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Data: 16/4/2004 9.55.10
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articolo di Pierluigi Sullo dal sito di Carta

Obiettivo raggiunto. La trasmissione "Porta e Porta", mercoledì sera, ha raggiunto il 33 per cento di "share", molto oltre il solito 17 per cento, grazie all’attesa di sapere chi, tra i quattro italiani sequestrati in Iraq, fosse stato ucciso, e grazie alla presenza in studio del ministro degli esteri, Frattini, il quale, come fa notare la Repubblica, ha scelto di star seduto lì, invece che nel suo ufficio alla Farnesina. Come diceva Umberto Eco, sono le disgrazie a "fare notizia": "Si è mai visto un titolo su un treno che arriva in orario?".

Così, conduttori di "talk show" e organizzatori di "politics show" hanno, molto saggiamente, messo a frutto le tragiche circostanze, vanamente inseguiti da Rutelli (coordinatore dell’Ulivo) e Fassino (portavoce dell’Ulivo), che, nella speranza di ripetere il successo di critica e di pubblico degli "anni di piombo", si sono subito ripetutamente schierati per la "fermezza": "Con i terroristi non si tratta".

Intanto, nello studio di V
espa, i parenti degli altri tre sequestrati, tenuti in sospeso per ore, potevano infine tirare un sospiro di sollievo, per quanto provvisorio, quando è stato loro annunciato che il morto ammazzato non era il loro parente.

Eppure – c’è da augurarsi – forse quel 33 per cento di telespettatori, esattamente 2.591.000, e ancor più le restanti decine di milioni di italiani, si stanno chiedendo se lo spettacolo debba per forza continuare. Non solo a proposito della vita, in pericolo, degli altri tre sequestrati, ma in generale di quel tritatutto impazzito che è diventato l’Iraq. Ad essere onesti, non si può non riconoscere che:

a) bombardare e invadere un paese sulla base di false prove (quelle sulle armi di distruzione di massa) e per scopi molto dubbi (come impadronirsi del petrolio), non è esattamente una buona premessa di pacificazione e democrazia;

b) un anno dopo la "vittoria" non solo i seguaci del vecchio regime, ma anche gli oppositori di Saddam, come gli sciiti, si sono ribellati all’occupazione, grazie a un sentimento nazionale inedito;

c) a questa insurrezione, gli occupanti hanno risposto sparando, assediando e bombardando una città come Falluja, ciò che anche l’inviato dell’Onu, quello che dovrebbe verificare le condizioni per un impegno delle Nazioni unite, ha condannato;

d) lo scontro con gli eserciti occupanti è condotto da gruppi diversi, con metodi diversi, e liquidarli tutti in blocco come "terroristi" significa solo fare della propaganda e impedirsi di trovare interlocutori;

e) anche l’occupazione presenta varie forme: in particolare, oltre a quella militare, avviene il prelievo della ricchezza principale del paese (il petrolio, appunto), che lo stesso Bush ha riconosciuto molto più abbondante del previsto;

f) in questo lavoro di saccheggio, le multinazionali si giovano, oltre che della copertura delle truppe "pubbliche", anche di una gran quantità di truppe "private" (infatti, anche la guerra, dopo la scuola, la sanità, le carceri e l’acqua, è in via di privatizzazione, visti gli alti rendimenti dell’investimento: le compagnie di mercenari guadagnano, pare, 100 miliardi di dollari l’anno);

g) infine, nessuno ha chiarito per chi i quattro italiani sequestrati lavoravano, e per fare cosa (la Repubblica accenna a un "ruolo opaco"), né che cosa è accaduto da quando un giornalista della Reuters raccontò che quattro italiani erano stati sequestrati, uno dei quali di nome Quattrocchi (proprio quello ucciso), e dopo le smentite delle autorità italiane.
Se si vuole essere onesti in modo esagerato, si deve concludere che una guerra con queste caratteristiche (ma esiste una guerra "pulita"?) non può che produrre efferatezze di ogni tipo, dalla sparatoria italiana contro i civili, tra cui donne e bambini (assai sottovalutata da Bruno Vespa, 0 per cento di "share") al sequestro di stranieri, dal bombardamento delle città con aerei ed elicotteri (6 o 700 morti a Falluja) alle bombe sui treni di Madrid (e prossimamente dove?).

Perciò, si direbbe, non resta che rompere la spirale, non giocare più a quel gioco, ritirare le truppe di occupazione e inviare giganteschi aiuti umanitari, rispettare la volontà degli iracheni di essere indipendenti e smetterla di rubargli il petrolio.
La saggezza dei madrileni ha già detto tutto, in una sola frase, a proposito del lutto per le morti di questa guerra, e vale per gli iracheni come per tutti gli altri: le guerre sono vostre, i morti sono nostri.



www.carta.org



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