Nick: Aragorn84 Oggetto: il signore delle mosche Data: 2/6/2004 6.43.57 Visite: 56
La sconfitta del Signore delle mosche di Gianluca Casseri ..................................................................... Tra i romanzieri che hanno ventilato la possibilità di una III Guerra Mondiale c'è l'inglese William Golding. Nel suo Il Signore delle Mosche (Lord of Flies - 1954) immagina che allo scoppio del conflitto alcuni giovanissimi rampolli dell'aristocrazia britannica vengano prelevati dai loro esclusivi collegi e spediti in Australia. Sfortunatamente il loro aereo è abbattuto e precipita su di un'isola deserta. Con la morte degli accompagnatori adulti, i ragazzi superstiti si ritrovano abbandonati, lontani dalla legge dei grandi, immersi nella natura selvaggia. Se all'inizio la situazione appare quasi divertente, presto gli avvenimenti assumono una piega drammatica. Alcuni tra i più grandicelli, i cacciatori, ribellatisi al capo democraticamente eletto iniziano a vessare gli altri. In breve si riducono allo stato di bruti: gettati i vestiti, adorano una testa di porco selvatico putrescente - il "Signore delle Mosche" appunto - giungendo fino all'assassinio rituale. In questa deprecabile condizione li troveranno i soccorritori che giungono inattesi pochi giorni dopo. Quello che Golding vuole dire è chiaro: la nostra natura profonda è selvaggia. La civiltà vi ha steso sopra una patina, ma basta trasferire degli esseri umani - siano pure oxoniani in erba - in un ambiente primordiale, per ritrovarsi dei selvaggi dediti a sacrifici umani. Di sicuro un'idea che tiene svegli la notte e che non passò inosservata, tanto che potrebbe aver generato una replica: il romanzo La via delle stelle (Tunnel in the sky - 1955) dello scrittore di fantascienza Robert Heinlein. Non mi risulta che sia stato rilevato un collegamento tra i due scritti, ma Heinlein era un divoratore di libri e possiamo dare per scontato che abbia letto quello di Golding, come è risaputo che avesse convinzioni ben precise che teneva ad affermare nella sua narrativa. In ogni caso, intenzionale o meno, la risposta appare piuttosto chiara. La via delle stelle rientra nel gruppo dei cosiddetti "juveniles", opere per ragazzi ma nelle quali Heinlein inserì spesso contenuti complessi. Non a caso un altro di questi, il celebre Fanteria dello Spazio, costituisce uno dei testi più discussi nella storia della fantascienza. I terrestri hanno iniziato a colonizzare la galassia spostandosi attraverso delle "Porte", sorta di anomalie spaziali create artificialmente che permettono trasferimenti istantanei da un pianeta all'altro. Ma la vita dei coloni è dura, e prima di avviarsi a questa professione l'aspirante deve superare un esame che dimostri la sua capacità di adattarsi dove non ci sono "cinema, bistecche tenere e ben cotte, prosciutti crudi e senza grasso, e neppure cibi inscatolati". Il giovanissimo protagonista fa parte di una squadra che, sbalzata su di un pianeta selvaggio, dovrà sopravvivervi fino a che la "Porta" non si riapra, permettendo il rientro sulla Terra. Il recupero è previsto entro una settimana, ma questa volta l'esplosione di una supernova fa sballare le comunicazioni ed i ragazzi rimangono isolati. Resisi conto della situazione, prendono atto che dipende solo da loro se i futuri eventuali soccorritori "troveranno una società civile... o degli animali pidocchiosi". Ai nostri Robinson spaziali i problemi non mancano, siano dovuti all'ambiente ostile come ai rapporti di convivenza, ma riescono comunque a darsi un governo, ad avviare un'attività agricola e - visto che la squadra era mista - persino a formare delle famiglie. Il bello viene alcuni anni dopo, quando dalla Terra si ristabilisce il collegamento e una squadra di salvataggio si materializza all'improvviso sotto gli occhi stupefatti dei giovani. Anche i salvatori hanno di che essere frastornati: pensavano di trovare dei barbari regrediti all'analfabetismo, e invece vengono accolti in una colonia con tanto di costituzione e sindaco. Lo stupore - se non la delusione - è tale, che una troupe televisiva porterà sul pianeta degli attori, per poter filmare "Orge spaventose [...] Primitivi riti della fertilità" e mostrare così ai terrestri ultra civilizzati "come sia sottile il filo che separa l'uomo dalla bestia". Che avessero letto il romanzo di Golding? Questa divergenza tra le due narrazioni fa intuire uno scarto tra i due gruppi di giovani, che hanno comunque una qualità in comune: gli uni come gli altri rappresentano il meglio delle rispettive civiltà. In ossequio a tale principio, i ragazzi di Golding sono futuri gentlemen, certi di vivere nel migliore dei mondi e preparati per integrarvisi perfettamente attraverso il rifiuto e la repressione del sottofondo selvaggio presente in ogni uomo. Ma sbalzati fuori da quell'ambiente ordinato, la loro educazione si sfalda di fronte al risorgere impetuoso di una componente oscura che non sanno né comprendere né gestire. Arrivati all'ultima pagina, allorché in uno degli imberbi protagonisti (e al contempo nel lettore) si fa strada l'inquietante certezza che anche l'essere umano più civilizzato è un animale, sopravviene la perdita dell'innocenza. Per Heinlein, il meglio della futura umanità è costituito da quelli che vogliono lasciare la Terra, affrontando la sfida dei pianeti alieni. Per essi l'innocenza non ha ragione d'essere, e che l'uomo conservi istinti animali viene chiarito fin dalle prime pagine con le parole di un istruttore: "Io sto parlando del vero Re degli animali, il solo animale che è sempre pericoloso, anche quando non è affamato. Il bruto con due gambe." Questa certezza si affianca alla netta convinzione che "il più grande, forse l'unico talento basilare della razza umana è la capacità di sopravvivere" in condizioni estreme, anche al di fuori dell'ambiente che l'uomo si è costruito attraverso i secoli. E tutto questo non comporta l'asservimento a forze oscure. Anzi, mantenere verso le stesse un atteggiamento attivo, saperle guardare in faccia, è il primo passo per arrivare a coniugare l'intelligenza con la "istintiva insopprimibile necessità di sopravvivere." Golding condanna l'istinto, che può essere represso ed occultato ma che ci perseguiterà all'infinito rendendoci sempre schiavi del Signore delle Mosche. Heinlein, al contrario, vede in quell'istinto una capacità che non va rifiutata bensì disciplinata. Così, mentre affronta le prove più ardue, l'uomo può sottrarsi al dominio di quel demone disgustoso. Nell'ultima pagina del suo romanzo Heinlein ci mostra il protagonista alcuni anni dopo - rientrato sulla Terra e completati gli studi - che si appresta di nuovo a varcare una "Porta" a capo dell'ennesima spedizione di coloni: i "figli migliori" dell'uomo vanno verso le stelle.
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