Nick: Aliag Oggetto: Data: 14/5/2004 11.59.29 Visite: 163
LA CHIAMARONO "MISSIONE DI PACE".....AMERICANBOIA Un nuovo scandalo torture rischia di investire Washington. Dopo le foto shock dal carcere iracheno di Abu Ghraib adesso arrivano le dichiarazioni di un poliziotto afghano, catturato per errore e detenuto per 40 giorni in tre diverse carceri. In un'intervista rilasciata al New York Times Sayed Nabi Siddiqui racconta la storia di quei giorni, una storia che si avvicina molto al genere horror. Abusi sessuali, trattamenti degradanti e nessuna considerazione per la cultura o il credo religioso del detenuto, questo è quanto emerge dal suo racconto. Siddiqui aveva denunciato gli abusi subiti all'organizzazione Afghan Independent Human Rights Commission all'indomani del suo rilascio - fine agosto 2003 - in un periodo, quindi, ben lontano dal clamore di questi giorni. Ma evidentemente un interesse riacceso proprio da quanto emerso in questi giorni ha fatto si che anche la storia di Saddiqui venisse resa pubblica. Catturato il 15 luglio 2003 con il sospetto di connivenze con i gruppi talebani Siddiqui viene portato nel carcere di Gardez, dove resterà per 22 giorni subendo il trattamento peggiore. Fotografato completamente nudo, messo faccia a terra con i piedi dei soldati sul collo, docciato con getti d'acqua fredda e costretto a subire frasi ingiuriose ed abusi sessuali. "Lo sai che tua moglie e tua figlia adesso fanno le prostitute?" ed ancora, "mimavano il verso di una pecora, di una mucca o di un asino e mi chidevano con quale animale mi sarebbe piaciuto fare sesso", picchiandolo finchè non rispondeva. Inoltre in più occasioni i soldati lo hanno toccato sui genitali ed inserito le dita nell'ano. Questo è quanto Siddiqui racconta di aver subito a Gardez. Trasferito a Kandahar, dove resterà per dodici giorni, i maltrattamenti continuano. Spogliato e steso ventre a terra con catene a polsi e piedi è stato prima picchiato e poi fotografato completamente nudo insieme ad altri detenuti fra cui un uomo anziano, fra i 70 e gli 80 anni, che si vergognava così tanto da dirgli "era meglio se mi ammazzavo." "Non so perchè ci spogliassero e ci picchiassero. Forse per influenzarci prima dell'interrogatorio." Minacciati con dei cani, uno dei quali chiamato Mosque (Mosquea), i detenuti erani tenuti in celle anguste, 20 o 30 per cella, con poco cibo e acqua, costretti ad usare dei secchi al posto della toilet gli uni di fronte agli altri. Le celle, aperte, permettevano ai militari di tirar loro sassi come "scimmie allo zoo". Da Kandahar Siddiqui è stato poi trasferito a Bagram, dove è rimasto circa una settimana prima di essere rilasciato. Anche qui è stato fotografato nudo. Il colonnello Matthew Beevers si difende dicendo che il trattamento riservato ai priginionieri è stato umano, che a loro erano garantiti tre pasti al giorno e cure mediche, così come la possibilità di praticare la loro religione e che nessuno a Bagram è mai stato costretto a spogliarsi. Fonti militari afghane hanno però dichiarato di aver ricevuto molte segnalazioni di maltrattamenti ed abusi di questo genere da parte di detenuti di altre prigioni. Haji Granai, uno dei responsabili militari in Afghanistan meridionale, ha detto di aver tentato di dissuadere i militari americani da simili pratiche. "Noi siamo musulmani e per noi è una grande vergogna... agli Americani non importa restare nudi, agli Afghani si." Il racconto di Siddiqui non è stato sottoposto a verifiche indipendenti ma l'Afghan Human Rights Commission ha detto che la versione fornita a loro alla fine di agosto collima con quanto dichiarato nei giorni scorsi al New York Times. Inoltre l'organizzazione ha raccolto 44 reclami nei confronti delle forze americane, molte delle quali inerenti abusi subiti in carcere. A dar credito a queste accuse c'è anche Human Rights Watch che aveva denunciato i maltrattamenti già lo scorso marzo. Nel rapporto "Enduring Freedom: Abuses by U.S. Forces in Afghanistan" HRW aveva denunciato pratiche come quella della privazione del sonno, l'esposizione a basse temperature e pestaggi, oltre quella di far svestire e fotografare nudi i detenuti. All'annuncio dell'apertura di un'inchiesta militare statunitense su questi fatti HRW ha risposto con la richiesta di un'inchiesta indipendente e che sia resa pubblica quella inerente la morte di tre detenuti, per due dei quali - morti nel dicembre 2002 a Bagram - alcuni patologi americani hanno parlato espressamente di omicidi, mentre della morte del terzo - morto nel carcere di Asadabad nel giugno 2003 - i militari statunitensi non hanno mai voluto fornire le circostanze.
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