Nick: Cattivo Oggetto: Curriculum giudiziario .... Data: 24/4/2004 16.47.26 Visite: 67
Premessa: Io odiooooooo GRANDE PUFFO
"Il curriculum giudiziario completo di MisterB. meglio conosciuto come "Il Cavaliere".
di Gianni Barbacetto
Dalla prima lontana inchiesta per riciclaggio del 1983 a oggi. Tutte le inchieste, le indagini, i processi e le sentenze.
Traffico di droga
Nel 1983 la Guardia di finanza, nell'ambito di un'inchiesta su un traffico di droga, aveva posto sotto controllo i telefoni di Berlusconi. Nel rapporto si legge: «È stato segnalato che il noto Silvio Berlusconi finanzierebbe un intenso traffico di stupefacenti dalla Sicilia, sia in Francia che in altre regioni italiane. Il predetto sarebbe al centro di grosse speculazioni edilizie e opererebbe sulla Costa Smeralda avvalendosi di società di comodo...». L'indagine non accertò nulla di penalmente rilevante e nel 1991 fu archiviata.
Falsa testimonianza sulla P2
La prima condanna di Silvio Berlusconi da parte di un tribunale arriva nel 1990: la Corte d'appello di Venezia lo dichiara colpevole di aver giurato il falso davanti ai giudici, a proposito della sua iscrizione alla lista P2. Nel settembre 1988, infatti, in un processo per diffamazione da lui intentato contro alcuni giornalisti, Berlusconi aveva dichiarato al giudice:"Non ricordo la data esatta della mia iscrizione alla P2, ricordo che è di poco anteriore allo scandalo". Per questa dichiarazione Berlusconi viene processato per falsa testimonianza. Il dibattimento si conclude nel 1990: Berlusconi viene dichiarato colpevole, ma il reato è estinto per l'intervenuta amnistia del 1989.
Tangenti alla Guardia di finanza
Berlusconi è accusato di aver pagato tangenti a ufficiali della Guardia di finanza, per ammorbidire i controlli fiscali su quattro delle sue società (Mondadori, Mediolanum, Videotime, Telepiù). In primo grado è condannato a 2 anni e 9 mesi per tutte e quattro le tangenti contestate, senza attenuanti generiche. In appello, la Corte concede le attenuanti generiche: così scatta la prescrizione per tre tangenti. Per la quarta (Telepiù), l'assoluzione è concessa con formula dubitativa (comma 2 art. 530 cpp). La Cassazione, nell'ottobre 2001, conferma le condanne per i coimputati di Berlusconi Berruti, Sciascia, Nanocchio e Capone (dunque le tangenti sono state pagate), ma assolve Berlusconi per non aver commesso il fatto, seppur richiamando l'insufficienza di prove.
Tangenti a Craxi (All Iberian 1)
Per 21 miliardi di finanziamenti illeciti a Bettino Craxi (E' la più grande tangente mai pagata a un singolo uomo politico in Italia), passati attraverso la società estera All Iberian, in primo grado è condannato a 2 anni e 4 mesi. In appello, a causa dei tempi lunghi del processo scatta la prescrizione del reato. La Cassazione conferma.
Falso in bilancio (All Iberian 2)
Berlusconi è stato indagato (anche sulla base di una voluminosa consulenza fornita dalla Kpmg) per la rete di 64 società e conti off shore del gruppo Fininvest (Fininvest Group B) che, secondo l'accusa, ha finanziato operazioni "riservate" (ha scalato società quotate in Borsa, come Standa e Rinascente, senza informare la Consob; ha aggirato le leggi antimonopolio tv in Italia e in Spagna, acquisendo il controllo di Telepiù e Telecinco; ha pagato tangenti a partiti politici, come la stecca record di 21 miliardi di lire data a Craxi attraverso la società "All Iberian"). La rete occulta della Finivest-ombra ha spostato, tra il 1989 e il 1996, fondi neri per almeno 2 mila miliardi di lire. Per questo Berlusconi è stato chiamato a rispondere di falso in bilancio. Ma nel 2002 ha cambiato la legge sul falso in bilancio, trasformando i suoi reati in semplici illeciti sanabili con una contravvenzione e soprattutto riducendo i tempi di prescrizione del reato (erano 7 anni, aumentabili fino a 15; sono diventati 4). Così il giudice per le indagini preliminari nel febbraio 2003 ha chiuso l'inchiesta con un proscioglimento generale, constatando che il tempo per il processo, secondo la nuova legge, è scaduto. Il gip ha negato però l'assoluzione, spiegando che Berlusconi e i suoi coimputati (Il fratello Paolo, il cugino Giancarlo Foscale, Adriano Galliani, Fedele Confalonieri) non possono dirsi innocenti.
Caso Lentini
Berlusconi è stato rinviato a giudizio per aver deciso il versamento in nero di una decina di miliardi dalle casse del Milan a quelle del Torino calcio, per l'acquisto del calciatore Gianfranco Lentini. Il dibattimento di primo grado si è concluso con la dichiarazione che il reato è prescritto, grazie alla nuova legge di Berlusconi sul falso in bilancio.
Medusa cinematografica
Berlusconi è accusato di comportamenti illeciti nelle operazioni d'acquisto della società Medusa cinematografica, per non aver messo a bilancio 10 miliardi. In primo grado è condannato a 1 anno e 4 mesi per falso in bilancio. In appello, assoluzione con formula dubitativa, confermata in Cassazione.
Terreni di Macherio
Berlusconi è accusato di appropriazione indebita, frode fiscale e falso in bilancio per l'acquisto dei terreni intorno alla sua villa di Macherio. In primo grado è assolto dall'appropriazione indebita e dalla frode fiscale. Per i due falsi in bilancio contestati scatta la prescrizione. In appello è confermata l'assoluzione per i due primi reati; è assolto per uno dei due falsi in bilancio, per il secondo si applica l'amnistia.
Lodo Mondadori
Berlusconi è accusato di aver pagato i giudici di Roma per ottenere una decisione a suo favore nel Lodo Mondadori, che doveva decidere la proprietà della casa editrice. Il giudice dell'udienza preliminare Rosario Lupo ha deciso l'archiviazione del caso, con formula dubitativa. La Procura ha fatto ricorso alla Corte d'appello, che nel giugno 2001 ha deciso: per Berlusconi è ipotizzabile il reato di corruzione semplice, e non quello di concorso in corruzione in atti giudiziari; concesse le attenuanti generiche, il reato dunque è prescritto, poiché risale al 1991 e la prescrizione, con le attenuanti generiche, scatta dopo 5 anni. Il giudice ha disposto che restino sotto processo i suoi coimputati Cesare Previti, Giovanni Acampora, Attilio Pacifico e Vittorio Metta.
Toghe sporche-Sme
Berlusconi è accusato di aver corrotto i giudici durante le operazioni per l'acquisto della Sme. Rinviato a giudizio insieme a Cesare Previti e Renato Squillante. Il processo di primo grado è in corso presso il Tribunale di Milano e andrà a sentenza a Milano, dopo che la Cassazione ha respinto la richiesta di spostare il processo a Brescia o a Perugia, per legittimo sospetto, reintrodotto per legge nell'ottobre 2002.
Spartizione pubblicitaria Rai-Fininvest
Berlusconi era accusato di aver indotto la Rai, da presidente del Consiglio, a concordare con la Fininvest i tetti pubblicitari, per ammorbidire la concorrenza. La Procura di Roma, non avendo raccolto prove a sufficienza per il reato di concussione, ha chiesto l'archiviazione, accolta dal Giudice dell'udienza preliminare.
Tangenti fiscali sulle pay-tv
Berlusconi era accusato di aver pagato tangenti a dirigenti e funzionari del ministero delle Finanze per ridurre l'Iva dal 19 al 4 per cento sulle pay tv e per ottenere rimborsi di favore. La Procura di Roma ha chiesto l'archiviazione, accolta dal Giudice dell'udienza preliminare.
Stragi del 1992-1993
Le procure di Caltanissetta e Firenz, indagano da molti anni sui «mandanti a volto coperto» delle stragi del 1992 (Falcone e Borsellino) e del 1993 (a Firenze, Roma e Milano). Le indagini preliminari sull'eventuale ruolo che Berlusconi e Marcello Dell'Utri possono avere avuto in quelle vicende sono state formalmente chiuse con archiviazioni nel 1998 (Firenze) e nel 2002 (Caltanissetta). Continuano però indagini per concorso in strage contro ignoti e i decreti d'archiviazione hanno parole pesanti nei confronti degli ambienti Fininvest.
