Nick: Mach Oggetto: "La vita rubata" cancellata. Data: 24/11/2007 18.24.25 Visite: 235
La Rai ha cancellato dalla programmazione "La vita rubata". La Direzione Generale Rai ha accolto la richiesta del presidente della Corte di Appello di Messina che, tramite il ministro di Giustizia , ha segnalato che la messa in onda della storia dell'assassinio di Graziella Campagna mina la serenita' dei giudici della Corte d'Assise di Appello che presto si riuniranno per il processo.
Ecco la storia di Grazziella Campagana....leggetela, è da brividi.
Graziella Campagna aveva diciassette anni quando fu ammazzata a Forte Campone, una collina sopra Messina. Era nata il 3 luglio del 1968 e faceva la stiratrice nella lavanderia la “Regina”, a Villafranca Tirrena. Guadagnava 150mila lire al mese, al nero, e così aiutava la famiglia: padre, madre e 7 fra fratelli e sorelle. La sera del 12 dicembre del 1985, intorno alle 20, mentre aspettava l’autobus che l’avrebbe riportata a casa, a Saponara, fu caricata sopra un’auto e portata a Forte Campone. Un viaggio di pochi chilometri sotto la pioggia, lungo una strada sterrata e piena di buche ma lontana dalle luci del paese. Su quel prato, con i suoi stivaletti piantati nel fango le spararono, frontalmente, a una distanza inferiore a due metri, cinque colpi di fucile a canne mozza. I pallettoni colpirono il braccio con il quale tentò di ripararsi, il viso, lo stomaco, la spalla. Quando era già a terra la finirono con un ultimo colpo alle testa, e il proiettile uscì dal cranio e si piantò nel fango.
Graziella aveva indosso un giubbotto rosso, una maglia a righe, un paio di pantaloni neri e gli stivaletti. Aveva con sé una borsetta che non è più stata ritrovata. Fu un’esecuzione e nessuno sa perché quel delitto fu tanto bestiale, quali furono le domande alle quali la sottoposero, quanto durò quell’agonia. Il cadavere di Graziella fu ritrovato due giorni dopo. Un giovane medico con la famiglia scoprì il corpo durante una passeggiata. Erano le quattro del pomeriggio quando, insieme con la polizia arrivò Piero Campagna, il fratello carabiniere che fece il riconoscimento. Graziella era distesa su un fianco con le braccia raccolte al petto. Il suo orologio giallo era fermo alle 9 e 12, l’ora della morte. Il medico legale accertò che Graziella Campagna non era stata violentata né picchiata, non aveva bevuto né ingerito nessun tipo di sostanza: era lucida e cosciente. Il processo Dopo 19 anni da quel delitto la Corte di Assise di Messina ha condannato all’ergastolo, per l’omicidio di Graziella, due ex latitanti: Gerlando Alberti jr., nipote di Gerlando Alberti Sr., detto “U paccarè”, boss della mafia siciliana, e Giovanni Sutera, già accusato di omicidio e tentata rapina. Insieme a loro, con l’accusa di favoreggiamento, sono state condannate a due anni la titolare della lavanderia e la collega di lavoro di Graziella Campagna: Franca Federico e Agata Cannistrà. Resta una domanda: perché uccidere una ragazzina di 17 anni, perché farlo in quel modo. Graziella Campagna, qualche giorno prima della sua esecuzione, aveva tirato fuori un’agendina dalla camicia sporca che Gerlando Alberti jr. le aveva consegnato in lavanderia. Per lei, quell’uomo che frequentava spesso la lavanderia era un ingegnere e si chiamava Eugenio Cannata. Con lui c’era sempre il cugino, Gianni Lombardo, geometra, in realtà Giovanni Sutera. Due latitanti che ormai da mesi frequentavano indisturbati quella zona della provincia messinese, godendo di amicizie e protezioni. La provincia “babba” garantiva tranquillità alla loro latitanza e alla loro nuova identità. Graziella tutto questo non lo poteva sapere. Per lei, per i suoi 17 anni, quella era sono una camicia da lavare e da controllare prima di essere messa in lavatrice. Dentro l’agendina, tra le mani di Graziella passarono i segreti che nessuno doveva sapere. Nomi e storie di complici e protettori. Quando Gerlando Alberti si accorse di averla dimenticata, qualche giorno dopo, spedì di corsa Sutera a recuperarla. Il “cugino” latitante tornò soltanto con un portadocumenti rosso e una foto di Giovanni XXIII. In quel momento fu deciso il destino di Graziella: non lo sapeva la ragazzina, ma aveva visto ciò che non doveva vedere. Ingiustizia è fatta Se mancava un solo particolare per definire la storia della stiratrice di Saponara uno straordinario esempio di mancata giustizia, ora abbiamo anche quello: grazie all’indulto, il quattro di novembre Gerlando Alberti jr. è uscito dal carcere dal carcere di Parma, dove scontava altre condanne, ma non l’ergastolo per l’omicidio di Graziella. L’ordinanza di custodia cautelare che avrebbe dovuto lasciare in carcere Sutera e Alberti almeno fino al processo d’appello era già stata annullata il 23 settembre per decorrenza dei termini. "Quando c'è l'amore c'è tutto". "No ti sbagli, chella è 'a salute". |