Nick: Rembrandt Oggetto: bilancio del bilancino Data: 4/6/2007 0.33.58 Visite: 144
Il mio bilancio dopo 15 anni di cannabis Cari Italians, non ho remore nell'ammettere che ho avuto un grande feeling con la pianta della cannabis, ed anche per lungo tempo, praticamente dal 1990 al 2005. Ho fumato per quindici anni, senza gravi conseguenze fisiche, per fortuna. Ogni tanto però mi abbandona un po' la memoria, anche se ho solo 33 anni. Ma il rimpianto più grave che non mi perdonerò mai, è quello che sento quando mi volto indietro. Vedo tutto quello che avrei potuto fare (o evitare di fare), le scelte e le amicizie dettate solo dall'euforia cannabinoidea, l'università lasciata interrotta, i rischi con la giustizia, i soldi buttati al vento, i dispiaceri ed i danni causati alla mia famiglia e a chi mi era vicino. Questo è il nocciolo del problema. Abbiamo davanti ai nostri occhi una generazione di giovani iperprotetti dai genitori, benestanti, ai quali non manca nulla. Nella grande maggioranza dei giovani fra quindici e venticinque anni, non esiste una pianificazione del proprio futuro nemmeno più a breve termine, non c'è un progetto di studio finalizzato ad una precisa vita lavorativa, non ci sono più ideali, non ci sono più nemmeno i Santi, non c'è più una identità personale basata sulle proprie radici, né sulla propria nazione, né sulla propria cultura. Ci si muove dove ci suggerisce mamma tv o qualche moda del momento, e laddove va il resto della massa. In una situazione simile, non c'è droga più pericolosa della cannabis. Apparentemente innocua, ma che annulla le aspirazioni ed azzera la volontà. Non si cerca più una realizzazione o un miglioramento in campo lavorativo accontentandosi di quel che si ha, fosse anche poco; si scelgono i percorsi di studio più agevoli e meno complicati anziché quelli più utili alle nostre inclinazioni ed aspirazioni; ci si circonda di persone sulle quali non ci si pongono domande in merito alle reali affinità che hanno con noi...l'importante è che si fumi tutti assieme...due amici, la chitarra e uno spinello, cantava Stefano Rosso. Lasciate stare, ragazzi, c'è solo da perderci. Tenetevi lontano da questa innocua ed attraente pianta, dietro la quale si cela una droga bella e buona i cui danni si vedono a lungo e non a breve termine. E poi vedo me: rilassato, felice, pacifico, sorridente...ma non è il sorriso di uno che ama la vita, ma solo il sorriso artificiale di un ebete rincoglionito. Carlo Meroni, carlome@hotmail.com da: http://www.corriere.it/solferino/severgnini/07-05-31/09.spm |