Dal Pakistan arrivano buone notizie: la prima è che non c'è stata la paventata guerra civile sotterranea, che sembrava in procinto di scoppiare se il presidente Pervez Musharraf non avesse accettato il risultato delle urne, o peggio, se avesse tentato d'inquinare il voto. La seconda è che, in assenza di evidenti brogli, il popolo s'è espresso liberamente. Premiando il partito del Potere al popolo pachistano, orfano di Benzir Bhutto e affidato all'estremamente impopolare vedovo Asif Ali Zardari, in attesa che cresca il primogenito della leader assassinata il 27 dicembre passato. E premiato è stato anche l'ex premier Navaz Sharif, osteggiato da Musharraf nel 1999, che sta cercando in queste ore l'accordo politico con il Ppp per guidare la nazione dall'alto dei due terzi del parlamento che le forze d'opposizione hanno conquistato insieme. Da non dimenticare, la buona nuova dell'arretramento definitivo del partito del dittatore Musharraf, la cui stella politica sta subendo un subitaneo declino. E quarta ma non ultima, il tracollo (letterale) delle formazioni che in questi anni avevano dato appoggi esterni alla presidenza militare, non ultimi l'assembramento dei partito pro talebani. La loro scomparsa democratica è un dato di fatto: uscivano da un parlamento dove avevano 59 deputati su 342 (12 percento); da ieri hanno conquistato i voti appena dello 0,7 percento dei pachistani. E due soli deputati.
Musharraf non ha brogliato “Analizzerei con attenzione il ruolo del nuovo capo dell'Esercito, Ashfaq Kiani”, spiega l'inviato per il Sud Europa della tv pachistana più popolare – Geo tv –, Khan Wal a PeaceReporter. “Kiani era il capo dell' intelligence e il vice di Musharraf alla guida dell'esercito. Ha fatto il cadetto a Westpoint, è ben visto al Pentagono, per non dire che è il nuovo uomo di Washington in Pakistan. Le sue parole prima del voto erano state chiare: “Non si avranno più interferenze dell'esercito in politica”. Questo monito è stato un richiamo (si potrebbe dire direttamente dagli Usa) a Musharraf: non si possono influenzare le elezioni con brogli. Così, il popolo si è espresso liberamente, e Musharraf è stato sconfitto pesantemente”. Concorda il suo connazionale Ahmad Ejaz, da 18 anni giornalista di una testata per pachistani in Italia: “io credo che i militari hanno capito la nausea del popolo per le loro interferenze, e abbiano capito che ormai c'è voglia di indipendenza dei governi democratici. Si stanno autoregolando, e hanno consigliato a Musharraf di non esagerare”.
Adesso il governo delle opposizioni “E' troppo presto per parlare di impeachment di Musharraf, intanto bisogna capire come gli eredi di Benazir e i seguaci dell'ex premier Sharif, nazionalista pro islamico moderato, si accorderanno per il governo – spiega Khan Wal tra una diretta e l'altra col Pakistan – da parte di Sharif c'è una forte spinta per cavalcare l'onda elettorale dei risultati del movimento di opposizione di avvocati e giudici. Vogliono candidare alla vicepresidenza del governo Iftikar Chodry, il giudice a capo della Corte suprema osteggiato da Musharraf, e Rana Baghwandas, altro giudice che ha condotto le proteste basate su legalità e applicazione della costituzione, in uno degli incarichi chiave”. “Secondo me dobbiamo aspettare 30 giorni, quanto ci dovrebbero mettere per accordarsi su di un governo comune, ed osservare il giuramento dell'esecutivo – spiega Ejaz dalla sua casa romana – se vanno a giurare nelle mani del presidente Musharraf, accettano il suo ruolo istituzionale. Se invece non si rivolgeranno a lui, sarà come una esautorazione, e vuol dire che daranno da subito battaglia in Parlamento per le sue dimissioni”.
Musharraf e Islamisti con la coda tra le gambe “Staremo all'opposizione e accetteremo il risultato del voto” ha detto laconico il portavoce del partito del presidente sconfitto, Tariq Azim, “le nostre congratulazioni vanno a Sharif (arrivato secondo) e ad Ali Zardari (vedovo Bhutto)”. Chaudry Hussain Sujaat, portavoce della Lega musulmana che dava appoggio esterno a Musharraf, ha detto che “acceteremo il verdetto delle urne e faremo la nostra parte come opposizione”. Quindi nessuna contestazione del voto, né tentativo di brogli da parte del presidente senza nessun seguito popolare. L'affluenza, dovuta ai rischi per la sicurezza intorno alle urne, era l'unica cosa che potesse colpire i partiti d'opposizione. Ieri sembrava intorno al 35 percento, ma alla fine è sembrato sia arrivata fino al 42 percento. “Un buon dato per il Pakistan, anche se è la più bassa di sempre”, dice il commentatore dellsa Aj Tv Talet Hussein. “Hanno provato a intimidire i votanti con i loro attentati fasulli, ma la loro tattica non ha pagato” , ha dichiarato Zardari, nuovo rais del Partito popolare arrivato primo. Tacciono i tre partiti islamici che comandavano nelle regioni al confine con l'Afghanistan. La loro sconfitta è indiscutibile e di dimensioni catastrofiche. “Un bene per il paese – ci spiega Ejad – loro sono come i Fratelli musulmani in Egitto, anzi direi un movimento che ha dato un modello a tutti i partiti fondamentalisti del mondo. E hanno lo stesso atteggiamento arrogante: occupano le università e sequestrano i professori che secondo loro dicono cose contro il Corano. Speriamo che i miei concittadini si siano stufati pure di loro" |