Vademecum per gli innamorati

Una bella notizia e una brutta La brutta: gli amanti più focosi sono gli svedesi, i bulgari e i russi, rispettivamente con 158, 154, 149 amplessi l’anno che, diciamo la verità, non sono pochi. Gli italiani non vanno oltre i 114, che sarebbero molti se un tempo non lontano non fossero stati il doppio. Lo diciamo con cordoglio e non senza vergogna, noi, che a vent’anni, e per almeno quaranta, prima di varcare le colonne d’Ercole dell’andropausa, combattemmo con furore e onore sui campi di battaglia di Venere e di Cupido.Ma ogni frutto ha la sua stagione, e la nostra è finita. Non più epiche sfide, vigorosi e brillanti affondi. Oggi, solo ansiose scaramucce, blitz sempre più pigri, assedi sempre più fiacchi, ripulse sempre più stentoree. Addio ai peripli oceanici: solo piccolo cabotaggio lungo le coste oramai quasi deserte.
Se non abbiamo ancora tirato i remi, cioè il remo, in barca è perché il professor Vincenzo Mirone, principe degli andrologi e presidente dell’Esda, con i suoi provvidenziali consigli ci esorta e ci aiuta a non ammainare quello che fu il più selvaggio dei gonfaloni, come lo chiamava il Vate d’Annunzio, che ebbe ai suoi piedi e fra le sue braccia le più belle donne e le più grandi puttane del suo tempo.
Non ci consola, a questo punto, la brutta notizia, mesto suggello a un mito che per secoli, dai tempi di Ovidio, onorò l’Italia e gli italiani, popolo non solo di poeti, di santi, di navigatori, di artisti, ma anche di amatori.
E veniamo alla bella notizia, riferita con profusione di ghiotti particolari da Carla Massi sul «Messaggero»: in un agriturismo a Pitigliano, in quel di Grosseto, si tengono corsi di arte amatoria e di etica libertina. In un week-end s’impara a sedurre: i maschi le femmine, le femmine i maschi. Un’iniziativa non solo da non sottovalutare, ma anche da incoraggiare. Alla dottoressa Maria Mendito, presidente della Fondazione Italiana Gestalt psicosociale, va tutta la nostra gratitudine. La gratitudine di chi ha sempre diffidato della psicologia e della sociologia, scienze troppo astratte per essere serie. Ma aspettiamo i risultati e poi giudicheremo. Nell’attesa diamo fiducia ai promotori di questo seminario, e uno sguardo alla strategia consigliata a chi, non contento di quello che fa, o non fa, vuole fare di più. E, magari, rifare e strafare.
I punti «qualificanti» di questa strategia sono nove. Il primo: risvegliare i sensi, riesaminando il proprio sguardo e gli odori che si emanano. Non è facile risvegliare i propri sensi se il partner, o la partner, non ci alluzza. A me, ad esempio, le lolite non piacciono: preferisco, non dico le tardone, ma le donne mature, fra le cui braccia potrei anche non addormentarmi. Né mi piacciono le rotondità: a nessuna latitudine. Ho sempre spasimato per le femmine sdutte, senza seno e senza glutei. Non chiedetemi perché: non lo so. Quelli che Casanova, il sommo Casanova chiamava i «globi divini», io, forse sbagliando, lì considero futili e ingombranti orpelli, che impediscono il più soave dei traffici: quello amatorio.
Secondo punto: imparare a parlare con pause. Non sono d’accordo: le donne si conquistano con i silenzi, infranti solo, con sapiente eloquenza, nell’intimità del talamo o dell’alcova. Terzo punto: interrompere il fiume di parole e dimostrare interesse per quello che dice l’altro. Ma, se si sta zitti, il problema non si pone. Quarto punto: assecondare senza sembrare compiacenti a tutti i costi. Qui ci siamo: mai dire troppi sì a chi, senza rendersene conto, vorrebbe qualche no. Quinto punto: fare un passo avanti e poi indietreggiare. Errore: se fai un passo avanti e poi indietreggi, puoi perdere una formidabile occasione. Io, scusate se mi ricito, tutte le volte che ho fatto un passo indietro, ho dovuto cedere la preda-predatrice a chi lo faceva in avanti. Ci si tira indietro solo all’acme del cimento per scongiurare infortuni forieri d’indesiderati esiti demografici, che possono trasformare un convegno galante in un cappio coniugale. Sesto punto: non porsi con un atteggiamento di sfida: spaventa lui o lei. Ben detto: io, prima di sposarmi, non solo non sfidavo la partner, ma mi affidavo a lei come un bambino bisognoso di protezione alla mamma coccolona. Settimo punto: riesaminare i propri movimenti quando si è in mezzo agli altri. Non capisco e passo oltre, all’ottavo punto: misurare i gesti. Meglio, per l’uomo, l’immobilità.
L’iniziativa, anche quella estrema, sia sempre della donna. È lei che deve prima disarmarci, poi spogliarci, quindi farci oggetto del suo vorace desiderio, che è anche il nostro. Nono punto: confessarsi se si ha paura di essere osservati. Osservati da chi? Non credo da estranei, a meno che al duetto non si preferisca il terzetto o il quartetto. Che io vivamente sconsiglio. E non per pruderie, ma perché, quando si è in troppi, non solo ci si confonde, ma si rischia di far cilecca. Se ti guardano due occhi, quelli della donna con cui ti trastulli, non succede niente, cioè succede solo quello che deve succedere, con virtuali repliche e varianti. Ma se gli occhi sono sei o otto, tutto può maledettamente complicarsi. Se l’altro ha al suo arco più frecce di te e colpisce più volte il bersaglio, tu potresti non centrarlo. Legittimando avance alternative della tua compagna, che si consolerà incrociando le armi con il tuo rivale. Evento drammatico dalle conseguenze irreparabili e mortificanti.

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