Mafia
La procura di Palermo ha indagato su Berlusconi per mafia: concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio di denaro sporco. Nel 1998 l'indagine Ë stata archiviata per scadenza dei termini massimi concessi per indagare. Indizi sui rapporti di Berlusconi e Dell'Utri con uomini di Cosa nostra continuano a essere segnalati in molte sentenze.
Telecinco in Spagna
Berlusconi, Dell'Utri e altri manager Fininvest, responsabili in Spagna dell'emittente Telecinco, sono accusati di frode fiscale per 100 miliardi e violazione della legge antitrust spagnola, per avere detenuto occultamente il controllo di Telecinco, proibito dalle leggi antimonopolio. Sono ora in attesa di giudizio su richiesta del giudice istruttore anticorruzione di Madrid, Baltasar Garzon Real. Il giudice Garzon ha chiesto di processare Berlusconi in Italia o di poterlo processare in Spagna. Di fatto, il processo è sospeso.
==================================================================
"Forza Mafia"
di Gianni Barbacetto
"Delle amicizie pericolose di molti esponenti siciliani di Forza Italia. E della strana politica che opera curiose selezioni: non emargina i personaggi anche solo inopportuni, ma anzi li promuove. Con gran rabbia delle toghe rosse.
Quando, lunedi 3 agosto 1998, fu arrestato Giovanni Mauro, presidente della Provincia di Ragusa ed esponente di Forza Italia, Enrico La Loggia, capogruppo di Forza Italia al Senato, subito dichiarato: Attenti a un nuovo caso Musotto. La persecuzione giudiziaria (nemmeno più l'errore giudiziario) e diventata ormai spiegazione esaustiva e giustificazione preventiva di ogni atto della magistratura nei confronti di ogni esponente di Forza Italia, dal suo leader all'ultimo degli aderenti.
Un atteggiamento che ha fatto scuola: tanto che dopo l'arresto di Francesco Schiavone detto Sandokan, boss dei Casalesi, il piu ricercato tra i nuovi capi della Camorra campana, la moglie rilascio ai giornali risentite dichiarazioni secondo cui il marito era vittima di una persecuzione dei comunisti. La signora Sandokan, evidentemente, ha imparato la lezione mediatica e, democraticamente, ha applicato a se lo schema gia ampiamente utilizzato in tanti casi da autorevoli esponenti della politica.
Giovanni Mauro, a Ragusa, era stato arrestato con l'accusa di aver riscosso tangenti, in una provincia ad alta densita mafiosa. Il Musotto subito ricordato da La Loggia e, naturalmente, Francesco Musotto, grande avvocato palermitano, presidente della Provincia di Palermo, prestigioso esponente di Forza Italia, clamorosamente arrestato nel novembre 1995, processato per concorso esterno in associazione mafiosa e poi assolto in primo grado, nell'aprile 1998. Assolto: dunque innocente. E se innocente e Musotto, non puo esserlo anche Mauro?
Nel giugno 1998 i magistrati palermitani avevano chiesto l'arresto di un altro esponente di Forza Italia, Gaspare Giudice, deputato in Parlamento, eletto nel 1996 nel collegio di Bagheria con il 54 per cento dei voti. Appena ricevuta la notizia, Silvio Berlusconi aveva regalato ai cronisti una dichiarazione dalla sintassi faticosa: Essendo Giudice vicecoordinatore di Forza Italia in Sicilia e avendo avuto quindi rapporti con l'onorevole Micciche, non si puo neppure immaginare alcun alone di dubbio intorno a lui, perche altrimenti non avrebbe potuto avere quell'incarico.
Giudice, comunque, fu salvato dal voto della Camera, che a sorpresa (contro lo stesso parere gia espresso dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere) non concesse l'autorizzazione alla custodia cautelare in carcere.
Dopo l'arresto di Mauro, Cristina Matranga, esponente anomala di Forza Italia in Sicilia (anomala in quanto poco propensa a unire la sua voce al coro dei compagni di partito sempre all'attacco dei magistrati della Procura di Palermo), chiese pubblicamente a Forza Italia un'operazione di igiene politica. Il clima di quelle settimane sembrerebbe giustificare la richiesta: all'arresto di Giovanni Mauro, alle violente polemiche seguite al voto della Camera su Giudice, si sommavano da una parte il coinvolgimenti in storie di mafia di esponenti minori del partito, dall'altra l'emergere di nuove accuse di contiguita con Cosa nostra rivolte a Marcello Dell'Utri, che di Forza Italia puo essere considerato il padre.
Eppure a Matranga rispose, autorevolmente, Gianfranco Micciche, coordinatore siciliano del partito (e dunque diretto superiore di Giudice): Faccia i nomi. Un tuffo nel passato piu buio: chiunque abbia conservato un pò di memoria, ricordera che questa era la formula magica, ripetuta ossessivamente (Fuori i nomi! Fuori i nomi!), con cui negli anni Ottanta era zittito chi osava anche soltanto porre il problema dei pur evidenti rapporti tra mafia e politica.
Faccia i nomi: questa volta i nomi erano gia su tutti i giornali; eppure ormai non serve nemmeno piu aggiungere la seconda formula magica tanto di moda negli anni Ottanta (Fuori le prove!). Perche lo schema interpretativo dei fatti, imposto con la forza dei media e della ripetizione all'infinito, e quello della persecuzione politica per via giudiziaria: quindi anche le prove sono ormai impotenti. Inutili. Piu fatti significa soltanto piu persecuzione. Nel momento stesso in cui si portano piu elementi d'accusa, si dimostra una piu pervicace volonta persecutoria. I fatti, in verita, non mancano.
Il 1 settembre era stato arrestato a Reggio Calabria, con l'accusa di concorso in omicidi di 'Ndrangheta, Giuseppe Aquila, esponente di Forza Italia ed ex vicepresidente della Provincia di Reggio. E a Roma un parlamentare di Forza Italia era entrato in un'indagine su un traffico di droga. Senza che alcun particolare filtrasse dalle maglie del segreto istruttorio, i magistrati avevano messo sotto osservazione gli incauti rapporti tra un onorevole azzurro e un esponente albanese: i due si sarebbero incontrati a Roma e avrebbero discusso di politica internazionale, a partire dal conflitto in Kosovo tra serbi e indipendentisti albanesi.
Niente di male, se non fosse per il piccolo particolare che l'albanese in questione era in strettissimi rapporti con un compatriota impegnato in grande stile nel narcotraffico. Ormai gli albanesi sono attivi nel commercio di stupefacenti non piu solo come gregari, ma anche come protagonisti, e stanno avviando contatti per stringere quei rapporti politici che, sperano, in prospettiva potranno proteggere, consolidare e far crescere i loro affari.
Il caso Musotto, ora che la polemica e svaporata, fornisce molti elementi di riflessione su come Forza Italia gestisca i rapporti tra politica e legalita. La vicenda ebbe il suo avvio l'8 novembre 1995, quando fu arrestato a Palermo Francesco Musotto, esponente di Forza Italia proveniente dalle file del Psi, presidente della Provincia eletto con ben 320 mila voti, massone, avvocato di boss di primo piano in Cosa nostra (Raffaele Ganci, mafioso della famiglia della Noce, quella che sta nel cuore di Riina; i fratelli Graviano, organizzatori delle stragi del 1993; Salvatore Sbeglia, fornitore del telecomando utilizzato per la strage di Capaci; gli uomini del clan Farinella).
Quattro giorni dopo l'arresto, il 12 novembre, Forza Italia organizzò davanti al palazzo di giustizia di Palermo una manifestazione di protesta contro i magistrati della Procura. In prima fila il coordinatore regionale del partito Gianfranco Micciche e il presidente dei senatori Enrico La Loggia.
Il giorno dopo fu la volta degli avvocati: una cinquantina di legali palermitani in toga, guidati dal presidente della Camera penale Nino Mormino, manifestarono davanti al palazzo di giustizia contro Giancarlo Caselli e i suoi sostituti.
