L'ossessione del lavoro e la ricerca del successo
Esiste un'altra forma di strutturazione ossessivo-compulsiva della personalità, forma invisibile in quanto apparentemente "positiva" e "virtuosa". Chi n'è prigioniero spesso non sa di esserlo; di solito, anzi, è convinto di vivere e di agire nella più piena libertà interiore, anche perché chi lo osserva condivide con lui, il più delle volte, la stessa impressione. La prigione psicologica, la gabbia mentale cui mi riferisco è, in questo caso, l'ossessione del lavoro e la ricerca del successo. "Successo" che può essere inteso, ovviamente, secondo le forme più varie ed eterogenee: per alcuni è il raggiungimento del grado massimo di una carriera (col suo corrispettivo economico); per altri è il pieno riconoscimento di straordinarie qualità pratiche e morali; per molte donne è lo splendore della propria virtù rappresentato da una casa specchiata o da figli perfetti.
La nevrosi del successo è tesa tra due polarità opposte e sinergiche che la rendono una prigione sottile e implacabile: da una parte il miraggio di raggiungere la vetta, l'eccellenza, e di essere così gratificati dall'ammirazione altrui; dall'altra l'angoscia di essere sconfitti nella "lotta per la vita", precipitando così al livello inferiore dell'umanità fino a rivelare la negatività assoluta della propria immagine interna. Questo radicale e tormentoso "senso d'inferiorità" è l'energia dinamica che alimenta la corsa incessante della nevrosi del successo. Corsa senza fine: perché più ci si sottomette al ricatto del dovere più si condanna e si rimuove nell'inconscio la naturale tendenza alla libertà affettiva e istintuale, che così continua ad alimentare "dal basso" l'insoddisfazione e l'infelicità.
L'ossessione del lavoro e la nevrosi del successo costituiscono la variante più moderna e più diffusa della tradizionale nevrosi fobico-ossessiva: il lavoro, coi suoi ritmi, le sue esigenze prestazionali, la sua restrizione monotematica della vita, assolve alla stessa funzione dei rituali e delle compulsioni tipici della psicopatologia ossessiva più grave. L'unica differenza è che la prigione fobico-ossessiva classica tende alla staticità, quella moderna è viceversa una "prigione dinamica", fondata sul movimento incessante. I suoi effetti negativi non sono da sottovalutare: chi n'è affetto è perennemente scontento, per cui da un lato può vivere in un regime depressivo infraclinico costante; dall'altro può sviluppare una personalità sottilmente o palesemente sadica attraverso la quale si vendica su altri della propria frustrazione.
Bill Viola
t'agg trattat'!