Cordialmente, Silvio Berlusconi
Siccome i telegiornali, che non è esagerato definire di regime, hanno iniziato a menare la grancassa alle sconcertanti elucubrazioni di Silvio Berlusconi, aimè presidente del consiglio per la 4a volta di questa malandata democrazia, sento il dovere morale e civile di dover ripristinare, nel mio piccolo e per quanto mi sia consentito fare, almeno un minimo di verità.
Al pari del presidente del consiglio anche io amo questo Paese, e credo che oggi si stia compiendo una barbarie, civile e morale di cui pagheremo a lungo i danni.
Credo altresì, che l’unico modo di fermare quello gesto scellerato e incivile ,sia quello di stimolare una mobilitazione collettiva e di piazza, che freni la spinta autoritaria che questo governo vuole imprimere.
Il processo Mills in cui Silvio Berlusconi è imputato, come già scritto in un post precedente, è da raccontare, soprattutto per i suoi lati comici e paradossali, tanto da sembrar uscito da un film di Woody Allen.
Secondo l’accusa, Berlusconi avrebbe 'comprato', pagando 600mila dollari, la falsa testimonianza del legale inglese per essere favorito nel processo All Iberian e in quello sulle presunte tangenti alla Guardia di Finanza.
Queste imputazioni non nascono, come vuol far credere il premier,
“dall’ennesimo stupefacente tentativo di un sostituto procuratore milanese di utilizzare la giustizia a fini mediatici e politici”, ma bensì dalla sconcertante confessione di uno dei principali attori di tutta la vicenda, l’avvocato inglese Mills,
che per paura di un controllo della finanza inglese(che deve essere tremenda), decide di fare una cosa incredibile, confessa!
Il maldestro e pauroso avvocato prende carta e penna e, il 2 febbraio 2004, scrive una bella lettera a un suo commercialista, Bob Drennan.
Drennan e il suo socio Barker rimangono alquanto sospettosi nei confronti di Mills, al punto da correre a denunciare tutto all’antiriciclaggio inglese: “Insieme abbiamo deciso che verso la legge inglese avevamo un obbligo di denuncia di transazione sospetta”.
Questo rende ancora più paradossale la lettera di Berlusconi.
Ripercorrendo i fatti, viene da chiedere al presidente del consiglio, ma scusi presidente da dove nasce questo accanimento giudiziario nei suoi confronti, fatto a suo dire da magistrati prezzolati di sinistra, quando l’intera vicenda nasce e si sviluppa in Inghilterra?
Per la cronaca l’avvocato Mills, oltre ad essere il consulente finanziario e grande regista della costituzione delle società off shore della Fininvest e di Mediaset, collocate nei paradisi fiscali, che hanno consentito alle società del Cavaliere di costituire fondi neri per centinaia di miliardi di vecchie lire e di evadere il fisco. E’ anche l’ex marito del ministro della cultura del governo Blair,Tessa Jowell.
Che uscì da questa vicenda con le ossa rotte.
Infatti, mentre in Italia vigeva il silenzio totale sulla vicenda, in Inghilterra il caso Mills ebbe una rilevanza enorme. La storia trionfa su tv, giornali e riviste. Il Daily Telegraph in un editoriale dal titolo «Italian job» ricordava di come una volta la
fedelissima Tessa Jowell si era detta pronta a gettarsi sotto un autobus per difendere il capo( Tony Blair) e concludeva: “Ora la signora Ministro della Corona forse vorrà cominciare a guardare a quel metaforico bus”. Sulla copertina di Private Eye, settimanale di satira politica, Mrs Jowell era fotografata accanto a un ufficiale di polizia, la vignetta diceva: “Nego tutto, non ho mai incontrato mio marito”.
David Cameron, capo dell'opposizione Tory, chiedeva che l'inchiesta si allargasse anche al ministero dell'Interno, che a suo dire, avrebbe ostacolato il lavoro dei magistrati milanesi.
