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Nick: Bardamu
Oggetto: Il La Russa pensiero
Data: 9/9/2008 11.37.45
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Periodicamente, con l’approssimarsi dell’autunno (magari canticchiando le canzoni di Battisti suonate da Malgioglio), torna anche la voglia di riscrivere la storia.


Questa volta in modo maldestro si sono esposti alle critiche e alle polemiche due campioni della cultura nazionale, Alemanno e La Russa.


Dell’assurdità detta da Alemanno è anche quasi inutile parlarne. Basta ricordare al nuovo sindaco di Roma che con il fascismo alleato di Hitler ebrei,italiani ed omosessuali finirono nelle camere a gas.


La Russa invece ieri ha detto una cosa precisa che messa su quel piano e per chi non è tanto informato può anche suonare sensata.


Ha detto la Russa:"Dal loro punto di vista combatterono credendo nella difesa della patria".


 


Questa è un’affermazione totalmente errata perché  la RSI fu un ente del tutto dipendente dalla Germania nella sua costituzione e durante la sua sopravvivenza, e lo sarebbe stato anche nei suoi destini.


Voluto dal Terzo Reich come apparato per amministrare i territori occupati del Nord Italia, lo Stato della RSI era in realtà una struttura burocratica dotata di scarso potere effettivo. Il vero Stato si nascondeva fra le sue pieghe, nella forma di quei meccanismi di cui la Germania lo aveva sin dall'origine dotato per non rischiare di perderne il controllo.


 


L'intero apparato della Repubblica di Salò era infatti pesantemente controllato dai militari tedeschi, nel timore di un "tradimento" da parte degli italiani, dopo quello che secondo loro era stato consumato con l'armistizio dell'8 settembre; alla Repubblica Sociale fu permesso di avere un esercito composto esclusivamente da reclute addestrate in Germania. Il volontariato fascista e la militarizzazione di organizzazioni esistenti dotarono la Rsi di forze armate non insignificanti (circa 600.000 persone sotto le armi), ma queste furono impiegate, a volte anche contro il loro desiderio, sopra tutto in operazioni di repressione, sterminio e rappresaglia contro i partigiani e le popolazioni accusate di offrire loro supporto.


 


E questo è un punto.


In generale l’equiparazione più volte proposta tra repubblichini e partigiani è del tutto fuori luogo ed inappropriata.


Infatti come ricordato ieri a La Russa dal presidente Napolitano la scelta non era “neutra”.


O di qua o di la.


Perché chi ha scelto di non combattere per la Repubblica Sociale Italiana l’ha fatto per un senso etico sicuramente più alto mettendo a rischio la propria vita e quella dei suoi famigliari.


 


I 600 mila militari italiani che pagarono il rifiuto alla RSI con la deportazione nei lager nazisti mostrarono sicuramente un senso del dovere, della fedeltà e della dignità  più alto di chi invece per paura o per difendere strane teorie sulla razza si macchiarono di complicità con i nazisti.


 


Infatti durante la repubblica sociale di Salò la situazione degli ebrei italiani, già resa difficile e precaria dalle leggi razziali fasciste, subì un ulteriore peggioramento. Nel Manifesto di Verona all’articolo 7 possiamo leggere che: “Gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica”.


A tal proposito scrive De Felice:


 


“Affermazione gravissima ed aberrante moralmente e storicamente, ma che - a ben vedere - non aggiungeva nulla di nuovo alla posizione che, come abbiamo dimostrato, Mussolini e Buffarini-Guidi erano andati prendendo negli anni precedenti (...). L'intenzione di Mussolini e dei "moderati" era senza dubbio di concentrare sino alla fine della guerra tutti gli ebrei (...) e di rinviare la soluzione a guerra finita (...). L'assurdità della soluzione adottata è evidente: per qualsiasi persona di buon senso non poteva infatti esservi dubbio che (...) concentrare gli ebrei volesse in pratica dire permettere ai nazisti di impadronirsene quando volevano e, quindi, di sterminarli. (...) Anche in questo aspetto particolare si rileva dunque la insostenibilità della RSI o meglio di coloro che dandole vita e aderendovi ritennero non solo di salvare l' "onore" italiano, ma di poter così operare per la tutela di alcuni interessi italiani (...). Ciò che in questo senso essi poterono ottenere non giustifica certo, anche nei più onesti, l'essersi messi in pratica al servizio dei nazisti e l'aver in tal modo avallato il loro regime di terrore “.


           


(Renzo De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, pp.446-447)


 


L'instaurazione della Repubblica Sociale Italiana sotto diretta tutela della Germania fu l'inizio della caccia all'ebreo anche in territorio italiano, cui contribuirono attivamente gli apparati della Repubblica Sociale. Secondo Liliana Picciotto Fargion, risulta che del totale degli ebrei italiani deportati, il 35,49% venne catturato da funzionari o militari italiani della Repubblica Sociale Italiana, il 4,44% da tedeschi ed italiani insieme e il 35,49% solo da tedeschi (il dato è ignoto per il 32,99% degli arrestati)


 


Fra le retate completamente organizzate ed eseguite da italiani della RSI assume particolare rilievo il rastrellamento di Venezia del 5-6 dicembre 1943: 150 ebrei furono arrestati in una sola notte. E Il rastrellamento del ghetto ebraico romano effettuata grazie alla collaborazione tra i tedeschi di Herbert Kappler e le autorità della Repubblica Sociale Italiana, in primis nella persona del capo dell'Ufficio Razza presso la Questura di Roma, Gennaro Cappa.


 


Alessandro Pavolini(all’epoca reggente del partito fascista repubblicano) propone una legge: "sono da considerarsi perseguibili tutti coloro che non riescano a dimostrare, mediante specifici documenti, di avere una discendenza ariana pura a partire dal 1800". Mussolini approva questa legge modificandola in qualche suo punto. Il ministro dell'Interno Guido Buffarini-Guidi decide allora di avvisare preventivamente gli ebrei italiani pubblicando la legge su un giornale due giorni prima della sua approvazione e messa in pratica. Decide, poi, di far costruire campi di concentramento in Italia, tra i quali quelli presso la Risiera di San Sabba (Trieste), Fossoli e Novara.


 


Non di meno, il sistema concentrazionario italiano si dimostrò tragicamente efficiente. Quasi trecento ebrei trovano la morte tra le mura dei Lager costruiti sulla penisola, e a quasi tutte le famiglie dei deportati furono confiscati i beni.


 


Quindi mi dispiace per La Russa  ma non tutti i morti sono uguali.


 


 


 


(Fonte wikipedia)





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