Musotto, insieme al fratello Cesare, era accusato di aver fornito assistenza ai latitanti di Cosa nostra, di aver passato loro notizie riservate sui provvedimenti giudiziari, di aver dato ospitalita, nel giugno 1993, nella villa di famiglia a Pollina, nei pressi di Cefalu, al piu sanguinario dei killer corleonesi, Leoluca Bagarella. A un uomo d'onore che, dopo alcune pubbliche dichiarazioni antimafia di Musotto, metteva in dubbio la sua fedelta ai corleonesi, Bagarella rispondeva: Che ci vuoi fare? Non vedi che lo attaccano tutti? Iddu cerca di difennisi. L'importanti e ca iddu sia dda (Quello cerca di difendersi. L'importante e che stia li).
Il processo di primo grado si concluse il 4 aprile 1998, con una assoluzione dall'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. La sentenza sostiene che Bagarella fu effettivamente ospite di casa Musotto e condanna il fratello Cesare. Ma ritiene che l'accusa non abbia presentato elementi sufficienti a dimostrare che di quell'ospitalita fosse a conoscenza anche Francesco, che dunque fu assolto.
Con il vecchio codice, sarebbe stata un'assoluzione per insufficienza di prove. Ma a Forza Italia e sufficiente per scatenare una nuova raffica di attacchi contro Caselli e la sua Procura.
Subito dopo l'assoluzione, Musotto, interpellato dai giornali, dichiaro che non aveva intenzione di tornare alla politica. Ma fu Silvio Berlusconi in persona, il 17 aprile 1998, al primo congresso di Forza Italia, a chiamare sul palco Musotto, presentato come una vittima della persecuzione dei giudici e salutato come un eroe dalla platea. Tra gli applausi scroscianti una vera ovazione il leader di Forza Italia lo ricandido a presidente della Provincia. Alleanza Nazionale, pur con qualche isolato mugugno interno, accetto di sostenerlo. E il 25 maggio 1998 Francesco Musotto fu trionfalmente rieletto al primo turno.
Una politica sana, una sana amministrazione avrebbero in ogni paese civile respinto un personaggio che, anche penalmente innocente, aveva dimostrato di non essere sufficientemente lontano dagli ambienti di Cosa nostra. In quale regione d'Italia si sopporterebbe, se non altro per motivi d'opportunita, un presidente con un fratello in galera per mafia? Chi mai avrebbe il coraggio di candidare alla presidenza della regione il fratello di un personaggio condannato per aver ospitato nella villa di famiglia Leoluca Bagarella?
Non tutti i fatti hanno rilevanza penale, certo, ma la politica dovrebbe avere sufficiente autonomia di giudizio per soppesare anche gli elementi che non entrerebbero mai in un'aula di tribunale. Un'assoluzione processuale dovrebbe comunque essere condizione necessaria, ma non sufficiente, per entrare nei ranghi della politica. Invece la sentenza, ormai non accettata quando è di colpevolezza, se è d'assoluzione viene sbandierata come un merito, diventa di per se una garanzia di correttezza, perla da inserire in curriculum, senza alcuna memoria per i fatti che stanno dietro la sentenza. Questo sì è giustizialismo: ossia schiacciamento della politica sulle vicende giudiziarie.
Il caso di Gaspare Giudice è, se possibile, ancora più istruttivo. In questa vicenda, gli elementi che l'accusa aveva raccolto a carico dell'esponente di Forza Italia erano tali da far escludere alla giunta parlamentare per le autorizzazioni a procedere che ci fosse fumus persecutionis nei confronti del parlamentare. Perfino il supergarantista Filippo Mancuso, in giunta, non aveva avuto nulla da eccepire contro la richiesta dei magistrati.
Secondo l'accusa, Giudice era al diretto servizio della cosca mafiosa di Caccamo, i cui uomini si vantavano di averlo fatto eleggere e gli telefonavano fin dentro il palazzo di Montecitorio per ricordargli la sua dipendenza e per ordinargli che cosa doveva fare: Gasparino, guarda che siamo stati noialtri a metterti li, gli ripetevano.
Eppure la Camera dei deputati il 16 luglio 1998 (il giorno dopo la terza condanna penale ricevuta da Silvio Berlusconi) boccio (303 voti a 210, con 13 astenuti) la richiesta d'arresto. Ancor piu grave, i deputati sottraggono al giudice elementi di prova: impediscono (287 voti a 239, con 3 astenuti) l'utilizzo processuale dei tabulati Telecom, quelli da cui vengono documentati i rapporti e la dipendenza di Giudice dagli uomini delle cosche.
Attorno a Giudice si muovevano personaggi come Nino Mandara, imprenditore, fondatore del primo club di Forza Italia a Villabate, membro del direttivo provinciale del partito, grande elettore di Giudice. Il figlio di Mandara, Nicola, nel 1995 era finito in carcere con l'accusa di essere un killer di Cosa nostra. In manette era finito anche un altro sostenitore di Forza Italia, Roberto Campesi, titolare di un negozio di caramelle, che si era fatto consegnare 160 milioni dai figli di un imprenditore arrestato per mafia con la promessa di avviare una campagna televisiva di delegittimazione dei magistrati, sostenuta da Vittorio Sgarbi.
Quante storie di ordinaria politica in terra di mafia. Quanti personaggi, per lo piu provenienti da Dc e Psi, pervengono a nuova vita sotto le bandiere di Forza Italia e si muovono disinvoltamente sul crinale tra istituzioni e criminalita. Giuseppe Cilluffo, per esempio, era presidente del consiglio circoscrizionale del quartiere Brancaccio, a Palermo. Alla nascita di Forza Italia, aveva promosso la fondazione di un club del movimento. Nel 1994 fu arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa, con l'accusa di essere uomo a disposizione dei fratelli Graviano (imputati per le stragi del 1993 e per l'omicidio di padre Puglisi). Al processo di primo grado fu condannato per favoreggiamento.
Anche Franco Tusa, imprenditore palermitano nel settore dell'abbigliamento ed ex vicesindaco socialdemocratico di Monreale, nel 1994 si era scoperto una incontenibile passione politica per Forza Italia, tanto da fondare un club a Monreale. I suoi rapporti - con personaggi del calibro di Giuseppe Mandalari, il commercialista di Riina - avevano spinto Micciche a chiudere il club e troncare ogni collaborazione.
Con un arresto (nel luglio 1994) e una condanna per concorso esterno all'associazione mafiosa denominata Cosa nostra, era finita la brevissima avventura politica di Gianni Ienna, noto costruttore palermitano. Il suo hotel San Paolo Palace domina il quartiere di Brancaccio, regno dei fratelli Graviano. Proprio San Paolo era stato chiamato il club di Forza Italia fondato da Ienna e ospitato nei saloni dell'hotel. Mai riconosciuto dal movimento, dichiarerà poi Miccichè.
Certo e che, in quei saloni, il 5 febbraio 1994 Forza Italia organizzo la presentazione ufficiale dei candidati siciliani alle elezioni. A Ienna, considerato un manager di Cosa nostra, un grande riciclatore del tesoro mafioso, dopo l'arresto sono stati confiscati beni per 400 miliardi. Il costruttore aveva iniziato a raccontare qualcosa dei segreti di cui e depositario, degli affari delle cosche in Sicilia ma anche al Nord; poi pero ha ritrattato e si e chiuso di nuovo nel suo pesante silenzio.
Piu complessa la storia di Ilario Floresta, imprenditore siciliano nel settore della telefonia, anch'egli sceso in campo nel 1994, sotto le bandiere di Forza Italia. Le aziende di sua proprieta o del suo giro (la Fintel di Palermo, la Itel di San Gregorio di Catania, la Siet di Bari, la Giesse di Mirandola in provincia di Modena...) hanno anche ottenuto nel corso degli anni ricchi subappalti dalle imprese telefoniche di Stato. Quando Floresta si butto nell'avventura politica, Forza Italia lo candido alla Camera nel collegio di Giarre, dove fu eletto con oltre 33 mila preferenze. Una dote di voti che gli servi ad arrivare fino alla poltrona di sottosegretario al Bilancio nel governo Berlusconi.
Ma gli investigatori della Dia (la Direzione investigativa antimafia), analizzando i tabulati telefonici dei cellulari usati dagli uo|mini d'onore entrati in azione per uccidere Giovanni Falcone, avevano scoperto che Gioacchino La Barbera, uno dei componenti il commando che esegui strage di Capaci, nei giorni precedenti e seguenti la strage aveva comunicato anche con cellulari intestati alla Fintel.
