Nick: falconero Oggetto: brigate arcobaleno Data: 9/4/2004 23.52.7 Visite: 133
Ci avevano promesso che si sarebbero battuti per costruire una Italia "normale". I casi sono due : o erano solo chiacchiere oppure la sinistra italiana ha un concetto quantomeno singolare del concetto di "normalità". Vi chiederete il perché di queste osservazioni. La sinistra ( o, meglio, le sinistre…visto che al momento ci sono più modi di intendere questa appartenenza politica) italiana sta dando senso alla propria presenza sulla Terra battendosi anima e corpo per la mobilissima causa della pace, cercano di costruire quel nuovo mondo possibile nel quale dai cannoni spunteranno solo fiori ed ogni guerra ed ogni violenza sarà finalmente messa al bando. Fin qui, direte voi, tutto "normale". Il bello comincia adesso. Una parte politica che propugna siffatti ideali, che non sa darsi pace perché in tante parti del mondo ancora regna l’odio e la violenza è l’unica arma politica, dovrebbe battersi a spada tratta affinché tali ideali vengano propugnati in primis nel nostro bel paese. La normalità, ahinoi, finisce proprio qui, quando, cioè, si tratta di mettere in pratica siffatti ideali. Basta infatti che a dover cessare sia quell’antico odio che la sinistra italiana ha coltivato nei cosiddetti anni di piombo contro i propri avversari politici per smentire tutto. Basta che a dover essere onorata sia la memoria non di un giovane morto sotto qualche bombardamento americano, bensì quella di un giovane di destra ucciso a colpi di chiave inglese dai "compagni che sbagliavano" per far dimenticare tutto, per far tornare nell’aria quel clima di pesante intolleranza. Il giovane in questione si chiamava Sergio Ramelli, aveva diciassette anni ed era di destra, secondo alcuni estremisti di sinistra ciò era abbastanza per legittimarne l’eliminazione fisica. Sergio coi lasciò dopo diversi giorni di agonia, il corteo funebre fu impedito dalle autorità per motivi di ordine pubblico e la notizia del suo decesso fu accolta dal consiglio comunale di Milano (la città di Ramelli) con un fragoroso applauso da parte dei rappresentanti della sinistra. Questa storia terribile non ha bisogno di commenti, raccontarla mi procura ogni volta, come tante altre storie simili, profondo raccapriccio. Vorrei non raccontarle più, ma questi signori rendono necessario questo triste dovere. Necessario perché trent’anni dopo, trent’anni nei quali si sarebbe dovuto capire e riflettere, a sinistra – nella fattispecie gli studenti di un istituto milanese, aizzati da qualche solito cattivo maestro – ancora qualcuno protesta se alla memoria di questo giovane si intende dedicare l’auditorium di un istituto – dopo che, giova ricordarlo, il dirigente scolastico dell’istituto che Ramelli frequentava abbia opposto resistenza alla intitolazione di un’aula alla memoria del giovane -. Trent’anni dopo si utilizza ancora la bandiera dell’antifascismo militante per negare anche il diritto alla memoria ad un ragazzo che fu ucciso solo perché non la pensava come i suoi assassini. Verrebbe da chiedersi chi siano, in questo caso, i "fascisti". Purtroppo questa vicenda non è un fatto isolato, è solo uno di quei piccoli coltelli che ancora si conficcano nella piaga rappresentata dai nostri morti e dalla impossibilità di poterli ricordare senza che ciò crei scandalo. Perché, duole ricordarlo, c’è ancora tanta parte della sinistra che ancora si lamenta, che abbandona le aule dei vari organismi elettivi, che protesta quando viene dedicata una piazza, un giardino ai poveri fratelli Mattei – il cui assassino vive spensierato in sudamerica senza che nessuno si prenda la briga di farlo estradare -; c’è ancora tanta gente di sinistra che si straccia le vesti all’idea che qualche terrorista rosso venga estradato – vedi il caso Battisti - per saldare il proprio debito con la giustizia. E credo che anche a Salerno ci sarebbero le stesse reazioni se si decidesse – non c’è pericolo, perché la proposta di An giace nel dimenticatoio – di dedicare una strada a Carlo Favella. Insomma gli anni sono passati ma non sono serviti a far maturare questa gente, che, almeno, dovrebbe farci la cortesia di essere meno ipocrita e non sventolare arcobaleni se poi non è in grado nemmeno di far pace con la propria cattiva coscienza. Noi li aspettiamo; sperando che il giorno nel quale si smetta di odiare - non solo i viventi ma anche e soprattutto i morti – non sia troppo lontano. Giovanni. C. PACIFINTI NO GRAZIE!
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