Davanti alla Corte d'assise d'appello «Gomorra influisce sui giudici». E i casalesi chiedono lo spostamento del processo In una lettera i boss Francesco Bidognetti e Antonio Iovine intimidiscono i pm antimafia, una giornalista del Mattino e Saviano
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NAPOLI - I boss del clan casalesi puntano il dito contro una giornalista del
Mattino, il pm antimafia Raffaele Cantone e «contestano» alcuni passaggi del bestseller
Gomorra di Roberto Saviano definendolo «prezzolato pseudogiornalista». Prima sezione della corte d'assise d'appello a Napoli: l'avvocato che difende i boss legge nell'aula bunker una lunghissima lettera, 60 pagine, in cui Francesco Bidognetti e Antonio Iovine (latitante da 12 anni) chiedono di spostare il processo a loro carico - il superprocesso
Spartacus - in altro distretto giudiziario, per «legittima suspicione» ossia per «carenza di libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo».
«GIUDICI NON SERENI» - Il sospetto cioè, a sentire le parole degli imputati affidate alla missiva, che nei loro confronti vi sia un'azione premeditata di condizionamento dei giudici. Una «trama» - è l'ipotesi inclusa nella lettera e riportata oggi dal Mattino - che sarebbe stata architettata dal pm Raffaele Cantone e dalla Dda di Franco Roberti nella gestione dei pentiti, dalla giornalista Rosaria Capacchione (che coraggiosamente si occupa di cronaca giudiziaria in provincia di Caserta) la quale avrebbe scritto «alcuni articoli di cronaca - è il testuale - che non hanno alcuna spiegazione se non quella di creare un condizionamento nella libertà di determinazione nei giudici del processo».
SU SAVIANO - In un lungo passaggio della lettera, i boss - già condannati in primo grado all'ergastolo per delitti di camorra - tirano in ballo l'autore di Gomorra: «L'intervento di Roberto Saviano sul silenzio legato alla sentenza Spartacus (nelle pagine di Gomorra, ndr) non può non turbare gli animi dei giudici definiti dal prezzolato pseudogiornalista come degli inetti, incapaci, insensibili alla sete di giustizia della collettività».
Prosegue: «È solo un invito rivolto al signor Saviano e ad altri come lui a fare bene il proprio lavoro e non a essere la penna di chi è mosso da fini ben diversi rispetto a quello di eliminare la criminalità organizzata». Ora il processo andrà in Cassazione. La Suprema corte stabilirà se ci sono i presupposti per spostare il processo.