluderanno con sentenze di condanna a pene non interamente estinte o nei quali sono comunque presenti istanze di risarcimento dei danni da parte delle vittime dei reati. Si tratterebbe di una soluzione del problema corrispondente a buon senso. Il Csm, nel suo documento, ha tuttavia già osservato che un simile input esula dai suoi compiti istituzionali, e che soltanto i capi degli uffici giudiziari, e solo nell’ambito dell’organizzazione del lavoro, potrebbero impartire direttive per privilegiare alcuni processi sugli altri.

E’ accaduto a Milano con circolare del Presidente della corte d’appello; potrebbe accadere in altre sedi giudiziarie. Chi garantirebbe tuttavia, in tale ipotesi, omogeneità di orientamento e pertanto uguaglianza di trattamento di tutti i cittadini qualunque sia il luogo della celebrazione del processo? E potrebbe, in un sussulto d’orgoglio, essere lo stesso Parlamento ad imporre per legge identità di scelta in tutte le sedi giudiziarie dettando i relativi criteri?

Al di là dell’indispensabile eliminazione dei guasti suscitati dall’improvvida approvazione dell’indulto, è comunque necessario che i partiti dell’Unione si riuniscano a breve per discutere dei problemi incalzanti in tema di giustizia e per stilare un programma delle iniziative più urgenti. Anche se nel primo scorcio di questa legislatura essi hanno mostrato un certo affanno nell’affrontare tali problemi, ogni ulteriore dilazione sarebbe infatti, a questo punto, incomprensibile e deleteria.

"Il guaio nn è Berlsconi. ma il Berlsuconismo. Che ha colpito pure Prodi & Co." by trucidi
ed io quoto.....





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