Nick: Zero-uno Oggetto: Il mercante di stoffe Data: 23/12/2007 14.21.50 Visite: 115
Non esco da giorni. In questa stanza d’albergo l’aria non esiste più. Il caldo estivo non è un fatto che mi riguarda. Ho chiuso quel finestrino rotto una settimana fa e non l’ho più riaperto. Dovrei sentirmi soffocare eppure ho freddo: è senz’altro la febbre che mi fa parlare. Penso ad un altro disegno possibile su quelle linee di polvere sospese tra soffitto e pavimento, vecchi fari di noia, ma ho disegnato tutto: ieri pensavo ad un'aquila e allora ho afferrato i fasci di luce mentre la mimavo con le mani. Volevo vedere la sua ombra sulla parete, ma non c’era verso perchè in quell’aquila io continuavo a vedere soltanto le mie mani e nient’altro. Io non posso uscire perchè anche se volessi farlo non sarebbe possibile: io non ho i soldi per saldare questo conto e lo sapevo fin dall’inizio: doveva andarmi bene con quello sporco parassita di commerciante, schiavo che non sei altro e disumano e orrido d’aspetto, tu come me non farai aquile con le mani che ti ritrovi, per sempre, perchè sei un povero illuso e un incompetente soprattutto negli affari. Quanto fetore riposa nella tua carne. Poi anche se volessi cosa importa: non ho una goccia di sudore buono da spendere per l’estate e Bruxelles ha strada larghe e bollenti di questi tempi: in giro non troverei un solo affare buono perchè ormai la mia faccia non vale più quanto vale questo momento. Rispondo alle mie gambe e alle mie braccia nascondendomi il loro movimento: mi alzo in segreto perchè i miei occhi non possono capire la ragione che mi spinge a spostarmi dal letto fino alla parete più lunga della stanza. Stamattina ho osservato per molto tempo la spalliera del letto e tutti i buchi lasciati dalle tarme. Ma perchè ci sono i fori e non ci sono più le tarme? Cosa spinge un insetto così piccolo a fare un buco così profondo per poi abbandonarlo così incustodito? Sciocco. Le tarme mangiano il legno: il loro è un lavoro per fame e il miracolo che ne viene, il foro così profondo, è un miracolo di fame e quando la fame finisce il miracolo resta così, tranquillamente incustodito. Ma io mi domando: sono come le tarme oppure sono come quel foro? Lavoro per fame al miracolo per poi abbandonarlo oppure qualcuno lavora questo corpo, se ne serve per sfamarsi e poi lo lascia così, miracolosamente consumato e compiuto in questa stanza? Le tarme disertano il loro miracolo perchè sono già sazie. Ora penso ad un delfino per il mio disegno sui fasci di luce, ma non riesco a capire quale forma devo dare alla mano per creare l’ombra del delfino. Questo pavimento è fradicio e il legno cede ad ogni passo. Tutto il pavimento dell’albergo è fradicio e tutte le volte che qualcuno passa davanti alla mia porta io lo sento, ne riconosco il peso, la statura: ogni persona che vive in quest’albergo ha una voce di legno fradicio ed io posso sentirla. "Non puoi vendere stoffe straniere a Bruxelles e nessuno si fiderà di una faccia sciocca come la tua" e allora io ti dico che tu sei una povera stupida e soprattutto sei sola e lo eri anche prima, quando ti credevi amata. L’hai detto tante volte ed io tante volte ti ho risposto, ma tu non ascolti. Anch’io non ti ho mai ascoltata. Che morisse ora, senza pace. Farò l'ombra del coniglio sul muro perchè è facile e la sanno fare tutti: farò il coniglio che corre al sole e che non trova riparo per sfuggire al predatore e la polvere sarà il vento che somiglia al freddo della stanza e la luce che passa dal finestrino rotto sarà il sole che non dà scampo al coniglio. Viene bene, ma ho ancora sonno e non ho più tempo nè voglia di star lì a spiegare a gambe e braccia che è venuto il momento di