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Nick: Casual
Oggetto: Un articolo quasi condivisibil
Data: 6/2/2007 16.32.15
Visite: 157

http://www.ilriformista.it/documenti/testofree.aspx?id_doc=81115

EDITORIALE
martedì 6 febbraio 2007
CALCIO
L’impotenza di chi sa pensare
solo in termini d’emergenza


Una premessa prima di cominciare. Siccome da sempre nel nostro paese ogni discussione innescata da emergenze vere o presunte procede a colpi d’accetta, separando il bene dal male e incasellando tutti gli attori in un teatrino dove ciascuno recita un ruolo predefinito come nei migliori talk-show, precisiamo: non siamo tentati da alcuna forma di giustificazionismo o sociologismo nel giudicare i fatti criminali di Catania; non militiamo nella «lobby ultras»; non ci interessa eccepire sulla lunghezza dello stop ai campionati.

Semplicemente, giudichiamo assurda, quando non patetica, una buona parte delle argomentazioni anti-violenza divenute opinione dominante su tv e giornali dopo la morte dell’ispettore Raciti e in parte acoclte nel primo blocco di provvedimenti varati ieri dal governo.


Questo paese ha un continuo bisogno di nuove emergenze per illudersi di poter funzionare. Anche perché l’emergenza richiama l’idea di un pericolo nuovo, di una minaccia improvvisa e facilita l’omissione sui ritardi passati e presenti. Il legislatore italiano, su questo fronte destra o sinistra non fa differenza, brama le emergenze perché gli consentono di occuparsi dei massimi sistemi, lo aiutano a complicare le questioni, a redistribuire le responsabilità o comunque a invocare attenuanti in caso di fallimento.

In Italia, oltre quelle generali che puniscono chi uccide o compie atti violenti, esiste un numero copioso di leggi applicabili ai reati da stadio. Dalla legge Mancino sulla discriminazione razziale alla legge Pisanu varata dal Parlamento poco più di un anno fa. Si tratta di leggi severe, e peraltro (specie la Mancino) discutibili dal punto di vista delle garanzie costituzionali. Quel che è certo è che sono inapplicate.


Se la Pisanu fosse rispettata, le trasferte dei facinorosi sarebbero davvero colpite perché, per esempio, non si può partire senza biglietto e non lo si può acquistare allo stadio della squadra ospitante. Qualcuno ha chiesto conto alle società e ai comuni proprietari degli impianti sportivi del fatto che i tornelli, la garanzia principale per fermare le orde fuorilegge e garantire la nominatività del biglietto, non sono stati costruiti nella gran parte degli stadi?

Ad aggirare la legge è bastata un’infornata di deroghe. E mentre la Pisanu resta lettera morta, come si vorrebbe risolvere ora il problema? «Vietiamo le trasferte dei tifosi». Il legislatore d’emergenza, e la grancassa mediatica che lo incalza, è fatto così: preferisce svuotare il mare che mettersi all’asciutto. E ancora: non ci piace l’idea che si finisca in galera per aver esposto una croce celtica in curva. Ma, giusto o sbagliato che sia, il problema non si pone. Nessuno fa rispettare la Mancino. In compenso si vorrebbero addirittura vietare gli striscioni e le coreografie.

L’emergenza è così: la si spara grossa nella speranza che chiedendo cento si ottenga trenta. Col risultato che si oscilla solo tra estremismi, tra quanti oggi si comportano allo stadio (e dintorni) considerandolo una zona franca dove tutto è lecito e quelli che puntano a risolvere il problema disegnando scenari in cui è sospeso ogni diritto costituzionale. Ma dove, soprattutto, è sospesa l’intelligenza.