Questo Cameron deve essere proprio un tipico esponente della lobby comunista internazionale che da anni perseguita ingiustamente il nostro Silvio.
In Inghilterra, probabilmente un paese abitato da marziani, le eventuali colpe di un marito pratico di società off-shore possono ricadere sulla moglie ministro. Infatti, esiste un Codice di condotta ministeriale che impone ai membri del governo britannico di dichiarare qualsiasi attività finanziaria propria o di familiari che li possa esporre a conflitto d'interessi “o farli sentire in obbligo”.
Fantascienza!!
Per farla breve, la vicenda valica i confini britannici e arriva in Italia.
Dove la lettera di pochi paragrafi, datata 2 febbraio 2004: a firma di Mills ed è indirizzata alla Rawlinson & Hunter, la società di revisione inglese per cui lavora il suo fiscalista, Bob Drennan ed in cui Mills parlava di “dividend and gifts received from Berlusconi and the Fininvest Group”: “dividendo e regali ricevuti da Berlusconi e dal gruppo Fininvest”. Grazie al prodigio della rogatoria, arriva in mano ai pm milanesi Fabio De Pasquale e Alfredo Robledo(due noti militanti comunisti), che la mostrano al povero Mills, il quale il 18 luglio del 2004, al termine di un interrogatorio lunghissimo, confessa.
Ed ecco la prova della corruzione: “Io mi sono tenuto in stretto contatto con le persone di B(Berlusconi).(...) e loro sapevano bene che il modo in cui avevo reso la mia testimonianza (non ho mentito ma ho superato dei passaggi difficili, dei tricky corners, per dirla in modo delicato) aveva tenuto fuori Mr. B da un mare di guai nei quali lo avrei gettato se solo avessi detto tutto quello che sapevo(…) all’incirca alla fine del 1999 mi fu detto che avrei ricevuto dei soldi che avrei dovuto considerare come un prestito a lungo termine o un regalo. 600 mila dollari furono messi in un hedge found e mi fu detto che sarebbero stati a mia disposizione se ne avessi avuto bisogno. Per ovvie ragioni (io in quel momento ero ancora un testimone dell’accusa, ma la mia testimonianza era già stata resa) era necessario che tutto fosse fatto con discrezione. E questa era una strada indiretta per raggiungere lo scopo”.
L’anno successivo Mills passa all’incasso ricorrendo a quel consistente gruzzolo per saldare un prestito della sua banca.
Pentito della confessione, tenterà poi una retromarcia in una memoria difensiva, tirando in ballo operazioni fatte sui conti di altri clienti: l’armatore napoletano Attanasio, l’imprenditore Paolo Marcucci e Flavio Briatore, che interrogati, lo smentiscono. Ma già nella lettera a Bob il commercialista, aveva chiarito la vera natura di quei soldi: “Consideravo il pagamento come un regalo. Di cos’altro poteva trattarsi? Non ero un loro dipendente, non li rappresentavo, non stavo facendo nulla per loro, sussisteva ancora il rischio di futuri costi legali e di una grossa dose di ansia, che c’è certamente stata”.
I pm milanesi allora, non possono che dare un solo nome a quel regalo: e quel “gift” in italiano si traduce tangente, il prezzo della presunta corruzione giudiziaria di un teste, pagato da Berlusconi.
In Italia esiste la presunzione d’innocenza.
E se uno è innocente va al processo e lo dimostra.
Link utili:
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2006/03_Marzo/02/jowell.shtml
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2006/03_Marzo/10/processo.shtml
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=269731
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2006/02_Febbraio/26/mills.shtml
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2006/02_Febbraio/18/dollari.shtml
http://cogitoergodico.blogspot.com/2006/04/un-giorno-al-silenzio-dei-partiti-non.html
http://www.libertaegiustizia.it/primopiano/pp_leggi_articolo.php?id=495&id_titoli_primo_piano=1
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