Su Floresta erano scattate le indagini. Con chi parlava La Barbera? E soprattutto, quali erano i contenuti delle conversazioni? Una risposta fu fornita da La Barbera stesso, che dopo essere stato arrestato aveva scelto di diventare collaboratore processuale: erano telefonate di lavoro, spiego La Barbera ai magistrati palermitani, perche la sua azienda di movimento terra e trasporti (la Impedil Scavi) lavorava per la Fintel di Palermo.
Ma dunque un'azienda di Floresta, o comunque considerata dagli investigatori nel suo giro d'affari, dava subappalti all'impresa di un uomo d'onore di alta caratura come Gioacchino La Barbera. Nessun rilievo penale, naturalmente. Floresta, del resto, ha sempre sostenuto non solo di non conoscere La Barbera, ma anche di non avere piu il controllo diretto della Fintel dal 1987.
Chiusa questa partita palermitana, per Floresta si apri un nuovo capitolo: la procura distrettuale antimafia di Catania avviò un'indagine su di lui in seguito alle dichiarazioni di un mafioso diventato collaboratore processuale, Giuseppe Scavo, il quale ha affermato di aver visto Floresta negli uffici dell'autoparco di Sebastiano Sciuto, uomo d'onore calabrese del clan Ercolano, poi arrestato in seguito all'operazione Orsa Maggiore. Le affermazioni di Scavo sono rimaste pero senza conferme e riscontri, cosi la procura ha chiesto l'archiviazione del caso.
Non ha ancora una lettura univoca neppure la vicenda che ha per protagonista Antonio D'Ali, 46 anni, senatore eletto a Trapani nelle liste di Forza Italia. Nel 1994 raccolse 52 mila voti. Alle ultime elezioni, ripresentato da Forza Italia, ha superato se stesso, aggiudicandosi 5 mila voti in piu e con ciò conquistando la maggioranza assoluta dei suffragi nel suo collegio: 51,4 per cento. Ha ottenuto un incarico parlamentare di un certo rilievo, vicepresidente della commissione Finanze, e per un breve periodo e stato il responsabile economico di Forza Italia.
La famiglia D'Ali è una delle piu potenti, facoltose e riverite del Trapanese. Le immense tenute agricole, le saline tra Trapani e Marsala, le molte proprieta e (fino al 1991) la quota di controllo della Banca Sicula costituivano l'impero governato con autorita da Antonio D'Ali senior, classe 1919, che fu direttamente amministratore delegato della banca di fNamiglia fino al 1983, anno in cui fu coinvolto nello scandalo P2 (il suo nome era nelle liste di Gelli) e preferi passare la mano al nipote Antonio junior, quello che dal 1994 siede in Senato.
La Banca Sicula era uno dei piu importanti istituti di credito siciliani per numero di sportelli e per mezzi amministrati. All'inizio degli anni Novanta la banca trapanese, gia corteggiata anche dall'Ambroveneto di Giovanni Bazoli, fu acquistata e incorporata dalla Banca Commerciale Italiana, alla ricerca di un partner per superare la sua storica debolezza in Sicilia. In seguito all'operazione, Giacomo D'Ali, professore associato di Fisica, figlio di Antonio senior e cugino di Antonio junior il senatore, e entrato a far parte del consiglio d'amministrazione della Banca Commerciale.
Dava lavoro a tanti, la famiglia D'Ali. Come campieri ha avuto me[mbri delle famiglie mafiose dei Minore e dei Messina Denaro. Francesco Messina Denaro, il vecchio capomafia di Trapani, fu per una vita fattore dei D'Ali, prima di passare la mano - come boss e come fattore - al figlio Matteo Messina Denaro, classe 1962, oggi considerato il piu fedele alleato dei Corleonesi, uno dei capi piu potenti (e ricercati) della nuova mafia siciliana, protagonista della strategia corleonese delle stragi.
A riprova dei rapporti tra la famiglia D'Ali e il boss, il vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia Nichi Vendola nel 1998 esibi i documenti che provano il pagamento a Matteo Messina Denaro, ufficialmente agricoltore, di 4 milioni ricevuti nel 1991 dall'Inps come indennità di disoccupazione. A pagargli i contributi era Pietro D'Ali, fratello di Antonio il senatore e di un Giacomo D'Ali che, negli anni settanta, era stato attivista di un gruppo neofascista siciliano (A proposito: ancora tutti da approfondire sono i rapporti intercorsi in Italia tra mafia, eversione nera e apparati dello Stato).
Francesco Geraci, gioielliere di Castelvetrano, gran fornitore di preziosi alla famiglia di Toto Riina, ha raccontato di compravendite di terreni in cui i D'Ali e i Messina Denaro avevano ruoli non facilmente distinguibili. Fatto sta che l'immensa tenuta di Contrada Zangara, a Castelvetrano, un tempo dei D'Ali, e passata ai Messina Denaro (ma non risulta che sia stato pagato un prezzo) e oggi e stata confiscata come proprieta di Toto Riina, di cui Matteo Messina Denaro e risultato prestanome. Complicati e poco trasparenti, questi passaggi di proprieta: i D'Ali sono vittime di estorsione o complici dei Messina Denaro? E se sono vittime, perche non hanno mai denunciato l'estorsiomne?
Anche la Banca Sicula, prima di rigenerarsi dietro le rispettabilissime insegne della Banca Commerciale Italiana, era stata oggetto di un allarmato rapporto di un commissario di polizia, Calogero Germana, che poi, trasferito a Mazara, aveva subito un attentato da parte di Leoluca Bagarella in persona. Il rapporto ipotizzava che l'istituto di credito fosse uno strumento di riciclaggio di Cosa nostra. E sottolineava il fatto che come presidente del collegio dei sindaci della banca fosse stato chiamato Giuseppe Provenzano, il futuro deputato di Forza Italia e presidente della Regione Sicilia, gia commercialista della famiglia Provenzano (l'altra, quella dell'attuale numero uno di Cosa nostra).
L'acquisto della Banca Sicula da parte della Commerciale, come altre operazioni simili realizzate con altri piccoli istituti di credito del Sud, fu seguito con favore daclla Banca d'Italia, che voleva favorire, piu in generale, un'uscita indolore da situazioni a rischio, oltre che d'infiltrazioni mafiose, anche di bancarotta (per gestioni discutibili del credito, molto probabilmente dovute anche alle pressioni criminali).
Prima dell'incorporazione, la Banca Sicula aveva realizzato un aumento di capitale di 30 miliardi. Da dove erano arrivati? Chi aveva finanziato la ricapitalizzazione? Le domande, riproposte nel 1998 da Vendola in un rapporto inviato alla Vigilanza della Banca d'Italia, sembrano destinate a rimanere senza risposta, mentre i fantasmi del passato sono sepolti per sempre sotto le autorevoli insegne della Banca Commerciale.
Giuseppe Provenzano, intanto, si e prudentemente dimesso da presidente della Regione. Per lotte interne a Forza Italia, piu che per le interminabili polemiche sui suoi rapporti con Provenzano (quell'altro). Docente di tecnica bancaria all'universita di Palermo, Giuseppe Provenzano e un professore stimato e un professionista di successo, tanto da aver ricevuto dalla Banca d'Italia l'incarico di commissario straordinario della Banca Don Bosco di San Cataldo, un piccolo istituto di credito siciliano usato da Cosa nostra per riciclare denaro: l'intero consiglio d'amministrazione era finito in carcere. Ma nel 1984 le parti si invertirono, fu Provenzano a essere accusato di contiguita con la mafia: Giovanni Falcone lo fece incarcerare come consulente finanziario della famiglia Provenzano.
Ma non si trovarono le prove che la sua fosse una complicita cosciente. Le accuse caddero e col tempo fu dimenticata anche la macchia di aver avuto tra i suoi clienti una presenza imbarazzante: la moglie di Bernardo Provenzano.
Di rapporti con uomini della criminalita organizzata si e parlato anche a proposito di due collaboratori di Berlusconi, Romano Comincioli e Massimo Maria Berruti. Il primo, compagno di scuola e poi manager e prestanome di Berlusconi, era in contatto con Gaspare Gambino, imprenditore siciliano vicino a Pippo Calò, il cosiddetto cassiere romano di Cosa nostra.
Attraverso Comincioli, la Fininvest realizzo affari con il faccendiere sardo Flavio Carboni. Cambiali con girata di Comincioli passarono a uomini della Banda della Magliana per poi finire nelle mani di Pippo Calo.
