Nick: Bardamu
Oggetto: La macchina delle tangenti
Data: 1/3/2007 9.54.45
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Le strategie del consorzio che dominava gli appalti della sanità calabrese
ANTONIO MASSARI
VIBO VALENTIA
Acquisire l’appalto, affidarlo a terzi in cambio di denaro, per poi drenare soldi alla politica. Per la precisione, secondo Giuseppe Lombardo, pm della Dda di Reggio Calabria, «ai vertici dell’Udc». Come nel caso dell'ospedale, mai costruito, di Vibo Valentia. Ma le opere incompiute e i soldi drenati verso la politica non si fermerebbero ai confini calabresi. «Il sistema corruttivo e tangentizio, i contatti con la politica, la massoneria, l'Opus Dei e i militari»: è il titolo di un'informativa dei carabinieri di Vibo Valentia. Gli inquirenti rintracciano il classico filo rosso. Qualcosa lega l’ospedale di Vibo all’aeroporto torinese di Caselle, la caserma calabrese di Cutro a quella veronese di Cà di David: gli appalti li vince sempre il «Consorzio Tie». Il consorzio, che ha sede a Bitonto (Bari), è amministrato da Domenico Scelsi e Domenico Liso. Le tessere Milanese il primo, bitontino il secondo, con una predilezione per l'Udc.
Il reclutamento
«Nella campagna di tesseramento – dice Liso – ho prodotto 12 mila tessere, con relative quote, depositate a mio nome». Dodicimila: bel pacchetto. Liso non è l'unico ad avere questa abitudine. I carabinieri di Vibo, infatti, interrogando l'ingegnere calabrese Antonio De Vito, scoprono che ha 1000 tessere dell'Udc: «Sono qui... nel cassetto». «Le pagate voi direttamente – chiedono i carabinieri - come impresa?». «Eh sì! Come si fa a chiedere... al cittadino che ti fa la tessera... i 100 euro da poter dare al partito? Le anticipo io... per conto di queste persone... però che vanno... di utilità». Utilità. Ma torniamo a Liso: versando 100 euro a tessera, per 12 mila, l'Udc avrebbe incassato un milione e duecento mila euro. Mica poco. «I versamenti sono stati fatti con assegni circolari liberi, intestati a mio nome, e a me girati. Gli elenchi li avevo dalle segreterie politiche provinciali e regionali». E poi precisa: «Nessuno mi ha mai incaricato». Nessuno, a quanto pare, ha però rifiutato. «Le somme erano state già versate sui miei conti dai tesserati del partito». Dobbiamo dedurne che 12 mila persone, cioè un paese di medie dimensioni, abbiano affidato a Liso il denaro per tesserarsi. Un'operazione complicata. Ma per semplificare le operazioni, Liso e Scelsi, avrebbero un talento innato. Se vuoi ottenere grandi appalti, per esempio, devi possedere un grande consorzio. Niente di più semplice. Si falsificano firme su firme e al consorzio - come accertano i carabinieri - partecipano aziende completamente ignare.
Dice Francesco Ietto, proprio durante le indagini sull'ospedale di Vibo, con aria stupefatta: «Prendo atto di risultare consigliere del predetto consorzio. Ma ribadisco di non saperne nulla». «La mia firma sembra autentica – dice invece Romano Pontiggia – ma è stata fotocopiata o è palesemente artefatta». Insomma: Liso e Scelsi consorziavano ditte in modo fittizio per partecipare a grosse gare d'appalto. E poi riescono ad acquisire appalti ovunque. Un esempio? L'impianto antincendio di Cà di David, Aviazione Militare, provincia di Verona. Anche l'imprenditore Tiziano Romano partecipa alla gara. Ma la perde. Tre mesi dopo, però, incontra Liso e Scelsi. Stessa tecnica utilizzata per l'ospedale di Vibo: prima si vince l'appalto, poi lo si affida a un'altra ditta, in subappalto, chiedendo denaro sottobanco. E quando Romano obietta che il subappalto non può accettarlo, perché ha già partecipato alla gara, Liso gli risponderebbe: «Ci penso io. Ma mi servono 80 mila euro, perché li devo portare a chi ci mette in condizioni di vincere questi appalti». Bene. Ma chi consente queste condizioni?
L’aiuto dell’Opus Dei
Un altro imprenditore, Giorgio Arioni, riferisce agli inquirenti: «Liso mi disse che tramite l'Opus Dei, per esempio, potevamo fare delle buone trattative, soprattutto di vendita di fabbricati, di immobili interi». Poi si sofferma sull'appalto per la costruzione di una caserma a Cutro: «Questo lavoro – dice – il consorzio lo acquisì al ministero della Difesa, con una regolare gara d'appalto, che fu fatta negli uffici del Genio Dife». A quanto pare, nel Genio Dife, il Consorzio aveva qualche aggancio. «Lei ha potuto realizzare – chiedono i carabinieri – che Liso avesse "entrature" in seno al Genio Dife?». «Sì – risponde Arioni – mi aveva fatto un nome: il generale (omissis)». «Questi atteggiamenti di "apertura" – continuano gli inquirenti - avevano dei costi?». «Senz'altro sì (...). Ora, quantificare quello che poteva chiedere il generale, non glielo so dire. Ma è tanto importante?».
Ma c'è chi va più nel dettaglio. L'imprenditore Tiziano Romano racconta ai carabinieri una confidenza raccolta da Liso: avrebbe consegnato, all'interno del Genio Dife, a un ufficiale, una valigetta contenente una tangente. L'ufficiale, inizialmente riluttante, si tranquillizza dopo aver ricevuto le referenze del Liso. Telefonicamente. Da chi? «Un aderente all'Opus Dei». Il consorzio, insomma, sembra avere appoggi importanti. «Liso – dice l'ennesimo imprenditore interrogato, Roberto Rota – si vantava di essere molto legato all'Udc». «Le hanno mai parlato di elargizione di denaro a questi partiti?», chiedono i carabinieri. Risposta: «Hanno sempre parlato di riconoscimenti».
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cronache/200703articoli/18672girata.asp |
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