Rarefatti. Confusi. Svogliati. Poco agili. Di brutto aspetto. Così si direbbe appaiano quando li si guarda da vicino, al microscopio. Stiamo parlando di spermatozoi. Si è scritto nei giorni scorsi che avremo uomini sempre meno virili, “il processo è già in atto perché dal dopoguerra in poi la vitalità degli spermatozoi è mediamente calata del 50 per cento”. Lo ha asserito l’oncologo Umberto Veronesi, ex ministro della Salute.
Ma la virilità maschile c’entra davvero con la qualità del liquido seminale? Comportamenti che noi definiamo virili vengono anche influenzati dall’ambiente sociale e dall’educazione, oltre che dagli ormoni androgeni, come il testosterone. A essi, agli ormoni, sono legate soprattutto la potenza e la soddisfazione sessuale, la regolazione del desiderio, l’erezione e solo in piccola parte la fertilità.
“Oggi siamo forse meno fertili, ma non per questo meno virili” afferma Carlo Flamigni, uno dei maggiori esperti italiani di problemi di fertilità. “Un conto è ciò che il testicolo produce, un altro è la virilità in cui sia il testosterone sia l’ormone luteinizzante, o Lh, prodotto dall’ipofisi, hanno un ruolo essenziale”.
Gli ormoni hanno la funzione di mettere in sincronia il desiderio con l’atto sessuale vero e proprio, regolando l’inizio e la fine dell’erezione del pene. Tanto è vero che un deficit della libido è sovente associato a una disfunzione del testosterone: dopo i 30 anni tende a calare dell’1 per cento ogni anno. Insomma, l’uomo è oggi più fragile nella produzione di spermatozoi per tanti motivi: lo stress, l’inquinamento, ma anche le abitudini di vita.
L’alterazione del sonno-veglia, per esempio, procura ansia, irritabilità, mancanza di concentrazione e anche infertilità, perché fa diminuire gli spermatozoi. “Stessa cosa succede a chi sta troppo seduto in ufficio e tiene al caldo i testicoli. O a chi fa poco esercizio fisico.
Ma la produzione di liquido seminale è sensibile a ciò che si mangia: e molti danneggiano la fertilità con la carne agli estrogeni” avverte Flamigni.