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Nick: Pontiac
Oggetto: Anno dopo anno
Data: 12/4/2004 21.28.45
Visite: 109



Guidavo senza mèta guardando la strada senza vederla. I miei problemi sembravano insormontabili… non sapevo cosa fare, non sapevo cosa lasciare e cosa tenere, non sapevo cosa uccidere e cosa risparmiare. Avrei voluto uscire dal mio corpo e rinascere senza nulla indosso se non la mia libertà, che sentivo ormai persa per sempre.
Accostai l’auto al margine di una radura in fiore – era quasi maggio – e mi inoltrai a piedi in quel paesino di montagna.
Assaporai l’aria vergine e iniziai ad inerpicarmi su per un viottolo. Il sole batteva libero, non era nascosto da grattacieli. Le case erano basse e sussurravano la loro storia centenaria, raccontando di come erano nate da mani umane sapienti e vogliose di costruire per vivere in pace… ma era una storia che ormai in pochi sapevano o volevano ascoltare.
Incrociai lo sguardo di una vecchietta che sembrava avere cent’anni; era seduta su una sedia impagliata, presso l’uscio di casa sua, intenta a sbucciare delle verdure, il foulard annodato in testa. Non avevo mai riscontrato tanta fierezza negli occhi di una donna.
Mi ritrovai così a parlare con lei, anche io seduto su una sedia impagliata, presso l’uscio di quella casetta che si ergeva dignitosa con le sue crepe e i suoi mattoni desiderosi di urlare la loro storia… e lei parlò per loro.
Raccontò alle mie orecchie avide la sua storia. Col suo dialetto cantilenante mi riportò indietro al tempo della sua infanzia, quando correva nei campi senza stancarsi mai. Mi narrò del sole e della pioggia che ti segnano la pelle anno dopo anno, e di come anno dopo anno la sua schiena si piegava a raccogliere insieme alla sua gente i frutti della terra. Dell’amore incontrato in gioventù ma subito perso in guerra, delle lacrime versate in silenzio. Del nido costruito assieme al suo nuovo uomo, dei pulcini diventati cigni e volati via a costruire altrove i loro nidi, mentre la terra anno dopo anno compie strafottente il suo dovere partorendo nuovi frutti, puntualmente raccolti dalle mani sue e della sua gente. Gli stessi gesti ripetuti anno dopo anno, e il tempo scava crepe nella pelle come nelle pietre, come nei mattoni di quella casetta. Della vita che va avanti perché deve andare avanti, perché se non ti smuovi nulla accade da sé… Perché la serenità del cuore è nel cammino e non nella mèta.
Tutto questo mi disse, con quei suoi occhi fieri e saggi…
La salutai con un bacio sulla guancia rugosa e lei mi sorrise dolcemente.
Tornai alla mia auto, al mio mondo, alle mie strade asfaltate e ai miei grattacieli ladri di luce… ma finalmente sapevo cosa fare, e finalmente ero libero e sereno. E sorridevo.





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