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Oggetto: IN COLOMBIA COME IN ITALIA
Data: 2/6/2004 7.56.56
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Ecco un classico esempio di connivenza tra capitalismo e gruppi di estrema destra, che in questo caso, come racconta l'articolo, ci informa sul ruolo di manovalanza svolto da gruppi di estrema destra in sud-america, col fine di zittire il sindacalismo all'interno di una multinazionale quale la coca cola;

sindacalismo che tenta di migliorare le condizioni di lavoro e salariari e trova non un dialogo con l'altra parte ( Coca Cola ) ma bensì la violenza dei gruppi paramilitari di estrema destra, che qualcuno continua a dire "vicini" alle esigenze dei più poveri, ma che invece si sono dimostrati (vedi la storia) e continuano a dimostrarsi (vedi la storia recente) sempre legati ai grandi interessi del capitalismo col ruolo di reprimere ogni forma di dissenso.

Oggi in Colombia, ieri fuori ai cancelli delle fabbriche in Italia i "Fasci di combattimento" svolgevano le stesse manzioni; sempre in Italia negli anni 60/70 sono stati assolti come manovalanza per compiere le stragi + crudeli(piazza fontana, treno Italicus, piazza della Loggia, Portella delle Ginestre, etc etc); più recentemente, sempre in Italia, sono stati chiamati in causa per destabilizzare il sistema calcio (vedi i fatti del derby roma-lazio..tutti appartenenti a fazioni dell'etrema destra romana, che comunque nonostante si dica a destra di quella istituzionale è invece MOLTO legata ai partiti parlamentari di destra nel ruolo di manovalanza).

Coca Cola nel mondo / Diffuse ovunque le pratiche antisindacali

Pallottole & bollicine

di Vittorio Longhi

"La Coca-Cola company esiste per portare benefici a chiunque le si avvicini", recita uno slogan della multinazionale di Atlanta. Ma non vedono benefici le migliaia di sindacalisti e di attivisti che da due anni, il 22 luglio, manifestano in tutto il mondo per denunciare le gravi violazioni di diritti umani e del lavoro in cui è coinvolta la Coca-Cola.

"La campagna mondiale – dicono i promotori – consiste in una serie di iniziative che vanno dal non consumare certi prodotti (in Italia anche Fanta, Sprite, Nestea) al ritirare i conti correnti dalle banche dove è presente la compagnia, dalle iniziative di mobilitazione e protesta a tutte le azioni che costringano la direzione a riparare integralmente i danni causati, fino a modificare la sua politica verso il rispetto dei diritti umani dei lavoratori e della popolazione".

L’iniziativa è partita l’anno scorso dal sindacato colombiano dei lavoratori alimentari, Sinaltrainal, la sigla che nella categoria che vanta il triste primato mondiale di attivisti uccisi, rapiti e licenziati. Il Sinaltrainal, insieme alla confederazione colombiana Cut, ha deciso di intensificare e amplificare la protesta, estendendola ai sindacati e alle organizzazioni non governative di Stati uniti ed Europa, tra cui anche il Forum sociale di Porto Alegre.

Martedì, infatti, le manifestazioni nate a Bogotà si sono replicate a New York, a Londra, a Roma. Buona parte dei lavoratori del sindacato alimentare colombiano è costituita da dipendenti delle società imbottigliatrici della Coca-Cola per il Sudamerica: Panamco e Bebidas y Alimentos, le stesse aziende denunciate e ora processate presso la Corte federale di Atlanta per avere assoldato i paramilitari di estrema destra che hanno ucciso nel 1996 il sindacalista Isidro Gil. Seppure non coinvolta direttamente, perché in quelle società la Coca Cola ha solo partecipazioni azionarie, il Sinaltrainal ne denuncia la politica di annichilimento del movimento sociale e sindacale, un comportamento che negli ultimi anni avrebbe portato all’assassinio di nove lavoratori, all’esilio di due, alla fuga forzata di 48, a minacce di morte e all’incarceramento di operai segnalati alle autorità come terroristi.

I dossier sui diritti umani delle maggiori organizzazioni, compresa la Cisl internazionale, testimoniano le continue violenze praticate dai gruppi armati pagati dalle imprese per fare pressione sui dirigenti sindacali, per obbligare i lavoratori a lasciare il sindacato e a rinunciare ai contratti e per imporre salari più bassi.

In una recente intervista il presidente del Sinaltrainal, Luis Javier Correa, ha spiegato: "Negli ultimi anni le condizioni di lavoro alla Coca-Cola sono peggiorate a causa della progressiva distruzione del movimento sindacale. Durante gli scioperi del 1995, ad esempio, furono assassinati 7 dirigenti sindacali e più di 50 dovettero lasciare le loro regioni. In seguito, più di 6 mila su 10 mila operai sono stati sostituiti.

Il numero dei nostri iscritti è sceso da 2.500 ad appena 500, e neppure le piccole sigle fondate dalla compagnia sopravvivono: nel 2002 i paramilitari hanno ucciso due esponenti del sindacato filo-aziendale Sinaltrainbec".

La cultura antisindacale non risparmia gli altri paesi dove è presente il marchio Coke. In Russia, ad esempio, all’inizio di luglio la direzione dello stabilimento di Mosca ha deciso di riconoscere un sindacato interno dopo due anni di lotta, ma non prima di avere licenziato Viktor Grachev, l’attivista che chiedeva salari più alti e condizioni migliori. La sua domanda di reintegro è ancora all’esame del tribunale del lavoro.

Superfluo citare le vecchie storie del Guatemala, delle Filippine, dell’India, del Venezuela e degli stessi Stati uniti, dove la Coca Cola è stata accusata anche di discriminazione razziale e di danni ambientali. Sono della settimana scorsa le rivelazioni di un ex-dirigente finanziario della compagnia, Mattew Whitley, sulla nocività di alcuni prodotti e sul tentativo del marketing di nasconderli. Secondo Whitley, il malfunzionamento di alcuni impianti di refrigerazione avrebbero lasciato dei residui metallici nella bibita che viene venduta, ancora ghiacciata, alle catene di fast-food. La direzione di Atlanta ha negato la presenza di sostanze nocive ma ha dovuto ammettere e scusarsi formalmente con la Burger King di aver eluso i controlli sui residui metallici al momento della vendita.

La disattenzione è costata un crollo in borsa di 10 centesimi per azione e un ulteriore, notevole danno di immagine.

La notizia ha fatto guadagnare sostenitori alla campagna di boicottaggio, soprattutto tra i gruppi ambientalisti, dato che l’azione punta a responsabilizzare la compagnia obbligandola alla sottoscrizione di un codice etico che escluda violazioni dei diritti umani, del lavoro e dell’ambiente.

Tuttavia, tra gli oppositori della giornata mondiale contro la Coca-cola, a parte la stessa azienda, vi è la Federazione internazionale dei lavoratori alimentari (Iuf), che ha bocciato l’iniziativa fin dalla sua presentazione, a marzo. "Si tratta di un’azione basata su accuse inconsistenti, su slogan politici privi di contenuto – ha scritto la Iuf in un comunicato –. L’invito al boicottaggio finirà per danneggiare, invece di rafforzare, la credibilità di tutti coloro che lavorano per assicurare diritti sindacali. Va inoltre notato che il sistema Coca-Cola vanta un numero di iscritti al sindacato molto più alto del suo diretto competitore, la Pepsi, una compagnia in cui l’antisindacalismo è ancora più diffuso".

http://www.rassegna.it/2003/sindacati/articoli/cocacola.htm



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