Regia: Terrence Malick
Sceneggiatura: Terrence Malick, dal romanzo omonimo di James Jones
Fotografia: John Toll
Musica: Hans Zimmer
Montaggio: Billy Weber
Prodotto da: Robert Michael Geisler , Grant Hill, Sheila Davis Lawrence , John Roberdeau , George Stevens Jr., Michael Stevens
(USA, 1998)
Durata: 170'
Distribuzione cinematografica: 20TH CENTURY FOX
PERSONAGGI E INTERPRETI
Sergente Edward Welsh: Sean Penn
Caporale Fife: Adrien Brody .
Soldato semplice Bell: Ben Chaplin
Capitano Charles Bosche: George Clooney
Capitano John Gaff: John Cusack
Sergente Keck: Woody Harrelson
Capitano James "Bugger" Staros: Elias Koteas
Colonnello Gordon Tall: Nick Nolte
Sergente Storm: John C. Reilly
Sergente McCron: John Savage
Dopo avere affrontato la grande depressione americana con "La rabbia giovane" e "I giorni del cielo" Terrence Malick compie un passo in avanti di una decina di anni per affrontare un'altra grande tragedia degli Stati Uniti d'America, la seconda guerra mondiale. Anche in questa terza opera il regista americano, assente sugli schermi da vent'anni, sceglie di narrare la sua storia attraverso la voce off. Questa volta, però, al singolo io narrante dei due precedenti film sostituisce un io multiplo che passa di testimone in testimone nelle quasi tre ore di pellicola.
Il film di Malick è spiazzante. Un paragone con "Saving private Ryan", inevitabile, vista la concomitanza delle nominations agli oscar per entrambi, è inutile poiché le due opere sono radicalmente diverse. Si tratta di due diversi modi di concepire il cinema. Il film di Spielberg parte da un argomento storico, lo sbarco in Normandia, e su questo costruisce un apologo morale sulla guerra giusta. "Salvate il soldato Ryan" è un film di riconciliazione nazionale, con dei protagonisti umani, immersi nell'orrore, ma che lottano per un ideale forte.
E' un'opera tradizionale che si snoda su un genere, quello bellico, con un copione solido nella struttura sul quale Spielberg compie delle "variazioni", sperimentando differenti tecniche di ripresa. In sostanza, però, si tratta pur sempre di messa in scena e lo spettatore è "affascinato" dalla violenza rappresentata sullo schermo, ha dei protagonisti con i quali empatizzare e condividere i temi proposti da Spielberg.
"La sottile linea rossa" non è nulla di tutto questo, al contrario non cerca l'approvazione dello spettatore ma lo ammalia con un ritmo lento, ipnotico che è in grado tuttavia di variare improvvisamente senza uno schema logico prevedibile. Il film di Malick è imperfetto ma affascinante nella sua discontinuità e il suo merito risiede proprio nell'evitare ogni logica narrativa tradizionale facendone un work in progress che non termina nemmeno a proiezione ultimata.
Tratto dall'omonimo romanzo di James Jones, autore anche di "Da qui all'eternità", il film è ambientato a Guadalcanal nel 1942. I protagonisti della storia, imbarcati su una nave da guerra, si preparano a sbarcare per conquistare l'isola, importante obiettivo strategico per il controllo del Pacifico. Il soldato Witt, il narratore principale, potrebbe essere il fratello maggiore di Linda, la piccola narratrice de "I giorni del cielo". Witt è un anti eroe per eccellenza ma è l'anima del film. All'inizio lo vediamo, disertore dall'esercito, vivere con gli indigeni, perfettamente inserito in un una realtà così diversa dalla sua eppure così integrata nella natura. Imbarcatosi di nuovo ed evitata la corte marziale grazie all'intervento del sergente maggiore Edward Welsh (interpretato da un efficace Sean Penn), un burbero dal cuore d'oro, il racconto passa nella mente del colonnello Gordon Tall (un Nick Nolte che evoca alla memoria il colonello Kilgore di "Apocalypse Now"), un frustrato militare che cita Omero, ossessionato dallo spirito di rivalsa verso i suoi superiori, che lo porterà a sacrificare parte del suo battaglione in un attacco frontale contro i bunker giapponesi.
Il capitano d'origine greca Staros si rifiuta di obbedire agli ordini del suo colonnello e suggerisce una tattica di guerra che si rivelerà vincente per la sua compagnia ma non per lui, costretto ad andarsene per avere disubbidito pubblicamente agli ordini del suo superiore. Tutta la parte centrale del film è occupata dal tentativo di conquista della collina. Qui l'orrore è condiviso da tutti, americani e giapponesi, senza eccezioni di sorta. Non esiste un ideale, ma solo lo spirito rabbioso e brutale dell'essere umano costretto ad uccidere per sopravvivere. Sovrasta tutto questo una natura ripresa magicamente dall'operatore John Toll: le palme attraverso le quali filtra la luce, l'erba mossa dal vento, i bruschi cambiamenti climatici, gli animali della foresta, immobili spettatori della follia umana. Il cinema di Malick contrappone agli spazi sconfinati della collina da conquistare i dettagli della giungla, alternando il racconto fra cronaca minuziosa di un evento bellico e trasfigurazione fantastica di una realtà parallela, tutta nell'immaginazione dei suoi personaggi disperati ed indifesi. Alcuni critici americani hanno parlato di sensibilità buddista del film che contrappone una ricerca spirituale interiore al realismo esasperato di Spielberg. In effetti non ci sono risposte nel film di Malick ma solo interrogativi e alla fine resta la certezza che l'unica probabilità di salvezza di fronte a tanta brutalità risiede nella nostra mente, nella nostra capacità di restare soli, rispettando la natura che ci ha dato la vita e dalla quale, prima o poi, tutti torneremo.
Un bel film (multimedia) 10/5/2008 4.27.12 (154 visite) Guðjohnsen
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re:Un bel film 10/5/2008 10.46.50 (49 visite) HermannSimon (ultimo)
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