Nick: older Oggetto: A chi piac a vit e sta città! Data: 29/3/2004 23.50.44 Visite: 117
La nobiltà più alta nei quartieri più bassi Per questa ragione Napoli ha sempre onorato la cronaca, il racconto quotidiano delle cose, nel chiuso delle case e nell'aria piena delle strade, delle piazze. Lì la vita si "contava", si cantava, si sognava come anelito di assoluto e la parola si confermava polline d'universo, destinata a fioriture impreviste ed intense. Qui da noi, la ginestra, leopardiano fiore della speranza, nasce dalla nera pietra vesuviana e lo zolfo ribolle dal mare. Questo straordinario sommovimento della terra e dell'acqua, congiunto ad una concentrazione impareggiabile di bellezze, si riflette negli sconvolgimenti e nei turbamenti di un animo passionale e selvaggio, capace di partorire però esuberanti civiltà. A coloro che hanno raccontato le nostre rinascenze - sia consentito fare ancora dei nomi inattesi e imprevisti, Giovanni Artieri e Francesco Dell'Erba - cronisti e narratori, votati alla vita, all'amore per una città, che, nelle sue manifestazioni migliori, la esalta, la sublima, fino a dissiparla e a degradarla, in quelle peggiori, per una tara biologica dello spirito, deve andare la gratitudine e la consapevolezza di una continuità da perseguire fino in fondo, mettendo a dura prova la modestia, il disinteresse, la scarsa organizzazione, in nome di una efficienza artigianale, nella quale Napoli è sempre stata e continua ad essere grande, in nome, soprattutto, di quella democrazia dello spirito, che può far scoprire la nobiltà più alta nei quartieri più bassi. Napoli è anche la capitale della cronaca, non tanto e non solo per la sua straordinaria storia di tipografie e di giornali, dal Settecento al Novecento, ma anche molto prima - una storia che l'amico Piero Antonio Toma ha contribuito ad animare ed arricchire di significative notizie - soprattutto perché la città è dentro la cronaca, dentro la vita, con una intensità che può persino sconcertare, tra interesse, innocenza e indifferenza singolari. "Teatro nel teatro", la città sa che non accade nulla ma in un attimo può succedere tutto, dove l'uso referenziale dei verbi assume importanza estrema. In tal senso, ci si adopera per caricare i fatti, che più interessano e coinvolgono, di un significato esasperato, sconfinando il più delle volte in un giudizio personale e pettegolo, condizionato fortemente da una riflessione esistenziale sul carattere e sulla morale sociale e familiare. La realtà, insomma, va sistemata in un ordine mitico e metastorico, l'unico forse in cui il popolo napoletano riesce ad esprimere il meglio o il peggio di sé. La verità, a tal punto, diventa un pretesto per un gioco estetico, che nel verosimile e nel pettegolezzo rinviene il suo culmine creativo e critico. Nessuna cronaca potrà risultare più vera e viva, nella serialità e nel rivissuto che la voce del popolo e della cosiddetta coscienza le impone.
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