Puos e sord mariuò (call cent)

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Nick: casual
Oggetto: Puos e sord mariuò (call cent)
Data: 1/8/2007 19.15.31
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Sì perché chi sfrutta il lavoro ruba denaro, futuro e opportunità e quindi è nu mariuol.

Dal mattino di oggi

PAOLA PEREZ

Al telefono per sei o otto ore, a turni e con le pause previste dalla legge, dopo aver regolarmente timbrato il cartellino marcatempo e sotto gli occhi attenti dei superiori. Il loro compito: vendere prodotti, promuovere nuove iniziative commerciali, intervistare i potenziali clienti per mettere a punto le strategie di marketing. Il loro impegno: massimo. Il loro contratto: irregolare nel 55 per cento dei casi. È quanto emerge dalle ispezioni disposte dalla direzione provinciale del lavoro nei call center di Napoli e dell’hinterland.

Su un totale di 6133 dipendenti, 3.341 risultano assunti con un contratto di collaborazione a progetto (il cosiddetto co.co.pro.) assolutamente incompatibile con le mansioni svolte. Per diciotto aziende, equamente distribuite tra capoluogo e provincia, è dunque scattata la diffida: entro il 21 settembre dovranno regolarizzare la posizione dei precari e provvedere al versamento dei contributi Inps. Chi si metterà a regime pagherà la sanzione nella misura minima prevista dalle norme vigenti (decreto legislativo 124 del 2000); multa raddoppiata, fino a circa 1200 euro per dipendente, per chi dovesse risultare ancora inadempiente alla scadenza dell’«ultimatum». Per evitare la stangata una delle aziende nel mirino degli ispettori, al centro direzionale, ha preferito scomparire nel nulla.

Ufficio chiuso, telefoni muti, alla deriva i 454 lavoratori che qui prestavano servizio fino a qualche giorno fa. Il contratto a progetto, erede naturale del co.co.co. (collaborazione coordinata e continuativa), prevede il raggiungimento di un obiettivo in un arco di tempo che va da qualche mese fino a un anno e mezzo di lavoro. La prestazione d’opera viene ripagata con un compenso; il dipendente non è soggetto a controllo da parte dell’azienda né può essere colpito da provvedimenti disciplinari, non percepisce contributi previdenziali, non ha diritto a forme d’assistenza in caso di malattia. Una posizione professionale, spiegano gli ispettori della Dpl, che ha ben poco in comune con quella degli oltre tremila giovani impegnati nei call center. E il primo indizio dell’«inquadramento improprio» sta proprio nel fatto che tutti questi ragazzi, quando varcano la soglia dell’ufficio, siano tenuti a timbrare il cartellino marcatempo.

Le verifiche erano partite l’anno scorso su scala nazionale, dopo una circolare del ministro del lavoro Cesare Damiano che mirava a mettere ordine in un mondo ad alto rischio precariato, sfruttamento, sottopagamento. La Dpl di Napoli aveva passato al setaccio 56 aziende, restringendo poi il raggio d’azione alle 35 che svolgono effettivamente attività di call center, riscontrando l’impiego improprio di 3.341 giovani con contratti a progetto. Per regolarizzare la situazione, d’intesa con i sindacati, era stata fissata una prima scadenza al 30 aprile scorso. Ma dalla seconda tranche di ispezioni, dopo quella data, è emerso che soltanto 133 lavoratori sono stati riportati a norma. La conseguenza: supermulta e diffida.