Nick: keaton Oggetto: Mille morti all'anno Data: 10/12/2007 12.57.44 Visite: 172
«Ma fra una settimana si parlerà del prezzo del panettone» «Vedo che c’è molta commozione per questi morti di Torino. Che emergono le storie di questi ragazzi. Prima si muore, poi raccontano la tua storia, cosa facevi, quanti figli avevi...». Ascanio Celestini conosce le fabbriche, le vite degli operai, se n’è occupato per lavoro. Una competenza "ricercata" per i suoi spettacoli in teatro, per i monologhi in televisione. L’Italia piange, poi dimentica. «Durerà una settimana. E poi si tornerà a parlare d’altro. Dell’aumento del prezzo del panettone, dei regali di Natale». Mille morti... «E ventimila feriti, e centomila invalidi. Non ci sono solo vedove e orfani. Ho letto che sul lavoro in Italia ci sono più morti e feriti che soldati americani nella guerra del Golfo». Perché perdiamo questa guerra? «Per colpe enormi, che risalgono alla fine degli anni ottanta, e all’inizio del decennio successivo. Quando abbiamo abbandonato l’industria. Sono stato alla ThyssenKrupp di Terni (ne ha tratto un cortometraggio, Ndr): parlavo con gli operai, 50enni prepensionati, ragazzi che lavoravano per ditte in appalto o subbalto. Una situazione di dismissione e privatizzazione, che ha prodotto disattenzione alla qualità del lavoro. E nella qualità c’è la sicurezza, la formazione, ci sono i diritti». Cosa le dissero gli operai? «Uno si avvicinò e mi avvisò: questo posto tornerà ad essere quello che era prima. E Terni, molto tempo prima, era una necropoli etrusca. Poi fu un posto agricolo per secoli, e fra l’ottocento e il novecento divenne un presidio industriale, una città diversa dal resto dell’Umbria. A difesa di queste acciaierie si spesero i partigiani. E nel 1952, l’anno dei 2 mila licenziamenti, la fabbrica fu difesa dagli operai. Fu venduta piano piano, fino a quando le grandi famiglie che producevano l’acciaio - i Falk,gli Agarini - la cedettero alla Thyssen. I tedeschi si presero anche il brevetto del lamierino magnetico, il fiore all’occhiello dell’industria ternana». Però hanno garantito un lavoro e uno stipendio ai metalmeccanici. «Ma non dovevamo perdere le industrie. Buttare via il lavoro di padri e di figli è stata una grande colpa. Se fai un giro a Sesto San Giovanni vedi che Breda e Falk adesso sono un centro commerciale, o affascinanti mostri di archeologia industriale. È stata chiusa una storia: ce ne accorgiamo solo quando c’è un morto, ma tutto è accaduto prima. C’è un aneddoto che può chiarire». Quale? «Quando mi interessai delle acciaierie di Terni, mi documentai anche sugli stabilimenti della ThyssenKrupp in India. Ai dirigenti là in oriente veniva chiesto cosa ne pensassero di Terni, che restava pur sempre l’insediamento "storico". La risposta era raggelante. Non sarebbero mai venuti a lavorare in Italia: "Là sono rompiscatole...i diritti...i sindacati...creano problemi". Quando si concedono le industrie sul nostro territorio a padroni stranieri si rischia questo: che - fatti due conti - nessun vincolo (affettivo, "politico") impedisce ai tedeschi di emigrare dove il lavoro non è tutelato, e costa meno. E i Thyssen non chiuderanno mai gli stabilimenti in Germania (ne hanno 6), ma smobiliteranno quelli italiani. E a Torino stavano dismettendo, con condizioni di lavoro disumane, turni di 12 ore, estintori che non funzionavano. Poi c’è il morto. Ma il delitto è stato compiuto molti anni prima». www.unita.it Ascanio Celestini
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