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Nick: Mach
Oggetto: E voi dove eravate....?
Data: 21/11/2006 11.2.44
Visite: 106

E voi dove eravate


di Roberto Saviano

Gli omicidi ignorati per anni con cinismo. L'ascesa mondiale dei clan. Le minacce contro chi aveva la forza di reagire. Il disastro ambientale di tutto il Sud. Il degrado che ha corroso una città e una regione. Sotto gli occhi di tutti, senza che nessuno intervenisse. L'urlo di denuncia di uno scrittore che non vuole tacere

Danilo Dolci nel 1956 a Partinico stava ristrutturando una strada dissestata come forma di protesta. Una sorta di sciopero attivo, una rivolta rovesciata. Se a Sud si doveva marcire nella disoccupazione, Dolci proponeva di attivarsi, iniziare a fare, rendere accessibile ciò che non lo era. Iniziare a farlo ristrutturando strade, quelle che avrebbe dovuto mettere a posto il comune. Lo faceva lui assieme ai suoi disoccupati. La polizia arrivò sul luogo e arrestò tutti. Si racconta che un poliziotto gli si avvicinò dicendogli: "Signor Dolci, ma perché non torna a casa a scrivere i suoi libri invece di farsi arrestare?". Come dire, torni alla sua più innocua attività e tutti vivremo più tranquilli. Dopo aver perquisito molti disoccupati-lavoratori, i poliziotti videro che tanti avevano nelle tasche e a casa gli scritti di Dolci. Lo stesso poliziotto, dopo averlo arrestato, lo avvicinò ancora in manette dicendogli: "Signor Dolci le troveremo un lavoro duro, così finalmente smetterà di scrivere questi libri che ci creano solo guai!". Quel poliziotto aveva in una manciata di ore cambiato idea perché aveva esperito il peso specifico della parola.

La cosa che genera scandalo è che uno scrittore, il mestiere considerato più innocuo e incapace di poter avere alcun tipo di forza sulla realtà, possa d'improvviso divenire responsabile di una luce che prima era sbiadita e sbilenca, di uno sguardo infame che spiffera ciò che si vuole celato, che urla quello che è sussurrato, che traduce in sintassi e insuffla vita a quello che prima era disperso in frasi frammentarie di cronaca e sentenze giudiziarie. La vita o la si vive o la si scrive, diceva Pirandello, eppure ci sono momenti in cui la vita, la si scrive per mutarla. Ciò che mi è capitato in questi giorni ha generato apprensione e scandalo, ma in realtà non per quello che è accaduto - dalle mie parti ciò che mi è accaduto capita a moltissime persone, quotidianamente e per molto meno - ma perché è accaduto a uno scrittore. Per uno scrittore il modo per innestarsi nel reale è raccontarlo. È uno scrittore che può congetturare, immaginare ciò che non vede. La sua immaginazione e la sua congettura però non seguono l'arbitrio della licenza poetica, ma sono strumenti necessari per avvicinarsi ancora più al vero in ciò che osserva: oltre ai nomi, ai documenti, alle sentenze, alle intercettazioni, ai fatti rispettati e ripresi. Quando racconti un processo, quando raccogli la cronaca nera, quando ascolti le intercettazioni comprendi che l'unico modo per capire è raccontare tutto questo come parte di un corpo che nasconde i suoi organi. E d'improvviso quello che nel perimetro di certe zone conoscevano tutti, passandosi le storie di bocca in bocca, impastandole di particolarità soggettive e leggende, quello che finiva negli articoli di cronaca, quello che sembrava essere territorio di addetti ai lavori, operatori sociali invisibili ed esperti sociologi dell'antimafia, diviene il racconto di un intero paese, l'epica fascinosa e terribile di un capitalismo vincente che vede nel cemento, nei trasporti, nel tessile, nei subappalti, nei rifiuti, nella distribuzione e in quant'altro possa creare respiro al profitto, il proprio sterminato territorio di conquista.








Pierluigi Vigna, quando era procuratore nazionale Antimafia, dichiarò che era di 100 miliardi di euro il profitto annuale dei maggiori gruppi criminali italiani. Una cifra che lo stesso procuratore segnalò essere riscontrata per difetto. Nessuno tremò per questa cifra. Nessuno trema se la Germania segnala che negli ultimi anni 90 milioni di euro sono stati investiti dalla 'ndrangheta nel settore turistico e immobiliare. Nessuno trema nel pensare che la più grande azienda italiana è formata dalla camorra, dalla 'ndrangheta, da Cosa Nostra e dalla Sacra Corona Unita. E anche se qualcuno inizia a tremare, sembra che riesca a farlo solo per qualche giorno, per qualche settimana, fino a quando i fatti inanellati in cronaca di emergenza non vengono soppiantati da emergenze nuove. D'improvviso mi sono fermato in questi giorni, fermato da una sorta di ansia, e anche una sorta di svuotamento, quando vedevo un'attenzione a una terra, costante, che desideravo ci fosse stata da sempre, prima che galleggiassero in superficie gli elementi del disastro. E giravo intorno a una domanda rivolta a una potenza impersonale che ha gli occhi dei media, la testa della politica e le sembianze di me stesso: Ma dov'eravate? Dov'eravate quando si ammazzavano due persone al giorno. Dov'eravate quando si concludeva il processo Spartacus presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) - 21 ergastoli e oltre 500 anni di reclusione, più di sette anni di dibattimento passati in silenzio sulla stampa nazionale. Dov'eravate quando i magistrati, come Raffaele Cantone, portavano avanti indagini che dimostravano chiaramente che erano l'Emilia Romagna e Roma i centri degli affari del clan dei Casalesi, dov'eravate quando Tano Grasso attraversava in lungo e in largo la Campania, cercando di raccogliere forze, persone, associazioni in una battaglia alle vecchie e nuove forme di racket e controllo del territorio. Dov'eravate quando giornalisti della mia terra venivano sistematicamente minacciati, come Rosaria Capacchione che entrò nel mirino dei clan a causa dei suoi articoli - secondo il pentito Luigi Diana - venne condannata dal boss Vincenzo De Falco, fratello del mandante dell'omicidio di don Peppino Diana, ma il boss fu eliminato prima di realizzare il suo piano, quando Enzo Palmesano riceveva proiettili nella cassetta della posta per il suo impegno di cronista contro i clan mafiosi presenti nell'Agro-caleno. Dov'eravate quando qui crepavano innocenti, come Attilio Romanò, colpevole di essere dipendente di un negozio che i clan hanno creduto essere ascrivibile a un parente lontano di un camorrista, quando nel 2002 spararono in faccia a un sindacalista, Federico Del Prete, e la notizia neanche giunse sulla stampa nazionale.

continua su l'espresso
"Quando c'è l'amore c'è tutto". "No ti sbagli, chella è 'a salute".

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E voi dove eravate....?   21/11/2006 11.2.44 (105 visite)   Mach
   re:E voi dove eravate....?   21/11/2006 11.4.47 (43 visite)   SPUTAFUOC
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