Berruti, ex ufficiale della Guardia di finanza gia processato per corruzione ancora prima di Mani pulite e poi prontamente arruolato nella squadra Fininvest, e diventato avvocato del gruppo, per il quale ha trattato, fra l'altro, l'acquisto del calciatore Gigi Lentini (poi oggetto di un processo). Nel gennaio 19i94 Berlusconi gli affido l'organizzazione della campagna elettorale di Forza Italia a Sciacca e nella provincia d'Agrigento. Con buoni risultati, tra i quali il coinvolgimento di Salvatore Bono (cognato del boss dell'Agrigentino Salvatore Di Gangi) e di Salvatore Monteleone, arrestato nel 1993 per concorso in associazione a delinquere di stampo mafioso e appena uscito dal carcere diventato referente di Forza Italia a Montevago. Per i suoi servizi, Berruti e stato premiato con un posto in Parlamento.
Con il Berruti avvocato e poi politico, convive il Berruti uomo d'affari: in Sicilia possedeva una societa, la Xacplast, che un rapporto dei carabinieri indicava come partecipata da uomini d'onore delle famiglie mafiose di Sciacca.
Che conclusioni (provvisorie) trarre, dalle storie di ordinaria compromissione fin qui ricordate? L'interpretazione corrente dentro Forza Italia e che le innumerevoli indagini contro esponenti di quel partito siano, semplicemente, frutto di una persecuzione: lotta politica per via giudiziaria; procuratori della Repubblica e loro sostituti braccio armato della sinistra.
Le molte inchieste che prendono di mira personaggi interni o vicini a Forza Italia sono spiegate con una pervicace volonta di indebolire, fino a liquidare, una forza politica vissuta come avversaria. Le motivazioni di tale avversita? La diversa collocazione politica (a sinistra) di tanti magistrati, specialmente d'accusa (apostrofati dunque toghe rosse o, con un salto di livello, appartenenti a un circuito di Procure rosse); ma i meno rozzi tra i sostenitori di Forza Italia tentano spiegazioni che vorrebbero essere piu sofisticate, sostenendo che molti magistrati si sentirebbero investiti di una sorta di missione morale che li obbliga a scendere in guerra - una guerra mortale - come esponenti del Bene contro il Male.
Nello scontro, psicologico prima che giudiziario, tra la Legge e il Crimine, il sacro fuoco manicheo che li anima li induce a individuare un Nemico da sconfiggere (Cosa nostra, ma anche Forza Italia, per teorema nuovo referente della criminalita organizzata).
Questa interpretazione e, a sua volta, un teorema. Assume che i magistrati non badino tanto, laicamente, ai fatti, alle prove, alle evidenze processuali, quanto alla spinta religiosa (non a caso sono spesso apostrofati come cattocomunisti) che li indurrebbe a condannare prima dei fatti, ad avere certezze prima delle prove.
I piu spregiudicati tra i nemici delle Procure, comunque, si sono gia spinti oltre quest'orizzonte: elevando un vero e proprio elogio dei mascalzoni. Da Giuliano Ferrara (Mi sono simpatiche le carogne, sono più umane dei feroci moralisti) a Ruggero Guarini (Adoro quel furfante dell'avvocato Previti). Fino a Sergio Romano, citato dal Foglio, che riprende la settecentesca Favola delle api di Bernard de Mandeville, in cui una città sregolata, corrotta e criminale produce, alla faccia dei moralisti, ricchezza e sviluppo.
Sulle singole vicende, le risposte sono piu puntuali. I piu compromessi tra i personaggi qui ricordati (Mandara, Campesi, Cilluffo, Tusa fra i minori; Mandalari, Ienna, tra i maggiori) non sono difesi, anzi esponenti di rilievo del movimento berlusconiano in Sicilia tendono da una parte a minimizzare il loro ruolo in Forza Italia, dall'altra a sottolineare che il partito ha subito la loro presenza, addirittura emerginandoli (Miccichè non volle riconoscere i club fondati da Ienna e da Tusa; e impedì a Mandalari di prendere la parola, il 16 marzo 1994, alla festa per il successo elettorale di Forza Italia).
La difesa, stretta e totale, scatta invece a proposito di personaggi come Musotto, Floresta, D'Ali, Provenzano. Non vi sono evidenze penali nei loro confronti (o almeno non sono ancora state accettate da un tribunale): dunque sono da considerare - con un criterio pan-penale, giustizialista - vittime di un attacco, di una persecuzione.
La sconvenienza politica di determinati comportamenti non e rilevata, non e sentita l'inopportunità di fare politica avendo avuto (o mantenendo) determinate relazioni o contiguita o compromessi. Cosi si perpetua un costume della politica italiana che e uno dei punti di forza della criminalita organizzata: la tolleranza nei confronti di un'area grigia che nella politica e negli affari puo diventare, via via, inerte, contigua, complice. Senza punti di riferimento fuori dalle organizzazioni criminali, nella politica, negli affari, nella societa civile - dunque senza concorso esterno - le organizzazioni criminali sono semplici bande di fuorilegge.
Con quei punti di riferimento diventano organizzazioni mafiose.
Anomale e isolate, invece, apparivano le valutazioni di Cristina Matranga, che continuava a difendere l'operato di Caselli e dei magistrati siciliani. Matranga - fiera di essere stata eletta, con le sue dichiarazioni pro-magistrati, in un collegio palermitano che comprende quartieri a forte presenza mafiosa come l'Uditore, la Noce, la Zisa - confermava di aver chiesto al suo partito un'operazione di igiene politica: «Dobbiamo aprire un approfondito dibattito interno, non pubblico, sulla nostra organizzazione. Non possiamo permetterci di attaccare in maniera cosi violenta i magistrati che sono in trincea contro la mafia. Sicuramente abbiamo commesso degli errori: vi sono infiltrazioni dentro Forza Italia (come anche dentro gli altri partiti: ma io sono di Forza Italia, e devo considerare il mio partito)».
Matranga dichiarò, nel 1998: «Ora non mi sento piu isolata: prima dell'estate ho incontrato Berlusconi e gli ho detto che mi pareva di essere un pesce fuor d'acqua per gli argomenti che sostenevo. Berlusconi mi ha risposto: li condivido e ti sono accanto.
Ma evidentemente la sua lotta antimafia, alla fine, non è piaciuta al partito: Silvio Berlusconi l'ha estromessa dalle liste elettorali per le politiche del 2001, quelle liste in cui avevano trovato posto invece Marcello Dell'Utri e Cesare Previti...
Anche a Catania due esponenti di Forza Italia, l'avvocato Antonio Fiumefreddo e l'eurodeputato Umberto Scapagnini, hanno lanciato pressanti appelli alla pulizia interna al partito. Fiumefreddo, avvocato ed ex responsabile provinciale di Forza Italia per gli enti locali, invio anche alcune lettere a Miccichè, denunciando nomi, situazioni e fatti specifici, e chiedendogli un intervento urgente contro le infiltrazioni mafiose nel partito.
Le lettere a Micciche e tutto il materiale raccolto da Fiumefreddo sono finiti anche a Palermo, sul tavolo di un magistrato della procura. Isolato nel partito e rimasto senza alcuna risposta da Miccichè, Fiumefreddo nel maggio 1996 decise di dare e dimissioni da Forza Italia.
Nella geografia politico-criminale italiana, comunque, non c'è solo la Sicilia. Al di la dello stretto, Amedeo Matacena junior, figlio del patriarca di Reggio Calabria, il padrone dei traghetti Caronte che fanno la spola tra Calabria e Sicilia, parlamentare di Forza Italia e condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa: riconosciuto colpevole, in buona sostanza, per essere diventato negli ultimi anni il nuovo politico di riferimento della 'Ndrangheta calabrese.
Dal suo seggio alla Camera, Matacena non aveva perso occasione per scagliarsi contro il colonialismo giudiziario dei magistrati di Reggio (in testa a tutti, il procuratore aggiunto Salvatore Boemi) che per fare carriera hanno preso a perseguitare una schiera di calabresi per bene.
