Nick: Bardamu Oggetto: le schiave della mafia Data: 26/5/2007 14.19.31 Visite: 145
Hanno iniziato come ogni cliente, facendo scorrere gli annunci sul sito e poi digitando il numero di telefono selezionato. Requisito essenziale per la scelta la zona proposta: Milano città. Un percorso "tradizionale" che ha permesso agli operatori di Segnavia - Padri Somaschi di entrare nel mondo della prostituzione di appartamento. Dal settembre 2005 hanno effettuato 666 chiamate e incontrato così 202 ragazze che si prostituiscono in un centinaio di case della metropoli lombarda, in particolare nelle vie intorno alla Stazione centrale, a piazza Loreto e alla Stazione di Lambrate. Sono queste infatti i quartieri a "luci rosse" che compaiono più spesso nelle inserzioni di "Italia chiamami.it", il sito leader per chi cerca prestazioni a pagamento. Ad attendere il cliente in casa sono soprattutto giovani donne, tra i 18 e i 25 anni, di nazionalità straniera. Il 40% degli annunci riguarda donne che provengono dal Brasile, seguono poi le italiane (il 25% del totale), le donne dell'Est Europa (25%) e le asiatiche (10%). "La riflessione politica sulla possibilità di riaprire le case chiuse è stata anticipata dalla criminalità - spiega Carlo Alberto Caini, coordinatore regionale dell'aria disagio adulto dei Padri Somaschi-. La mafia ha intuito da tempo le potenzialità della casa privata come alternativa alla strada e si è organizzata di conseguenza, utilizzando figure professionali adeguate, a cominciare dai web master". Per ogni inserzione le ragazze hanno dichiarato di spendere circa 260 euro, una cifra "impegnativa", che viene ricompensata dai guadagni, più alti rispetto alle prestazione offerte dalle colleghe in strada. E i vantaggi, almeno per i clienti disposti a pagare, ci sono: maggior privacy, orari flessibili (in alcune case l'orario di lavoro è non stop, 24 ore su 24; ndr) e qualche comodità in più. Per le ragazze invece questo si traduce in un maggior isolamento che rende più complesso il lavoro non solo degli operatori sociali, ma anche della Polizia. "Il fenomeno è in espansione, ma condurre le indagini per individuare gli sfruttatori diventa sempre più complicato - spiega Vittorio Rizzi, dirigente della Squadra mobile della Questura di Milano -. Quello di Segnavia è il primo tentativo di mappare i luoghi privati della prostituzione, ma anche noi ci siamo accorti che l'unica possibilità che abbiamo è quella di controllare le proprietà immobiliari e i contratti di affitto. Dietro alle prostitute c'è sempre una struttura logistica che consente alle donne di lavorare e favorisce l'intercambiabilità tra gli appartamenti". Emblematico il caso di via Sammartini 33 a Milano: a parte il piano terra, che ospitava dei negozi, l'intero palazzo era occupato da monolocali, tutti subaffittati a prostitute. I titolari dei contratti di affitto non ci avevano mai abitato. Mentre il proprietario, secondo le indagini, pagava tutte le spese, dalla luce al gas. Per dimostrare lo sfruttamento è fondamentale poi la denuncia da parte della vittima. "Purtroppo assistiamo a un calo delle denunce -prosegue il dirigente delle Squadra mobile-. Gli sfruttatori tendono a contrattualizzare il rapporto lavorativo con le prostitute, garantendo loro condizioni di vita più umane e un guadagno maggiore. E spesso le donne accettano anche perché a fine mese hanno prendono di più di una badante". |