Nick: MILLWALL^ Oggetto: FASCISMO A NAPOLI, DOCUMENTI Data: 27/5/2004 14.17.29 Visite: 174
fonte www.ilmattino.it autore: Arturo Fratta DOCUMENTI INEDITI Dalle relazioni inviate a Roma dai prefetti durante il ventennio ora acquisite dall’Archivio di Stato la verità su mille abusi nascosti L’immagine che conosciamo della vita napoletana, è stata difforme dalla realtà per lungo tempo. Durante i vent’anni del fascismo i giornali hanno ignorato, travisato, edulcorato, non solo grandi e tragici eventi, ma anche i fatti minuti del quotidiano. Una parte delle relazioni trimestrali inviate al Ministero degli Interni riguarda la criminalità comune (spaccio di stupefacenti, violenze sui minori, segnalati omicidi, specialmente dalle aree rurali del Casertano, che il regime aveva accorpato alla provincia di Napoli). Crimini di cui era vietato scrivere sui giornali, come di tutti gli altri fatti che avrebbero potuto dare un’immagine «negativa» della vita quotidiana. Tra cui, naturalmente, il perdurare dell’antifascismo, con le sue ricorrenti manifestazioni, apparizioni di bandiere rosse, scritte sui muri, pubblicazioni clandestine. La riflessione più ricorrente durante i giorni spesi tra le carte dell’Archivio di Stato di Napoli, dove sono confluiti i ventimila fascicoli relativi agli anni dal 1915 al 1958 recentemente trasmessi dal Gabinetto della Prefettura di Napoli, ed ora accessibili agli studiosi o a chi ne avrà necessità, è relativa a questa forte difformità tra la realtà e l’immagine che se ne aveva. Ne emerge una realtà della quale oggi è possibile riappropriarsi. Di tutto il lungo periodo storico documentato dalle carte ora disponibili è naturale che l’attenzione si rivolga in primo luogo al periodo della dittatura fascista. Il fasciscolo più massiccio è intitolato a Benedetto Croce. La giornata del «noto antifascista sen. Croce» è monitorata ora per ora. Sono segnalati al Ministero le sue passeggiate quotidiane, gli incontri, la corrispondenza, i viaggi in Italia e all’estero, i rientri, i libri inviatigli e controllati dalla censura postale. Dalla Francia si chiede di poter tradurre la Storia d’Europa nel secolo diciannovesimo, il libro che esalta uno studente torinese di famiglia socialista, Giuseppe De André (dal quale poi nascerà quel Fabrizio De André che tutti ricordano per i suoi versi e le sue canzoni) che gli scrive una lettera commovente. Tra tutti i molti episodi segnalati a Roma quello che maggiormente allarma Mussolini è l’irruzione dei fascisti in casa Croce la notte del 1. novembre 1926. Specchi, quadri, lampadari, suppellettili distrutti con gran fragore. Tra i documenti trasferiti all’Archivio di Stato sono alcune relazioni del Questore e dell’Alto Commissario Castelli, il quale si reca dal senatore Croce «per comunicargli la deplorazione espressa da S.E. il Capo del Governo». «Non ritenni opportuno - telegrafa Castelli a Mussolini - fare altrettanto con altre persone che in quei giorni avevano subito danni». Tra questi era il commediografo Roberto Bracco e alcuni professori che furono costretti con la forza a lasciare l’Università. Tra i dispacci inviati a Roma sono le segnalazioni della condanna di Manlio Rossi Doria e di Emilio Sereni a 15 anni di reclusione per tentativo di ricostituzione del partito comunista e della condanna a due anni di confino dello studente Giovanni Pugliese Carratelli, oggi tra i maggiori studiosi del mondo antico. Ci sono altri momenti della storia napoletana affidati unicamente alla tradizione orale: quelli che vanno dall’armistizio dell’8 settembre 1943 all’arrivo a Napoli delle forze Alleate. Giorni terribili, spietate fucilazioni di massa, dinanzi alla folla costretta ad assistere al massacro, distruzioni di alberghi, officine, depositi, industrie, sabotaggi di impianti (acqua,luce, gas), saccheggi, irruzioni nelle case a caccia di giovani da inviare sul «fronte del lavoro». Crudeltà gratuite, orrori seguiti al martirio dei bombardamenti terroristici americani, della fame, della sete in una città ridotta in macerie, coperta da una coltre di polvere e immersa nella disperazione. Tra queste carte ingiallite dal tempo spunta come una certezza: che a spingere i napoletani alla rivolta, al prezzo del proprio sangue, fu, oltre tutto questo, la liberazione, per ordine dei generali Del Tetto e Pentimalli (responsabili del comando militare, poi resisi irreperibili), di decine di militari tedeschi catturati con le armi in pugno da alcuni dei tremila agenti di polizia, che alla fine decisero di combattere con il popolo. Sui fatti del settembre 1943, e sulle Quattro Giornate, che costarono la vita a centinaia di napoletani, sono ora disponibili due relazioni ufficiali, ricche di nomi e di azioni a volte incredibili. Benché, come scrive Croce, nella formulazione del giudizio storico i documenti, «quelli così specificamente chiamati dai ricercatori», siano «parte ben piccola» nel complesso di altri elementi che consentono la ricerca della verità, possiamo dire che i fatti documentati in queste carte facciano ormai parte della storia.
|