Sul campo, Matacena e stato sostenuto da Giuseppe Aquila, ex barista sui traghetti di famiglia, poi fulminato dalla passione politica, sceso in campo con Forza Italia e dal 1997 vicepresidente della Provincia di Reggio Calabria. Il 1 settembre 1998 Aquila e stato arrestato, con l'accusa di concorso in omicidio: nel 1991, nel corso della guerra di mafia a Reggio, avrebbe sostenuto le famiglie di uno dei due fronti in lotta a colpi di kalashnikov.
Escluso dalle liste elettorali delle politiche 2001, Matacena non ha mancato di far arrivare a Berlusconi e Dell'Utri pesanti avvertimenti. Chissà come andrà a finire...
Piu d'una amministrazione locale gestita da Forza Italia e dai suoi alleati e risultata a rischio d'inquinamento mafioso. A Castel Volturno, per esempio, in provincia di Caserta, terra di conquista del clan dei Casalesi di Sandokan Schiavone, il 1 agosto 1998 piombo sul municipio il fulmine di un decreto prefettizio che sospese sindaco e Consiglio comunale per sospette infiltrazioni camorristiche. Primo cittadino di Castel Volturno era Antonio Scalzone, di Forza Italia. Un paio di settimane prima del decreto, una bomba incendiaria era piovuta come un minaccioso avvertimento sulla saracinesca del negozio di alimentari gestito dallau sorella del sindaco.
A inizio 1999 sono 18 i Comuni commissariati per inquinamento mafioso (dieci in Campania, tre in Sicilia, cinque in Calabria). Nella maggioranza dei casi, al momento dello scioglimento erano retti da liste di destra o da liste civiche locali.
Ma le relazioni pericolose degli uomini di Forza Italia non sono un'esclusiva della Sicilia o del Sud. A Milano, il coordinatore provinciale dei club di Forza Italia ha dovuto ammettere di essere amico di uno dei piu temibili boss della 'Ndrangheta calabrese al Nord. Donato Giordano, politico di lungo corso, e stato per anni il socialista piu votato alle elezioni amministrative di Bresso, paesone al confine nord di Milano. Piu volte assessore, vicesindaco di Bresso dal 1991 al 1994, dopo l'implosione del partito di Craxi si era trasferito armi e bagagli nelle schiere di Berlusconi, che gli aveva affidato l'incarico di responsabile della segreteria regionale di Forza Italia e poi del cinamento provinciale. Eletto consigliere regionale nell'aprile 1995, il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni lo aveva chiamato a diventare assessore agli Affari generali nella sua giunta.
Giordano nei primi anni Novanta ha dovuto spiegare al magistrato antimafia Armando Spataro come mai fosse socio di un'azienda, la Pie, di cui era socio anche Michele Lombardi, braccio destro del boss della 'Ndrangheta Pepe Flachi, anch'egli amico del futuro assessore regionale. Ma si, si e difeso Giordano, Flachi io l'ho conosciuto vent'anni fa in un bar di Affori e non sapevo che fosse un delinquente. La mafia intacca la macchina amministrativa? Ma via, non scherziamo...
30.06.2003 Collectif Bellaciao
IO LO AMO QUESTO OMINIDE ! E' UN PRESIDENTE OPERAIO ! "Il curriculum giudiziario completo di MisterB. meglio conosciuto come "Il Cavaliere".
di Gianni Barbacetto
Dalla prima lontana inchiesta per riciclaggio del 1983 a oggi. Tutte le inchieste, le indagini, i processi e le sentenze.
Traffico di droga
Nel 1983 la Guardia di finanza, nell'ambito di un'inchiesta su un traffico di droga, aveva posto sotto controllo i telefoni di Berlusconi. Nel rapporto si legge: «È stato segnalato che il noto Silvio Berlusconi finanzierebbe un intenso traffico di stupefacenti dalla Sicilia, sia in Francia che in altre regioni italiane. Il predetto sarebbe al centro di grosse speculazioni edilizie e opererebbe sulla Costa Smeralda avvalendosi di società di comodo...». L'indagine non accertò nulla di penalmente rilevante e nel 1991 fu archiviata.
Falsa testimonianza sulla P2
La prima condanna di Silvio Berlusconi da parte di un tribunale arriva nel 1990: la Corte d'appello di Venezia lo dichiara colpevole di aver giurato il falso davanti ai giudici, a proposito della sua iscrizione alla lista P2. Nel settembre 1988, infatti, in un processo per diffamazione da lui intentato contro alcuni giornalisti, Berlusconi aveva dichiarato al giudice:"Non ricordo la data esatta della mia iscrizione alla P2, ricordo che è di poco anteriore allo scandalo". Per questa dichiarazione Berlusconi viene processato per falsa testimonianza. Il dibattimento si conclude nel 1990: Berlusconi viene dichiarato colpevole, ma il reato è estinto per l'intervenuta amnistia del 1989.
Tangenti alla Guardia di finanza
Berlusconi è accusato di aver pagato tangenti a ufficiali della Guardia di finanza, per ammorbidire i controlli fiscali su quattro delle sue società (Mondadori, Mediolanum, Videotime, Telepiù). In primo grado è condannato a 2 anni e 9 mesi per tutte e quattro le tangenti contestate, senza attenuanti generiche. In appello, la Corte concede le attenuanti generiche: così scatta la prescrizione per tre tangenti. Per la quarta (Telepiù), l'assoluzione è concessa con formula dubitativa (comma 2 art. 530 cpp). La Cassazione, nell'ottobre 2001, conferma le condanne per i coimputati di Berlusconi Berruti, Sciascia, Nanocchio e Capone (dunque le tangenti sono state pagate), ma assolve Berlusconi per non aver commesso il fatto, seppur richiamando l'insufficienza di prove.
Tangenti a Craxi (All Iberian 1)
Per 21 miliardi di finanziamenti illeciti a Bettino Craxi (E' la più grande tangente mai pagata a un singolo uomo politico in Italia), passati attraverso la società estera All Iberian, in primo grado è condannato a 2 anni e 4 mesi. In appello, a causa dei tempi lunghi del processo scatta la prescrizione del reato. La Cassazione conferma.
Falso in bilancio (All Iberian 2)
Berlusconi è stato indagato (anche sulla base di una voluminosa consulenza fornita dalla Kpmg) per la rete di 64 società e conti off shore del gruppo Fininvest (Fininvest Group B) che, secondo l'accusa, ha finanziato operazioni "riservate" (ha scalato società quotate in Borsa, come Standa e Rinascente, senza informare la Consob; ha aggirato le leggi antimonopolio tv in Italia e in Spagna, acquisendo il controllo di Telepiù e Telecinco; ha pagato tangenti a partiti politici, come la stecca record di 21 miliardi di lire data a Craxi attraverso la società "All Iberian"). La rete occulta della Finivest-ombra ha spostato, tra il 1989 e il 1996, fondi neri per almeno 2 mila miliardi di lire. Per questo Berlusconi è stato chiamato a rispondere di falso in bilancio. Ma nel 2002 ha cambiato la legge sul falso in bilancio, trasformando i suoi reati in semplici illeciti sanabili con una contravvenzione e soprattutto riducendo i tempi di prescrizione del reato (erano 7 anni, aumentabili fino a 15; sono diventati 4). Così il giudice per le indagini preliminari nel febbraio 2003 ha chiuso l'inchiesta con un proscioglimento generale, constatando che il tempo per il processo, secondo la nuova legge, è scaduto. Il gip ha negato però l'assoluzione, spiegando che Berlusconi e i suoi coimputati (Il fratello Paolo, il cugino Giancarlo Foscale, Adriano Galliani, Fedele Confalonieri) non possono dirsi innocenti.
Caso Lentini
Berlusconi è stato rinviato a giudizio per aver deciso il versamento in nero di una decina di miliardi dalle casse del Milan a quelle del Torino calcio, per l'acquisto del calciatore Gianfranco Lentini. Il dibattimento di primo grado si è concluso con la dichiarazione che il reato è prescritto, grazie alla nuova legge di Berlusconi sul falso in bilancio.
Medusa cinematografica
Berlusconi è accusato di comportamenti illeciti nelle operazioni d'acquisto della società Medusa cinematografica, per non aver messo a bilancio 10 miliardi. In primo grado è condannato a 1 anno e 4 mesi per falso in bilancio. In appello, assoluzione con formula dubitativa, confermata in Cassazione.
