Nick: POMPEO Oggetto: Ustica Data: 10/1/2007 17.4.37 Visite: 122
Strage di Ustica, il Pg della Cassazione "Si cambino motivazioni dell'assoluzione" ROMA - Sostituire la formula assolutoria "perché il fatto non sussiste" pronunciata in appello nei confronti degli ex ufficiali dell'Aeronautica militare Lamberto Bartolucci e Franco Ferri, con quella "perché il fatto contestato non è più previsto dalla legge come reato". E' quanto chiede il sostituto procuratore generale della Cassazione Luigi Ciampoli ai giudici della prima sezione penale di fronte ai quali si sta svolgendo oggi il terzo grado di giudizio sul disastro aereo di Ustica. Il Pg, dunque, ha chiesto che venga accolto il ricorso della Procura generale di Roma, annullando la sentenza senza rinvio con il cambio della formula d'assoluzione. Ciò permetterebbe, in futuro, di iniziare un'azione civile per i risarcimenti alle parti offese, cosa impossibile se venisse confermata la formula emessa in secondo grado. "Il fatto che i generali non possano più essere condannati in sede penale è assolutamente scontato - ha spiegato alla vigilia dell'udienza l'avvocato Alfredo Galasso, legale di parte civile per i familiari della vittime - perchè il Parlamento è intervenuto prima che si concludesse il processo e ha deciso che quel reato non esiste più, ma se venisse ora cambiata la formula assolutoria resterebbe in piedi la possibilità di esercitare un'azione civile". I due generali erano stati accusati di aver depistato le indagini legate al disastro del Dc9 del 'Itavia' che si inabissò al largo di Ustica con 81 persone a bordo. Il reato loro contestato, "Attentato contro organi costituzionali" ai sensi dell'articolo 289 del codice penale, è stato infatti modificato con la legge 85/2006, che lo prevede ora solo quando siano stati commessi "atti violenti"atti violenti diretti ad impedire agli organi costituzionali l'esercizio delle loro funzioni. Proprio alla luce di questa legge, il pg di Cassazione chiede l'accoglimento del ricorso della Procura: "E' reato - ha rilevato nella sua requisitoria - ciò che il legislatore vuole che così sia considerato". (10 gennaio 2007) i fatti: Roma. Torre di controllo di Ciampino. 27 giugno 1980. Ore 20, 59 minuti e 45 secondi. Sul punto di coordinate 39°43’N e 12°55’E scompare dalla schermo radar un velivolo civile. E’ il Dc9 I-TIGI della società Itavia, in volo da Bologna a Palermo, nominativo radio IH870, con a bordo 81 persone, 78 passeggeri e tre uomini di equipaggio. Il controllore di turno cerca di ristabilire il contatto con il pilota del Dc9. Lo chiama disperatamente una, due, tre volte. A rispondergli solo un silenzio di morte. Scatta l’allarme, ma non scattano i soccorsi che arrive- ranno sul punto di inabissamento dell’aereo, a metà tra le isole di Ponza ed Ustica, soltanto la mattina dopo. Un ritardo sospetto. Così come misteriosa è la causa della scomparsa del Dc9. La cosa più facile? Attribuire il disastro ad un difetto strutturale dell’aereo, un cedimento. La tesi del cedimento strutturale del Dc9 dell’Itavia resterà per quasi due anni la spiegazione ufficiale della tragedia, tanto che la società proprietaria dell’aereo diventerà il primo capo espiatorio e sarà costretta a scio- gliersi. Ma in ambienti giornalistici la tesi semplicistica della sciagura comincia quasi subito a fare acqua. Che qualcosa in questa storia non quadri dovrebbe capirlo anche il magistrato romano al quale l’inchiesta è affidata. Per consegnare al pubblico ministero Santacroce i nastri di Roma Ciampino, sui quali era impressa tutta la sequenza del volo del Dc9, fino alla scomparsa dagli schermi radar, l’aeronautica militare impiega ben 26 giorni. Addirittura 99 per consegnarli i nastri di Marsala. Senza contare il materiale che gli verrà tenuto nasco- sto. Insomma il fatto che l’arma azzurra giochi sporco di fronte alla morte di 81 persone e che, specie all’inizio, il governo italiano sia più di ostacolo che di aiuto all’inchiesta giudiziaria è la prima vera risposta ad una domanda che ancora oggi in molti si pongono: chi ha abbattuto il Dc9 di Ustica? |