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Oggetto: Sciopero dei giornalisti...
Data: 22/12/2006 8.44.26
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Essì, scioperare fa male (e molto) ai giornalisti di MATTIAS MAINIERO
Cari lettori, come vedete oggi Libero è regolarmente in edicola. E lo sarà anche domani e dopodomani, nonostante lo sciopero indetto dalla Federazione nazionale della stampa. Per noi, sapete anche questo, non è una novità. Ne abbiamo spiegato in passato i motivi. Oggi dobbiamo occuparci anche di altro. Di voi e, se permettete, un po' dei fatti dei giornalisti, due cose che però sono intimamente legate. Dobbiamo occuparci di informazione, partendo da un numero che non può far piacere a nessuno. Il numero è sedici, che domani diventerà diciassette e dopodomani ovviamente diciotto. Diciotto giorni di sciopero dei giornalisti a sostegno del rinnovo del contratto nazionale di lavoro scaduto da circa due anni. Un numero che non è certo basso, che a quanto pare è destinato a crescere ulteriormente e che ha pure un'aggiunta o aggravante: vista la concomitanza con le feste natalizie, lo sciopero di ieri, oggi e domani comporterà l'assenza dei quotidiani dalle edicole per cinque giorni di fila. Il tutto in un periodo in cui si parla di tasse e finanziaria. Periodo cruciale. È evidente: qualcosa, nel meccanismo dell'informazione, non funziona come dovrebbe. E questo qualcosa costituisce un problema serissimo per noi giornalisti, naturalmente, ma anche per gli italiani che non possono rinunciare al diritto di essere informati. Non funziona, questo qualcosa, anche dal punto di vista semplicemente economico. Qualche numero
Fare un po' di conti non è difficile. Se un giornalista guadagna cento euro al giorno (cifra lorda, media e molto approssimativa), festeggerà il prossimo Natale con la consapevolezza di averci rimesso 1.800 euro, due rate di un mutuo consistente, più dello stipendio medio di un operaio. Terminati gli scioperi, a chi li andrà a chiedere il giornalista questi euro? Alla Befana? Oppure alla Fnsi? Consiglieremmo la prima soluzione, e non perché abbiamo fiducia assoluta nella Befana. Perché la storia dei rinnovi contrattuali insegna una sola cosa: se andrà bene, i giornalisti si ritroveranno aumenti di cinquanta, cento, al massimo centocinquanta euro. Non scomodate Einstein e neppure la Fnsi: per rientrare in possesso delle somme perse, i giornalisti impiegheranno anni. Egregi sindacalisti unici della categoria, ne valeva la pena? Soprattutto: è giusto privare i cittadini dell'informazione per diciotto giorni, dei quali cinque di fila, pur sapendo benissimo che il rinnovo si tradurrà in una perdita netta per gli scioperanti (e per i lettori)? È sensato ammutolire la stampa pur sapendo altrettanto bene che gli editori non ci rimetteranno un soldo o addirittura ci guadagneranno? Fateci caso, amici lettori: un giornale che rimane fermo per motivi di sciopero hauna caratteristica costante. Il giorno prima dell'agitazione o quello dopo è zeppo di pubblicità. Pagine su pagine. Ovviamente, non è un caso. È l'abile mano degli editori che recuperano, anticipandolo o posticipandolo, ciò che l'astensione dal lavoro sottrae loro. Il risultato finale è un capolavoro dell'assurdo sindacale: il quotidiano che non va in edicola è un favore fatto agli editori che sottraggono giornate di sciopero e a fine mese pagano stipendi meno pesanti, che risparmiano sulla carta perché non stampano e che non perdono in pubblicità (che per molti quotidiani è l'unica voce in attivo). Loro, che dovrebbero essere penalizzati, alla fine ci guadagno. I giornalisti e i lettori ci rimettono. Bel colpo, vero? Conosciamo l'obiezione: si sciopera per lo stipendio ma anche per gli aspetti normativi del contratto, per i precari e in definitiva per la libertà di stampa. Oltre ai soldi esistono anche i princìpi e i diritti. Verissimo, sacrosanto. Peccato solo che di rinnovo in rin novo le norme che regolano il lavoro dei giornalisti siano progressivamente peggiorate diventando sempre più punitive. Forse negli anni scorsi la Fnsi doveva industriarsi un po' di più per non rinnovare, o per rinnovare il meno possibile. Si fosse limitata a salvaguardare l'esistenza senza chiedere, oggi noi giornalisti staremmo tutti meglio e tutti più tutelati. Nuova obiezione: ma allora perché i giornalisti scioperano? Non si rendono conto? Sono stupidi? Qualcuno sicuramente lo è: lavorare in un quotidiano o settimanale o in tv non pone al riparo da una delle peggiori pecche dell'umanità. La maggior parte però, dobbiamo presumere, ha cervelli funzionanti. Solo che si tratta anche di cervelli a volte pigri, a volte vittime del conformismo, altre volte più sensibili alle ferie forzate che al lavoro. Diciamolo chiaro e tondo: si sciopera (alla Fiat o in un quotidiano) perché si crede nello sciopero, per solidarietà sindacale, per motivi di coscienza, spirito di categoria, tutte cose rispettabili, ci mancherebbe. Ma si sciopera anche per abitudine, per quieto vivere, per andare a fare lo shopping, per fare carriera nel sindacato, per ottenere dall'associazione di categoria quegli attestati che l'insipienza professionale non permetterà mai di ottenere in redazione, per non ammettere che certe forme di protesta sono un'arma abusata e spuntata, spesso rivolta contro chi sciopera e non contro il padrone o editore o datore di lavoro o come volete chiamarlo voi, e dunque per non ammettere il fallimento di una linea sindacale e di una segreteria nazionale. E anche a furia di scioperare per inerzia non si riflette sufficientemente su un sindacato unico che è troppo unico, troppo antico, troppo amante di certe forme ottocentesche di protesta. Un sindacato che, anche per questo, sembra essersi infilato nel vicolo cieco dello sciopero continuo. Diciotto giorni, un'enormità senza nulla in cambio, neppure una promessa. Alcuni interrogativi