Terreni di Macherio
Berlusconi è accusato di appropriazione indebita, frode fiscale e falso in bilancio per l'acquisto dei terreni intorno alla sua villa di Macherio. In primo grado è assolto dall'appropriazione indebita e dalla frode fiscale. Per i due falsi in bilancio contestati scatta la prescrizione. In appello è confermata l'assoluzione per i due primi reati; è assolto per uno dei due falsi in bilancio, per il secondo si applica l'amnistia.
Lodo Mondadori
Berlusconi è accusato di aver pagato i giudici di Roma per ottenere una decisione a suo favore nel Lodo Mondadori, che doveva decidere la proprietà della casa editrice. Il giudice dell'udienza preliminare Rosario Lupo ha deciso l'archiviazione del caso, con formula dubitativa. La Procura ha fatto ricorso alla Corte d'appello, che nel giugno 2001 ha deciso: per Berlusconi è ipotizzabile il reato di corruzione semplice, e non quello di concorso in corruzione in atti giudiziari; concesse le attenuanti generiche, il reato dunque è prescritto, poiché risale al 1991 e la prescrizione, con le attenuanti generiche, scatta dopo 5 anni. Il giudice ha disposto che restino sotto processo i suoi coimputati Cesare Previti, Giovanni Acampora, Attilio Pacifico e Vittorio Metta.
Toghe sporche-Sme
Berlusconi è accusato di aver corrotto i giudici durante le operazioni per l'acquisto della Sme. Rinviato a giudizio insieme a Cesare Previti e Renato Squillante. Il processo di primo grado è in corso presso il Tribunale di Milano e andrà a sentenza a Milano, dopo che la Cassazione ha respinto la richiesta di spostare il processo a Brescia o a Perugia, per legittimo sospetto, reintrodotto per legge nell'ottobre 2002.
Spartizione pubblicitaria Rai-Fininvest
Berlusconi era accusato di aver indotto la Rai, da presidente del Consiglio, a concordare con la Fininvest i tetti pubblicitari, per ammorbidire la concorrenza. La Procura di Roma, non avendo raccolto prove a sufficienza per il reato di concussione, ha chiesto l'archiviazione, accolta dal Giudice dell'udienza preliminare.
Tangenti fiscali sulle pay-tv
Berlusconi era accusato di aver pagato tangenti a dirigenti e funzionari del ministero delle Finanze per ridurre l'Iva dal 19 al 4 per cento sulle pay tv e per ottenere rimborsi di favore. La Procura di Roma ha chiesto l'archiviazione, accolta dal Giudice dell'udienza preliminare.
Stragi del 1992-1993
Le procure di Caltanissetta e Firenz, indagano da molti anni sui «mandanti a volto coperto» delle stragi del 1992 (Falcone e Borsellino) e del 1993 (a Firenze, Roma e Milano). Le indagini preliminari sull'eventuale ruolo che Berlusconi e Marcello Dell'Utri possono avere avuto in quelle vicende sono state formalmente chiuse con archiviazioni nel 1998 (Firenze) e nel 2002 (Caltanissetta). Continuano però indagini per concorso in strage contro ignoti e i decreti d'archiviazione hanno parole pesanti nei confronti degli ambienti Fininvest.
Mafia
La procura di Palermo ha indagato su Berlusconi per mafia: concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio di denaro sporco. Nel 1998 l'indagine Ë stata archiviata per scadenza dei termini massimi concessi per indagare. Indizi sui rapporti di Berlusconi e Dell'Utri con uomini di Cosa nostra continuano a essere segnalati in molte sentenze.
Telecinco in Spagna
Berlusconi, Dell'Utri e altri manager Fininvest, responsabili in Spagna dell'emittente Telecinco, sono accusati di frode fiscale per 100 miliardi e violazione della legge antitrust spagnola, per avere detenuto occultamente il controllo di Telecinco, proibito dalle leggi antimonopolio. Sono ora in attesa di giudizio su richiesta del giudice istruttore anticorruzione di Madrid, Baltasar Garzon Real. Il giudice Garzon ha chiesto di processare Berlusconi in Italia o di poterlo processare in Spagna. Di fatto, il processo è sospeso.
==================================================================
"Forza Mafia"
di Gianni Barbacetto
"Delle amicizie pericolose di molti esponenti siciliani di Forza Italia. E della strana politica che opera curiose selezioni: non emargina i personaggi anche solo inopportuni, ma anzi li promuove. Con gran rabbia delle toghe rosse.
Quando, lunedi 3 agosto 1998, fu arrestato Giovanni Mauro, presidente della Provincia di Ragusa ed esponente di Forza Italia, Enrico La Loggia, capogruppo di Forza Italia al Senato, subito dichiarato: Attenti a un nuovo caso Musotto. La persecuzione giudiziaria (nemmeno più l'errore giudiziario) e diventata ormai spiegazione esaustiva e giustificazione preventiva di ogni atto della magistratura nei confronti di ogni esponente di Forza Italia, dal suo leader all'ultimo degli aderenti.
Un atteggiamento che ha fatto scuola: tanto che dopo l'arresto di Francesco Schiavone detto Sandokan, boss dei Casalesi, il piu ricercato tra i nuovi capi della Camorra campana, la moglie rilascio ai giornali risentite dichiarazioni secondo cui il marito era vittima di una persecuzione dei comunisti. La signora Sandokan, evidentemente, ha imparato la lezione mediatica e, democraticamente, ha applicato a se lo schema gia ampiamente utilizzato in tanti casi da autorevoli esponenti della politica.
Giovanni Mauro, a Ragusa, era stato arrestato con l'accusa di aver riscosso tangenti, in una provincia ad alta densita mafiosa. Il Musotto subito ricordato da La Loggia e, naturalmente, Francesco Musotto, grande avvocato palermitano, presidente della Provincia di Palermo, prestigioso esponente di Forza Italia, clamorosamente arrestato nel novembre 1995, processato per concorso esterno in associazione mafiosa e poi assolto in primo grado, nell'aprile 1998. Assolto: dunque innocente. E se innocente e Musotto, non puo esserlo anche Mauro?
Nel giugno 1998 i magistrati palermitani avevano chiesto l'arresto di un altro esponente di Forza Italia, Gaspare Giudice, deputato in Parlamento, eletto nel 1996 nel collegio di Bagheria con il 54 per cento dei voti. Appena ricevuta la notizia, Silvio Berlusconi aveva regalato ai cronisti una dichiarazione dalla sintassi faticosa: Essendo Giudice vicecoordinatore di Forza Italia in Sicilia e avendo avuto quindi rapporti con l'onorevole Micciche, non si puo neppure immaginare alcun alone di dubbio intorno a lui, perche altrimenti non avrebbe potuto avere quell'incarico.
Giudice, comunque, fu salvato dal voto della Camera, che a sorpresa (contro lo stesso parere gia espresso dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere) non concesse l'autorizzazione alla custodia cautelare in carcere.
Dopo l'arresto di Mauro, Cristina Matranga, esponente anomala di Forza Italia in Sicilia (anomala in quanto poco propensa a unire la sua voce al coro dei compagni di partito sempre all'attacco dei magistrati della Procura di Palermo), chiese pubblicamente a Forza Italia un'operazione di igiene politica. Il clima di quelle settimane sembrerebbe giustificare la richiesta: all'arresto di Giovanni Mauro, alle violente polemiche seguite al voto della Camera su Giudice, si sommavano da una parte il coinvolgimenti in storie di mafia di esponenti minori del partito, dall'altra l'emergere di nuove accuse di contiguita con Cosa nostra rivolte a Marcello Dell'Utri, che di Forza Italia puo essere considerato il padre.
Eppure a Matranga rispose, autorevolmente, Gianfranco Micciche, coordinatore siciliano del partito (e dunque diretto superiore di Giudice): Faccia i nomi. Un tuffo nel passato piu buio: chiunque abbia conservato un pò di memoria, ricordera che questa era la formula magica, ripetuta ossessivamente (Fuori i nomi! Fuori i nomi!), con cui negli anni Ottanta era zittito chi osava anche soltanto porre il problema dei pur evidenti rapporti tra mafia e politica.
Faccia i nomi: questa volta i nomi erano gia su tutti i giornali; eppure ormai non serve nemmeno piu aggiungere la seconda formula magica tanto di moda negli anni Ottanta (Fuori le prove!). Perche lo schema interpretativo dei fatti, imposto con la forza dei media e della ripetizione all'infinito, e quello della persecuzione politica per via giudiziaria: quindi anche le prove sono ormai impotenti. Inutili. Piu fatti significa soltanto piu persecuzione. Nel momento stesso in cui si portano piu elementi d'accusa, si dimostra una piu pervicace volonta persecutoria. I fatti, in verita, non mancano.