C’è nella tirata giustizialista da talk come nella dichiarazione del parlamentare di turno una demagogia insostenibile e - paradossale per un classe politica così poco autorevole - un delirio d’onnipotenza. Quasi ci affascina, per la sua folle stravaganza, questa idea (peraltro opinabile) di trasformare a colpi di decreti ministeriali le curve in un circolo di cricket, con tanto di abolizione dei «cori contro» e «scioglimento del tifo organizzato». Ma i professionisti dell’emergenza devono dimostrare che tutto si tiene: dal pensionato che manda a quel paese l’arbitro, passando per l’ultrà che rivolge cori scatologici ci sarebbe un filo rosso che arriva fino agli accoltellatori e agli sprangatori assassini.

Non può stupire poi che la soluzione invocata sia la chiusura delle curve. Ma proprio qui, su questo punto, c’è il delirio politico più grave. Come si pensa di poter modificare regole e comportamenti inveterati se non trattando anche con i rappresentanti del tifo organizzato, curve comprese? Chi vuole risolvere i problemi davvero, e non solo sfornare inapplicabili provvedimenti a effetto per tacitare media e coscienze, si pone sempre il problema di una trattativa bilaterale.

A scanso di equivoci, noi non chiediamo di invitare a palazzo Chigi i teppisti catanesi, ma i rappresentanti dei gruppi ultras più responsabili sì, quello è indispensabile. Vogliamo posti numerati e a sedere in curva? Giusto. Vogliamo rendere la sicurezza privata affidata agli steward reale e non formale com’è ora? Giustissimo. E come si pensa di ottenere questi risultati? Manu militari? Col "decreto Melandri" (o chi per lei)? Oppure coinvolgendo tutte le componenti interessate, fissando delle regole certe e realistiche e quindi pretendendone (anche con la forza) il rispetto assoluto? Ma di tutto questo il teatrino non si occupa, perché la logica emergenziale funziona scegliendosi un nemico assoluto e astratto e la filosofia del legislatore che si preoccupa di bandire per legge i «cori contro» assomiglia da vicino al motto brechtiano: "Aboliamo il popolo".

Infine, ci preoccupano non poco i livelli di oltraggio al garantismo. Sorvoliamo sulla proposta, che pure abbiamo sentito avanzare da più parti, di «bloccare le facce sospette nei dintorni dello stadio» ovvero i tatuati (si sono dimenticati gli scarface, quelli con cicatrici a vista). Parliamo dei primi provvedimenti del governo, che scarica sui tifosi i ritardi nell’applicazione della Pisanu (chi risarcirà gli abbonati degli stadi non a norma che rimarranno chiusi fino a fine stagione?).

Nel pacchetto si trova la «diffida preventiva», che scatta anche in mancanza di reato (su quali basi non è dato sapere) e la flagranza estesa alle 48 ore successive. La flagranza è flagranza. Non può essere estesa a piacimento, tranne che in uno Stato dove il diritto è ostaggio dell’emotività catodica e dei professionisti dell’emergenza. Quelli che, senza terrorismo e mafia, e col filone pedofilia in ribasso, adesso possono occuparsi di calcio. Quelli che se aumentano gli scippi in periferia (e magari qualche giornale se ne accorge) non pensano al modo di arrestare i colpevoli e tenerli dentro. Ti dicono: «Serve una nuova legge sulle periferie». Così al prossimo scippo sanno già a quale alibi appigliarsi.



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Un articolo quasi condivisibil   6/2/2007 16.32.15 (156 visite)   Casual
   era quello che dicevo...   6/2/2007 16.50.10 (31 visite)   luca26*
      errata corrige...   6/2/2007 16.54.22 (29 visite)   luca26*
   re:Un articolo quasi condivisibil   6/2/2007 17.56.52 (29 visite)   Viola*
      re:Un articolo quasi c   6/2/2007 18.1.9 (29 visite)   |Xanadu|
         re:Un articolo quasi c   6/2/2007 18.3.0 (27 visite)   Viola*
            re:Un articolo quasi c   6/2/2007 18.6.53 (24 visite)   |Xanadu|
               Quando mai carle'...   6/2/2007 18.36.35 (24 visite)   luca26* (ultimo)

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