Noi non scioperiamo. Non tutti, naturalmente, perché ognuno è libero di avere le proprie idee e di metterle in pratica. Siamo in edicola e, almeno alcuni di noi, anche con qualche domanda e dubbio. Per esempio, è giusto che migliaia e migliaia di giornalisti siano rappresentati da un unico e solo sindacato? È giusto che lo sciopero riguardi tutti indistintamente anche se il panorama editoriale è così variegato, anche se al Corriere o Repubblica hanno contratti integrativi che nei piccoli giornali semplicemente si sognano di avere? Quanto sono cento euro in meno per un giornalista famoso e ben pagato? Non molto. E per un giornalista semisconosciuto e pagato maluccio che a fine mese deve lottare con mille spese e non può permettersi mille scioperi? Come vedete, cari lettori, il discorso sullo sciopero è complesso e ci porta lontano. Meglio terminarlo qui, anche perché certe beghe di categoria non vi riguardano. A voi, almeno credo, interessa l'informazione, che noi vi assicuriamo, anche oggi, domani e dopodomani e anche per i motivi sopraelencati. Ora dovete solo leggerci.

LA SCHEDA

CONTRATTO SCADUTO La Federazione della Stampa ha proclamato tre giornate consecutive di sciopero (giovedì 21, venerdì 22 e sabato 23 dicembre) dei giornalisti dei quotidiani, delle agenzie di informazione, del web e degli uffici stampa pubblici e privati, in modo da impedire la pubblicazione dei quotidiani venerdì 22, sabato 23 e domenica 24 dicembre. La Fnsi sottolinea che la giunta si riunirà nei primi giorni di gennaio per decidere le nuove azioni sindacali, di mobilitazione e di sciopero dei giornalisti da attuare nelle prime settimane del 2007. L'agitazione, che si è protratta per 18 giorni, è a sostegno del rinnovo del contratto nazionale di lavoro scaduto da due anni. LA POSIZIONE DELLA FNSI Il segretario della Fnsi ha detto: «È un fatto di estrema gravità che il presidente della Fieg Biancheri dica che, in assenza di una trattativa di cui attribuisce la responsabilità alla Fnsi, rischia di saltare il contratto nazionale dei giornalisti. Credo che tutti, Parlamento e governo compresi, debbano rifletterci».







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