Il 1 settembre era stato arrestato a Reggio Calabria, con l'accusa di concorso in omicidi di 'Ndrangheta, Giuseppe Aquila, esponente di Forza Italia ed ex vicepresidente della Provincia di Reggio. E a Roma un parlamentare di Forza Italia era entrato in un'indagine su un traffico di droga. Senza che alcun particolare filtrasse dalle maglie del segreto istruttorio, i magistrati avevano messo sotto osservazione gli incauti rapporti tra un onorevole azzurro e un esponente albanese: i due si sarebbero incontrati a Roma e avrebbero discusso di politica internazionale, a partire dal conflitto in Kosovo tra serbi e indipendentisti albanesi.
Niente di male, se non fosse per il piccolo particolare che l'albanese in questione era in strettissimi rapporti con un compatriota impegnato in grande stile nel narcotraffico. Ormai gli albanesi sono attivi nel commercio di stupefacenti non piu solo come gregari, ma anche come protagonisti, e stanno avviando contatti per stringere quei rapporti politici che, sperano, in prospettiva potranno proteggere, consolidare e far crescere i loro affari.
Il caso Musotto, ora che la polemica e svaporata, fornisce molti elementi di riflessione su come Forza Italia gestisca i rapporti tra politica e legalita. La vicenda ebbe il suo avvio l'8 novembre 1995, quando fu arrestato a Palermo Francesco Musotto, esponente di Forza Italia proveniente dalle file del Psi, presidente della Provincia eletto con ben 320 mila voti, massone, avvocato di boss di primo piano in Cosa nostra (Raffaele Ganci, mafioso della famiglia della Noce, quella che sta nel cuore di Riina; i fratelli Graviano, organizzatori delle stragi del 1993; Salvatore Sbeglia, fornitore del telecomando utilizzato per la strage di Capaci; gli uomini del clan Farinella).
Quattro giorni dopo l'arresto, il 12 novembre, Forza Italia organizzò davanti al palazzo di giustizia di Palermo una manifestazione di protesta contro i magistrati della Procura. In prima fila il coordinatore regionale del partito Gianfranco Micciche e il presidente dei senatori Enrico La Loggia.
Il giorno dopo fu la volta degli avvocati: una cinquantina di legali palermitani in toga, guidati dal presidente della Camera penale Nino Mormino, manifestarono davanti al palazzo di giustizia contro Giancarlo Caselli e i suoi sostituti.
Musotto, insieme al fratello Cesare, era accusato di aver fornito assistenza ai latitanti di Cosa nostra, di aver passato loro notizie riservate sui provvedimenti giudiziari, di aver dato ospitalita, nel giugno 1993, nella villa di famiglia a Pollina, nei pressi di Cefalu, al piu sanguinario dei killer corleonesi, Leoluca Bagarella. A un uomo d'onore che, dopo alcune pubbliche dichiarazioni antimafia di Musotto, metteva in dubbio la sua fedelta ai corleonesi, Bagarella rispondeva: Che ci vuoi fare? Non vedi che lo attaccano tutti? Iddu cerca di difennisi. L'importanti e ca iddu sia dda (Quello cerca di difendersi. L'importante e che stia li).
Il processo di primo grado si concluse il 4 aprile 1998, con una assoluzione dall'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. La sentenza sostiene che Bagarella fu effettivamente ospite di casa Musotto e condanna il fratello Cesare. Ma ritiene che l'accusa non abbia presentato elementi sufficienti a dimostrare che di quell'ospitalita fosse a conoscenza anche Francesco, che dunque fu assolto.
Con il vecchio codice, sarebbe stata un'assoluzione per insufficienza di prove. Ma a Forza Italia e sufficiente per scatenare una nuova raffica di attacchi contro Caselli e la sua Procura.
Subito dopo l'assoluzione, Musotto, interpellato dai giornali, dichiaro che non aveva intenzione di tornare alla politica. Ma fu Silvio Berlusconi in persona, il 17 aprile 1998, al primo congresso di Forza Italia, a chiamare sul palco Musotto, presentato come una vittima della persecuzione dei giudici e salutato come un eroe dalla platea. Tra gli applausi scroscianti una vera ovazione il leader di Forza Italia lo ricandido a presidente della Provincia. Alleanza Nazionale, pur con qualche isolato mugugno interno, accetto di sostenerlo. E il 25 maggio 1998 Francesco Musotto fu trionfalmente rieletto al primo turno.
Una politica sana, una sana amministrazione avrebbero in ogni paese civile respinto un personaggio che, anche penalmente innocente, aveva dimostrato di non essere sufficientemente lontano dagli ambienti di Cosa nostra. In quale regione d'Italia si sopporterebbe, se non altro per motivi d'opportunita, un presidente con un fratello in galera per mafia? Chi mai avrebbe il coraggio di candidare alla presidenza della regione il fratello di un personaggio condannato per aver ospitato nella villa di famiglia Leoluca Bagarella?
Non tutti i fatti hanno rilevanza penale, certo, ma la politica dovrebbe avere sufficiente autonomia di giudizio per soppesare anche gli elementi che non entrerebbero mai in un'aula di tribunale. Un'assoluzione processuale dovrebbe comunque essere condizione necessaria, ma non sufficiente, per entrare nei ranghi della politica. Invece la sentenza, ormai non accettata quando è di colpevolezza, se è d'assoluzione viene sbandierata come un merito, diventa di per se una garanzia di correttezza, perla da inserire in curriculum, senza alcuna memoria per i fatti che stanno dietro la sentenza. Questo sì è giustizialismo: ossia schiacciamento della politica sulle vicende giudiziarie.
Il caso di Gaspare Giudice è, se possibile, ancora più istruttivo. In questa vicenda, gli elementi che l'accusa aveva raccolto a carico dell'esponente di Forza Italia erano tali da far escludere alla giunta parlamentare per le autorizzazioni a procedere che ci fosse fumus persecutionis nei confronti del parlamentare. Perfino il supergarantista Filippo Mancuso, in giunta, non aveva avuto nulla da eccepire contro la richiesta dei magistrati.
Secondo l'accusa, Giudice era al diretto servizio della cosca mafiosa di Caccamo, i cui uomini si vantavano di averlo fatto eleggere e gli telefonavano fin dentro il palazzo di Montecitorio per ricordargli la sua dipendenza e per ordinargli che cosa doveva fare: Gasparino, guarda che siamo stati noialtri a metterti li, gli ripetevano.
Eppure la Camera dei deputati il 16 luglio 1998 (il giorno dopo la terza condanna penale ricevuta da Silvio Berlusconi) boccio (303 voti a 210, con 13 astenuti) la richiesta d'arresto. Ancor piu grave, i deputati sottraggono al giudice elementi di prova: impediscono (287 voti a 239, con 3 astenuti) l'utilizzo processuale dei tabulati Telecom, quelli da cui vengono documentati i rapporti e la dipendenza di Giudice dagli uomini delle cosche.
Attorno a Giudice si muovevano personaggi come Nino Mandara, imprenditore, fondatore del primo club di Forza Italia a Villabate, membro del direttivo provinciale del partito, grande elettore di Giudice. Il figlio di Mandara, Nicola, nel 1995 era finito in carcere con l'accusa di essere un killer di Cosa nostra. In manette era finito anche un altro sostenitore di Forza Italia, Roberto Campesi, titolare di un negozio di caramelle, che si era fatto consegnare 160 milioni dai figli di un imprenditore arrestato per mafia con la promessa di avviare una campagna televisiva di delegittimazione dei magistrati, sostenuta da Vittorio Sgarbi.
Quante storie di ordinaria politica in terra di mafia. Quanti personaggi, per lo piu provenienti da Dc e Psi, pervengono a nuova vita sotto le bandiere di Forza Italia e si muovono disinvoltamente sul crinale tra istituzioni e criminalita. Giuseppe Cilluffo, per esempio, era presidente del consiglio circoscrizionale del quartiere Brancaccio, a Palermo. Alla nascita di Forza Italia, aveva promosso la fondazione di un club del movimento. Nel 1994 fu arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa, con l'accusa di essere uomo a disposizione dei fratelli Graviano (imputati per le stragi |