Nick: falconero Oggetto: Stagione di riforme! Data: 27/3/2004 13.31.9 Visite: 105
FEDERALISMO TRICOLORE: IL SI' DEL SENATO Palazzo Madama approva il ddl del governo sulla devoluzione nel rispetto dell’identità nazionale. La parola alla Camera Fini: la Sinistra mente. Ma quale spaccatura del Paese, ma quale capitale a Milano... dal Secolo d'Italia del 26 marzo 2004 di GLORIA SABATINI ROMA. Prima tappa. Sofferta, ma raggiunta. Il Senato dà il via libera alla riforma federale della Costituzione proposta dal governo. «Nasce la nuova Italia», si legge sui cartelli esposti per un attimo tra i banchi di An. «Ottimo il comportamento della Cdl», esulta il mistro Roberto Castelli. «Il governo esce rafforzato», commenta a caldo Bobo Maroni, che apre una finestra minuscola sullo stato di salute di Umberto Bossi. «Sta meglio, certo sarebbe contento ». Con 156 sì, 110 no, e un’astensione passa il ddl che ora andrà al vaglio dell’assemblea di Montecitorio. L’opposizione - che fino alla ripresa dei lavori pomeridiani aveva annunciato l’abbandono dell’Aula al momento del voto - è rimasta per poter gridare «vergogna vergogna», per urlare contro l’attentato alla Costituzione. Il testo, che introduce un articolo sulla difesa dell’interesse nazionale, passa ora alla Camera, chiamata a esprimersi per la prima volta. Se dovesse approvarlo senza modifiche, sarà conclusa la prima delle due letture richieste a ciascun ramo del Parlamento. «Sono due mesi che lavoriamo. Due lunghi mesi. É il più lungo dibattito che si ricordi...». In mezzo a qualche "intemperanza" dell’aula, Marcello Pera fa il conto delle ore. La sinistra, dal tandem Occhetto- Di Pietro a Fausto Bertinotti passando per Franco Monaco della Margherita attraversando moderati e ultrà, scatena la bagarre agitando gli spettri della divisione dell’Italia, del trasferimento della capitale a Milano, della sudditanza alla Lega. «Non solo questa maggioranza, ma tutta l’Italia è costretta a soggiacere al ricatto del Carroccio», dice Gavino Angius, «è stato ignorato l’appello dei governatori delle Regioni, anche di quelli del centrodestra. Questo governo si è comportato come se la Costituzione repubblicana fosse sua proprietà esclusiva». Gianfranco Fini non aspetta che le bugie si sedimentino e che la valanga di accuse rotoli a valle. Non è vero, come invece sostiene la sinistra, che la cosiddetta devoluzione spacca il Paese. « È una clamorosa bugia». Da Milano il vicepremier replica a più riprese: «Basta pensare che nella riforma che il Senato sta approvando è reintrodotto il concetto di interesse nazionale, che il centrosinistra aveva abolito nella scorsa legislatura. É soltanto un esempio, ne potrei fare altri». Smontata anche la balla del trasferimento della capitale a Milano. Soddisfatta la Cdl, anche se la Margherita cerca di mettere in croce Marco Follini che, dicono i rutelliani, avrebbe dovuto fare «da diga» contro le follie degli alleati («il 25 marzo, festa dell’Annunciazione, per l’Udc è piuttosto il giorno della capitolazione »). Silvio Berlusconi, dall’estero, si congratula per l’atteggiamento compatto del Centrodestra («non avevo dubbi»). «La notizia è che oggi (ieri, ndr) il governo poteva cadere e invece tutto è andato meglio del previsto con il voto al Senato sulle riforme da cui l’esecutivo esce rafforzato». Parola di Maroni, che aggiunge: «Era un passaggio difficile e complicato, e siamo soddisfatti per come si è concluso». La seduta si infiamma con gli ultimi interventi, di Gavino Angius e Renato Schifani, con il presidente della Camera costretto a intervenire più volte per riportare la calma («Non è il clima da stadio quello che si addice a un voto come questo»). Non si contano le sparate ad alzo zero dei senatori dell’Ulivo, il linguaggio colorito è quello delle corride. Mimmo Nania, capogruppo di An, accusato dal distratto Roberto Manzione di non conoscere la Costituzione, taglia corto: «Quello che sta facendo l’aula sarà sottoposto alla decisione finale dei cittadini attraverso il referendum. Noi ci assumiamo la responsabilità della riforma e vogliamo consentire ai cittadini di dire l'ultima parola. Di dire se vogliono i ribaltoni o una scelta diretta di chi li governa». I leghisti non apprezzano in queste ore, così delicate per il senatùr, facili ironie sui ricatti del Carrocio. «C’è un limite alla decenza, e il centrosinistra lo ha superato con la bravura dei ciarlatani», dicono, «la Lega avrebbe voluto norme più avanzate, ma questo rappresenta un primo importante avvio del processo federalista. É chiaro che ci sarà bisogno di ulteriori passaggi per il raggiungimento del federalismo». «La verità è che l’opposizione si muove secondo slogan. Io la sfido a un dibattito nel merito di queste riforme, perché è facile fare opposizione con gli slogan e il terrorismo mediatico», dice il capogruppo azzurro, «l’unità l'hanno rotta loro con la riforma del 2001. Nell’articolo 116 c’è un comma che prevede che le Regioni possono attivare, con l’assenso del Parlamento a maggioranza assoluta, procedure di autonomia speciale. Loro hanno rotto l’unità nazionale, noi invece la salvaguarderemo ». Anche sul metodo la differenza è lampante. «Noi abbiamo sempre cercato il confronto. Addirittura, nella Bicamerale, votammo D’Alema presidente. L’opposizione, invece, non ha mai accettato il dialogo».
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