rialzarsi da questo pavimento di legno fradicio che cede ad ogni passo. Posseggo ancora molte stoffe e tessuti meravigliosi e potrei stenderli sul pavimento: il tutto sarebbe più morbido e senz’altro il legno risulterebbe meno rumoroso. Così farò una passeggiata armoniosa dalla parete al pavimento e i miei occhi non si accorgeranno di nulla perchè tutto quello che riescono a vedere l’ascoltano dalla voce del legno, ma non dalla mia volontà di tornare a letto. Poserò un po’ d’azzurro e un po’ di verde: le mie stoffe sono come tappeti e non c’è un difetto: il coniglio non ha scampo perchè non può nascondersi in un campo verde dove non c’è nemmeno un difetto, in piena estate e con questo sole tagliato dalla polvere fredda portata dal vento del gelo in questa stanza. La mia camera non ha il numero sulla porta e quando sono arrivato non ho visto altri numeri sulle altre porte. Ci accompagnano e poi bisogna ricordarsi il corridoio giusto e la porta giusta. Ma il legno fradicio scricchiola ed io riconosco il peso e la statura: io ho imparato il corridoio e la porta giusta di tutti perchè ho una faccia sciocca, ma ho buona memoria e sono un ottimo mercante di tessuti e stoffe. Su questa parete c’è un chiodo mal piantato. Non avevo mai visto così da vicino un chiodo mal piantato. Lo userò come punteggiatura, come virgola che non sa dove andare a scagliarsi fra le parole di un discorso da ubriachi e ci appendo la ragione a seconda del momento. Nella stanza affianco ci sono delle persone ubriache e la voce del legno fradicio che viene da lì dentro è quasi un canto tant’è che mentre faccio l’ombra del coniglio sulla parete sembra proprio la musica buona per una fuga su un campo verde senza nessun difetto sotto la volta d’azzurro e di luce in piena estate con un sole tagliato dalla polvere fredda portata dal vento del gelo della stanza: il difetto è il chiodo ma è un errore che conosco soltanto io. Il coniglio corre, ma ha scampo forse? Non tornerò mai più a Bruxelles perchè non lascerò mai questa stanza. Resterò murato vivo e Bruxelles resterà fuori di qui: ho tanta stoffa da posare su questo pavimento e i miei occhi sono più che al sicuro. Nella stanza di fianco alla mia qualcuno ha tirato un colpo di pistola. Il legno fradicio si è zittito per un attimo e il coniglio è rimasto immobile, ma non è stato ancora colpito: graziati ci si ferma come morti in attesa del secondo colpo. Infatti il legno fradicio torna a scricchiolare per la seconda volta, ma la musica è più veloce di prima e non sembra manco più una fuga: è una caduta. Allora lascio scappare il coniglio che incomincia a correre sulla parete fino al punto in cui il muro confina con il soffitto. Qualcuno ha tirato il secondo colpo di pistola ed ora tutto il legno dell’albergo danza, ma è strano: ora sembra legno nuovo e la sua voce è cambiata: scricchiola diversamente. Non posso riconoscere nessuno. Sul soffitto il coniglio corre ancora e non riesce più a voltarsi. Sul campo verde non c’è un difetto su cui ripararsi, ma è un campo così grande e di spazio per scappare ce n’è fin troppo: se non hai più scampo perchè non scappar via fin quando senti di avere lo spazio utile per poterlo fare? Si può continuare a non avere scampo per molto tempo. Io ho tanta stoffa verde e azzurra e i miei occhi sono sempre al sicuro. Guardo il chiodo mal piantato e penso al quaderno scolastico di quando ero bambino: ricordo la pagina delle virgole e tutte le regole per usarle. Nel frattempo nella stanza di fianco alla mia è tutto un gran fervore, ma io non ho tempo perchè devo organizzarmi per tornare a letto. Il coniglio corre. Bruxelles - 10 Luglio 1873
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